Ve lo ricordate Auguri per la tua morte? Era la prima sortita ufficiale della Blumhouse nel campo delle commedia horror, una cosina che non solo ha portato a casa abbastanza soldi da giustificare un seguito, ma soprattutto funzionava, anche abbastanza bene.
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Christopher B. Landon mentre si arrende, davanti alla sua evidente volontà di non voler girare più horror. |
Per assurdo benedetto dal successo del primo film, Christopher B. Landon può finalmente smetterla di fare finta che gli interessi davvero qualcosa del cinema horror, e anche se la sua protagonista continua a morire di continuo, il nostro ha la possibilità di concentrarsi su altro, tipo la commedia, la fantascienza, i viaggi nel tempo e gli universi paralleli, un cambio piuttosto netto di registro che, sapete che vi dico? Funziona, anche benino!
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Non ci vuole un martello grande, ma un grande martello. |
Se alla fine del primo film Tree riusciva a rompere il loop, scoprendo l’identità del suo assassino e fermandolo per tempo (non è uno spoiler! Si vede anche nel trailer del film!), lo spunto che fa si che questo secondo film esista è semplice: Il loop è stato rotto, ma non chiuso per sempre.
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Dovrei indicarvi il (finto) biondo che fa da (finto) protagonista, ma riesco a guardare solo il poster dietro. |
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That all started with the big bang! (Cit.) |
Si perché esattamente come accade a Tree, tutte le informazioni accumulate nel film precedente, non possono essere riutilizzate qui, essere di nuovo di fronte a tutti gli amici, gli amanti, ma soprattutto i nemici della ragazza, invece di risultare una noiosa replica, è un modo per espandere il mondo della protagonista e farci scoprire altro su di lei, anche perché alcuni personaggi che già conoscevamo, ci vengono raccontati da un altro punto di vista, e la realtà parallela si presta molto bene a colpi di scena molto efficaci.
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Un po’ tipo la scena iniziale di “Iron Man 2”, ma decisamente senza l’armatura. |
Per essere un film dove la bionda protagonista muore di continuo, la morte non è mai centrale, sembra quasi che dopo aver giustificato con la trama i continui ammazzamenti, il film sia finalmente libero di portare in scena delle morti che servano a tutto (far ridere, portare avanti la trama, sviluppare le dinamiche tra i personaggi) tranne che ad inorridire. Le morti non sono mai chiaramente violente oppure shoccanti, perché l’interesse del regista e del pubblico è comune, e in questo capitolo va tutto in un’altra direzione rispetto al film precedente: Siamo qui per capire come si esce da questo secondo e più complicato loop, e a vedere Jessica Rothe che fa la scema in modo adorabile, mentre il suo personaggio muore per accumulare conoscenza, nemmeno fosse la protagonista di un videogioco.
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La biondina che muore per prima, e poi muore ancora, e ancora, e ancora… |
Insomma, penso che nel cambio di registro ci abbiamo guadagnato tutti, se vi capitasse di vedere questo film, con in testa il vostro classico film della Blumhouse, potreste rimanere decisamente spiazzati, ma mi piace quando un film riesce a toglierti da sotto il sedere, la sedia comoda dell’abitudine e portarti altrove così, a questo punto voglio vedere il terzo capitolo ieri… Domani… Oh insomma! In qualunque punto del loop, purché esca presto!
I’ve got to find the way to get outside
And as I’m leaving my view changes the shape of the block
The truth is in the eyes, the truth is in the eyes
It doesn’t look the same