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10 Cloverfield Lane (2016): l’importanza di chiamarsi Cloverfield

Quanto è importante il titolo di un film? Il titolo di una pellicola può influire sul suo andamento? Normalmente risponderei di no, penso che se “Lawrence d’Arabia” si fosse intitolato “Lawrence e l’Emiro diviso al Cairo” sarebbe stato un capolavoro lo stesso. Ma ora che ho visto “10 Cloverfield Lane” il dubbio mi sorge spontaneo.

Michelle (la guardabile Mary Elizabeth Winstead) si risveglia in un rifugio sotterraneo dopo un incidente stradale avvenuto in seguito a una lite telefonica con il suo fidanzato (Bradley Cooper che presta solo la voce senza comparire mai sullo schermo). Ferita ad un ginocchio, si ritrova ospite contro la sua volontà di Howard (John Goodman) che le rivela che un attacco batteriologico ha sterminato gran parte della popolazione mondiale, che l’aria fuori dal bunker è tossica e che chiudendola nello scantinato le ha salvato la vita. Voi ci credereste ad una storia del genere? Infatti, nemmeno Michelle.

Ti sembra il momento di farsi le selfie questo!?

Aggiungete un altro sopravvissuto, il ciarliero Emmet (John Gallagher Jr) e il trio è completo, per un thriller di 105 minuti secchi, che funziona più che altro grazie al cast azzeccato e inciampa in qualche lungaggine di troppo, però tutto sommato, se escludiamo la sequenza finale che merita un discorso a parte (lasciatemi l’icona aperta…), è un film che si lascia guardare.

“10 Cloverfield Lane” inizia quasi come Reversal- La fuga è solo l’inizio, con una ragazza incatenata in una stanza chiusa (per altro Mary Elizabeth Winstead è già in canottiera fin dalla prima scena, come la moda delle final girl richiede), il mostro di turno ha il volto e il corpaccione di quel fenomeno di Giovanni Buonuomo, uno che anche a livello fisico rappresenta una vera minaccia per Michelle, che farà 50 kg con tutta la canottiera.

Vorrei scrivere qualcosa di spiritoso, ma faccio fatica a concentrarmi con questa foto.

Il personaggio interpretato da John Goodman, è un fanatico di sopravvivenza, più paranoico e coinvolto nelle teorie cospirazioniste di Fox Mulder, uno che ha passato la vita a costruire un bunker per sopravvivere all’Apocalisse, che di sicuro sarebbe arrivata. Il suo rapporto con Michelle passa da un’inevitabile mancanza di fiducia iniziale, fino ad una specie di amichevole rapporto padre figlia e quando il film si gioca i suoi colpi di scena, fatti di scritte inquietanti e magliette di Parigi, arriva inevitabile lo scontro. Se ve lo state chiedendo: no, non è uno SPOILER, visto che è scritto a chiare lettere anche nella frase di lancio del film presente sulla locandina.

Un thrillerino con una sola location, gestisce la paranoia per un po’, non allaccia nemmeno le scarpe al miglior film mai fatto sull’argomento (La Cosa di John Carpenter), ma si gioca decentemente le sue carte, Mary Elizabeth Winstead (che era presente nel remake della Cosa, Howard avrebbe snocciolerebbe una teoria complottistica su questo argomento…) fa il suo dovere, ma se il film funziona prima di perdersi in inutili lungaggini lo dobbiamo a John Goodman.

«Non ho visto crepare i miei compagni con la faccia nel fango per fare un sequel di Cloverfield!»

La cosa buffa è che il suo Howard, sembra un incrocio tra il Walter Sobchak de “Il grande Lebowski” e il Lawrence Woolsey di “Matinee”, al secondo avrebbe fatto comodo il bunker di Howard, mentre il primo probabilmente ne aveva uno tutto suo! Poi ditemi cosa volete, io vado giù di testa per John Goodman, è un attore dalla fisicità impossibile da non notare, che normalmente lo limiterebbe a pochi ruoli, magari da caratterista, ma è un talento talmente extra large, che può passare agilmente dal dramma alla commedia senza battere ciglio e qui riesce ad essere incredibilmente convincente sia come minaccia che come padre padrone fanatico. Quando in un film c’è Giovanni Buonuomo, state sicuri che almeno uno che recita è della partita e anche questa volta è andata così: bravo John!

«Cassidy, Non starai mica dicendo che sono grasso vero!?»

Ma qui si parlava di titoli di film e in particolare del finale di questo, che ha una grande fortuna, ovvero quella di chiamarsi “10 Cloverfield lane”, ma anche una grande sfiga… Quella di chiamarsi “10 Cloverfield lane”!

Gli stessi Mary Elizabeth Winstead e John Goodman, sono stati tenuti all’oscuro del titolo del film a cui stavano lavorando, non so bene come abbiano fatto i rispettivi agenti a convincerli, eppure è andata proprio così (storia vera), se questo film si fosse intitolato in qualunque altro modo, probabilmente non avrebbe avuto la stessa attenzione mediatica, perché in fondo, escludendo la scena finale, la minaccia che costringe e i protagonisti dentro al bunker è solo il Macguffin che dà il via alla trama.

Ma, siccome il film è prodotto da quella vecchia volte di GIEI GIEI Abrams, pensate davvero che il regista che ha fatto incazzare sia i fan di Star Trek che quelli di Star Wars (per non far torto a nessuno) poteva trattenersi e non piazzare uno dei suoi colpi? Proprio no! Infatti anche questo film cade vittima delle strizzate d’occhio del vecchio GIEI GIEI.

Nessuno potrà mai riassumere J.J meglio del Maestro Ortolani.

Abrams ha definito questo film come un “consanguineo” di “Cloverfield” il film di Matt Reeves del 2008, che ha saputo sprecare idee fighe (la scena dei tunnel bui è bellissima), annacquando tutto con la maledetta tecnica del found footage portata alle estreme conseguenze. In “Cloverfield” il protagonista continuava a riprendere l’invasione aliena in prima persona con la sua telecamera sempre, senza spegnarla MAI, nemmeno nei momenti più improbabili, che vi assicuro non mancavano.

«Cielo! Mio marito!»

Eppure, “Cloverfield” con tutti i suoi difetti, è ancora oggi un film molto amato e, secondo me, quel volpone di Abrams cercava già da parecchio tempo il modo per tornare a mungere quella mucca. “10 Cloverfield lane” è ambientato nello stesso “mondo” del film precedente, lasciando intuire solo grazie al titolo, che fuori dal bunker, il letale attacco batteriologico è un effetto dell’invasione aliena. Ma fino all’ultima scena, tutta la pellicola si basa sull’ambiguità, c’è davvero un attacco alla Terra in corso là fuori, o Michelle e soltanto prigioniera di un pazzo paranoico?

Con tutti i suoi difetti, “10 Cloverfield lane” funziona bene basandosi proprio su questo assunto e sarebbe stato lo stesso un film guardabile anche se avesse avuto di quei titoli anonimi da film di Italia 1, tipo “Trapped”… Che ora che ci penso è anche un bel pezzo di Jimmy Cliff.

«Avete ha una moneta per questo coso? C’è quel pezzo bello di Jimmy Cliff»

Ma, siccome si chiama “10 Cloverfield lane”, J.J. Abrams e il suo neo regista burattino Dan Trachtenberg, non hanno proprio potuto trattenersi dallo spazzare via quel minimo di ambiguità, anche perché la tentazione di poter rilanciare in borsa (e nelle sale cinematografiche) il titolo “Cloverfield” trasformandolo, magari, in una saga con molteplici seguiti, era veramente troppo forte… Sentite come un rumore di ciglia che sbattono? Tranquilli, è Abrams che fa l’occhiolino agli spettatori.

L’ultima scena non la commento nemmeno, è talmente un vaccata priva di logica che serve solo a giustificare questo film “consanguineo”, provo ad usare una frase sibillina che solo chi ha già visto il film potrà capire, senza rovinare la visione agli altri: dopo i titoli di coda, provate a pensare per quanti minuti la prima minaccia tiene impiegata Michelle (circa 90) e quanti la seconda (circa 10), secondo me avrete il vero valore di questo film… Molto poco, ma sono sicuro che a tante persone piacerà un casino.

Sepolto in precedenza lunedì 25 aprile 2016

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