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57 canali e niente da vedere: Big Mouth 8, Andor 2, The Handmaid’s Tale 6 e Good American Family

Da quanto mancava da queste Bare l’appuntamento con titolo Springsteeniano con le ultime serie viste di recente? Tantissimo, infatti sono pieno di titoli accumulati, forza, iniziamo!

Big Mouth
Stagione:
 8
Dove la trovate: Netflix

Casa Cassidy, interno notte: «Come faremo a vivere senza Big Mouth?», disse Cassidy guardando la Wing-woman. I due si stringono la mano sul divano mentre parte il TU-DUM Netflixiano dell’episodio 8×10, quello finale della serie. Storia vera.

Incredibile, Nick Kroll è riuscito a portare la serie a compimento senza beccarsi denunce di vario tipo, “Big Mouth” quella che per molti (specialmente americani) è stata la lezione di educazione sessuale che non hanno mai avuto – per citare le parole di Connie, che vita da schifo che avete avuto! – si conclude qui, sono ben felice di averla sempre promossa e sostenuta, spin-off compreso, perché stagioni dimenticabili questa serie non ne ha mai avute, è sempre andata avanti per la sua strada, facendo crescere i personaggi e non solo in base alle tempeste ormonali.

Mi mancheranno, loro e le loro boccacce.

Si capisce che si tratta della conclusione perché vale tutto, anche Nick finalmente cresce e se può svilupparsi lui, allora vuol dire che l’unico limite, non è il cielo ma la censura, la stagione procede come se la pubertà fosse infinita, tra utilizzi alternativi delle magliette dei Mignon e l’uso massiccio di quelle sigarettine tutte storte, si fa ancora in tempo ad introdurre nuovi personaggi, come l’elefantessa della compassione, con il suo lievissimo problema di dipendenza dalle noccioline.

Il finale poi è quasi poetico, non scherzo, per sottolineare il cambiamento un personaggio deve fare un grande passo e tutti insieme, affrontare l’incerto futuro della vita dopo l’adolescenza e dopo questa serie, che poi è quello che dovremo fare anche noi come spettatori. Sul serio, dopo otto stagioni ho poco da aggiungere senza ripetermi, posso solo dire che d’ora in poi avremmo un animaletto o una creatura per ogni attacco d’ansia, di depressione ma anche per i momenti ormonali, I’m going through changes (cit.) ma forse siamo già cambiato.

Miglior coppia di sempre, senza ombra di dubbio!

Commento in breve: I feel unhappy, I feel so sad, I’ve lost the best friend that I ever had.
Chi ne ha scritto meglio di me: Se qualcuno la avesse fatto fate un fischio, al momento mi sento solo di dire che questa serie mi mancherà un sacco.

Andor
Stagione:
 2
Dove la trovate: Disney+

Tanto ha fatto parlare la prima stagione di Andor, in positivo e in negativo, tanto questa mi sembra sia passato inosservata, va anche detto che a suo modo Tony Gilroy è riuscito a completare la sua personale trilogia di Star Wars, composta da due stagioni di “Andor” e il finale con Rogue One. Non era semplice raccontare l’inizio di una storia di cui tutti, conosciamo la fine dal 1977, inoltre Gilroy da vero ribelle, ha dovuto combattere per farlo.

Il suo piano era procedere con multiple stagioni, che sarebbero costate come il PIL di qualche piccolo stato africano, quello che ha ottenuto è stata una stagione finale per coprire la manciata di anni prima della battaglia di Yavin, il problema è che se la prima stagione era un manuale di grandi momenti da film di genere (il film di guerra, quello con al centro della trama l’evasione da una prigione e via dicendo) questa seconda stagione di “Andor” mette in chiaro che Diego Luna, il titolare, non ha abbastanza carisma oppure semplicemente, funziona meglio come parte di un collettivo, non benissimo visto che si tratta del titolare della serie.

Dove c’è Barilla c’è Andor.

A parte vederlo svolazzare su un caccia Tie, troppo spesso sono tutti gli altri personaggi a rubargli la scena, a partire da quello impersonato da Stellan Skarsgård, portatore sano di carisma che spesso, è al centro di vicende ben più interessanti. Risultato finale, la seconda stagione di “Andor” si prende ancora tutto il tempo necessario per raccontare qualcosa che era chiaramente stato pensato per più stagioni, insomma il ritmo e la sua gestione non è di certo il suo punto di forza, con il passare degli episodi la voglia è quella di rimettere su “Rogue One”, perché ad un certo punto sembra davvero solo più l’occasione per unire i puntini mancanti, direi che Gilroy è stato uno dei pochi a riuscire a dire la sua in modo convincente su “Star Wars”, facendo sentire la sua voce tra quella di Lucas e quella di Dave Filoni, ma considerando che la Disney ha puntato tutto su quest’ultimo, la sua ribellione è ormai stata sedata, peccato, avevamo bisogno di ribelli contro il sistema, ora come non mai.

Commento in breve: Fight the empire, che suona come un’altra parola che inizia sempre per “F”. Se ve lo state chiedendo non è la “F” di Millennium Falcon.
Chi ne ha scritto meglio di me: manifestatevi ribelli!

The Handmaid’s Tale
Stagione:
 6
Dove la trovate: TIMVision

Eccoci qui, ad affrontare il finale di una serie iniziata alla grande, adattando alla perfezione un bel libro in quello che avrebbe potuto essere una bellissima miniserie televisiva, invece è stata spremuta oltre il logico, tanto da diventare uno strazio da seguire dove ormai, i passaggi insensati della trama non si contano più.

Eravamo rimasti con l’architetto di Gilead, elevato in corsa a nuovo cattivo, in mancanza di attori che potessero sostenere la parte, che però in corso d’opera, cambia nuovamente faccia, ravveduto alla faccia di ogni logica, qui diventa il personaggio-espediente per non far sporcare le mani a quello di Elisabeth Moss. Avete presenta l’orrido ciclo di storie di “Doctor Who” scritte da quel buono a nulla di Chris Chibnall? In quelle storie inette compariva sempre un personaggio inutile, sacrificabile, da utilizzare per evitare di trasformare Doctor in una genocida di massa, eliminando la minaccia di turno, qui è la stessa cosa.

Queste due, che diventano amicone perché mammine pancine è una delle mille uscite assurde della serie.

Era chiaro dal brodo allungato della quarta stagione che la direzione sarebbe stata June capo della resistenza, alla ricerca di una vendetta esplosiva o sparacchiante, quando invece Margaret Atwood aveva picchiato sui tasti tutta la rabbia della condizione femminile, che non si può risolvere con una conclusione alla John Matrix perché semplicemente alla metà della popolazione mondiale senza cromosoma Y, non è concesso. Ci siamo arrivati qui, con personaggi che fanno il lavoro sporco al posto di June e un trionfo di primi piani su Elisabeth Moss, perché gli autori della serie lo sanno che ormai sono materiale da meme sul web.

In compenso, hanno già annunciato la prossima serie tv, ispirata al secondo libro scritto da Margaret Atwood, “I testamento” edito nel 2019, che non allaccia nemmeno le scarpe a “Il racconto dell’ancella” (1985) che per il suo quarantennale, vista l’aria brutta che tira, si sarebbe meritato una celebrazione migliore, anche se pare che specialmente negli Stati Uniti, si stia lavorando per “Make Gilead great again” quindi questa serie ha fallito, non una ma due volte, perché non ha capito nemmeno la sua stessa importanza, però faranno lo spin-off eh? Yuppi.

Primi piani di June ne abbiamo?

Commento in breve: persino il film del 1990 era riuscito ad inventarsi un finale meno assurdo di questo, il limone lo abbiamo spremuto oltre limiti accettabili.
Chi ne ha scritto meglio di me: qualcuno la guarda ancora questa serie?

Good American Family
Stagione:
 miniserie completa
Dove la trovate: Disney+

Non sapevo molto del vero caso di Natalia Grace e lo ammetto, ho iniziato a vedere la serie perché ho letto che nel cast di recitava Christina Hendricks, il che tanto mi basta per guardare qualunque cosa. Poi trovatelo uno più onesto di me nel commentare eh?

Natalia nella parte di Cassidy che guarda qualunque cosa con Christina nel cast.

Kristine Barnett (Ellen Pompeo) ha già mille figli adottati con il marito-burattino Michael Barnett (Mark Duplass), ma un giorno decide di portarsi a casa anche Natalia Grace (Imogen Faith Reid, in una prova impressionante) bambina ucraina di sette anni affetta da nanismo, che però trasforma la vita della sua nuova famiglia in un inferno, mettendo tutti uno contro l’altro e cercando ripetutamente di ucciderli. Come dite? Avete già visto una trama del genere che rispondeva al titolo di Orphan? Questo è il motivo perché per metà stagione di “Good American Family” mi sono annoiato, visto che il film viene apertamente citato nei dialoghi tra i protagonisti, ho pensato alla copia sbiadita, ma la miniserie è volutamente spezzata in due tronconi che prongono il quesito amletico, che non vi posso ripetere, però se avete visto Orphan avrete un’idea ma comunque, questa miniserie riuscirà a stupirmi come ha fatto con me nella seconda parte.

La miniserie sta tutta qui, riesce molto bene a ribaltare la mossa come a Judo, facendoci dubitare di quelli che credevamo essere i cattivi fino ad un attimo prima, ricordandoci che il mondo è fatto da mille sfumature di grigio nel mezzo. Ecco forse il difetto vero è negli ultimi minuti dell’ultimo episodio, un po’ caramellosi, che si dimenticato proprio di quelle sfumature patteggiando spudoratamente per una delle due parti, in ogni caso, pur non essendo una miniserie impeccabile, la seconda parte cambia di passo e si gioca bene le sue carte, se non avete visto “Orphan” poi, ve la godrete anche di più.

«Tu lo hai visto Orphan? Io ho il DVD»

Commento in breve: pensavo fosse una versione televisiva di Orphan, invece ha dei numeri, quindi tutto sommato ve lo consiglio poi oh, Christina Hendricks, che ve lo dico a fa (cit.)
Chi ne ha scritto meglio di me: come sempre, se qualcuno l’avesse vista, fate un fischio, sarà un piacere aggiungervi qui!

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