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57 canali e niente da vedere: The Undoing, Bonding, Lupin, White gold e Alice in borderland

Torna l’appuntamento con titolo Springsteeniano, con le ultime serie viste di recente, non perdiamo
altro tempo, pronti partenza, via!
The Undoing – Le
verità non dette

Stagione: miniserie
completa
Dove la trovate: Sky
Atlantic

Siamo uno strambo Paese a forma di scarpa di santi, poeti
e fanatici dei grandi nomi di Hollywood, Nicole Kidman e Hugh Grant sono due
vecchie lenze che ancora accalappiano tanti spettatori. Se per caso fate parte
della scuola di pensiero per cui qualche nome grosso nel cast basta a salvare
la storia, “The Undoing” è l’ennesima conferma che i Viiiiiiiiipa non bastano.

Ugo e Nicoletta Ragazzino sono una coppia di Newyorkesi,
ricchi affermati e abbastanza insopportabili, vivono a Manhattan, hanno un
figlio, lei fa la psicoterapeuta, lui è oncologo pediatrico, la loro bella vita
va a rotoli quando Ugo viene accusato di aver ucciso la giovane madre di uno
dei compagni di scuola del figlio, una donna con lui pare avesse anche una
relazione clandestina.
Le facce poco convinte di due protagonisti ben poco convincenti.

La Laura Palmer di turno qui è Matilda De Angelis,
attrice che avevo apprezzato per il suo talento altrove e che qui ho ritrovato
cresciuta (e non aggiungo altro) in un ruolo davvero ingrato, di fatto il
principale tratto distintivo del suo personaggio è quello di avere le tette
grosse. Lo so! Avrei dovuto fare tutto un largo giro di parole ma è proprio la
trama (oddio, trama) di “The Undoing” a concentrarsi su questi dettagli. Tutte e due.

Scena di una festa, TUTTI gli invitati fissano il decolté
della De Angelis, sorseggiano qualcosa e parlano delle sue bocce, sul serio non
me lo sto inventando è davvero tutto così. Se non altro, Matilda De Angelis ha
già pagato il prezzo richiesto alle attrici per emergere ad Hollywood, una
scena di nudo che spero almeno serva a lanciare la sua carriera, peccato perché
in tuta da pilota e casco era stata bravissima, qui come mamma l’ha fatta è
oggettivamente una meraviglia, ma alle prese con un ruolo ingrato. Consolati
Matilda, ci sono passate tutte da Eva Mendez ad Alexandra Daddario, strano,
avevo capito che ora ad Hollywood era tutto risolto dopo l’affare Weinstein,
molto strano.
Didascalie che nessuno leggerà mai e dove trovarle.

Dovrei essere più elegante ma “The Undoing” è una
porcheria che prende per i fondelli l’intelligenza del pubblico, l’indagine
viene portata avanti a colpi di momenti improbabili, poliziotti che arrestano
il marito ma non requisiscono il suo cellulare per controllare chiamate e
movimenti. Boccette di profumo scovate dalla Kidman usando il suo super fiuto
canino, il che forse spiegherebbe perché Nicoletta qui recita così male. BAU!
Non voglio essere eccessivamente critico perché non si pensi che parlo male della mia ex.

Non solo la regia è imbarazzante, con un abuso di primi e
primissimi piani, con musica utilizzata a caso nel tentativo vano di creare
tensione, è piuttosto chiaro che sia mancata anche una direzione per gli
attori, io non ci posso credere per una dell’esperienza di Nicole Kidman, possa
fare ripetutamente sì con la testa come una Bobble-head, quando le viene chiesto
di recitare un momento di sconvolgimento per il suo personaggio. Mi sembra
chiaro che gli attori siano stati lasciati allo sbando in una trama ridicola
perché questo giallo si risolve nel modo più banale possibile, secondo voi chi
è l’assassino? Pensate alla soluzione più banale e meno ragionata possibile che
vi venga in mente e vi assicuro che avrete indovinato l’identità del killer.

Certo la qualità di un thriller non si misura sul tempo
che ci vuole per capire l’identità dell’assassino, ma quando il mistero
misterioso non si rivela per nulla tale e tutto si conclude con un’imbranata
scena d’azione ad alto grado di imbarazzo, vuol dire che non ci siamo proprio. Forse ha fatto bene il vecchio Donald
Sutherland che questa roba l’ha recitata per intero da seduto, sul serio il
gioco guardando la serie con la mia Wing-woman era scommettere se nella
prossima scena Sutherland sarebbe stato ancora seduto, che sia al processo o
davanti ad una scacchiera, il suo personaggio si teletrasporta da un set
all’altro (storia vera). L’unica nota positiva di questa serie e avermi
ricordato un pezzo dei KoRn per
associazione con il titolo che io avrei utilizzato al posto della sigla, per altro cantata
dalla stessa Nicole Kidman (hanno risparmiato anche su quello), per il resto
fatemi sfruttare l’inutile sottotitolo italiano: l’unica verità non detta
riguardo a questa miniserie è che fa schifo.
“Spero che la prossima stanza dove comparirò seduto sia il bagno, mi scappa da morire”
 
Commento in breve:
«Pensare che poteva esserci una commedia romantica ai tempi con ‘sti due negli
anni ‘90, invece che questa roba adesso che sono due catorci». La mia
(lapidaria) Wing-Woman sulla coppia di protagonisti e l’intera serie. 
Chi ne ha scritto
meglio di me:
dopo questa miniserie vi serviranno numerosi caffè In Central Perk da Lisa.
 
Bonding
Stagione: 2
Dove la trovate: Netflix
 
La giovane coppia composta dalla dominatrice sadomaso
maniaca del controllo (anche nel tempo libero) e il ragazzo omosessuale che
scopriva il mondo del BDSM (e qualcosa sulla sua vita), era stata una divertente rivelazione passata sotto silenzio malgrado il tema pruriginoso. La seconda
stagione malgrado una manciata di episodi della durata di circa venti minuti l’uno invece, è una discreta palla che si perde per strada.
 
Mistress May viene utilizzata dalla trama come
sessuologa e consulente più che come vera dominatrice, ma i momenti divertenti
latitano e le paranoie tra personaggi abbondano. Anche il suo assistente Master
Carter passa più tempo a gestire la sua carriera di comico da stand up comedy, rimandando svolte e
scontri tra personaggi ad una terza stagione che a questo punto non vedrei
nemmeno sotto tortura… capito! Questa stagione numero due era una prova di
dolore, non ci sono altre spiegazioni.
“Se avessi voluto imparare tutto suoi nodi, mi sarei arruolato in marina”
 
Peccato perché a questo punto “Bonding” avrebbe potuto
essere un divertente film di un paio d’ore, piuttosto che una serie tv destinata
a non andare più da nessuna parte.
 
Commento in breve:
la prossima volta posso avere cinque frustate? Grazie.
Chi ne ha scritto
meglio di me:
 ne ha scritto giusto oggi Mistress Lisa, passate a prendervi
due caffè e due frustate In Central Perk.
 
Lupin
Stagione: 1
Dove la trovate: Netflix
 
NO! Non quel Lupin. Ok ora che abbiamo sbrigato la
pratica possiamo andare avanti.
Toglietevi dalla testa Lupin, Goemon, Jigen e soprattutto
Fujiko (sporcaccioni!), sgombrate i neuroni dal manga di Monkey Punch e dal
cartone animato, non mi frega se ci siete cresciuti, lo abbiamo fatto tutti ma
comunque era una versione del personaggio, infatti si chiama Lupin III, come
Rocky.
 
Questa versione della storia parla di Assane Diop (il
sorriso a 128 denti di Omar Sy) un ragazzo che ha visto la sua vita cambiare
dopo la morte del padre, accusato ingiustamente del furto di alcuni gioielli
presso la ricca famiglia dove lavorava onestamente. In cerca di vendetta e
redenzione Assane si firma Lupin, ispirandosi alle gesta del personaggio della
serie di romanzi di Maurice Leblanc, sul suo celebre personaggio Arsenio Lupin.
Di Lupin al mondo uno ce n’è / Su internet dicono che non sei te
 
Quindi il protagonista di “Lupin”, serie Netflix già
confermata per una seconda stagione, è uno che decide di farsi chiamare come il
suo mito, non avete mai conosciuto qualcuno che si firma che so Maverick? Vi siete sentiti traditi ed
offesi quando un rapinatore a Carpi ha indossato un costume da Batman per il
colpo? Vi siete messi a strepitare in rete: «Batman non rapina le banche
Gomblotto!!!1!», ecco allora vedete di non farlo nemmeno nella sezione commenti
qui sotto, altrimenti sarò ben disposto a spiegarvi il concetto di
“Politicamente scorretto” per come lo intendo io.
Sul serio, una barba barbosa dover leggere queste menate,
Omar Sy è la parte migliore di una serie che può intrattenere e che ho
abbandonato dopo due episodi perché a turbarmi non è il colore della pelle del
protagonista oppure la sua decisione di farsi chiamare Lupin, quello che trovo tedioso
in una storia è quando cercano di prendermi per il naso con colpi ad effetto.
Ruba i soldi solo a chi ce ne ha di più / Anche a chi si abbona alla serie tv
 
Ad esempio in un episodio il nostro Lupin si fa
incarcerare per ragioni di trama, ha bisogno di una corda per fingere la sua
impiccagione, lancia uno sguardo alla retina del canestro da basket nel
cortile. Stacco, Lupin è in cella con la rete tagliata dal canestro a portata
di mano. Come ha fatto a prenderla? Si è arrampicato nel mezzo dell’ora d’aria
sulle spalle di un ergastolano tagliandola con i denti? Non si sa, ma lo so è
un trucco da poco, però questa serie è tutta così, stacco e l’impossibile diventa
possibile. In questo senso è davvero l’unico punto di contatto che ha con il
Lupin del cartone animato, questo ve lo concedo.

Per lui nulla di impossibile c’è / Stacco e scena dopo, questo è Lupin
 
So cosa state pensando: eh però se lo fanno in Sherlock
va bene? No, non va bene nemmeno lì, anzi vi aggiungo un po’ di materiale per
avvalorare la mia posizione in merito. Posso
accettare il protagonista tanto sveglio da essere sempre un passo avanti a
tutti, non posso accettare un trucco da poco per giustificare l’intelligenza
del personaggio, non ad Ovest di un cartone animato, e soprattutto non in questo modo. Quindi
per certi versi capisco anche chi sostiene che “Lupin” sia la risposta francese
a Sherlock, anche se sembra ispirarsi
più agli episodi peggiori della serie curata da Steven Moffat. Quindi capisco
perché questa serie sia piaciuta tanto (non capisco ne sopporto le inutili polemiche
in rete, quelle proprio no), però semplicemente non credo che faccia per me…
non hanno messo nemmeno Fujiko poi dai! … scherzo! Sto scherzando! Sarcasmo! Ilarità!
 
Commento in breve:
il prossimo, grazie.
Chi ne ha scritto
meglio di me:
passate dalle parti di Omniverso, Alberto ha molta più pazienza di me con le polemiche in rete.
 
White Gold
Stagione: 1 &
2
Dove la trovate: Netflix
 
1983, una legge capestro firmata da Maggie Thatcher sugli
sgravi fiscali, rende il PVC il nuovo oro (bianco). La corsa all’oro non
prevede pale, setacci e dinamite per scavare ma giacche, cravatte, sorrisi più
di plastica del PVC, tutti gli Inglesi sognano i doppi vetri a casa e il
mercato esplode. Dai loro sepolcri strisciano fuori le più ripugnanti creature
mai partorire dalla nostra società, incubi ben vestiti senza sentimenti meglio
noti come… venditori! Vi giuro che preferisco i vampiri, almeno loro hanno più
classe.
Venditori brrrr! Bruttissima razza.
 
La storia ruota intorno al fittizio negozio Cachet
Windows nell’Essex, ma a tener banco è la scalata al potere di Vincent Swan (Ed
Westwick, che stando alle informazioni della mia Wing-woman, aveva un ruolo
chiave in “Gossip Girl”, non vi saprei dire però, mi addormentavo di botto con
quella serie, storia vera). Swan è rampante, vuole spaccare in due il mondo e
fare più soldi possibili nel minor tempo possibile, vive nell’Essex ma sogna
una vita alla “Miami Vice”, i venditori attorno a lui sono altrettanto strambi
e coloriti, per due stagioni che mi sono bevuto in pochi giorni.
“Vendimi questa penna” (cit.)
 
Il paragone più facile del mondo sarebbe “The Wolf of
Wall Street” (2013) con le finestre al posto dei titoli in borsa, ovviamente
tutto in scala, non aspettatevi Scorsese anche se è di casa su Netflix. Unico problema, un’accusa già decaduta di molestie
per Ed Westwick e una pandemia globale hanno messo in pausa la terza stagione,
che dovrebbe comunque arrivare si spera presto, perché questa serie merita più
attenzione.
 
Commento in breve: The Wolf of PVC (Ca plane pour moi)
Chi ne ha scritto
meglio di me:
ditemi che non l’ho vista solo io dai!
 
Alice in
borderland

Stagione: 1
Dove la trovate: Netflix
 
Come si fa a non voler guardare una serie con un titolo
così figo? Non si può resistere.
Tratta dal Manga omonimo di Haro Aso la storia è quella
di tre amici di Tokyo, quello più caratteristico è Arisu, un videogiocatore compulsivo spiantato che per
errore io ho capito chiamarsi Haribo, quindi per tutta la serie ho pensato a
lui così, come un sacchetto di caramelle gommose.
 
Per effetto di un evento non ben specificato a Tokyo
spariscono tutti gli abitanti, così de botto, senza senso (cit.), i pochi
sopravvissuti sono obbligati a partecipare a dei “Game”, perché chiamarli
giochi fa brutto e il mio giapponese è un po’ arrugginito quindi ho optato per
la versione doppiata. Telefoni cellulari abbandonati spiegano la missione, sullo schermo una
carta da gioco francese indica il livello di difficoltà e “Alice in borderland”
in un attimo riesce a sfruttare un sacco di roba che piace al pubblico: il
mistero-misterioso in stile Lost, i
Manga e la mania per le Escape Room, che piacevano tanto a tutti prima che la
pandemia non chiedesse a tutti di stare a casa, quindi immagino che la passione
sia già terminata.
“Stare chiusi in una stanza? Siamo tornati in fase uno!?”
 
“Alice in bordeland” si gioca un cast giovane, giapponese
e in costume da bagno per buona parte degli episodi. I personaggi sono usciti
dritti dalle pagine di un Manga e si vede, assassini tatuati, capi di comunità
balneari in accappatoio e trovate sopra le righe non mi spaventano, a farmi storcere
il naso è stato altro.
 
Se decidi di adattare un manga che tra le pagine può
permettersi trovate sopra le righe, devi trovare un registro sensato nel
passaggio sul piccolo schermo, posso accettare dei “Game” (digrigno i denti) in
cui bisogna affrontare un assassino con maschera da BoJack armato di mitra,
posso accettare meno personaggi che riescono a saltare al volo su un bus
impegnato a fare un’inversione ad “U” in corsa, una trovata perfetta per un
fumetto, meno per una serie tv, perché il principio è sempre lo stesso: posso
credere a qualcosa di incredibile ma non a qualcosa di impossibile.
“Meglio del due di picche no?”

“Alice in borderland” penso che piacerà a buona parte di
pubblico, se volete un Saw un pochino
(poco eh?) meno sanguinario in sala orientale accomodatevi pure, il finale
aperto promette molti più “Game” (bruxismo) e altri capitoli del
mistero-misterioso che di norma incolla allo schermo. In generale non sono
troppo negativo sulla serie, anche se secondo me spende un po’ troppo tempo
nella parte “balneare” della storia, dimenticandosi una buona porzione della trama principale, inoltre delle ragazzine di 50 chili in costume da bagno che
picchiano dei “cristoni” armati (per quanto con decenti coreografie di lotta)
mi fanno sollevare il sopracciglio, insomma una serie che troverà il suo
pubblico ma per quello che mi riguarda, va bene così grazie. 
Commento in breve:
ma qualcuno ha capito perché si chiama “Alice in borderland”? Hanno scelto un
titolo figo e basta vero?
Chi ne ha scritto
meglio di me:
sono monotono, ma non ricordo di aver visto commenti in giro,
nel caso, segnalatemeli pure qui sotto nei commenti… arigatō!
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