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American horror story – Stagione 7 – Cult: Make america scary again

Trovo
significativo che quel gran bastardo di Charles Manson, uno che ha schivato la
pena di morte arrivando alla veneranda età di 83 anni, molti dei quali passati
nella patrie galere, non sia sopravvissuto alla nuova stagione di “American
Horror Story” che praticamente è dedicata alla sua vita e alle sue discutibili
opere. Anche uno come Manson ha un limite!


La settima
stagione della serie creata da quei due matti di Ryan Murphy e Brad Falchuk è
iniziata in un modo che non esito a definire geniale, il potenziale era enorme,
ma anche il rischio. Di fatto, “American Horror Story” è la prima serie televisiva
americana a schierarsi apertamente contro il presidente in carica Donald J. Trump
e a favore delle minoranze, una mossa che mi sembra la naturale evoluzione di
quanto già fatto da questa serie in stagioni come AHS Hotel, ad esempio.
L’inizio è
folgorante, per gli Stati Uniti l’inizio della fine coincide con la notte dell’8
novembre del 2016, doveva essere la storia, Hillary Clinton avrebbe dovuto
essere la prima presidente donna del Paese della torta di male, invece, ciccia,
è arrivato The Donald.



“Ah! Ah! Ah! Non hai detto la parola magica!” (Cit.)

Notizia che getta
nella disperazione Ally Mayfair-Richards (la veterana della serie Sarah
Paulson) e sua moglie Ivy (Alison Pill, all’esordio speriamo di vederla
ancora), la coppia di signore condivide vita, lavoro e il figlio Oz, ma l’elezione
del nuovo controverso presidente coincide con la ricaduta di Ally in tutte le
sue fobie, tante fobie!

Sì, perché la
donna soffre di tante di quelle fobie di cui nemmeno conoscevo il nome, come la
Tripofobia, la paura delle superfici ricoperte di buchi, oppure la più classica
coulrofobia, la paura dei Clown, che in questo periodo in cui Pennywise si vede ovunque, dev’essere
tornata prepotentemente di moda.
Proprio i clown
iniziano ad ossessionare la donna, prima Ally s’imbatte in un fumetto di
Twisty, il clown nato in questa serie durante la stagione Freak Show, che qui
torna per una piccola, ma efficace comparsata, poi, però i Clown con cui fare i
conti sono altri. Una banda di pagliacci mascherati inizia a seminare il panico
nella cittadina di Brookfield Heights nel Michigan, esistono veramente, oppure
sono il frutto della fobia della donna?



Basta far uscire un nuovo IT e a tutti torna la fissa per i clown!

Fermiamoci due
minuti a ragionare. Dedicare un’intera stagione di una serie che s’intitola “American
Horror Story” per parlarci di clown, proprio ora che un clown è arrivato alla
casa bianca è una mossa piuttosto coraggiosa, ma anche l’occasione per parlare
della paura stessa. Quella paura che è alla base degli horror, ma che forse è
anche quella che ha spinto tanti Americani a votare Trump.

Un tipo di paura
che Kai (un Evan Peters più mattatore che mai in questa stagione) conosce molto
bene, visto che con i suoi strambi capelli blu e l’ambizione di diventare
rappresentate comunale per il suo Stato, manipola le masse scatenando l’odio
contro le minoranze, che siano essere Messicani o coppie omosessuali, poco
importa. Il tutto con l’aiuto della sua setta (così abbiamo spiegato il “Cult”
del titolo) e di sua sorella Winter, interpretata Billie Lourd, la figlia di
Carrie Fisher rimasta a spasso dopo la chiusura dell’altra serie di Ryan Murphy
e Brad Falchuk, ovvero Scream Queens.
Ma il problema
con AHS e con questa stagione, in particolare, è un po’ sempre lo stesso: ad un
certo punto Murphy e Falchuk si fanno prendere la mano e gettano nel mucchio
tanta di quella roba da perdere il fuoco di un discorso che era iniziato benissimo.


“Dici che lo hanno fatto di nuovo?” , “Più carne al fuoco che durante una grigliata”.
Pian piano la
settimana stagione di “American Horror Story” lascia sullo sfondo il discorso
su Trump e la paura che serpeggia negli Stati Uniti per allargare la questione
a qualcosa di anche più spaventoso, ovvero come Liberali e Conservatori siano
spesso due facce della stessa medaglia e come sia semplice poter passare da
uno schieramento all’altro senza nemmeno accorgersene, proprio cedendo a quella
che un altro presidente americano, Franklin Roosevelt, avrebbe definito la paura
stessa.
Ma in questo
grosso calderone di roba che Ryan Murphy e Brad Falchuk continuano a rimestare
ci si perde e lo ammetto, ci si annoia anche parecchio, ho fatto una gran
fatica ad arrivare alla fine della stagione, vuoi anche per una
rappresentazione molto manichea di Donne = Buoni e Uomini = Cattivi che funziona
per un po’ poi viene tirata veramente troppo.


“Arrrrghhh io odio questi stereotipi!” disse Puffo psicotico.
Dopo, però, la
stagione alza nuovamente la testa, in un paio di puntate, in particolare, che,
guarda caso, sono la messa in scena di eventi reali, dimostrazione che Ryan
Murphy quando può lavorare su soggetti accaduti davvero sa tirare fuori il
meglio, dopo una stagione (bellissima) di American Crime Story ed una dedicata
allo scontro (ancora più bello) tra Joan Crawford e Bette Davis non può essere
un caso, no? Anzi, se volessero farci vedere la seconda stagione di ACS dedicata
all’assassinio di Versace e la seconda di “Feud” io sarei molto felice!
Lo scontro uomini
contro donne è ben riassunto (prima di scappare definitivamente di mano ai due
autori) nell’episodio “7×07 – Valerie Solanas Died for Your Sins: Scumbag”, con
la storia della donna che sparò ad Andy Warhol impersonato da Evan Peters. Un
episodio a tratti davvero geniale che ha l’ardire di dare anche un’identità al
famigerato serial killer noto come Zodiac per portare avanti la sua teoria per
cui appena una donna ha una buona idea, qualche uomo è pronto ad appropriarsene.


Evan Peters può essere Andy Warhol…

Nell’episodio
successivo, invece, “7×08 – Winter of Our Discontent” il solito Evan Peters si
cala nei panni di un paio di santoni a capo di sette, il primo è David Koresh
il secondo Jim Jones che al cinema era già stato rappresentato nel film “The
Sacrament” (2013) diretto da Ti “Il Terribile” West.

Ma Peters è
davvero scatenato, perché in questa serie si ritrova ad impersonare davvero
tutti, persino Gesù (!), ma soprattutto Charles Manson, l’episodio “7×09 – Drink
the Kool-Aid” viene portata in scena la notte in cui la sette di Manson uccide
in modo brutale la povera Sharon Tate.


…Oppure Charles Manson, presto interpreterà tutti i ruoli da solo.

Tutta
questa carnazzza messa sul fuoco in troppi momenti risulta davvero eccessiva e
la trama perde parecchia della sua forza nel disperato tentativo di sparare in
aria per colpire qualcosa, un vero peccato, perché le premesse c’erano davvero
tutte, purtroppo il risultato finale non è così esaltante.

Insomma, per AHS i
pregi e i difetti sono un po’ sempre gli stessi, sarà pure la serie che ha dato
la fama a Ryan Murphy e Brad Falchuk, ma preferisco quasi tutte le altre che
questi due matti hanno in cantiere, se non altro, sono riusciti nell’impresa
di liberarci tutti di Charles Manson e di essere i primi a dedicare qualcosa
che non sia una documentario al famigerato serial killer (che non ha mai ucciso
nessuno, per lo meno non direttamente), bruciando tutti sul tempo, anche
Quentin Tarantino che è già al lavoro sull’argomento.
Forse questo è il
grande pregio di questa stagione di “American Horror Story”, ricordarci che i
pagliacci carismatici sono ovunque, qualcuno ha il naso rosso, qualcuno una
svastica in mezzo agli occhi e altri il parrucchino, in ogni caso abbiate
paura, abbiate molta paura.
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