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Anno 2000 – La corsa della morte (1975): quando Roger Corman inventò Carmageddon

Ib Melchior, chi è Ib Melchior? Su due piedi risponderei l’uomo con il nome più bello del mondo, ma oltre a questo primato era anche uno scrittore danese, nonché produttore e regista che ha scritto e collaborato ad un sacco di titoli, tra cui “Terrore dallo spazio” (1965) di Mario Bava o la serie tv “Lost in Space”, ma è anche l’autore del racconto breve intitolato “The Racer” (1952), che una volta elaborato dal cervello esplosivo di Roger Corman è passato alla storia come il film “Death Race 2000”, qui da noi “Anno 2000 – La corsa della morte”.

La storia originale si concentrava sul pilota e il suo meccanico, ovviamente il leggendario Roger Corman capisce che con una storia del genere si può tirare fuori di tutto, infatti aggiunge il presidente con poteri illimitati e Frankenstein, il miglior pilota del mondo.

Tipo Fantasma dell’opera, ma fa suonare l’albero a camme, invece che l’organo a canne.

Per la regia sceglie Paul Bartel, anche se i due hanno idee molto diverse, il produttore voleva un film estremamente violento e privo di comicità, mentre il regista pensava ad un’atmosfera surreale, dove la violenza non è mai mostrata. Per nostra fortuna, i due hanno trovato un’azzeccata via di mezzo che ha reso “Anno 2000 – La corsa della morte” il cult che è ancora oggi.

Nel post datato anno 2000, gli Stati Uniti d’America non esistono più, annientati dalla crisi economica e da dissidi interni, al loro posto sorgono le Province Unite d’America, governate da un Presidente (“Il presidente di che?”) dai poteri illimitati venerato come un Dio.

La guerra e la violenza non esistono più, ma per dar sfogo all’umana pulsione di ammazzarci uno con l’altro, ogni anno viene organizzata la più sanguinosa gara automobilistica del mondo: Transcontinental Road Race, vince chi taglia per primo il traguardo sulla costa opposta e nel frattempo colleziona più punti, anziani e bambini valgono molti più punti in classifica generale.

Gli anziani saranno anche più lenti ma valgono di più.

Il pilota più famoso del mondo è il mascherato Frankenstein (David Carradine), sopravvissuto a centinaia di incidenti, ricostruito chirurgicamente e sfigurato sotto la sua maschera di pelle nera (in realtà gomma, perché Carradine si è rifiutato di indossare vestiti di pelle in estate, storia vera!).

Gli sfidanti sono una serie di personaggi coloriti almeno quanto il campione in carica, anche se il massacro su ruote è minacciato dalla resistenza, intenzionata ad eliminare i piloti per scuotere le coscienze del popolo. Roger Corman, sicuro di sé, offre il ruolo del pilota mascherato a Peter Fonda che in tutta risposta scoppia a ridere leggendo la sceneggiatura, la soluzione al problema di casting si chiama David Carradine che aveva appena finito di girare la puntata conclusiva della serie che lo ha reso famoso “Kung Fu” ed era alla ricerca di un ruolo completamente diverso. Ditemi cosa volete, ma credo che tra i due ruoli, quello più assurdo sia ancora il monaco Shaolin che avrebbe dovuto essere interpretato dal vero creatore di quella serie, ovvero Bruce Lee.

«A vederti così, mi sembri tutto tranne che cinese»

Carradine, però, è perfettamente a suo agio nella parte e qui inizia la sua scalata a mito cinematografico, ma occhio perché il film a facce note è ben messo, l’ambizioso sfidante che scalpita per battere Frankenstein è interpretato da… Rullo di tamburi… Sylvester Stallone! Il suo personaggio è il cliché dell’italo-americano malavitoso, (con mitra Thompson montato sul cofano dell’auto), il suo nome? Qui davvero tocca allacciarsi le cinture: Machine Joe “Rombo di Tuono” Viterbo, l’unico che potrebbe scalzare Ib Melchior dalla classifica dei nomi pazzescamente fighi.

«Frankenstein… sono io che vengo a prenderti!» (Quasi-cit.)

Ecco, anche se di fatto il ruolo è lo stesso (lo sfidante che affronta il campione con tanta voglia di rivalsa per finire poi sconfitto), diciamo che le parti migliori della sua interpretazione Sly le ha conservate per quel filmetto uscito l’anno dopo, potreste averne sentito parlare.

In ogni caso, Stallone fa il suo dovere, pare che abbia anche improvvisato gran parte delle battute del suo personaggio che, in effetti, dopo Frankenstein è il più memorabile del film. Se affinate lo sguardo, si vede per pochissimo, ma uno dei meccanici è interpretato dal mio grande amico John Landis, professionista di comparsate.

Altro che le lucine sotto la macchina di Fast & Furious.

“Death Race 2000” è un B-Movie purissimo, lo è nella trama e nella messa in scena, basta guardare i costumi volutamente pacchiani, o le rombanti auto da corsa, che sono poco più che dei golf cart agghindati con il peggio ciarpame incollato sopra. Eppure, il film ha fatto storia lo stesso. I suoi 80 minuti, anticipati dai titoli di testa disegnati a mano con le matite colorate (vedere per credere), filano via tra personaggi assurdi e volutamente caricaturali, tipo il commentatore della gara che sembra Claudio Cecchetto, o le sessioni di massaggio ai piloti tra una tappa della gara e l’altra.

No dai, guardatelo, secondo me è proprio lui in persona.

Eppure, “Anno 2000 – La corsa della morte” è uno dei titoli più famosi in assoluto quando si parla di futuri distopici e giochi mortali utilizzati per esorcizzare la violenza e tenere sedato il popolino davanti alla televisione, basta dire che è uscito lo stesso anno di quella bomba di Rollerball, anche se qui il tono è decisamente più da cartone animato.

I vari piloti assurdi come i loro nomi (Calamity Jane, Matilda la nazista di Milwakee, e Nero the Hero) e le loro morti, qualcuna in stile Willy il coyote, mescolano l’atmosfera dei “Wacky races” con la violenza del soggetto, sembra davvero di guardare il film ispirato al cartone animato di Hanna-Barbera, solo con il sangue e il futuro distopico al posto del cane Muttley che se la ride dall’automobile di Dirk Dastardly.

Manca solo Muttley che se la ride.

Ma sotto la scorza cialtrona, “Death Race 2000” nasconde stoccate alla società e un attivismo politico mai davvero celato, l’equivalente di prendere per il bavero lo spettatore e scuoterlo dicendogli: “Svegliati, ti stanno tenendo alla catena rimpinzandoti con tv spazzatura”. Insomma: satira, drittissima pura e semplice satira del tipo migliore.

Roger Corman in questo b-movie ha impresso tante di quelle idee che negli anni in tanti hanno pescato a piene mani da questo film, se più o meno siete della mia leva, ancora vi ricordate le (inutili) polemiche per quel videogioco violentissimissimo dove si stiravano i pedoni, chiamato “Carmageddon”. Ma oltre ai videogiochi, il film ha ispirato un ideale seguito con le moto al posto della auto (“I gladiatori dell’anno 3000” dello stesso anno) e tre prequel/remake, di cui uno diretto dal solito Paul W. S. Anderson. E poi, ovviamente, il quasi remake del 2017, un tipo di film che qui alla Bara ha un nome e un logo rosso (sangue), quello dei Classidy!

Sepolto in precedenza martedì 28 febbraio 2017

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