Home » Recensioni » America Latina (2022): manuale di paranoia

America Latina (2022): manuale di paranoia

Sapete chi può affrontare a viso aperto i film (ed eventualmente gli insulti) di Damiano e Fabio D’Innocenzo? Il prode Quinto Moro che oggi è partito per l’America latina per noi. Quinto Moro la Bara è tutta tua!

Dopo “Favolacce” (film che ha fatto partire l’embolo a Muccino, quindi non potete perdervelo!) i fratelli D’Innocenzo tirano un’altra legnata sui denti, di quelle sanguinolente il giusto, a quell’Italia che fatica a guardarsi allo specchio. La nostra italietta decadente che è una bellezza bruttezza nei racconti di questi fratelli classe ’88 che ve lo dico, mi sembrano la miglior risposta del cinema italiano di questi anni a… beh, l’Italia, e a quel trentennio in cui i D’Innocenzo – e il sottoscritto – sono cresciuti.

“America Latina” è la loro ultima fatica, che se pur promettendo di alzare il tiro si scopre un pelo meno brillante di quanto non sembri. Il suo dovere sul fronte del thriller lo fa discretamente, e sul fronte psicologico ci sarebbe da scriverci un saggio. Già dal titolo sembra un manifesto di pensiero: l’accostamento tra “America” come terra promessa e “Latina” intesa come l’omonima provincia spoglia e decadente, dove un facoltoso dentista con la faccia da Elio Germano qualunque, con dolce moglie e splendide figlie incontra… L’ORRORE! Potrei vendervelo così.

Difficile immaginare un tipo più ordinario e noioso di uno che fa il dentista. Quanti protagonisti del cinema fanno i dentisti? Se nei primi 10 minuti rendi un tipo del genere interessante hai già vinto. Certo avere un Elio Germano d’annata aiuta non poco. Germano è bravissimo a sviscerare nevrosi, debolezza e bruttezza umane, lasciando sempre uno spiraglio all’empatia e alla comprensione. Ma pure a cacciare fuori il lato oscuro quando serve.

“Parlano bene di me sulla Bara… mi viene da piangere!”

“America Latina” inizia con un viaggio in macchina, un dettaglio tutt’altro che secondario nell’economia della prima mezz’ora. Il nostro dentista attraversa le stradine di periferia sino alla villetta isolata con tanto di piscina, ma un po’ trasandata. Non è chiaro se sia la seconda casa in campagna o una villa presa in affitto per un weekend rilassato con l’allegra famigliola.

I primi cinque minuti di questo film stanno al manuale del cinema come un manuale di zoologia sta al concetto d’imprinting: ti porto in campagna, caro spettatore, ma tu non sai esattamente dove ti sto portando. All’Inferno miei cari, all’Inferno!

“Questa… casa post-moderna da snob del cazzo!” (Cit. Al Pacino)

Proprio l’ambientazione è parte integrante della storia, l’isolamento della villa in campagna, ma pure il suo lusso decadente, con la piscina sporca, la famiglia felice di sopra e l’orrore giù in cantina.

Nel mezzo di una dolce notte d’amore, al dentista dalla vita perfetta si fulmina la lampadina in camera da letto. E’ la scintilla che innesca tutto. L’imprevisto che manda all’aria la sua vita tranquilla. Le lampadine stanno in cantina, dove in un mare di sporcizia si scopre una ragazza legata a un palo, coperta di lividi. Completamente stravolto dalla scoperta, il nostro buon padre di famiglia cerca di liberarla, ma la ragazza è un cane rabbioso, urla e morde, facendolo desistere – almeno inizialmente – dal soccorso.

Da qui in poi la discesa nell’incubo è lenta e continua. Il film diventa un thriller psicologico non convenzionale, basato sui dubbi e paranoie del protagonista che si riflettono sullo spettatore. Per un po’ il giochino funziona. Nonostante il colpo di scena sia telefonato e diventi chiaro abbastanza presto, il film non si realizza tanto nel finale quanto nell’esplorare tutti gli stati di paranoia. Chi ha messo là quella ragazza? Com’è possibile che sia successo sotto il suo naso e quello della sua famiglia? Chi è coinvolto? Chi sa e chi non deve sapere? Il percorso vale il prezzo del biglietto, anche se l’arrivo è un po’ deludente.

“Ciao, sono la vittima. Sto qui per strappare a morsi tutte le tue certezze e farti crollare il mondo addosso. Mi vuoi ancora salvare?”

Il film dei Fratelli D’Innocenzo funziona benissimo nelle atmosfere, nei primi piani, nei silenzi e dialoghi tesi. Il tentativo di scavare nel mistero tiene in piedi il film, anche grazie alla particolarità di un protagonista che appare troppo debole per sostenere qualsiasi cosa. Troppo debole per affrontare le sue dubbie amicizie, la sua famiglia, un padre stronzo, la ragazza prigioniera. I dubbi smembrano le certezze dell’uomo ordinario che diventa poltiglia di se stesso, mentre la sua vita va a scatafascio.

Difficile non fare spoiler, ma merita l’attenzione di chi apprezza le storie dove la normalità può trasformarsi in incubo. Non mancano scene angoscianti degne del miglior David Lynch (fra passeggiate notturne, rubizze torte alle fragole e feste di compleanno che si trasformano in incubi ad occhi aperti).

Una famiglia perfetta e una fumante torta di fragole. L’effetto Twin Peaks c’è tutto.

Il racconto scorre bene nei suoi 90 minuti (durata perfetta) senza tempi morti. Non è un caso: la produzione ha lasciato ampia discrezione ai registi, con lunghi tempi per le riprese. Tantissimo del girato è stato tagliato per esplorare il più possibile le varie direzioni della storia e la paranoia del protagonista, senza appigliarsi troppo alla sceneggiatura, ma anzi esplorarne le varie possibilità. L’assenza di una direzione precisa si nota ma è tutto a vantaggio del racconto. Il montaggio e la forma finale sono stati un lavoro di sottrazione. Peccato per un finale che mi ha fatto cascare l’entusiamo, perché senza spiegoneria poteva essere tutto molto più inquietante, un calcio allo stomaco vero, mentre alla fine ci si accontenta di un buffetto.

Da qui in poi SPOILERONI COME SE PIOVESSE. SIETE AVVISATI!

Zitti tutti, entriamo in trance da Marlon Brando in Apocalypse Now.

[SPOILER]: la trovata stile Bruttiful Mind toglie molto – se non tutto – alla storia, finisce quasi per ucciderne il significato più angosciante e critico. Da possibile critica sugli orrori nascosti nella società normale, sui segreti del buon padre di famiglia, si spegne in un più ordinario delirio dell’ubriaco, o di malattia mentale. C’è quanto basta per riflettere pure sulla mascolinità distrutta: rapporto conflittuale padre figlio, il sogno della famiglia perfetta mentre si dà sfogo ai più bassi istinti violenti contro una ragazzina. La psicologia del personaggio è interessante e racconta uno stato di umanità pietosa che può riguardare tutti, non solo i derelitti ma anche coloro che sono “arrivati”: il dentista con una posizione di tutto rispetto e la bella casa, con ferite profonde che intravediamo appena. Peccato ridurre tutto a una specie di stress post-traumatico da alcolismo, come una didascalia aggiunta col pennarello a punta grossa per non deludere il pubblico più distratto, e dare un senso leggibile alla storia. [FINE SPOILER].

Questo è esattamente il mio genere di storie, con l’orrore nascosto dietro la normalità, che spunta all’improvviso e manda tutto a scatafascio. Se ve lo siete persi in sala dategli una chance.
P.S.
Mille grazie a Quinto Moro per aver recensito il film!
Vi invito tutti a passare a scoprire qualcuno dei suoi lavori, che potete trovate QUI.
0 0 votes
Voto Articolo
Subscribe
Notificami
guest
0 Commenti
Most Voted
Newest Oldest
Inline Feedbacks
View all comments
Film del Giorno

Profondo rosso (1975): quando il giallo all’italiana si è tinto di rosso

Devo prenderla alla lontana questa premessa, un po’ perché ormai mi conoscete, è un mio vizio, un po’ perché credo che davanti a film di questa portata, sviscerati nel corso [...]
Vai al Migliore del Giorno
Categorie
Recensioni Film Horror I Classidy Monografie Recensioni di Serie Recensioni di Fumetti Recensioni di Libri
Chi Scrive sulla Bara?
@2024 La Bara Volante

Creato con orrore 💀 da contentI Marketing