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1922 (2017): Uomini e topi (in salsa Stephen King)

Ragazzo, qui una
volta era tutta campagna. Ma era anche un posto dove gli adattamenti
cinematografici dei romanzi dello zio Stephen King non venivano fuori proprio
tutti tutti in versione pesche e crema, ecco.


Nello stesso anno
in cui zio Stevie ha soffiato sulle settanta candeline della sua torta di
compleanno, gli adattamenti Kinghiani proliferano, verrebbe da dire che vengono
fuori dalle fottute pareti come i topastri di questo film.
Devo ancora
vedere la (già cancellata) serie “The Mist” e sono ancora alle prese con quella
dedicata a Mr. Mercedes, recentemente
il nuovo IT ha fatto parlare di sé, ma
per lo meno ha spazzato via il ricordo dell’inutile La Torre Nera e Netflix ci ha regalato anche lo chicca firmata da Mike
Flanagan, ovvero Il gioco di Gerald. Se
pensate che sia finita qui, mettete pure in conto anche un altro prodotto
targato Netflix, ovvero questo “1922”.


“Un pozzo? Scommettiamo che il prossimo adattamento sarà Dolores Claiborne?”.

Lo zio Stephen King
è talmente prolifico che, malgrado tutti questi adattamenti in un solo anno e
senza contare tutti quelli precedenti, c’è ancora qualcuno che può sorprendere
i più andando a pescare una novella omonima, tratta da una delle ultime
raccolte di racconti del Re, ovvero “Notte buia, niente stelle” (2010). Quel
qualcuno è il talentuoso Zak Hilditch, lo stesso del bel “These Final Hours”
(2013) che qui si dimostra molto a suo agio con il materiale originale e l’atmosfera
da tragedia americana con tocchi horror della storia.

Wilfred James (Thomas
Jane) è un padre e marito tutto d’un pezzo di vecchio stampo, uno di quelli
formati sul principio che un uomo debba fare l’uomo badando alla sua famiglia
anche economicamente “Si fa come dico io e zitti, quindi sveglia presto per
arare i campi e limonata che sia né troppo dolce né troppo amara”.
Ma sua moglie Arlette
James (Molly Parker) è stufa di fare limonate, sogna di andare ad Omaha, la
città degli stupidi come la disprezza suo marito e, siccome la signora è anche
proprietaria di quasi tutta la fattoria, vorrebbe vendere alla banca, incassare
e portare con sé in città il figlio Henry “Hank” James (Kaitlyn
Bernard).


“Dormi sepolto in un campo di grano non è la rosa non è il tulipano…”.

Wilfred non può
proprio accettarlo, con l’aiuto del figlio sgozza la donna, la getta nel
pozzo, poi trova una scusa per murare il pozzo: “Sapete ho dovuto farlo perché
una delle mucche è caduta “Accidentalmente” dentro avvelenando l’acqua”, se non
vi piacciono i muggiti di dolore delle mucche, sappiate che questo film non è
molto buono con i docili animali. Così lo sapete, non voglio nessuno sulla
coscienza.

Macchiarsi di
uxoricidio e farla franca, però, non coincide con la fine dei problemi del
vecchio fattore, anzi, l’omicidio mette in moto una serie di sfighe mai finite
che lo porterà nella stanza d’albergo dove lo incontriamo ad inizio film.
Evidentemente, il
buon Tom Jane è una specie di porta fortuna Kinghiano, era già stato
protagonista di uno dei migliori adattamenti di una delle storie di King,
ovvero “The Mist” (2007) del grande Frankuzzo Darabont, film che io
semplicemente adoro, lo so siamo in sette a farlo, ma io sono uno di quelli. “1922”
è un ottimo adattamento a sua volta, forse eccessivamente lungo nella durata,
un’ora e quaranta per una storia del genere richiede per forza tempi dilatati e
grandi silenzi che potrebbero annoiare parte del pubblico, anche qui come per
la mucca, ve lo dico così lo sapete.


“Prima la nebbia, ora i figli del grano, ma che ti ho fatto King?”.

Eppure, i tempi
così dilatati rendono bene questo dramma rurale e fa di “1922” un altro di quei film ispirato al libro “Wisconsin
Death Trip” di William Lesy. Ho sempre pensato che Thomas Jane non fosse uno di
quegli attori capaci di interpretare qualunque personaggio, è bravo a sfruttare la sua fisicità, un po’ meno
alle prese con le scene drammatiche intense (come visto anche nel già citato “The
Mist”), sono ancora dello stesso avviso, anche se qui la sua prova è davvero
ottima, abbronzato come solo un agricoltore può essere, risulta scavato
in volto, un uomo tormentato, con i nervi rosicchiati come da tanti topi ed
estremamente tormentato, che Jane caratterizza con una parlata impastata e con
un fortissimo accento del Sud che vi consiglio di godervi in lingua originale.

Zak Hilditch è
molto bravo a mettere su un’atmosfera alla John Steinbeck, c’è la povertà e il
desiderio di prosperità dei protagonisti di “Furore”, ma si parla anche di
uomini e topi, proprio i topastri che popolano questo film e la casa del
protagonista sono la chiara metafora del tarlo della sua ossessione. Topi che
popolano le intercapedini dei muri, che mordono, rosicchiano escono dalla
fottute pareti, quindi, anche qui, se i ratti vi impressionano, questo film vi
darà filo da torcere.


Poi non lamentatevi che non eravate stati avvisati ok?

Hilditch è molto
bravo a inserire piccoli tocchi horror qua e là, le apparizioni della defunta
moglie del protagonista rendono il film un dramma lugubre, l’elemento horror
della moglie morta è mostrato poco, ma bene, senza nessuna volontà di far
saltare lo spettatore sulla sedia, ma di tenerlo sulla corda proprio come
accade al tormentato protagonista, in un’atmosfera, il senso di colpa come il
cuore rivelatore di Edgar Allan Poe.

Molly Parker è
bravissima nella parte di Arlette James, ultimamente avevo già avuto modo di
apprezzare il suo talento in House of Cards, ma qui è davvero brava a creare un personaggio frustrato dalla sua
situazione che quando può cerca piccole rivincite contro il marito e, in
versione soprannaturale, Zak Hilditch è bravo a mostrarla in maniera chiara, uno
spettro che incarna il senso di colpa del protagonista, dalla quale non si può
fuggire, perché ti segue anche in chiesa mentre cerchi pentimento.


“Ma non si era chiaramente detto, finché morte non vi separi?”.

Anche il ritmo
lento inizia a diventare funzionale all’altrettanto lenta tortura del
protagonista, uomini e topi impegnati in una marcescente discesa agli inferi, il
tormento di un uomo che per un’illusione di prosperità perde lentamente tutto: le
sicurezze, i membri della sua famiglia, la sanità mentale.

Insomma, “1922” è
un altro ottimo adattamento che arriva in un periodo in cui la maledizione di
adattare King per lo schermo sembra meno forte del solito, se volete un horror
per fare i “Salti paura” sulla sedia e non sopportate i topastri tenetevi alla
larga, ma se cercate un dramma rurale condito di orrore quasi gotico, sapete
che cosa fare, intanto Thomas Jane zitto zitto, per la seconda volta torna a
casa con la parte buona del referto… Bravo ragazzo!
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