Nell’Era di Internet, il minimo screzio sul set viene riportato ed utilizzato per pubblicizzare il film, il risultato finale il più delle volte, è un film bruttarello, considerando tutti i casini produttivi di questo terzo capitolo, l’unico targato e numerato (al cubo!) nel titolo, c’è quasi da considerarsi fortunati che, tutto sommato, sia quasi un bel film. Ecco, Quasi. Benvenuti al nuovo capitolo del rubrichello Alieno dedicato alla saga più Xenomorfa della storia del cinema!
Il romanzo di Alan Dean Foster
Dopo il
clamoroso successo del primo film direttoda Ridley Scott (1979) e il suo favoloso sequel frutto del talento di Jimmy Cameron (1986), la Fox era
seriamente interessata a produrre un terzo capitolo, Cameron
lo era molto meno, il Canadese rimbalza la proposta di dirigere un altro film,
dichiarando di aver già detto tutto su Ripley nel secondo capitolo, ve la
sentite voi di dargli torto?
lungo corteggiamento tra la Fox e chiunque sapesse tenere in mano una macchina
da presa, il sogno sarebbe convincere il grande John McTiernan, che ascolta la
proposta e poi scende dalla giostra per la classica “Incompatibilità
artistica”, peccato, perché McTiernan avrebbe potuto essere il prescelto in
grado di portare equilibrio nella Forza, visto che aveva già diretto l’altro
grande film alieno, “Predator”.
nome di quell’adorabile minchione di Renny Harlin (ti voglio bene Renny, sei un
matto!) che fino a quel momento si era fatto notare per la regia di “Nightmare
4 – Il non risveglio”, ma persino il biondo finlandese porta le sue labbra ad un
indirizzo nuovo, quando capisce che la sceneggiatura del film non è ancora
completa, in compenso, si porta a casa il premio di consolazione: un
contratto per la regia di un altro sequel, quello di “Trappola di cristallo”
(Die Hard), ovvero “58 minuti per morire” (Die Harder) e qui mi tocca usare la
solita frase… Ma questa è un’altra storia.
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“McTiernan, Renny Harlin, per questo mi sono dovuta tagliare i capelli come Bruce Willis?”. |
Ma perché la
sceneggiatura di “Alien3” non è completa? Beh, per un problemino da
niente, nessuno ha ancora definito una storia, in poche parole, nessuno sa di
che parla questo film, si procede per tentativi, cercando di mediare tra tutte
le parti, uno dei fattori principali è il coinvolgimento di Sigourney Weaver.
di Sigourney erano sempre le stesse, quelle che James Cameron aveva bellamente
ignorato per “Aliens – Scontro finale”, Ripley non deve utilizzare armi, deve
dare alla luce un alieno e poi morire a fine film, l’altra richiesta è molto
più concreta: un mucchione di soldi!
di accontentare l’attrice, viene chiamato il neozelandese Vincent Ward (“The
navigator”, “Al di là dei sogni”) che se ne esce con un’idea tutta Hippy: un
pianeta in cui tutto è fatto di legno popolato da monaci, pare che nel finale
Ward volesse che Ripley venisse posta nella capsula criogenica da ehm… Sette
nani (storia vera), notizia presa benissimo dal capoccia della Fox che leggendo
il copione scoppiò in un clamoroso “What the fuck is going on?”,
mettendo fine all’esperimento Vincent Ward.
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Ogni scarrafone è bello a mamma soja #Fertility day (saluti alla ministra Lorenzin). |
Sotto a chi
tocca, chi è il prossimo? David Twohy, la sua sceneggiatura prevedeva una
prigione spaziale popolata da pericoloso carcerati, di cui uno, specializzato
in evasioni, carcerati? Ma stiamo scherzando? Poi turbiamo i bambini (ah perché
l’Alieno con la testa fallica quello va bene?) no no, bocciato. Twohy zitto
zitto, anni dopo riciclo la sua idea per il suo film “Pitch Black” (2000), uno
dei film di fantascienza più debitore del retaggio della saga di Alien.
sceneggiatori viene coinvolto anche sua maestà William Gibson, il papà del
Cyberpunk propose una sceneggiatura in cui Ripley passava la maggior parte del
tempo in coma, dando il via ad una scintilla di idea? Se facessimo un capitolo
della saga senza Sigourney Weaver? Una delle idee più interessanti vede come protagonisti
il caporale Dwayne Hicks, interpretato da Michael Biehn e l’androide Bishop con
la mascella del mitico Lance Henriksen, l’idea è talmente una figata che la Fox
reagisce: “Il film si fa con Sigourney Weaver oppure non si fa” fine delle
trattative.
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“Potevi dirmelo che venivi anche tu vestito da carcerato, che figura ci facciamo ora?”. |
Pescando da
tutte queste proposte, viene fuori l’abbozzo di idea di un pianeta popolato di
carcerati, che vivono seguendo un rigoroso voto di castità (così nessuno
spettatore resta turbato), la location elimina automaticamente dall’equazione
le armi e una valigetta farcita con quattro milioni di ex presidenti spirati
fa il resto, convincendo la Weaver a partecipare, senza contare il bonus di
quarantamila dollarazzi, ricompensa per i capelli che Sigourney ha dovuto
rasarsi a zero per il film. Malloppo speso in parte in parrucche, perché la
figlia dell’attrice, Charlotte, era molto turbata nel vedere sua mamma in
versione Sinead O’Connor (storia vera).
rifiliamo ‘sta patata bollente? Dopo un lungo braccio di ferro tra i produttori
Walter Hill e David Giler e la FOX il nome è quello del ventisettenne David Fincher,
illustre sconosciuto che si è fatto le ossa con pubblicità e videoclip, al suo
primo lungometraggio, insomma il capro espiatorio perfetto in caso di casini.
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“Ma io stavo così bene a dirigere le mie pubblicità, Ma chi me l’ha fatto fare?”. |
Ora, se
nell’anno di grazia 2016 David Fincher è ancora un nome, è solo perché in
qualche modo è riuscito a salvare la faccia, “Alien3” malgrado i
suoi difetti (due molto grossi in particolare) è tutto sommato un buon film,
somiglia troppo ad un esercizio di stile, ma si lascia guardare, in compenso,
Fincher una volta portato a termine il compito, non ha mai più voluto sapere
nulla della pellicola, rinnegandola quasi completamente. Quando uscì il box
celebrativo con i quattro film, l’unico regista che si è rifiutato di
contribuire al commento audio è stato proprio Fincher, motivo per cui, non
esiste una versione “Director’s cut” di “Alien3”, ma solo una
versione definita “Assembly Cut”, basata sulla copia del lavoro di Fincher. Insomma:
se volete far incazzare il vecchio David, quando lo incontrare al bar ditegli
che lo salutano i suoi amici della Fox.
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“Hey regista, voglio più battute, perchè il mio personaggio parla così poco eh?”. |
La vita sul
set non è stata semplice, in mancanza di una storia definitiva, le riprese londinesi vennero interrotte, l’uscita del film spostata di un anno
(dall’estate del 1991 al Maggio del 1992) e, a quel punto, la trama era ancora
ambientata in una fabbrica sul pianeta Terra, prima dei vari rimaneggiamenti di
sceneggiatura e montaggio che hanno spostato l’azione sul planetoide prigione
Fury 161.
grazia? Il film finito risultò privo di azione, quindi varie scene aggiuntive
vennero girate dopo, compreso il finale, giudicato troppo simile a quello di un
altro film uscito l’anno prima, ovvero Terminator 2 – Il giorno del giudizio, guarda caso diretto da Jimmy Cameron, i casi
della vita. Sarà, ma anche rivedendo il film mi sono ritrovato a pensare che
l’ultima scena (posa Cristologica della protagonista esclusa) ricorda davvero
tanto quella del film di Cameron.
volte “Alien3”, fin da bambino ho sempre apprezzato l’angusta
location, l’idea di far precipitare una donna, su un pianeta di galeotti è
davvero forte, chiunque nella stessa condizione si sentirebbe in pericolo, chiunque
tranne Ripley, che dopo quello che ha passato, un pianeta prigione è l’equivalente
di un villaggio vacanze. Fincher è bravo nel rendere Fury 161 un postaccio,
l’idea di «Un gruppo di ergastolani che hanno trovar Dio nel profondo culo
dell’universo» funziona, peccato che a stridere sia tutto il resto.
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Sai quando ti senti tutti gli occhi addosso? |
Il film
comincia due anni dopo gli eventi di Aliens – Scontro finale, un incendio a bordo della USS Sulaco, espelle il modulo
di salvataggio con le capsule criogeniche dei sopravvissuti, l’atterraggio di
fortuna sulla colonia penale di Fury 161 riserva varie sorprese, i carcerati
tra i rottami trovano una donna sopravvissuta, Ripley, ma purtroppo solamente
lei e qui il film piazza la prima coltellata al cuore agli spettatori, citando
Jack Slater: “Madornale errore”.
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“Non dovresti darmi le cattive notizie così. dovresti dire una cosa come, Il gatto si è arrampicato sul tetto…” (Cit.) |
La piccola
Newt e il Capolare Hicks muoiono fuori scena, per i fan di questa saga un
tradimento, un intero film in ansia per le loro vite e voi me li fate morire in
questo modo?! Errore madornale, come detto, tanto che Michael Biehn si oppose in
tutti i modi alla morte del suo personaggio, mossi da compassione (si fa per
dire) i tipi della Fox modellarono un busto sulle fattezze di Biehn, l’idea era
di mostrare la nascita di uno Xenomorfo poco prima dell’atterraggio su Fury
161, pare che il buon Michael sia stato pagato di più per i diritti di sfruttamento
della sua immagine, che per tutto il suo lavoro svolto in Aliens – Scontro finale, soldi ben spesi visto che la scena è stata
poi tagliata dal montaggio finale.
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“E Hicks come sta?”, “Sta sul tetto!” (quasi-cit.) |
I primi venti
minuti di “Alien3” sono un’agonia, non fanno altro che ripeterci che
Newt è morta, ci descrivono i dettagli e, non paghi, con la scusa di essere
sicuri che il suo corpo non ospiti nessun clandestino alieno, ci fanno vedere
anche la sua dettagliata autopsia, insomma una tortura! Non basta averla uccisa
no, anche questo maledetti!
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No ma dai basta, è un agonia… Bastardi!! |
Da qui in poi
il film procede presentandoci i personaggi, il carismatico leader dei carcerati
Dillon (Charles S. Dutton), il dottor Clemens (Charles Dance in un raro ruolo
da quasi buono) e se guardate bene, in un paio di scene a far da carta da parati
trovate anche il grande Pete Postlethwaite, uno dei casi più sanguinari di
spreco di talento in un ruolo marginale.
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Perdonali Pete, non sanno quello che fanno, sono ragazzi. |
Il dottor
Clemens è un personaggio interessante, non facile da rendere sullo schermo e
ben interpretato da Charles Dance, ma il problema generale del film è che manca
la tensione, anche quando Fincher ci mostra il Facehugger sulla navicella di
Ripley, lo fa in maniera scolastica e banale, pensate che l’unica scena di
tensione davvero riuscita, la Fox non voleva nemmeno girarla. Fincher agguantò
la macchina da presa, Sigourney Weaver e la capoccia prostetica dello Xenomorfo
per girare quella che ancora oggi è uno dei momenti più epici di tutta la saga
di “Alien” il celebre “bacino” tra Ripley e la creatura.
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Si tratta così una signora? bestia! invitala prima a cena almeno! Dove sei nato in una prigione!? |
Scena
fondamentale per altro, perché è l’unica che ci dà inizi sull’andazzo della
storia, l’alieno non uccise Ripley perché fiuta che nel suo corpo sta crescendo
un suo simile, ma la trama resta abbastanza lacunosa, non aiuta nemmeno che il
montaggio sia frettoloso e ben poco curato, il che si nota maggiormente visto
che Fincher, noto perfezionista capace di far ripetere una scena anche cento
volte agli attori (chiedete a Mark Ruffalo sul set di “Zodiac”), normalmente
cura moltissimo il montaggio qui, invece, i barbarici tagli fatti
con machete arrugginito si notano fin troppo.
l’ecografia rivelatrice, Ripley chiede l’aiuto di Dillon, vorrebbe farsi
uccidere per non dare alla luce una regina Aliena (ma come fa a sapere che è
proprio una regina?), Dillon si rifiuta dimostrando di essere l’unico con un
po’ di sale in zucca e proprio qui “Alien3” fa il suo secondo
errore madornale.
evolvere Ripley da sottoufficiale ligia al dovere e alla linea di comando, a
cazzuta final girl armata di mitra e lanciafiamme, in questo film Ripley
risulta troppo arrendevole, il piano di intrappolare l’alieno nell’altoforno e
trasformarlo in “Miss maglietta bagnata” con il piombo al posto dell’acqua è
sua, ma è Dillon a fare il discorso motivazione ai carcerati ed è sempre
Dillon quello che affronta a viso aperto la creatura, insomma: il vero errore
di “Alien3” è quello di dimenticarsi la forza di Ripley, che poi è
solo la caratteristica principale del personaggio, robetta proprio.
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“Mi tolgo gli occhiali così divento furia cieca”. |
I colpi
mandati a segno da “Alien3” per fortuna sono altri: la creatura, o
come lo chiamano alcuni prigionieri il “Drago” è stato disegnato e progettato
svariate volte, pare che il progetto del “Bambi-Alien” firmato da l grande Hans
Rudi Giger fosse troppo complesso da realizzare, quindi si optò per qualcosa di
più semplice, essendo cicciato fuori dal toracione di un cane, lo Xenomorfo di
questo film non ha le caratteristiche protesi tubulari sulla schiena, ha una
forma allungata e si muove sulle zampe posteriori, il che lo rende un ottimo
corridore.
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“Mi sa che vuole che lo porti giù a fare la pipì”. |
Non ho mai ben
capito come questa sua capacità di correre (giustificabile se il tuo “papà” è
un cane) sia stata giustificata nella versione restaurata del film, dove il
letale predatore viene, diciamo partorito via, da un bue. Il mondo non è ancora
ancora pronto per uno Xenomorfo con le corna.
in tutto questo si arrabatta trovando il suo stile, messe da parte l’azione
pura del film precedente, o l’angoscia e il senso di minaccia Horror di quello
di Ridley Scott, Fincher la butta sull’iper cinetico sfruttando le proprietà
dello Xenomorfo corridore, la scena dei corridoi e le porte da sigillare a
livello logistico è un discreto casino, personalmente confesso di non riuscire
mai a capire chi fa cosa e dove, ma se non altro l’idea di utilizzare una
steadycam per mostrarci la soggettiva del mostro mentre insegue i prigionieri
in fuga è davvero ottima, resta clamoroso il fatto che l’azione vertiginosa
messa su da Fincher, riesce a farti dimenticare per qualche minuto che la
protagonista è comunque condannata, può sembrare una cosa da poco, ma non lo è
affatto.
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RIPLEY!! Tuffo pazzesco per il 91.20! L’americana sale al comando! |
Se David Fincher
fosse stato un regista di minor talento ne sarebbe uscito con le ossa
completamente a pezzi, nel finale deve fare i conti con tutta l’operazione “Alien3” un film pieno di idee sbagliate, ma comunque nato con lo specifico intento di concludere per sempre la saga, probabilmente scontentando tutti i fans.
conto alla rovescia per l’arrivo dei soccorsi qui viene ribaltato, perché ormai
sappiamo che la “Compagnia” (che qui per la prima volta in tre film viene
chiamata con il suo nome, “Weyland-Yutani”) non viene certo ad aiutare Ripley.
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Siamo una compagnia seria, a misura d’uomo, non siamo mica degli androidi! |
Lance
Henriksen ha sempre schifato questo film, ha accettato di prendervi parte solo
come favore personale nei confronti del grande Walter Hill, che si è giocato la
carte del carisma per tenerlo a bordo. Nel suo dialogo con Ripley è difficile
non notare qualcosa di meta cinematografico, la Weaver chiede garanzie alla
grande compagnia su come utilizzeranno il suo “Alien” (film e creatura), se non
altro in quel finale Ripley si riprende la cazzima che la contraddistingue,
mettendo per sempre la parola fine al suo scontro con gli Xenomorfi e alla saga…
Twentieth Century Fox è peggio della Weyland-Yutani, ci vediamo qui tra sette
giorni, con il più improbabile sequel della storia del cinema.
Se volete curiosità, memorabilia, articoli, informazione e valanghe di passione Aliena, tutti i giorni trovate il blog curato da Lucius Etruscus, 30 anni di Aliens (Viaggi nel mondo degli alieni Fox), imperdibile per gli appassionati di questa saga!