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Anno 2670 – Ultimo atto (1973): le scimmie non lanciano roba così di solito?

Come s’intuisce dal titolo italiano del film, siamo giunti all’ultimo atto della saga classica del pianeta delle scimmie, con il capitolo di cui ogni volta, dimentico la trama. Quello che oggi è protagonista della rubrica… Blog of the apes!

Si va avanti senza sosta!  Dev’essere stato questo l’imperativo tuonato dal produttore Arthur P. Jacobs, forte del discreto successo commerciale del capitolo precedente 1999 conquista della Terra che, per via dei suoi temi smaccatamente politici, era riuscito a portare in sala parecchio pubblico specialmente tra la comunità afro americana, quindi via veloci! Sfornare un altro film!

Ancora una volta si bussa alla porta di casa di Paul “gran casino” Dehn, che per motivi di salute chiama il time out e chiede un po’ di supporto, in suo soccorso arrivano i coniugi Corrington, John William e sua moglie Joyce Hooper che in quel periodo hanno le mani piene e sono freschi del successo del film 1975 occhi bianchi sul pianeta Terra con Charlton Heston, guarda un po’ una vecchia conoscenza di questa saga.
I Corrington ammettono candidamente di non aver MAI visto nessuno dei capitoli precedenti, ma nel dubbio riscrivono quasi totalmente il film, verrebbe da dire che due paia di occhi e mani nuove, a correggere molti dei soliti svarioni di quel pasticcione di Dehn, potrebbe essere un netto miglioramento, invece no! “Battle for the Planet of the Apes” è un pasticcio brutttarello, azzoppato da un budget ancora più ridicolo e da quasi nessuna idea, ma in ogni caso completamente confusa.

Questo è il punto, dove di solito smetto sempre di ricordarmi di che parla questo film.

Trovo significativo che in tanti anni e dopo numerose visioni (devo averlo visto almeno cinque volte, tante per un film così), io non riesca quasi mai a ricordare la trama, infatti spero che scriverne ora fresco di visione, possa servire ad aiutare la mia futura memoria. Di “Anno 2670 – Ultimo atto” ricordo sempre il vecchio Cesare al capo della comunità di scimmie, una zona radioattiva e uno scontro con degli umani che sulla carta sarebbe memorabile, tanto da essere il titolo del film, ma che ogni volta sfuma dalla mia memoria. A rivederlo posso dirlo: questo è senza ombra di dubbio il capitolo più pezzente di tutta la saga, L’altra faccia del pianeta delle scimmie è un film del RAZZO con cinque adoratori di un RAZZO, ma se non altro aveva un’idea di critica sociale e un finale nerissimo, questo? Questo è un’accozzaglia di roba che non prende mai una vera direzione.

S’inizia subito forte (si fa per dire) una bella scritta ci annuncia che siamo nell’anno 2670, dai! Dai ragazzi che questa volta a differenza del capitolo precedente, almeno il titolo italiano ha beccato l’anno giusto! Dai così. Il solito orango biondo armato di pergamena entra in scena come Troy McClure dei Simpson (che ricordiamolo, anche lui aveva avuto a che fare con le scimmie) spende dieci minuti a riassumerci attraverso immagini di repertorio, cos’è successo negli ultimi tre film della saga, considerando che “Anno 2670 – Ultimo atto” dura 93 minuti titoli di coda compresi, spenderne dieci per un riassunto vi dà già un’idea delle poche idee del film.

Chi nasconde quella maschera tigre scimmia? Ve lo dico più avanti…

L’orango è noto come il Legislatore e lasciatemi l’icona aperta sulla sua identità, perché è una delle storie più interessanti di questo film. Il suo compito è quello di introdurci alla storia vera e propria ambientata negli anni in cui scimmie è umani ancora convivevano dopo la rivoluzione scimmiesca, quindi questo film NON è ambientato nell’anno 2670! Grandi! Un altro capolavoro dei titolatori italiani olè!

La storia si svolge dieci anni dopo la rivolta guidata da Cesare, gli umani e le scimmie convivono, non con poche difficoltà, perché senza spiegazione alcune da parte di Dehn o dei Corrington, ora le scimmie sono evolute, parlano tutte correttamente e hanno messo su una società divisa per colori identica a quella vista nel film del 1968: la squadra verde degli scimpanzé logici e pacifisti, gli oranghi vestiti di arancione intellettuali e pedanti (strano che non abbiano anche gli occhiali sul naso visto il clichè) e per finire i viola, i Gorilla sempre molto “Celoduristici” e con un malcelato schifo per gli umani.

Aldo, un giorno la storia capirà che sei tu il vero eroe della saga!

I due più rappresentativi sono Virgilio il compositore Paul Williams che truccato da scimmia è identico a Toby Jones se mai decidesse di truccarsi da scimmia e l’ormai mitico generale Aldo! (Claude Akins) che però non è il famigerato Aldo Connors, il profeta che insegnò alle scimmie a ribellarsi, citato da Cornelius e poi sparito da tutti i doppiaggi dei film
successivi.

Solo io trovo che siano identici?

Com’è possibile che in soli dieci anni l’umanità si sia disintegrata a colpi di bombe nucleari, il pianeta sia tutto sommato ancora abitabile (tranne alcune zone) e le scimmie siano già una società strutturata  peggio dei vecchi cliché umani? In realtà, non frega niente agli sceneggiatori, quindi andiamo avanti e veniamo all’unica novità: la società messa su da Cesare ha una parola tabù, ve lo dico subito non è “Culo” e no non è nemmeno “Cacca”, ma se volete saperlo non è nemmeno “Pappa”, quella è la parola tabù a casa mia, se provi a pronunciarlo per errore i cani si agitano e ti zompano addosso affamati (storia vera).

La parola tabù è “No”, vecchio retaggio della schiavitù subita dai padroni umani, le scimmie possono pronunciarla, anche se lo fanno sempre con poca voglia, ma per un umano è vietatissimo! Infatti, ad insegnare la lingua e la scrittura alla scimmie chi ci pensa? Abe (Noah Keen) un umano. Come fa un umano che non può dire “No” ad insegnare le basi della grammatica alle scimmie? Non lo so, oddio ho detto no! NO! Non volevo dirlo! Oddio l’ho detto di nuovo!
Per non trasformare il film in una lunga lezione di Inglese in cui le scimmie fanno giochi di parole sul precetto su cui è basata la loro società “Ape shall never Kill ape”, ci vuole una svolta, che arriva dal personaggio di McDonald che dal film precedente ha cambiato attore, non più Hari Rhodes, ma Austin Stoker, anche qui senza spiegazioni, se non il velato dubbio di razzismo che due attori neri sono intercambiabili in quanto tale, bravi! Gli unici soldi che avete tirato su con il film precedente li avete fatti con la comunità afro americana, bell’idea!

Ma perchè un ape dovrebbe voler uccidere una scim… Aaahh in quel senso!

Insomma, McDonald dice ad un Cesare in crisi di identità che esistono dei filmati dei suoi genitori Cornelius e Zira (che compare solo in filmati d’archivio perché Kim Hunter si è riufiutata di partecipare schifata dalla sceneggiatura, storia vera) e si trovano conservati nella “Città proibita” non quella del film di Zhang Yimou, ma il solito mucchio di rovine radioattive ad un tiro di schioppo in quella direzione, a destra dopo la rotonda. Perché McDonald non lo ha detto prima a Cesare? Bah, non so, dovreste chiedere a Paul Dehn e ai suoi degni sostituti. Se siete curiosi di saperlo, le scene nella città sono state girate
nell’impianto di depurazione dell’acqua di Malibù, storico set per le produzioni con pochi soldi da spendere, basta dire che li sono stati girati sia
Terminator che 2022: i sopravvissuti (Soylent Green).

Risultato: nella città proibita radioattiva, abitano dei cattivissimi umani resi pazzi e mutati dall’alto tasso di radiazioni nell’aria (ma allora perché continuano a stare lì? Vabbè), la visita di Cesare, Virgilio e Dante McDonald è l’ultimo affronto, gli umani seguendo i tre Re Magi trovano la città delle scimmie (Scimmiolandia?) e scatta la citazione ad “Hot Shot 2”: Guerra. E sei il protagonista!

Noi siamo i Re Magi venian dall’oriente. 

Il film è girato con una povertà di mezzi palese, alcune scene che dovrebbero essere drammatiche risultano tragicomiche, come quando gli umani uccidono due gorilla a colpi di cannone, si vede che i due gorilla sono due manichini che fanno BLOOF! Saltando in aria.

Quella che dovrebbe essere la scena principale del film, quella che dà il titolo alla pellicola, ovvero la battaglia tra umani e scimmie, malgrado i tanti stacchi di montaggio utilizzati dal bravo regista J. Lee Thompson, risulta comunque una poverata, avete presente “Il secondo tragico Fantozzi” (1976) quando la battuta di caccia si trasforma in una rievocazione storica con carri armati? Ecco, è comunque girata meglio della battaglia di questo film, pensare che J. Lee Thompson sia lo stesso che ci ha regalato quella bomba di “I cannoni di Navarone” (1961) fa male al cuore!

«Ma lei, lei, è una iena!» , «Sisisi! Ed è anche un bellissimo esemplare!» (Cit.)

L’unica curiosità legata alla scena della battaglia, è l’incitazione lanciata da Cesare che messo spalle al muro dagli umani, ribalta le sorti dei quadrumani urlando “Now Fight Like apes!”, che è diventato il nome dell’omonima band Rock Irlandese Fight Like Apes, no giusto perché da “Scimmiologo” in erba certi dettagli gustosi vanno detti.

Tutta la trama legata a Cornelius, il figlio di Cesare (ma non QUEL Cornelius) serve solo a scatenare l’ambiguo finale, in cui il Aldo il traditore della regola “Ape shall never kill ape” trova la morte. Un’idea tutto sommato decente, sottolineata dalla frase di McDonald che guardando le scimmie giudicare per omicidio un loro simile commenta: “Sono appena entrati a far parte della razza umana”.
Peccato che questo finale cinico che sa di critica sociale (quindi in linea con i temi della saga) un minuto dopo venga spazzato via da Cesare e gli umani di nuovi tutti amici e perciò felici, non abbian nemici siamo Snorky Snorky SIMMIE SIMMIE! Che fa abbastanza a cazzotti con quanto abbiamo visto e dimostra che il film cerca di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, presentando una situazione con Gorilla cattivi da una parte e scimpanzé e umani buoni dall’altra che è la stessa della serie tv che esordirà l’anno dopo, nel 1974, dopo il disastro al botteghino di questo film. Anche il finale che riprende il prologo con il Legislatore impegnato a raccontare, mostra bambini umani e bambini scimmia, insieme ad ascoltare la storia, davanti ad una statua di Cesare talmente brutta, da far rivalutare immediatamente quella di Manuela Arcuri a Porto Cesareo!

«Maledetti per l’eternità! Tutti!» (Cit.)

Da dire sul film non ci sarebbe davvero altro, se non fosse che noi “Scimmiologi” siamo una casta e ci conosciamo tutti, passiamo le giornate a spulciarci come babbuini, quindi, per prima cosa, vi consiglio di passare dal Zinefilo a leggere il suo ottimo pezzo su questo film e poi vi aggiungo ancora qualche storiella proveniente dal set, roba di prima mano che ho avuto da un vecchio amico di nome… John Landis!

«Visto? Che vi dicevo? Cassidy non può stare senza di me» 

Sì, perché il mio amico John su questo set ci è stato sul serio! Stranamente non nei panni di una scimmia (come avrebbe fatto lo stesso anno con il suo film di esordio Slok), ma in quelli di un umano, se guardate bene lo vedete aggirarsi tra Roddy McDowall e Cornelius suo figlio nel film.

Il grande John mi ha detto che J. Lee Thompson era una persona gentilissima, peccato che fosse già in quella fase della sua carriera in cui non gli fregava davvero più un RAZZO e dopo essersi lamentato inutilmente con la produzione per la povertà di mezzi, l’ha semplicemente data su, provando a girare il meglio con il poco a sua disposizione.
Ma la storiella più divertente che mi ha riferito John in una delle nostre telefonate, è quella volta in cui si è ritrovato a tavola con tutto il cast del film, aspettando che un membro del cast in particolare, terminasse il trucco per girare la sua scena, quella del Legislatore, in un attimo John, inteso come Landis, 23 anni barba e capelli lunghi, nessuna esperienza se non un amore per il cinema grande come la sua Chicago, si trova davanti un altro John, inteso come John Huston, un mito, regista di tanti di quei capolavori del cinema che se ci penso mi gira la testa,  più in generale una leggenda. Penso che abbiano sentito lo schiocco della mandibola di Landis precipitata a terra ad un paio di stati di distanza.

«Ragazzo, non sapevo che anche le scimmie avessero problemi di vista» 

Dopo un po’ di chiacchiere di un (immagino) appena appena agitato Landis, i due John entrano in confidenza e Landis chiede al Maestro: “Ma come mai sei finito sotto un chilo di plastica a fare la scimmia-narrante in questo filmetto?”, risposta del pragmatico John Huston: “You take the money Kid!” (storia vera).

Insomma, a voler guardare anche un film da niente come questo, può contenere tanto cinema, si dice in giro che il produttore e segretamente agente della CIA Tony Mendez, abbia avuto l’ispirazione per l’operazione “Argo” (quella del film diretto da Ben Affleck) proprio mentre era in sala a guardare questo film, la storia vera di come la crisi degli ostaggi in Iran, sia stata risolta a colpi di cinema, ma questa è un’altra storia, che per altro qualcuno ha già raccontato alla perfezione. La battaglia per il pianeta delle scimmie finisce qui, questa rubrica, invece, continua, prossimo capitolo: la maledizione del remake!
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