Torna su queste Bare l’appuntamento con titolo Springsteeniano con le ultime serie viste di recente, forza, iniziamo!
Fubar
Stagione: 2
Dove la trovate: Netflix
La vera capacità di Arnold Schwarzenegger è quella di essere diventato un’icona a tuttotondo, oltre il genere d’appartenenza dei suoi film, oltre le posizioni politiche, iconico, il tipo di personaggio che vorresti a motivarti nei momenti peggiori, capace di renderti credibile anche la vendita di trapani e strumenti da lavoro più o meno a buon mercato, più o meno disponibili in discount più o meno economici.
In tal senso, è quasi più divertente seguire il modo in cui Arnold pubblicizza la seconda stagione di Fubar sui social che la serie stessa, che ammettiamolo, ho provato a riguardarla sforzandomi di dimenticare l’imbarazzo provato durante la prima stagione, ma niente, è bastato mezzo episodio per ritrovarlo lì, non posso nemmeno definirlo “Cringe” perché non faccio parte della generazione Z e se quelli della mia età usano l’espressione “Cringe”, risultano beh, “Fubar”.
Questa serie di presunte spie che dovrebbero far ridere, era palesemente stata pensata per un uomo più giovane di Arnold, lo si nota dall’età delle sue controparti femminili, ma allo stesso tempo è una serie che nessuno si sarebbe calcolato senza Swarzy, che infatti è l’unico trascinatore di un prodotto fiacco, che fa la fine della balena spiaggiata ogni volta che la Quercia Austriaca non è in scena e quando invece lo è, ti ricorda che la serie è così banale, che non sai davvero se vuoi assistere all’ennesima gag trascinata troppo a lungo, con Carrie-Ann Moss, in modalità Natasha Fatale direttamente dai cartoni animati di Rocky e Bullwinkle, ex amante del protagonista, anche lei intenta a sedurlo, a sculettare alla sua bella età mentre fa balli seducenti con Arnold, che era giù un legno quando ballava il tango per Cameron, gli anni non lo hanno reso un ballerino talentuoso, un po’ come colui che scrive le battute di “Fubar” pensando che facciano ridere.
La seconda stagione merita solo come riflessione sui tempi andati, su chi era – in questo caso una spia – negli anni ’80 e l’apparizione del maialino è la prova che Arnold è ormai a casa sua, quindi ribadisco, dieci, cento stagioni di “Fubar” per garantire la pensione ad Arnold, la mia stima per lui immutata ed imperitura, però la terza stagione la guarderà facendo altro, tipo montando delle mensole a casa ripetendomi: tutto quello che ho costruito è perché avevo il potere nel palmo delle mie mani!
Commento in breve: Puoi farcela!
Chi ne ha scritto meglio di me: nel caso, fate un fischio vi aggiungerò qui.
Star Wars – Tales from underworld
Stagione: miniserie
Dove la trovate: Disney+
Ormai Disney+ celebra ogni “Star Wars Day” con un nuovo “Tales”, l’ultimo era stato Tales from of Empire questa volta ci spostiamo nel sottobosco del mondo di “Guerre Stellari” per ritrovare due cattivi soggetti: la tostissima Asajj Ventress e il pistolero Cad Bane.
Iniziamo dalle signore (dei Sith), il suo nome Asajj deriva dal personaggio di Asaji, versione di Lady Macbeth nel film di Kurosawa “Il trono di sangue” (1957), senza il quale, “Guerre Stellari” non esisterebbe nemmeno. Apprendista del conte Dooku, creata da Genndy Tartakovsky e resa canonica da Clone Wars, Asajj Ventress soffre da sempre della sindrome di Darth Maul, semplicemente troppo stilosa per restare morta.
I tre episodi di “Tales from underworld” fanno per Asajj Ventress quello che la porzione di episodi a più alto tasso di MACCOSA di “Clone Wars” facevano per Darth Maul, bisognava tapparsi il naso e credere che si potessero sostituire delle gambe (in realtà metà corpo) per riavere uno dei personaggi più fighi della saga in gioco. Qui il salto dello squalo come si dice in gergo è meno drammatico, ma continua sul solco già tracciato durante la guerra dei cloni, a questo punto però devono infilare Asajj Ventress in qualche altro prodotto a marchio “Star Wars”, visto che avete fatto tutto questo casino per riaverla.
Cad Bane invece è il Lee Van Cleef dell’universo di Guerre Stellari, di lui conosciamo già il punto di arrivo, gli ultimi tre episodi di questo “Underworld” servono a raccontarci le sue origini, serviva davvero conoscerle? Lo avevamo capito che era un tipo tosto, però Disney ci teneva a raccontarle quindi eccole qui, anche se sono convinto che non serve conoscere il passato di un cattivo, specialmente di uno che fa bene il suo sporco lavoro.
Commento in breve: In attesa del prossimo film, chissà quanti altri “Tales” vedremo.
Chi ne ha scritto meglio di me: di solito il nerd di “Guerre Stellari” sono io, nel caso manifestatevi!
Asterix & Obelix il duello dei capi
Stagione: miniserie
Dove la trovate: Netflix
Ci sono due tipologie di fumetti che comprerei a scatola chiusa, anche se li ho già letti, anche se ne ho già una copia a casa, più forte di me, devo trattenermi, darmi gli schiaffi sulle mani, perché se qualcuno mi mette sotto il naso un fumetto di Conan o uno di Asterix, io vorrei portarmelo subito a casa (storia vera).
Non ho mai scritto nulla di Asterix su questa Bara perché un giorno andrà trattato a dovere, credo di aver imparato tutto quello che so sull’Antica Roma dai fumetti di René Goscinny e Albert Uderzo e se volete dirmi che magari, in quanto francesi (veri americani del mondo) erano un po’ di parte e non proprio storicamente accurati, CHISSENEFREGA, perché ho passato l’infanzia a leggere dei gran fumetti, quindi ho vinto io.
Ho volutamente ignorato gli adattamenti con attori, ma quando mi sono ritrovato su Netflix, questa versione animata del classico “Asterix e il duello dei capi” (1966) mi ci sono fiondato, cinque episodi dalla durata infinitesimale, che se non fossero stati suddivisi in puntate, avrebbero potuto essere un film d’animazione dalla durata canonica identico a quelli che mi masticavo da bambini, perché a me Asterix non bastava leggerlo, anche i cartoni animati, in vena grazie.
La trama è presto detta e anche attualissima: Nel 50 avanti Cristo, la Gallia è occupata dai romani, tutta? No, un solo villaggio di irriducibili galli resiste ancora e sempre all’invasore.
Nel tentativo di piegarli, Giulio Cesare scopre una vecchia tradizione gallica che permette di sfidare un capo dei Galli in un duello, al termine del quale il vincitore prenderà il controllo sulla tribù sconfitta. Decide quindi di sfidare il capo Abraracourcix con un gallo devoto alla causa dell’Impero Romano, in modo da conquistare il villaggio senza conflitti armati. Sfiga! Nel frattempo, il druido Panoramix a causa di un incidente perde la memoria e con essa, la ricetta della pozione magica che permette al villaggio di resistere.
Pescando parti dal fondamentale “Come fu che Obelix cadde da piccolo nel paiolo del druido” (1965) Alain Chabat e Fabrice Joubert, con gli sforzi dello studio francese TAT Productions sfornano un adattamento che le prova tutte per piacere anche al pubblico più giovane, con inserti comici più moderni che però vanno a braccetto con la tradizione, anche una criticatissima, ovvero quella nostrana di far parlare in romanesco beh, i soldati romani.
Ora, io non vorrei metterla giù più dura del necessario, ma con le sue occupazioni militari, i dissidi interni, le armi segrete che bilanciano le forze in gioco e soprattutto i collaborazionisti, uno oggi, potrebbe ancora guardare il telegiornale usando “Il duello dei capi” come metro per decriptare molto di quello che ancora succede nel globo, inoltre è anche un ottimo adattamento, quindi io veramente non saprei che critiche muovere all’opera, se non l’ennesima conferma che ho avuto la migliore delle infanzie possibili con due padrini di livello come René Goscinny e Albert Uderzo.
Commento in breve: perché sei caduto nella marmitta quanto eri piccolo già, già, già già (cit.)
Chi ne ha scritto meglio di me: René Goscinny e Albert Uderzo sicuramente.
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