In un’ipotetica classifica dei migliori film di vampiri di tutti i tempi, che vi avviso, non ho nessuna voglia o intenzione di mettermi a stilare, il film di oggi dovrebbe farne parte a pieno titolo, erano anni che rimandavo di scrivere qualcosa di questo gioiellino, il compleanno per i suoi primi quarant’anni sono l’occasione giusta per darvi il benvenuto alla mia versione di “Ore d’orrore”, dal vivo sulla Bara Volante!
Questo film non ha solo lanciato la carriera di uno dei futuri papà della bambola assassina, ma ha saputo diventare non solo un titolo di culto, anche allo stesso tempo un classico del genere, pieno di cortocircuiti interni che lo rendono ancora oggi un film invecchiato benissimo, quasi un archetipo narrativo da favola che proprio agli archetipi della mitologia dei vampiri riesce a rifarsi molto bene, in onore del colore preferito dei succhiasangue, non perdo altro tempo e apro le porte dei Classidy a questo film!
Un ragazzo scopre che il suo vicino di casa è un vampiro. Spesso quando il soggetto di un film può essere riassunto in una frase, il film diventa più facile da vendere e in alcuni casi, anche molto valido, eppure a Tom Holland, il regista non lo Spidey palestrato, non bastava, nella sua testa mancava ancora qualcosa, a chi poteva rivolgersi il ragazzino protagonista una volta rimasto solo, senza nessuno pronto a credere alla sua versione della storia? Ed è qui che Holland ha avuto la giusta intuizione, l’ammazzavampiri che in uno strambo Paese a forma di scarpa, diventa l’ideale protagonista del film, prendendosi il titolo, perché chiamarlo “Ore d’orrore” – brillante intuizione con cui hanno adattato “Fright Night” – sarebbe stato figo, ma vuoi mettere “Ammazzavampiri” a caratteri cubitali, sopra quella locandina di culto, che è stata anche imitata? Non si batte!
La Columbia Pictures ha creduto in questa storia, con ottimi ritorni visto che “Ammazzavampiri” con i suoi venticinque milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti impalettati defunti si è piazzato al trentacinquesimo posto della classifica dei film più remunerativi di un anno, il 1985, dove in linea di massima qualche titolo diventato di culto dovreste anche trovarlo.
La storia come detto è molto semplice: Charley Brewster (William Ragsdale) sta limonando con la sua fidanzata Amy Peterson (Amanda Bearse) che sembra quasi pronta a fare il grande passo a letto quando il ragazzo sul più bello si distrae a guardare il nuovo vicino di casa, Jerry Dandrige (il sesso-a-pile di Chris Sarandon) che fa portare in casa una bara evidentemente non volante, e che ha la propensione a mozzicare sul collo belle vicine nude davanti alla finestra, oltre ad essere il campione del mondo dei maglioni spericolatamente a collo alto.
La dimensione da favola (i primi veri Horror) di “Fright Night” si nota tutta nella quasi totale assenza di adulti dalla storia, la mamma di Charley non gli crede, anzi, ingenuamente invita il nuovo vicino a casa per rapporti di buon vicinato, ignorando le sue origini e la regola di non invitare mai un vampiro ad entrare in casa, in compenso la polizia non lo ascolta, e qui bisogna aprire una piccola parentesi di curiosità legata al nostro adattamento.
Il Detective Lennox che prende a male parole il protagonista dopo la storiella del vicino di casa vampiro, in italiano “parla” con la voce John McClane in Die Hard 2 e per altro, è impersonato da Art Evans che recitava proprio in quel film, anche se l’adulto più significativo del film è quello che, sempre nella versione nostrana, si è preso il titolo.
Fateci caso, per quanto assurda la storia di Charley, la sua ragazza Amy crede a questa versione per amore, lo fa anche l’amico Edward “Evil Ed” Thompson (lo sfortunato Stephen Geoffreys, che dopo averci provato con l’horror è semplicemente passato ad un nuovo genere, sempre per adulti ma di un’altra tipologia), beh va detto che il suo “Fiele” concede udienza all’amico in cambio di otto dollari, però poi aggiorna anche l’ultimo degli spettatori su tutte le regole base del vampirismo, dalle croce, all’invito in casa fino ad arrivare ovviamente all’aglio, in modo che sia chiaro che sì, siamo in piena zona classico film di vampiri.
Nel mezzo, tra gli adulti ignavi e i ragazzi coinvolti, abbiamo lui, Peter Vincent, personaggio creato dal regista mescolando volutamente gli eroi della Hammer, Peter Cushing e Vincent Price, che in teoria era anche l’attore che Holland avrebbe voluto per la parte, ma incassato il suo no, su suggerimento del produttore, venne scelto Roddy McDowall e mai sostituzione fu più azzeccata, perché il suo vanesio ammazzavampiri del piccolo schermo, è Leggenda.
Lo sentiamo dire proprio a lui, di questi tempi, il pubblico preferisce pazzoidi mascherati che uccidono ragazzine, ecco perché Peter Vincent resta senza lavoro, licenziato dal programma “Ore d’orrore” (Fright Night in originale) come un’Elvira decisamente meno sexy e ironica, o uno Zio Tibia meno gommoso, che presenta vecchi film di cui è stato lui stesso protagonista, come se una scheggia impazzita scappata da un film della Hammer, sia finita nel cinema americano del 1985, per criticare il fatto che il Gotico e i film di vampiri, erano stati soppiantati dallo Slasher.
Peter Vincent è l’eroe di Charley, che non si perde una puntata del suo spettacolo, ma è essenzialmente un perdente, un attorucolo rimasto senza lavoro che si crogiola tra gli oggetti di scena dei suoi vecchi film con cui ha riempito casa e a ben guardare, anche un clamoroso vigliacco, la prova di Roddy McDowall è magnifica, ma dal suo personaggio passa tutto, perché “Ammazzavampiri” è essenzialmente un modo per provare a rispondere alla domanda: anni di film dell’orrore, possono aiutarti nella vita reale?
Ecco perché il film si apre con una scena alla tv dello spavaldo Ammazzavampiri Peter Vincent, che lotta con una vampirizzata, quasi un elemento anticipatore di quello che poi succederà a Charley con la dentuta Amy, anche lei vestita di bianco dopo la sua trasformazione, ma non fatevi distrarre dalla bellissima colonna sonora del mai abbastanza citato Brad Fiedel, è proprio la stessa scena, messa lì per dare circolarità al film.
In questo cortocircuito il film di Tom Holland vive e prospera, è un film di vampiri classico, però uscito a metà degli anni ’80, ha tutte le regole dei titoli con i succhiasangue e allo stesso tempo è anche una commedia, sul leggero, possiamo stare qui a discuterne, perché i momenti per stemperare non mancano, molti arrivano dallo stesso Vincent (e il suo specchietto ad esempio), ma l’elemento orrorifico è trattato con serietà, come succedeva in Ghostbusters e sarebbe accaduto poi anni dopo in Shaun of the dead.
Che poi parliamoci chiaramente, “Ammazzavampiri” funziona anche perché Tom Holland si è impuntato nell’avere effetti speciali di qualità, anche in un film dal budget medio, infatti anche rivedendo il film a quarant’anni dalla sua uscita, il lavoro di Richard Edlund (guarda caso arrivava proprio dagli Acchiappa fantasmi) si rifiuta di invecchiare, tra pipistrelloni fantastici e lupi che non si dimenticano, vogliamo parlare de LA scena, il momento esatto in cui Vincent cambia, perché accade tutto sotto i suoi (e i nostri) occhi, l’impalettamento del povero Evil Ed fa quasi tenerezza, anzi, diciamolo proprio, la scena di suo è straziante, non riesco a trovare aggettivi più calzanti, ed non è nemmeno l’unica memorabile del film.
Il vampiro Chris Sarandon, malgrado i suoi maglioni a collo alto e il nome Jerry, riesce a risultare ultra minaccioso e sessualmente magnetico, il suo contributo alla storia del cinema? Aver lasciato il cognome alla sua ex moglie Susan e aver regalato una prova maiuscola qui. Carico di sesso-a-pile riesce ad essere tutto quello che Charley. Un Uomo con la “U” maiuscola anche se tecnicamente non è nemmeno umano, la scena del bacio (pardon, il morso) in discoteca, oltre alla colonna sonora, si ricorda proprio per la sensualità esplicita, affrontarlo per Charlie non è solo la fine del suo arco narrativo (e a ben guardare, anche quello di Peter Vincent) o una lotta tra il bene e il male, è proprio uno dei tanti cortocircuiti interni ad “Ammazzavampiri”, quello tra infanzia e vita adulta, a fare di questo film una favola senza tempo, che come un vampiro, sembra non invecchiare mai.
Sono poche le storie cosi efficaci nel tratteggiare personaggi riusciti e coinvolgenti e allo stesso modo, capaci di giocare a carte scoperte con il pubblico con tanta onestà, ecco perché l’esordio al cinema di Tom Holland è diventato un marchio di fabbrica, imitato più volte, in particolare da due titoli che sono dei rifacimenti più o meno dichiarati ma del tutto espliciti, mi riferisco a “Testimone poco attendibile” (1989) e “L’ora del licantropo” (2008), che cambiando pochi elementi di questo soggetto semplice ma impeccabile, ma ne replicano la formula.
A proposito di titoli legati ad “Ammazzavampiri”, se ve lo state chiedendo, non ho aspettato tutto questo tempo per niente, i festeggiamenti per i primi quarant’anni di questo classi(d)o continueranno nelle prossime settimane, abbiamo un seguito e un remake ufficiale da affrontare, questa è la Bara Volante, siamo dal vivo ogni giorno, proprio come Ore d’orrore, però passate anche da Doppiaggi Italioti per un parere da parte degli esperti.
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