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Atmosfera zero (1981): uno sceriffo extraterrestre (poco extra e molto scozzese)

Lo avevo detto
che il prossimo film di Sean Connery ad approvare su questa Bara Volante
sarebbe stato “Atmosfera zero” ed io mantengo sempre la parola data, anche
perché questo film è stato davvero un classico dei passaggi tv durante la mia
infanzia.

Normalmente un film passa spesso in televisione per due
ragioni: è un classico che garantisce ascolti sicuri, oppure perché è andato
maluccio e ancora cerca di raggranellare soldini poco alla volta negli anni. “Atmosfera
zero” costato circa sedici milioni di fogli verdi con sopra facce di
altrettanti ex presidenti spirati, incassò poco più della spesa andando in
pari, ma io tutto questo, quanto lo vedevo e lo rivedevo ad ogni passaggio
televisivo non lo sapevo, io sapevo che nel film recitava Sean Connery e tanto
mi bastava.

Un film con Sean Connery? Corro!

Pochi più di Sir Connery sono stati per me, capaci di
convincermi a vedere qualunque film con la sola presenza, considerando che lo
Scozzese in carriera ha sbagliato solo una scelta, l’ultima (la leggenda di
quella roba brutta tratta da un fumetto bello) e poi dopo quella ha avuto anche
la grazia di ritirarsi a vita privata dedicandosi al golf a tempo pieno,
possiamo dirci molto fortunati. Anche se “Atmosfera zero” è arrivato in quella
parte della carriera di Connery in cui il divo era alla ricerca di un rilancio
per la sua carriera, quindi non si è fatto problemi ad accettare un film che
cavalcava il successo di un titolo che ha fatto la storia, ovvero Alien.

Nello spazio nessuno può sentirti dire le parolacce con l’accento Scozzese.

Per nostra fortuna Connery non si è mai fatto problemi a
selezionare soggetti pescando dalla cultura alta e da quella bassa, garantendo
ad ogni apparizione sullo schermo sempre lo stesso impegno e dosi abbondanti di
carisma, tanto che ogni pellicola è comunque uscita nobilitata dalla sua
presenza. “Atmosfera zero” è un film così, che da Alien ha preso in prestito il
compositore, il leggendario Jerry Goldsmith che ha dovuto mordere il freno, per
non ripetere con le sue note le atmosfere (di sicuro non zero) del film dello
Scott sbagliato, Ridley (storia vera). Ma a ben guardare anche la frase di
lancio del film (“Even in space, the ultimate enemy is still man”), ricorda
un po’ quella celeberrima di “Alien”. Ma il film a cui deve di più “Atmosfera Zero”
è un altro, vi racconto la trama e poi andiamo un po’ più nel dettaglio.

Una bella serie di scritte verdi sullo schermo, ci racconta
che “Atmosfera Zero” è ambientato su Io, uno dei satelliti di Giove, che si
chiama così perché quando è stato il momento di battezzarlo un astrofisico ha
chiesto: «Chi vuole fare un nome a questo satellite?» e tutti in coro hanno
risposto «Io! Io! Io! Io!», almeno io credo che la genesi del nome Io sia
andata così.

“Io, Io, Io, sempre Io… Egoista!”

La maggior esportazione di Io, inteso come satellite e non
come deficiente che state leggendo è il titanio, che viene estratto nella città
mineraria Con-am 27, gestita dalla solita compagnia il cui massimo interesse è
il profitto, la Weyland-Yutani della situazione che finanza un avamposto
popolato da 2144 persone tra minatori e personale di servizio. Tutto questo
descritto dalle scrittine verdi che compaiono all’inizio del film, mica male eh?

Il nuovo commissario addetto alla sicurezza nella stazione
mineraria è William O’Niel, un tostissimo Sean Connery con berretto da Baseball,
perché su Con-am 27 quanto non si indossa una tuta spaziale, hanno tutti il
berrettino da Baseball a sottolineare la natura proletaria dei personaggi.
Anche perché nel film, nessuno gioca a Baseball, al massimo un personaggio
gioca allo sport preferito di Connery, ovvero il golf. A farlo è Mark Sheppard
interpretato da un barbuto e minacciosissimo Peter Boyle. Ve lo ricordate Peter
Boyle? Un omone con la faccia da orsacchiottone che qui quando sorride, sembra
che lo faccia per cortesia prima di divorarti, una vita da caratterista cinque
stelle extra lusso, in titoli come “Taxi Driver” (1976) oppure Danko, ma soprattutto il ruolo che lo ha
spedito nel Valhalla del cinema, quello della creatura in “Frankenstein junior”
(1974), insomma a facce famose e bravi attori, questo film è decisamente ben
mezzo.

“Come affrontiamo la tensione e lo stress su Io? Vodka!”

William O’Niel è un commissario tutto d’un pezzo, con la
schiena dritta e la testa alta, quando su Con-am 27 gli operai iniziamo a
morire nei modi più assurdi, lui comincia la sua indagine. I lavoratori sembrano
andare fuori di testa per motivi imprecisati, in una delle prime scene, uno di
loro è convinto di avere un grosso ragno sulla tuta spaziale, peccato che lo
veda solo lui nella sua testa, ma questo non impedisce comunque al poveretto di
lacerare la sua tuta spaziale, facendo fare alla sua capoccia un bel POP!
Perché prima di Atto di Forza, uno
dei pochi film che ha tenuto conto di una gravità equivalente ad un sesto di
quella della Terra e del fatto che nello spazio nessuno può sentirti urlare,
perché senza protezioni saresti morto in due secondi, è stato proprio
“Atmosfera Zero”.

Quando pensate che starnutire nella mascherina sia brutto, ricordatevi di lui.

Il titolo italiano arriva proprio da una di queste morti, un
secondo operario che senza tuta spaziale, ma con addosso solo il sorrisone che
di solito vedete sul viso di quel vostro amico, che ha tutte quelle piantine a
casa e ama tanto la musica di Bob Marley. L’operaio prende
l’ascensore (… per l’inferno, in discesa, cit.) ed esce fuori quando una bella
scritta gialla recita “atmosphere: zero” e da questa scena di brutta morte, arriva anche l’idea per il titolo Italiano del film, quando invece quello
originale mette ancora più in chiaro la natura stessa del film. “Outland”
sembra un titolo da film Western, infatti il regista e sceneggiatore Peter
Hyams non ha mai nascosto il fatto che il suo modello di riferimento è stato il
capolavoro di Fred Zinnemann, “Mezzogiorno di fuoco” (1952), di cui
questo film sembra quasi un rifacimento in chiave spaziale. Poi chiedetemi
perché vado pazzo per Fantasmi da Marte,
sono cresciuto con uno sceriffo extraterrestre (poco extra e molto scozzese).

‘Cos you’re the Sheriff, Yeah you’re the Sheriff (cit.)

O’Niel indaga sulle morti è scopre che agli operai parte la
boccia per via di una molecola sintetica che hanno in corpo, una droga che non
fa sentire la fatica, fa lavorare tutti come formiche aumentando la
produttività ma beh, ha il piccolissimo effetto collaterale di provocare
allucinazioni e deliri vari. Ma la compagnia è felice perché i numeri a fine
mese sono buoni, gli operai a cui non parte la capoccia sono felici perché si
sballano dimenticando per un po’ lo schifo di panorama di Io, ed è felicissimo Mark
Sheppard che fa affari d’oro, libero di fare il bello e il cattivo tempo su
Com-am 27, spalleggiato dalla compagnia.

Di fatto Mark Sheppard è a capo di un sindacato, che nei
film americani viene considerato alla stregua di un’organizzazione mafiosa,
infatti Peter Boyle recitava anche in “F.I.S.T.” (1978) di Norman Jewison, che
raccontava questo punto di vista alla perfezione. Gli operai di Sheppard sono
come i cowboys di “Mezzogiorno di fuoco”, lavorano duro, ma devono anche
essere lasciati liberi di sfogarsi, per questo il precedente commissario
chiudeva tutti e due gli occhi, solo che William O’Niel non è quel tipo d’uomo
che lascia correre davanti ad un’ingiustizia.

Anche se qui sembra più “..altrimenti ci arrabbiamo!”

Cos’altro caratterizzava lo sceriffo Willy Kane in “High
Noon”? Veniva abbandonato da tutti e si ritrovava da solo contro i cowboys. Lo
stesso accade a O’Niel, la moglie utilizza la scusa del figlio pre adolescente
che merita di crescere sulla Terra per abbandonare il marito su Io. E qui
dovrei fare una battutaccia sul fatto che in un buon matrimonio, non esista
l’Io ma il noi, facciamo finta che io l’abbia fatta ok? Così ci risparmiamo
tutti l’imbarazzo.

Attraverso comunicazioni via schermo, che hanno anticipato
di qualcosa come una trentina d’anni Skype, O’Niel avrebbe ancora la
possibilità di acchiappare l’ultimo volo per la Terra, un viaggio in sonno
criogenico della durata di un anno, per tornare a casa con moglie e figlio ma
no, uno come lui non può fare finta di nulla davanti ad un crimine in corso, su
Io il commissario O’Niel ha ancora un lavoro da fare.

“Vado, li ammazzo e torno sulla Terra”

Per quello che mi riguarda Peter Hyams è un eroe dei film
della mia infanzia, quei titoli di formazione che essendo io (non il satellite)
parte di quella generazione cresciuta con il videoregistratore e i film in tv,
guardavo e riguardavo senza farmi problemi sul fatto che fossero stati o meno
grandi successi al cinema, erano sulla mia televisione, erano bei film, tanto mi
bastava. Sarà per quello che ancora oggi non riesco a sposare in pieno le
argomentazioni di chi sostiene che il cinema deve essere solo ed esclusivamente
sala cinematografica? Boh non lo so, di sicuro guardavo alcuni dei film di
Peter Hyams come “2010 – L’anno del contatto” (1984), senza farmi troppe pippe
mentali con i paragoni Kubrickiani, mentre del mio insano rapporto di passione con Capricorn One, vi ho già detto tutto
qualche tempo fa.

“Atmosfera Zero” è un film dritto come le intenzioni di
giustizia di O’Niel, solido come il carisma di Sean Connery che qui come suo
solito, si divora ogni scena in cui compare e considerando il dettaglio (da
niente) che resta in scena per il 97% della durata della pellicola, non so
proprio cosa si potrebbe chiedere di più. “Oultand” è un fiero rappresentate di
quella fantascienza credibile, “Hard Sci-fi” come dicono gli anglofoni, che
racconta con più attinenza possibile alla scienza, futuri probabili per
l’umanità. Il film di Peter Hyams con le sue scalette, i suoi cunicoli, le sue
tute spaziali è in grado di farti pensare che la vita su una colonia mineraria
su Io, sarebbe proprio così. Il regista era talmente in fotta per creare
un’atmosfera (tutto tranne che zero) realistica, che si è occupato di tutto,
anche della fotografia, di fatto il leggendario direttore della fotografia Stephen Goldblatt, è stato pagato per
non far nulla, un panchinaro di lusso da tenere a portata di mano in caso di
problemi, che ha fatto (controvoglia) da presta nome e poco altro (storia
vera).

“Qui non si capisce più niente, va tutto alla rovescia anche la gravità!”

Però è inutile girarci troppo attorno, la trama e Peter
Hyams si sono divertiti a portare in scena ammazzamenti anche piuttosto
cruenti, che tenessero conto della gravità dimezzata e dell’ambientazione
spaziale del film, ad esempio il cadavere che gocciola sangue verso il
soffitto, è sicuramente tra i momenti più iconici del film. Ma “Outland” fin
dal suo titolo originale è “Mezzogiorno di fuoco” nello spazio, con Sean
Connery che a tratti è più Gary Cooperiano di Gary Cooper.

Esiste anche un adattamento a fumetto firmato dal grande Jim Steranko.

Il modo in cui Peter Hyams insiste nell’inquadrare gli
orologi (digitali), che scandiscono il tempo dell’attesa dell’arrivo dei “cowboys”, chiamati da Mark
Sheppard per far fuori il nuovo commissario che non ci sta a chiudere un occhio
sui loschi traffici. Oppure i locali della stazione dove si può bere qualcosa,
che sembrano una versione spaziale di un saloon del vecchio West. Il nord
magnetico per Hyams è chiaramente il film di Fred Zinnemann, è palese ma questo non
toglie nulla ad un film che spesso, rinuncia ai dialoghi in favore di una scena
bella tirata (l’inseguimento di O’Niel nei corridoio della stazione) e dove le armi
non sono fucili laser, ma fanno uso di proiettili a pallettoni giusto per
mettere in chiaro che questo è un Western a tutti gli effetti.

Scotch on the rocks (ah ah quanto sono simpatico con le freddure…)

Lo è nel modo in cui il buono e il cattivo si guardano in
cagnesco e anche per quello che si dicono («Commissario? Sei morto mi hai
sentito?», «Ho sentito») oppure per il fatto che l’unica ad aiutare il
protagonista, sia uno “straccio” (come si auto definisce anche nel doppiaggio
Italiano del film) come la dottoressa alcolizzata interpretata da Frances
Sternhagen, la spalla del protagonista che riuscirà a redimere se stessa
aiutando lo sceriffo nella sua impresa, insomma una dinamica classica del cinema Western.

“20cc di whiskey presto!”, “Per il paziente?”, “No per me, veloce!”

Ecco, forse il difetto (se così possiamo definirlo) di
“Outland” è che nel suo essere così spudoratamente Western, a volte si
dimentica di essere anche un film di fantascienza, il finale con la sparatoria
nella serra è veramente figo, vedere qualcuno sparato fuori nello spazio
profondo, è la classica trovata che fa subito Alien, però mi sembra un po’ improbabile che i vetri di una serra
di una base spaziale, vadano in frantumi al primo colpo di fucile in qual modo,
esponendo tutti nella base, al pericolo di essere risucchiati fuori nello
spazio. Non solo dovrebbero essere anti proiettile, dovrebbero essere anche spessi diciotto metri se vogliamo che offrano una bella visuale sulla vastità dello
spazio ma senza uccidere tutti. O qui siamo di fronte ad un enorme difetto
architettonico, oppure più semplicemente Peter Hyams aveva in testa una bella
sparatoria con vetri in frantumi e cattivi sparati fuori nello spazio, un misto
di Western e fantascienza, talmente spettacolare nella riuscita da fa passare
in secondo piano la logica.

“Non potete coltivare i pomodori come fanno tutti?”

Insomma “Atmosfera Zero” è ancora un solidissimo film che
meriterebbe una piccola riscoperta, anche solo per chi volesse fare la
conoscenza di un ruolo di Sean Connery diverso da quelli ultra noti e super
citati, il suo sceriffo extraterrestre è una dei tanti personaggi che lo
Scozzese ci ha regalato in carriera. Sono felice di essere cresciuto con titoli
così e con personaggi di tale carisma, mi rendo conto che sono questi i film
che hanno influenzato i miei (dis)gusti cinematografici, non li cambierei con
nulla al mondo.

Grazie di tutto Sir, ci vediamo nei film!

Non perdete la locandina italiana del film dalle pagine di IPMP.

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