A lungo ho scherzato sul fatto che Samara Weaving è un po’ una Emma Stone in versione Bara Volante, ma ora che Stone si è messa anche lei a giocare nel campo degli Horror (a suo modo), mi serve un altro paragone, per questo diciamo che non solo Samara Weaving è la Margot Robbie in versione Bara Volante, ma piccata dalle scelte di carriera di Emma Pietra, ha pensato di rilanciare prendendosi il giorno di Halloween con la sua ultima fatica.
Ben più che la semplice nipote di Mr. Smith, Samara Weaving si è messa sulla carta geografica con un Horror e il genere non lo ha mai mollato, anzi, sembra che si diverta ad essere ricoperta di sangue finto e inseguita da mille mila nemici, mi dispiace non essere riuscito a scrivere del gustosissimo “Mayhem” (2017, prima o poi lo farò…), ma proprio in questi giorni, mentre viene annunciato il secondo capitolo di Finchè morte non vi separi (cosa riguarderà, la luna di miele?) Weaving è nei cinema americani anche con questo “Azrael”, che rientra in pieno nella tipologia di Horror che la nostra gradisce, ma con una peculiarità aggiuntiva.
Diretto da E. L. Katz, regista del segmento “A is for Amateur” nel film “ABCs of Death 2” (2014) e di tanti episodi per tante serie tv, il film è stato scritto dallo sceneggiatore di fiducia di Adam Wingard, ovvero Simon Barrett, che qui ha la sua buona dose fi responsabilità perché è piuttosto chiaro che regista e sceneggiatore abbiano visto A quiet place pensando: «Anche noi così! Anche noi! Anche noi!»
Ad una prima occhiata “Azrael” parla, pensate un po’? Di Azrael (Samara Weaving) che si aggira in un bosco con il suo fidanzato/amante/altro 50% della coppia di fatto Kenan (Nathan Stewart-Jarrett), cacciati da una banda di tizi in odore di Mad Max, o di Ewoks visto che si aggirano rombanti per un bosco. Con Kenan ferito, Azrael viene rapita dalla banda e portata al cospetto di Josephine (Katariina Unt), braccio dentro della capa di questo culto di matti, una tizia incinta di nome Miriam (Vic Carmen Sonne) che vorrebbe sacrificare la bionda a, boh, una sorta di gruppo di zombie o creature ben cotte quasi bruciate, questa la premessa, vi ho già detto che tutto questo avviene senza una sola riga di dialogo?
Quindi ora ve la racconto di nuovo come l’ho capita, senza leggere i nomi dei personaggi dai titoli di coda: “Azrael” NON parla di Samara Weaving, andata nel bosco forse per limonare in pace con il suo amichetto, il tipo della serie tv “Misfits”, quando una banda di loschi capelloni feriscono gravemente il ragazzo (forse memori delle ultime stagioni di “Misfits”) e gelosi, vorrebbero limonare con Samara. Chiamali scemi. Lei giustamente scappa, ma catturata viene portata da tizia losca numero uno, che lavora per tizia losca incinta a capo di un culto, si capisce dal rituale in cui cerca di sacrificare Samara a quelle bruschette umanoidi, che a volte ti attaccano a volte no, non si sa.
Provate ad immaginare il vostro amichevole Cassidy di quartiere, costretto a parlarvi di un film senza dialoghi, dove i personaggi non parlano, qualcuno – presumo – per scelta religiosa altri, perché privati delle corde vocali, come la cicatrice sulla gola di Samara Weaving mette in chiaro.
Da un certo punto di vista un film come “Azrael” non è solo un modo per cavalcare il fatto che A quiet place abbia sdoganato gli Horror senza dialoghi, potrebbe essere un modo per costringere il pubblico a guardare lo schermo, a seguire una storia narrata solo per immagini, certo, Samara Weaving è un ottimo motivo per lanciare fuori dalla finestra quel cazzarola di telefono concentrandosi sullo schermo, ma qui Houston, abbiamo un problema di fondo grosso.
Nei fumetti si chiama “Storytelling”, la capacità di un disegnatore di raccontare solo usando il suo talento grafico e le matite, nel Cinema forse si chiama “Visual storytelling” o semplicemente raccontare per immagini, “Azrael” parte dalla premessa ardita per cui il pubblico deve intuire che la storia è ambientata in un mondo dove la parola è stata bandita, anche quella scritta o le sue varianti, tipo il messaggio dei segni (immagino…), però sono concessi i fischi. Di colpo il “Catcalling” è tornato di moda.
Una volta digerito questo passaggio, bisogna capire che le persone non parlano per scelta o per menomazioni fisiche imposte, quello che segue è un film in cui ad ogni svolta o passaggio di trama, vanno aggiunte le frasi: «Da quanto ho capito» oppure «Una cosa del genere»
Quindi Azrael fugge per non essere sacrificata alle creature bruciacchiate che, da quanto ho capito, sono legate in qualche modo all’apocalisse che ha portato tutti a smettere di parlare, una cosa del genere. In 85 minuti, titoli di coda compresi, Azarel cerca di scappare, fuggire, non farsi prendere e in generale, non fare la fine dell’agnello a Pasqua, perché, da quanto ho capito, in questo film dove i maschietti hanno tutti un ruolo di contorno, la prima donna del culto, da quanto ho capito, vorrebbe fare le scarpe all’altra, quella incinta, oppure supportala, una cosa del genere.
Verso la metà del film, al nono tentativo di fuga di Samara che, da quanto ho capito è la Azrael del titolo (qui ho avuto la conferma dai titoli di coda), la nostra si imbatte nell’unico personaggio parlante della storia, che le dà un passaggio in auto ma parla una lingua sconosciuta, oltre a sembrare del tutto ignaro ai fatti, come se fosse piovuto da un altro film o una cosa del genere.
A quiet place era ambientato nel nostro mondo, usava l’elemento fantastico per fare metafora (riuscita) di una famiglia che non poteva fisicamente parlare del lutto appena subito, Simon Barrett sembra invece aver scritto un generico Survival Horror con mostri ben cotti, quasi bruciati, che costruisce un mondo dove ci sarebbero fin troppe domande: Il nome Azrael della protagonista ha un legame con l’angelo della morte o suonava solo figo? State cercando di mettere su un METAFORONE sulla maternità da portare a termine o il fatto che Miriam qui si incinta è un modo per distinguerla dall’altra di cui non sappiamo il nome (fino ai titoli di coda)? I mostrini creme brulèe, esistevano già prima dell’apocalisse che, da quanto ho capito, ha colpito il pianeta oppure sono arrivati dopo? Insomma a livello di costruzione del mondo e logica interna della trama, a me sta bene non spiegare tutto per filo e per segno, ma se già la base traballa, togliergli i dialoghi ecco, bene ma non benissimo.
Cosa resta di tutto questo? Essenzialmente due elementi chiave, la regia di E. L. Katz e la capacità di Samara Weaving di bucare lo schermo. Partiamo dal primo punto, Katz non muove la macchina da presa a Katz, sa il fatto suo ed esteticamente il film funziona, purtroppo non ha la capacità di compensare una sceneggiatura che sembra pensata per avere i dialoghi e poi è stata resa muta con le brutte come la protagonista, ma la resa visiva dei creme brulèe funziona, inoltre il finale è fighissimo, nulla di particolarmente innovativo, ma usare la luce che entra dalla parete della chiesa improvvisata attorno alla testa della protagonista, sarà un po’ (molto!) didascalico ma estaticamente colpisce, peccato perché E. L. Katz sa dirigere ma parte azzoppato e non recupera in corso d’opera.
Quello che resta è tutto sulle spalle di Samara Weaving, che buca lo schermo per il fatto di esistere e ogni volta che si parla di Horror lancia il cuore oltre l’ostacolo e sembra la prima a divertirsi quando può recitare ricoperta di sangue, quindi, da quanto ho capito, Samara Weaving resta il motivo di interesse che avevo per questo film e forse anche l’unico confermato. Ci tenevo a riconoscerle il suo amore per il genere, Halloween era il giorno giusto per farlo.
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