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Ahsoka (2023): questa è (quasi) la serie di Star Wars che state cercando

Lo so che avevo già gettato lì l’idea, ma una volta di queste dovrei seriamente mettermi d’impegno e buttare giù un’introduzione, un “disclaimer” per chi ama le parole in inglese, uno buono da riciclare per tutti i prodotti a marchio “Guerre Stellari” o Star Wars, sempre per gli angolofoni.

Ormai lo sappiamo, per ogni marchio celebre, l’ultimo prodotto uscito è sempre il più bello di sempre o il peggiore di sempre, nell’immediato i giudizi sono sempre gli stessi, i prodotti a marchio “Star Wars” sono talmente amati da una base di fan ormai così divisa, che i commenti a caldo sono sempre troppo a caldo, alla faccia dei Jedi che non cercano avventura ed emozioni eh?

Anche Ahsoka fa gli scongiuri contro i fan iettatori.

Ognuno ha il proprio barometro della “Starwarsitudine”, ogni appassionato sa come dovrebbe essere il suo “Star Wars”, quello giusto, quello fatto bene, insomma è la stessa situazione di uno strambo Paese a forma di scarpa, dove al bar, sono tutti CT della nazionale (ovviamente quella dell’unico sport che conta qui da noi) oppure premier. Proprio perché l’ultimo prodotto è sempre “CAPOLAVORO!” oppure “CAGATA PAZZESCA!” i giudizi veri, sensati, vengono fuori quando spunta un nuovo titolo, ora che tutti hanno gli occhi puntati sulla miniserie in otto puntate “Ahsoka”, i giudizi su prodotti come Andor oppure Obi-Wan Kenobi iniziano ad essere un po’ più sensati e argomentati.

Non si era detto che il lato oscuro non era attraente?

Dopo titoli buco nell’acqua proprio come Obi-Wan Kenobi e la stagione (quasi) solista dedicata a Boba Fett, sembrava che lo Star Wars più classico, quello del Piu-Piu, dello SWOOOOSH delle spade Laser e tutto il resto, fosse un po’ arrivato alla frutta. Andor, un punto di vista differente sulle guerre di guerre stellari sembrava la via da seguire, ma abbiamo fatto i conti senza l’oste, perché si sa che Ahsoka è la creatura prediletta di Dave Filoni, io ero abbastanza sicuro che si sarebbe impegnato per portare avanti la storia del suo personaggio. Quindi se “Andor” piace al me grandicello, “Ahsoka” si rivolge all’eterno ragazzino.

Dave Filoni, colui che quando parla della “Prequel Tragedy”, riesce a trovarci la poesia convincendoti quasi a rimettere su persino Episodio I, quello che era il Padawan di Lucas, che si è visto sorpassato a destra nelle preferenze da chiunque, specialmente da un cretino con il nome che ricorda sinistramente quello di Jar-Jar e che come suo solito, ha fatto danni forse irrecuperabili. Tanto che la Disney ha deciso di scongelare l’ultimo dei panchinari, il nostro Dave, che prima ha riportato un po’ di speranza con Mando e Grogu ed ora prepara il suo prossimo, già annunciato film di Star Wars, dove ci saranno tutti i suoi giocattoli prediletti, i personaggi che negli anni ha curato e portato avanti, quelli di Clone Wars e Rebels.

Lo sparti acque tra chi guarda i cartoni animati e chi rosica e basta.

Innegabile che la miniserie “Ahsoka” sia un tassello, un capitolo di passaggio tra la fine di Rebels e il prossimo film firmato da Filoni, infatti è una miniserie di otto episodi che dividerà ancora di più un “fandome” già pieno di crepe. Chi in tutti questi anni ha bellamente ignorato i “cartoni animati” perché nel mondo dell’immaginario di Star Wars sono veri solo i film, scusate, mi prendo un minuto per trattenere le risate. Questa porzione di pubblico si troverà spiazzata davanti a personaggi come Sabine, Hera Syndulla o Ezra, infatti in modalità “volpe e uva”, molti fan hanno già etichettato “Ahsoka” come la versione live action di Rebels, tutti gli altri invece hanno potuto godersi la continuazione degli archi narrativi di personaggi molto riusciti e ben caratterizzati, per altro affidati tutti alle attrici o gli attori migliori possibili.

Questa miniserie ha evidentemente qualche problema di ritmo, ci mette molto a carburare andando in costante crescendo, fino a sganciare la bombetta con il quinto episodio (tra poco ne parleremo, datemi ancora un momento), ma il cast quello oh, perfetto!

La scelta di Rosario Dawson nei panni di Ahsoka Tano si era già confermata vincente fin dalla sua prima apparizione in The Mandalorian, ho davvero poco da aggiungere in merito, qui ricoprendo il ruolo di protagonista e non di spalla di lusso, si conferma la miglior scelta possibile, Filoni per la sua creatura prediletta si è scelto il meglio su piazza.

Ogni volta ci resto male, mai avrei pensato di trovare sexy qualcuno di nome Rosario.

Le vere novità di “Ahsoka” sono tutti gli altri, devo dire che ci ho messo un attimo per iniziare a “vedere” Sabine Wren nella prova di Natasha Liu Bordizzo, ma appena la Mandaloriana si è tagliata i capelli le cose hanno cominciato ad ingranare, il suo personaggio è alle prese con una sotto trama che riflette quella principale, il tema del rapporto tra allievo e Maestro tiene in equilibrio tutti gli otto episodi di “Ahsoka” e devo dire che durante i combattimenti (anche qui, lasciatemi l’icona aperta, tra poco ci torneremo) se Sabine è una che sta imparando le vie della Forza, il fatto che Natasha Liu Bordizzo non sia proprio nel suo quando si tratta di menare le mani (quando corricchia sparando a volte fa tenerezza), ha anche una sua logica.

Però s’impegna, questo va detto.

Va decisamente meglio con Hera Syndulla assegnata a Mary Elizabeth Winstead, per altro nella vita sposata con il “vero” Obi-Wan Kenobi (storia vera), il che è molto ironico se ci pensate, anche se va detto che attorno a Mary Elizabeth Winstead di ironia sul web ne è stata fatta parecchia, anche perché nella versione “Live action” il look da pilota di caccia di Hera si nota molto di più rispetto ai tempi di “Rebels”, risultando un po’ anacronistico, anche se “Guerre Stellari” tra le sue fonti, aveva proprio la passione di Lucas per gli aerei della seconda guerra mondiale e i film bellici.

Mary Elizabeth Winstead ve sempre bene, figuriamoci poi vestita da aviatrice.

Eman Esfandi sembra qui per intaccare il primato di McGregor, scambiato spesso per icona sacra nei suoi panni di scena, il ritorno di Ezra Bridger in versione “Messia” riporta sulla scacchiera uno dei personaggi con più potenziale di tutto l’universo di “Star Wars”, che ovviamente va a braccetto con l’altro grande ritorno, quello del Grand’ammiraglio Thrawn, assegnato scientificamente ad un esperto di avversari machiavellici come Lars Mikkelsen. Tanto per essere sicuri, dopo la coppia Winstead/McGregor abbiamo un’altra famiglia che campa grazie agli assegni della Disney, visto che entrambi i fratelli Mikkelsen hanno ricoperto un ruolo nell’universo di Star Wars.

Mancava un cattivo? Ora abbiamo uno dei più cattivi.

Per assurdo i personaggi che ho trovato più interessanti in assoluto, sono quelli completamente inediti che hanno avuto anche meno spazio di tutti nel corso di questi otto episodi, mi riferisco al quasi ex Jedi ma non proprio Sith Baylan Skoll e la sua allieva Shin Hati, anche loro un modo per portare avanti la sottotrama del rapporto tra Maestri e Padawan che serpeggia lungo tutta la miniserie. Purtroppo i due personaggi hanno avuto meno spazio per motivi differenti, sono sicuro che Shin Hati interpretata da Ivanna Sakhno farà ancora parte dei piani futuri di Filoni, il destino beffardo invece ha pensato diversamente per Ray Stevenson, che purtroppo ci ha lasciati fin troppo presto, tanto che in molte scene si vede chiaramente che il suo Baylan Skoll è inquadrato solo di spalle da lontano (molto spesso impersonato dal sostituto Dominic Purcell) ed è un vero peccato perché il carisma di Ray Stevenson in questo ruolo ci farà sentire doppiamente la mancanza dell’attore.

Ciao Ray, ci mancherai di brutto.

Ma passiamo alle note dolenti che purtroppo ci sono, per me sono state essenzialmente due, una in particolare mi servirà per chiudere l’icona lasciata aperta lassù: gestione del ritmo e combattimenti.

“Ahsoka” è una miniserie di otto episodi dal minutaggio variabile (si va da puntate di quasi un’ora ad altre che durano la metà) in cui in certi momenti, si ha la sensazione che due puntate in più le avrebbero fatto molto, ma molto comodo per sviluppare meglio certi elementi e in altri passaggi della storia, viene da pensare che con due puntate in meno non sarebbero stati così “rilassati” nello stiracchiare i dialoghi per coprire i minuti a disposizione. Sarà per via del “Volume”, l’enorme teatro di posa circondato da maxi schermi ad altissima risoluzione che la Disney utilizza per girare le serie di “Star Wars”, ma tante volte gli attori sembrano molto statici e per essere una versione “Live action” è proprio la porzione “action” ad avere dei problemi.

Quasi tutti i combattimenti di Ray Stevenson sono inquadrati dalla luna boscosa di Endor, con i primi piani dell’attore infilati in fase di montaggio in maniera abbastanza brutale, molto spesso è divertente beccare il momento esatto in cui si vede la controfigura di Rosario Dawson e per vedere qualcuno in grado di usare una spada a modino, bisogna attendere l’ultima puntata (se tutta la serie avesse preso spunto dal brio dell’episodio 1×08, sarebbe stato molto meglio) con l’entrata in scena di Diana Lee Inosanto, anzi io se fossi stato nei componenti del cast di “Ahsoka”, di menare colpi legnosi e un po’ timidi, al cospetto della figlia del Maestro, mi sarei anche un po’ vergognato.

«Papà, ora gli spiego io a questi come si fa»

Detto questo, tutto sommato sono abbastanza soddisfatto del risultato ma forse per una semplice ragione, visto l’andazzo, per me è stato chiaro fin dall’episodio 1×02 che “Ahsoka” sarebbe terminato con un bel calcio utilizzato per lanciare la palla lontano, nell’altra metà campo, perché che sarebbe stato un tassello di avvicinamento al prossimo e già annunciato film diretto da Dave Filoni mi è stato chiarissimo da subito. Ora bisogna solo capire cosa ci sarà nel mezzo per portare avanti la storia (The Mandalorian 4? Una seconda stagione di Ahsoka? Per ora questa opzione pare la più quotata), però considerando che ancora oggi, a distanza di mesi, si legge di gente incazzata per il non finale del secondo Spider-Man animato, malgrado il terzo fosse già stato annunciato, le lamentele me le aspetto anche qui.

Quello che funziona molto bene in “Ahsoka” è il modo in cui Filoni ha tirato le fila (ah-ah) dei suoi personaggi, no, la politica non sa scriverla, ma quello fin dai tempi di “Clone Wars”, infatti la scena del processo si risolve con l’apparizione di una vecchia gloria, che è un po’ il modo di Filoni di uscire da parecchi vicoli ciechi narrativi, chiunque conosca il suo lavoro questo lo sa benissimo. Per quello che mi riguarda è un problema minore, perché sull’altro piatto della bilancia abbiamo personaggi che proseguono il loro arco narrativo in maniera sensata e logica e nei prodotti occidentali è raro vedere personaggi che invecchiano, crescono ed evolvono come succede a quelli scritti da Filoni, che da innamorato di “Star Wars, sa come metterci il carico.

La migliore scena di “Clone Wars” vista fuori da un episodio di “Clone Wars”.

Ora, scusate se passerò per cinico, ma io tutta questa grande emozione quando vedo spuntare Hayden “Heidi” Christensen non riesco a provarla, perdonatemi, limite mio, capisco che il suo personaggio sia giustamente fondamentale, ma ero qui quando è uscita la “Prequel Tragedy”, come un soldato nella guerra dei cloni ricordo tutto l’orrore e non posso soprassedete, per me non è ancora subentrata (ne credo lo farà mai) quella fase per cui dopo un arco di tempo abbastanza breve, anche chi era criticabile ieri diventa la nuova malinconia di oggi e quindi gli viene automaticamente perdonato tutto. Tutto questo per dire che i momenti di trasporto presenti in “Ahsoka” per me funzionano malgrado (e non grazie) al vecchio “Heidi”, anche perché la puntata 1×05 (“La guerriera ombra”) è un gioiellino che ci ricorda tutta l’emozione di cui può essere capace “Guerre Stellari” e che da un bel pezzo, i prodotti a marchio “Star Wars” sembravano aver perso di vista.

Un episodio onirico, che si gioca anche la versione “Live action” della giovane Ahsoka tornata sul campo di battaglia delle guerre dei cloni (con tanto di apparizione lampo da parte del capitano Rex) per un episodio in cui alla titolare, accade quello che era già successo a Gandalf, una “resurrezione” con tanto di cambio d’abito (non a caso bianco) che è una delle tappe chiave nell’evoluzione della creatura prediletta di Filoni. Mi rendo conto che per chi in tutti questi anni, si sia ostinato ad ignorare “Clone Wars” e “Rebels” la sensazione sarà quella di essere entrata in sala a film iniziato, ma io tutto sommato sono contento che finalmente Filoni sia stato “scongelato” dalla panchina in cui era stato relegato.

«…  e ritorno da voi ora, al mutare della marea» (cit.)

I piccoli tocchi, le pennellate che riesce a dare ai personaggi (come la figura in lontananza del finale, che Sabine non riesce ancora a vedere, ma Ahsoka si e molto bene), sono la prova che la Forza scorre ancora potente. Ora mi auguro solo che Filoni si affidi ad un coreografo come si deve per le scene di lotta e che, visto che ormai la narrativa contemporanea procede a colpi di serie tv a sostegno dei film, abbia già un accordo per un eventuale “Ahsoka – Stagione 2” in modo da preparare il campo come si deve al film, che avrà la sfiga di doversi ricongiungere per forza con la porzione di storia nota, ovvero la “Trilogia sequel” che è un finale già segnato.

Anche se mi fa piacere notare che il “fandome” sarà in eterna lotta nel giudicare l’ultimo prodotto sempre come il più bello o il più brutto di sempre, ma sulla “Trilogia sequel” i pareri mi sembrano unanimi, beh in questo gran casino spaziale, è almeno un punto di inizio. 

Sepolto in precedenza martedì 10 ottobre 2023

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