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Alexander (2004): l’ambizione aiuta gli audaci

E quando Alessandro vide l’ampiezza dei suoi domini pianse, perché non c’erano più mondi da conquistare. Sono i vantaggi di un’istruzione classica, sono i vantaggi dell’aver visto tante volte Trappola di cristallo e di poter iniziare alla grande il nuovo capitolo della rubrica… Like a Stone!

Nel corso della rubrica mi avete già sentito trattare questo argomento, perché durante le sue interviste Stone sfoggia, alla moda di Hans Gruber, tutta la sua istruzione classica, era inevitabile che prima o poi, uno con la sua personalità difficile da contenere non si mettesse in testa di affrontare un’impresa grande, grandissima, magnum direi, come raccontare la vita di Alessandro Magno. La fortuna aiuta gli audaci recita una delle epiche frasi di lancio del film, sì ma anche la sfiga aggiungo io, perché Hollywood è identico a qualunque altro posto di lavoro, dove la gente mormora.

I casi sarebbero tanti e celebri, non è certo una novità, ci sono stati tanti soggetti identici, messi in cantiere da due grosse case di produzione quasi in contemporanea, Armageddon e “Deep Impact”, oppure “Wyatt Earp” e Tombstone, ma ricordo che ai tempi, seguì con un certo interesse la corsa a cavallo di Bucefalo, per capire chi sarebbe arrivato primo in meta tra Oliver Stone e Baz Luhrmann.

«Che fai Oliver?», «Leggo le scritte in braille, non distrarmi»

L’australiano arrivava dal suo film più famoso e riuscito, inoltre timido non lo è mai stato quindi sì, anche lui personalità e carta bianca necessaria per ambire a raccontare al cinema la vita di Alessandro Magno, con un cast di tutto rispetto, Leonardo DiCaprio nel ruolo principale, Nicole Kidman nei panni di Olimpiade con l’aggiunta di un Anthony Hopkins così, come contorno.

Come due generali sul campo, i due registi si sono dati battaglia a distanza, con mosse e contromosse, Luhrmann temporeggia sulla scelta delle location? Stone sposta la produzione dalla California per abbassare i costi. Luhrmann è impegnato con i costumi? Stone prima mette sotto contratto le comparse, letteralmente rubando le truppe al suo avversario e poi non pago, gli scippa anche Anthony Hopkins, che fiutando il cavallo perdente ha pensato bene di zompare a bordo della produzione del nostro Oliviero Pietra, visto che era già in modalità Tolomeo, tanto vale essere sicuro di essere pagati per lo studio fatto sulla parte no?

«Non interpreto solo un saggio, sono saggio»

Da questo punto di vista Sir Hopkins è stato accorto, almeno non ha gettato via il suo tempo (ed è stato pagato), perché alla fine la corsa l’ha vinta per davvero Oliver Stone, visto che il film di Luhrmann è diventato un grosso niente, non affannatevi a cercarlo tanto non esiste, anche se è stato un fattore, come l’ombra dei genitori sul nuovo protagonista del nostro Oliviero, il non-film di Luhrmann era lo spettro con cui ingaggiare una corsa disperata, secondo me questo spiega anche come mai ad un certo punto, Stone sia entrato temporaneamente in modalità Ridley, lo Scott sbagliato.

Esistono la bellezza di quattro versioni di “Alexander”, tutte corpose perché da un certo punto in poi della sua carriera, Stone ha cominciato a scegliersi soggettivi da niente difficilmente raccontabili nei canonici novanta minuti, la prima volta che ho visto il film è stato alla sua uscita, la versione cinematografica da 175 minuti che mi è sempre sembrata un po’ frettolosa, per non dire tagliata a volte con l’accetta.

A seguire, Stone nel corso degli anni ha poi sfornato la “Director’s cut” (167 minuti) uscita nel 2007, la “Final cut” del 2012 (214 minuti) e non pago, anche la “Ultimate cut” pubblicata nel 2014 non credo in edizione italiana (nel caso, fate un urlo nei commenti), ridimensionata a 206 ma a detta del regista quella più vicina alla sua idea originale. Quale versione ho visto io in occasione di questa rubrica? La risposta è semolice: tutte.

«DISCORSO! DISCORSO! DISCORSO!», «Ma per chi mi avete preso, Aragorn?»

Differenze sostanziali? Nella versione cinematografica dopo il prologo con la morte di Alessandro, il film segue in maniera (quasi) cronologica la vita del condottiero macedone, nella svariate versioni estese, dopo il prologo si passa alla preparazione della battaglia di Gaugamela e sono presenti molte più scene relative all’orientamento sessuale di Alessandro. Ci sono scene d’amore con il giovane Bagoa, la scena del loro primo incontro e l’esplicita dichiarazione d’amore di Efestione ad Alessandro oltre ad un intervallo musicale e a proposito di momenti espliciti, anche più nudo nella scena di sesso tra Alessandro e Rossane, e qui veniamo al punto, non voglio annoiarvi con il confronto tra le versioni che trovo interessante sì, ma fino ad un certo punto.

Ricordo benissimo l’accoglienza riservata ad “Alexander” nel 2004, chi temeva che sarebbe stato un titolo troppo “macho”, in linea con lo spirito di Oliver Stone e quindi opposto idealmente a quello di Baz Luhrmann, rimase spiazzato davanti ad un titolo che non nega nulla dell’orientamento sessuale del principe macedone, per fortuna oserei dire visto che troppo spesso, in base alle mode del momento la Storia con la “S” maiuscola è stata rivista in base alla pancia del pubblico.

Quindi nei cori di “Voi comaschi, noi con le femmine” il film di Stone divenne subito oggetto di scherno (specialmente dalle parti di Como) anche se va detto, davanti alla versione cinematografica, le scene più esplicite erano quelle di sesso tra un maschietto e una femminuccia, quindi tutto questo grosso “problema” che non è tale quasi non si poneva, ma ormai la pietra aveva iniziato a rotolare pronta a trasformarsi presto in valanga.

«Andiamo a spiegare un po’ di Storia con la “S” maiuscola a questo barbari!»

Alla fama di Oliver Stone, uno che non ha mai fatto nulla per farsi degli amici nella vita (tanto meno tra i critici cinematografici), aggiungete quella sua naturale propensione alla prosopopea, un puntare in alto, altissimo che gente, è anche il minimo a cui puoi aspirare se il tuo obbiettivo è quello di raccontare la vita di uno dei più grandi conquistatori della Storia, tanto che per la colonna sonora Stone punta dritto a Vangelis, giusto per non farsi mancare nulla e applica le sue abilità di ricerca, quelle sfoggiate in titoli come JFK che lo hanno reso anche un documentarista molto attivo, alla vita del personaggio, risultato? Al netto dei difetti “Alexander” era semplicemente troppo avanti per il pubblico del 2004.

Quanti prodotti con protagonisti “fluidi” sono disponibili oggi, tra film e serie sulle varie piattaforme? Rivisto oggi, tutto l’umorismo legato a Raz Degan nei panni di Dario III ha ancora senso? Considerando che è un volto davanti ad una macchina da presa che non pronuncia nemmeno una battuta? Anche perché gente, nel 2024 chi ‘caz se lo ricorda Raz Degan? Ecco appunto.

«Chi Raz sei tu?», «Ehm sono Raz»

Allo stesso modo è un po’ più facile rendersi conto della presenza di Jonathan Rhys-Meyers nei panni di Cassandro, anche se nemmeno lui ha avuto questa carriera fulminante, oppure di Christopher Plummer nel ruolo di Aristotele, che snocciola la sua lezione sull’omosessualità maschile mentre i giovani Alessandro ed Efestione si lanciano gli sguardi intensi, e proprio Efestione rivisto oggi ha più senso, visto che ad interpretarlo è Jared Leto, lui sì, ben più popolare oggi che vent’anni fa.

Un Re gay De-hi-hi-ho! (cit.)

Inoltre nel 2004 non era ancora cominciata la rivalutazione artistica di nomi come Colin Farrell e Angelina Jolie, per entrambi, sarebbe arrivata solo più avanti nel corso delle rispettive carriere, ma per quanto caricate di enfasi le loro prove sono la spina dorsale di “Alexander”. Quanti personaggi di Stone abbiamo visto cercare di districarsi tra due modelli paterni, uno positivo e l’altro negativo? Tanti? Di più? Val Kilmer per la critica è sempre stato un lancio di dadi, le sue bizze da divo lo hanno sempre preceduto, ma proprio lui che per Stone cantava (grandiosamente) di uccidere il padre e di beh, fare cose con mammà, qui è funzionale al ruolo dell’ingombrante Filippo II.

Contrapposto a papà, Alessandro si ritrova con una madre alle prese con un leggerissimo epido galoppante, allo stesso tempo diabolica, anche nel segnare per sempre un figlio e le sue azioni, ma ammettiamolo, vera tentazione, se di edipo dobbiamo parlare, tanto meglio avere per la parte una come Angelina Jolie targata 2004 no?

Poi diventa mammone e si succhia il ditone (cit.)

Eppure proprio vent’anni fa, Colin Farrell non era ancora abbastanza quotato oltre ad essere uno dei primi a dissociarsi dal film, con quel suo liberatorio a fine riprese «Ero stanco di vestirmi sempre da donna» e con Angelina Jolie, semplicemente troppo in vista perché potesse passare in secondo piano la licenza poetica di Stone, aver scelto per il ruolo della madre un’attrice ventinovenne e per la parte del figlio uno di ventotto anni (storia vera). La matematica a differenza del cinema, non è un’opinione.

Posso confermare che sì, la “Ultimate cut” funziona meglio della versione cinematografica del 2004, inoltre chiedere ad uno con il piglio di Oliver Stone, che il meglio al cinema lo ha sempre dato quando non si è mai trattenuto dall’essere anche un po’ svergognato e maleducato, di iniziare a dirigere film in punta di fioretto proprio quando per le mani ha la storia di uno spinto da una fame di conquista come Alessandro Magno, eh no, sarebbe un crimine. Ma proprio il nostro Oliviero ha ben riassunto le ragioni (secondo lui) dell’insuccesso di un film che con i suoi bei fogliettoni verdi con sopra facce di ex presidenti spirati, è andato comunque sotto le aspettative ed è stato ignorato dalla stagione dei premi: «Gli americani non studiano la Storia, non la conoscono se non per alcuni titoli di libri e giornali letti con ignoranza. Sono indifferenti anche al passato del loro giovane Paese e prigionieri di una ipocrita moralità fondamentalista. È questa una delle prime cause del loro rifiuto per il mio Alexander, un film storico.»

«C’HO UN IMPERO GROSSO COSI’!»

Va detto che avrò anche compensato pienamente in occasione di questo capitolo della rubrica, guardandomi ogni versione possibile del film, ma negli ultimi vent’anni non avevo rivisto così tante volte “Alexander”, che se uscisse oggi così, identico, in una delle sue versioni, una a caso, riceverebbe una risposta di pubblico ben diversa di quella raccolta vent’anni fa, anche se prima della mia maratone, tre dettagli mi sono rimasti incollati addosso, vado in ordine, inizio con la presenza di alcune SIMMIE, sono scimmiologo DOC, deformazione professionale.

SIMMIA! (il film guadagna in automatico dei punti)

Continuo con l’azzeccatissima scelta di prendere la Rosario Dawson del 2004 per la parte di una capace di distrarre Alessandro da Efestione.

Volendo, potrebbe essere considerato ambiguo anche trovate attraente qualcuno di nome Rosario eh?

Concludo con l’attacco a testa bassa del protagonista, quel suo «Macedoni perché indietreggiate? Volete vivere per sempre!?», che è il momento di arroganza suprema di uno Stone guidato in parti uguali del suo approccio Cimmero al cinema e alla vita, da sincera ammirazione per il suo protagonista, da una certa cura per la ricostruzione tipica del documentarista e dalla volontà di continuare, anche se indirettamente, a parlare di colonizzazione, il mito della guerra che ci renderà tutti migliori ed eroi, trattato fin dalle sue origini.

Questa è per Sam che voleva vedere gli Olifanti.

La foga di Alessandro di continuare ad inseguire Dario III e dopo averlo trovato morto, di dare la caccia ai suoi generali traditori, arrivando a fondare Alessandria 1, Alessandria 2 e Alessandria 3, come e di più di come faceva un altro con le sue Milano viene raccontata con dovizia di dettagli, un altro figlio in cerca dell’approvazione del padre che finisce a combattere dall’altra parte del mondo, che sia William Stone spedito nel ‘Nam o Alessandro Magno, i tratti in comune sono chiarissimi.

“Alexander” è un film volutamente altisonante, a tratti corre sul filo sottile del pacchiano, sono convinto che oggi troverebbe il suo pubblico più facilmente, anche se le varie versioni hanno solo limato difetti che ci sono, visto che di fortuna il film non ne ha avuta, allora possiamo dire che almeno l’ambizione ha aiutato Stone, almeno nel suo essere stato più audace della concorrenza di Baz Luhrmann.

«Da questa altezza citare Hans Gruber ha tutto un altro sapore»

La prossima settimana invece, questa rubrica a livello di ambizioni affronterà un tema ancora più scottante, seguire Oliver Stone vuol dire questo, sporcarsi le mani anche con le controversie, quindi sotto, ci rivediamo qui tra sette giorni, non mancate.

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