con titolo Springsteeniano, con le ultime serie viste di recente, non perdiamo
altro tempo, via via via via viaaaaa!
Stagione: miniserie (sei episodi)
Dove la trovate: Disney+
Alan Strauss è uno
psicologo di origini ebraiche fatto a forma di Steve Carell, che ha in cura il
rosso Sam (Domhnall Gleeson), che proprio non vuole saperne di seguire il
consiglio del suo terapista e di passare ad un altro collega. Infatti Sam
rapisce Alan, lo incatena nello scantinato di casa e gli confessa di
voler continuare la terapia così, perché ha ucciso un uomo e potrebbe farlo di
nuovo. In più Alan scopre che chiuso nell’armadio imbavagliato, ci sta la prossima
potenziale vittima del figlio di Sam. No solo Sam, però deve essere il nome a
non portare bene.
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«Forse con te bisognerebbe rivalutare l’elettroshock» |
Sei episodi dalla
durata brevissima, siamo attorno alla mezz’ora, eppure qualcosa non funziona lo
stesso in “The Patient”, di sicuro non i due protagonisti che sono bravissimi,
specialmente Steve Carell che il ruolo drammatico lo ha sempre in faretra. Sarà
per via di tutti quei riferimenti alla religione ebraica, ma lo spunto iniziale
molto potente finisce annacquato e diluito, peccato perché per lo meno è una
delle poche serie contemporanee, comparsa su una piattaforma, che ha capito che
ogni puntata non deve durare per forza cinquanta minuti.
Commento in breve: pensavo che lo psicologo fosse un’esclusiva di
Woody Allen.
Chi ne ha scritto
meglio di me: qualcuno l’ha
vista? Fatemi sapere ho bisogno di pareri.
The devil’s hour
Stagione: miniserie (sei episodi)
Dove la trovate: Amazon Prime Video
Questa non ho capito
se l’ho gettata al vento io o gli autori, forse 50 e 50.
Lucy (Jessica Raine,
che sono sicuro di aver visto in Doctor Who) si sveglia ogni notte all’ora del
diavolo, le 3.33, ma non perché ha un cane dalla vescica ridicola, più che altro
perché ha un figlio di nome Isaac, apatico ed estraneo al mondo.
Peter Capaldi (che sono
sicuro di aver visto in Doctor Who) è una sorta di Doctor Lecter o che so
io, che fa cose e vede gente. Non lo so, però Capaldi è sempre schifosamente
bravo, anche quando la trama s’accartoccia (e qui lo fa più volte) e lo costringe
e mezz’ora di spigone finale nell’ultimo episodio, conferma che forse io l’ho
un po’ buttata via questa serie, ma anche gli autori hanno le loro colpe.
inizia come un dramma molto britannico, poi diventa boh? Fantascienza? Horror?
Non sa o non risponde? Sta di fatto che dopo quattro puntata alla Wing-woman ho
chiesto: «Tu hai capito di che parla questa serie?» (storia vera).
Commento in breve: voi avete capito di che parla questa serie?
Chi ne ha scritto
meglio di me: Lisa lo avrà capito? Lei si di sicuro, passate a trovarla!
storia dei LA Lakers
Stagione: documentario, dieci episodi
Dove la trovate: Disney+
Avete seguito il mio
consiglio? Avete guardato una delle migliori serie dello scorso anno ovvero Winning Time? No, via a vederla! Se invece lo avete fatto e ora state sulle uova
per il resto della storia, potete smorzare i morsi dell’attesa con “Legacy: la
vera storia dei LA Lakers”, documentario in dieci comodi episodi da un’ora l’uno,
tutti diretti da Antoine Fuqua.
Per darvi un’indicazione,
la prima puntata copre tutta la prima stagione di “Winning Time”, ovvero la prima
dei Lakers con il Dottor Jerry Buss come proprietario, solo che invece degli
attori ci saranno i veri Magic e Kareem, trattandosi di un documentario.
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Questo ragazzo qui di magico sul campo, non aveva solo il sorriso. |
Siccome i Los
Angeles Lakers sono una telenovela, in dieci puntate si arriva fino allo psicodramma
dell’ultimo titolo vinto dai Giallo-Viola, in piena pandemia e nella “bolla” di
Disneyland. Passando ovviamente per Kobe e Shaq, e per la figlia del capo che
si innamora dell’allenatore, bravino in linea di massima, ma solo a casa Lakers
può succedere tutto questo.
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Un gigante, anche di profilo. |
Difetti? Sempre i
soliti, la storia la raccontano i vincitori, oppure chi sta più vicino ad
Hollywood, per i Lakers sono valide entrambe le questioni, quindi nel racconto,
ogni tanto ci sono dei vuoti, ma tu pensa, scelti in maniera scientifica. Come Pau
Gasol scambiato ai Lakers in cambio di NIENTE, senza che il coinvolgimento di
un tale ex Lakers come Jerry West, venga minimamente citato. Insomma, io
nemmeno questa volta sono riuscito a vedere una roba diretta da Fuqua in grado
di soddisfarmi, i Lakers volevano il loro The Last Dance, ma mi dispiace,
questo non gli allaccia nemmeno le Kobe, a questo punto se versione edulcorata
e rivista della realtà deve essere, preferisco rigustarmi la storia con gli
attori, ma se volete studiare e arrivare preparati alle prossime stagioni di Winning Time, per capire che con i Lakers, la soap-opera è sempre in movimento, ora
sapete cosa fare.
Commento in breve: Io comunque la storia raccontata dal punto di
vista dei Boston Celtics la voglio lo stesso eh?
Chi ne ha scritto
meglio di me: nessuno, solo io
posso guardare i documentari sul basket.