Torna l’appuntamento dal titolo Springsteeniano con le ultime serie viste di recente, non perdiamo altro tempo e cominciamo subito, come al solito, musica!
Agatha All Along
Stagione: Miniserie
Dove la trovate: Disney+
Una miniserie perfetta per il mese di ottobre, nata da una costola di un’altra miniserie con protagonista la cattiva di turno, destinata a non restare tale perché tanto nel 2024 i cattivi non esistono più. Non proprio le premesse che qualunque Marvel-Zombie vorrebbe per il grande rilancio dell’MCU, infatti “Agatha All Along” è stata apprezzata/disprezzata proprio per questo, non somiglia (almeno nei primi episodi) alla solita serie Marvel, decidete voi se questo va a braccetto con i vostri gusti.
Kathryn Hahn come al solito se la spassa nel ruolo, anche se voglio iniziare dai difetti, primo episodio, dal passato della titolare spunta tale Rio Vidal, ed essendo fatta a forma di Aubrey Plaza francamente io sono già felice così, quella donna potrebbe convincermi a guardare tutto. La cattiva della cattiva (vi ho già detto che nel 2024 nessuno lo è davvero no? Ok andiamo avanti) potrebbe polverizzare la nostra Agatha, vincere e far durare la miniserie un episodio, quando invece si fa intortare a parole per tornare tra sette episodi quando la strega avrà recuperato il suo “viola”. Ok, allora svegliatemi quando tornerà Aubrey Plaza, grazie!
Nel mezzo “Agatha All Along” diventa una serie sulle streghe, con uno spassoso episodio che si prende gioco dell’ossessione per il botox (uno spasso!) permettendo ad attrici come l’ottima Patti LuPone di brillare, ma siccome è la Marvel a pagare, ci vuole anche l’episodio spiegone con Evan Peters nei panni del signori spiegoni (spiego cose) che serve a far calare la maschera, il vero obbiettivo di anche questa miniserie MCU è quella di generare un nuovo personaggio, anagraficamente giovanissimo per rimpolpare le fila dei [AUTOCENSURA per evitare SPOILER].
Se non altro Aubrey Plaza torna per davvero negli ultimi due episodi dove il tono, è più azzeccato del solito spara-spara-azione-azione del classico settimo episodio della serie Marvel, quindi tutto sommato “Agatha All Along” potrebbe interessare di più a chi ama le storie di streghe, sarebbe esagerato definirlo l’American Horror Story dell’MCU, però secondo me Ryan Murphy una serie così la guarderebbe, decidete voi se questo va a braccetto con i vostri gusti.
Commento in breve: l’MCU guarda una serie a caso di Ryan Murphy pensando «Anche noi così! Anche noi!»
Chi ne ha scritto meglio di me: mi sono un attimo perso, il mio blogroll è più in tilt dei poteri di Agatha quindi se ne avete scritto, manifestatevi e verrete citati qui, proprio QUI.
Time bandits
Stagione: 1
Dove la trovate: Apple TV
Nel momento esatto in cui Taika Waititi annunciava una serie tv ispirata a quel gioiello di I banditi del tempo, il nostro Terry Gilliam annunciava il suo nuovo ambizioso (e già quasi naufragato) “Carnival at the end of days”. Un caso? No, anzi io spero che questa serie duri cento stagioni se ognuna di esse dovesse tradursi in finanziamenti per Gilliam.
Anche se io ve lo dico, una fatica esagerata per arrivare alla fine dei dieci episodi, ma proprio assurdo che io abbia tribolato così tanto per vedere queste puntate. La storia è la stessa, il piccolo fanatico di Storia di nome Kevin (Kal-El Tuck, premio genitori Nerd 2024 già assegnato!) si vede piombare in casa i banditi del tempo che non sono più una banda di beh, persone piccole, perché non è più socialmente accettabile firmare storie con persone piccole, meglio farle sparire per sempre e sostituirle con un attore dall’occhio sgherro, un nero e qualche donna, perché anche tra le minoranze inclusive qualcuna resta comunque fuori.
La nuova banda è così caratterizzata, ci sono la bionda di “Friends” Lisa Kudrow e degli altri che le ronzano attorno a lei che, brava eh? Ma a me sembra che interpreti sempre lo stesso personaggio, quello di Lisa Kudrow la bionda di “Friends”. Quindi sulla carta, potrebbe essere una sorta di “Doctor Who” per bambini (serie che giova ricordarlo, nasceva già per i bambini) a partire dalla sigla, ma poi cerca di integrare i viaggi in lungo e in largo e gli incontri con personaggi bizzarri, anche se il più bizzarro resta Mark Gatiss nei panni del conte Sandwich molto orgoglioso dei suoi tramezzini.
Su tutto aggiungete Taika Waititi nei panni di una Divinità Suprema che sembra uscita da un pezzo di Caparezza, uno che ha creato il mondo, non gli è venuto benissimo e ora vorrebbe fare un Reboot della razza umana, tutto figo, tutto divertente sulla carta, peccato che il risultato sia meno della somma delle sue parti. Il ritmo che s’impantana per dare spazio ai dialoghi che sarebbero anche divertenti, se durassero svariati minuti in meno, invece sembra tutto un lungo parlarsi addosso che toglie tutto il senso di meraviglia del film di Gilliam. Detto questo, cento stagioni, C-E-N-T-O!
Commento in breve: Ascoltate me che sono un cretino da tanto tempo, andate a rivedervi il film di Gilliam e se non lo avete mai visto, fatevi questo regalo, mi ringrazierete dopo con comodo.
Chi ne ha scritto meglio di me: viaggi nel tempo, Taika Waititi e Lisa Kudrow, questa è una missione per Lisa!
Qui non è Hollywood
Stagione: Miniserie
Dove la trovate: Disney+
Potreste aver sentito parlare dell’omicidio di Sarah Scazzi, ne hanno parlato tutti i TG per anni, non devo aggiungere nulla se non il fatto che per gli americani sia normale usare la fiction per ragionare sulla loro storia anche recente, per noi abitatori di uno strambo Paese a forma di scarpa invece no, non si può, di sicuro non si può per il sindaco di Avetrana.
Se dite in giro il nome Avetrana secondo voi le persone a cosa lo assoceranno? Però una serie basata sui fatti (per quanto romanzata) non può chiamarsi “Avetrana”, quindi dopo il solito polemicone, Disney+ ha ritirato gli episodi, ha ribattezzato la serie “Qui non è Hollywood” (anche se all’estero il nome resta comunque associato alla cittadina) e ha cambiato la data di uscita di pochi giorni, grazie al cielo senza ficcarci dentro i Negrita.
Risultato, quattro episodi, uno per ogni principale personaggio della vicenda, quattro ore, percepite ottocentosessanta tra bofonchiare, una Babele di accenti a caso, la solita presa diretta italiana che rende obbligatori i sottotitoli per una trama che non aggiunge altro a quanto non abbiamo già visto nei TG, se non forse le visioni semi mistiche dei sensi si colpa di Michele Misseri (un Paolo De Vita bravissimo).
In generale uno spreco di buona recitazione perché come minchia è che possiamo sentire i dialoghi di Max Pezzali e Mauro Repetto ma non quelli di Sabrina Misseri? Eppure Giulia Perulli che la interpreta qui regala un’ottima prova e una trasformazione fisica notevole.
Commento in breve: qui non è Hollywood, li hanno capito che i cazzo di dialoghi si devono sentire.
Chi ne ha scritto meglio di me: manifestatevi!
Solar Opposites
Stagione: 5
Dove la trovate: Disney+/Hulu
Avevamo lasciato i Solar Opposites ad un bivio notevole alla fine della quarta stagione (più episodio di San Valentino), li ritroviamo “normalizzati” per quanto questa pazza famiglia di alieni possa esserlo a partire dalla prima puntata (5×01) dove su Clervex devono essere medi e senza picchi per non attirare attenzioni.
Ma per fortuna di essere medi, grigi e pigri ai Solar Opposites proprio non riesce, Korvo e Terry continuano la loro storia, cercando di far durare infinitamente la loro luna di miele (5×02) e ci regalano la loro lisergica versione del giorno della marmotta (5×03).
Anche se ormai guardare questa serie vuol dire seguirne due in contemporanea, perché continua la sotto trama della bacheca, nata come gag e poi diventata serie nelle serie in questa stagione, ormai di stampo Western visto che le vicende si spostano all’aperto, nel cortile e con palesi riferimenti a Chinatown che non posso che apprezzare. Chiusura con il botto? Lo speciale di Halloween che è la ciliegina sulla torta di una stagione spassosissima e piena di grandi trovate… Un’altra.
Note negative? Dopo tutto il casino del cambio di voci, ben risolto anche dal doppiaggio, Disney+ si è dimenticata di doppiare questa serie, poco male, almeno ho atteso lo speciale di Halloween per vederla (in originale) però oh, fatemi lo sconto sull’abbonamento!
Commento in breve: cinque stagioni, ma siccome è come seguire due serie in una vuol dire che siamo alla decima stagione? Comincio a somigliare a Terry con queste domande.
Chi ne ha scritto meglio di me: quando non sapete che fare voi passate da Lisa perché tanto prima o poi un post su “Solar Opposites” lo scriverà.
Mr. McMahon
Stagione: Miniserie
Dove la trovate: Netflix
Esiste qualcuno di più odiato nel Wrestling professionistico americano di Vince McMahon? Esiste qualcuno di più influente di lui per questo sport che richiede grandi capacità d’intrattenitore oltre che notevole talento atletico? La miniserie di Netflix ripercorre lo strano caso del signor Vince e del dottor McMahon in un momento a cavallo tra la sua salda dirigenza e l’allottamento dalla WWE per via di accuse di molestie… Dai? McMahon? Chi lo avrebbe mai detto!
La riflessione è spontanea, tutti gli intervistati avrebbero parlato così a cuore (quasi) aperto allo stesso modo sul loro datore di lavoro con lui fuori dai giochi? Sono sempre Wrestler, sanno come si recita, per fortuna per cinque episodi la miniserie ripercorre molto bene la storia della scalata al potere della ex WWF di McMahon, del personaggio che si è creato a colpi di “Montreal screwjob” e di tutta la “Attitude Era”, insomma senza girarci troppo attorno, questa miniserie parla di tutto il Wrestling professionistico migliore, quello che seguivo da bambino fino a quando l’ho mollato, tutto il post Eddie Guerrero per capirci. Insomma ho capito che a fasi alterne, senza mai considerarmi un esperto, mi sono goduto la parte migliore di un’impresa redditizia e di famiglia che ha abbracciato il fomento come modello industriale, insomma McMahon è arrivato a cavalcare il famigerato “Hype” (anche noto come AAAAAIIIIIPPPPP!) prima di Hollywood.
Momenti imbarazzanti? Oltre a quello sul ring intendo, più che altro l’intero episodio in cui cercano di spiegare come l’Attitude Era, in pieni anni ’90 fosse allora socialmente normale, come se ad un certo punto Netflix temesse il visto censura o abbia pensato di cercare di spiegare i (non tanto) edulcorati anni ’90 a chi non era presente per ragioni d’età.
Forse se McMahon fosse rimasto a bordo anche per l’ultimo episodio, il finale della miniserie sarebbe stato ben più interessante, l’ultima puntata infatti è la più banale, una lunga sequenza di giustificazioni, ma anche così “Mr. McMahon” è uno dei titoli più interessanti che potrete trovare su Netflix.
Commento in breve: mi sono reso conto di aver seguito tutta la parte migliore della storia del Wrestling professionistico americano.
Chi ne ha scritto meglio di me: manifestatevi intanto… What you gonna do when Baramania runs wild on you? (cit.)
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