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Bad to the bone: Hannibal Lecter

Non sono solo i buoni a fare la storia del cinema, molto
spesso i cattivi sono altrettanto iconici, e questa rubrica è tutta per loro,
quei fantastici bastardi che amiamo odiare, cattivi fino al midollo:
B-b-b-b-b-b-b-bad, bad to the bone! 
Nome: Hannibal Lecter
Ha “fatto brutto” in: Il silenzio degli innocenti, i romanzi di Thomas Harris e tutti gli adattamenti, anche televisivi.
Amiamo odiarlo perché:
Sul serio, pensavate che questa rubrica dedicata ai cattivi soggetti cinematografici, potesse fare a meno di Hannibal il cannibale?  

Aggiungo solo un estratto dal mio commento a Il silenzio degli innocenti:

Jonathan Demme, cresciuto alla scuola di Roger Corman (che qui compare in un breve cameo nei panni di uno dei dirigenti dell’FBI, storia vera) il cinema di genere lo conosce bene, “Il silenzio degli innocenti” sarà anche andato in onda la prima volta in chiaro sui nostri canali, in prima serata sul rassicurante Canale 5 spacciato per un thriller, ma è un horror a tutti gli effetti, in cui un protagonista tosta, una di quelle di cui il cinema contemporaneo è bramoso ma apparentemente incapace di crearne senza inciampare negli stereotipi, deve utilizzare la sua determinazione, la sua forza e tutto il suo coraggio per scendere, a volte anche fisicamente, nell’inconscio di mostri dalla forma maschile.

Per raggiungere la cella di Lecter, Clarice deve camminare davanti ad una parata di mostri in gabbia, con tanto di disgustose attività onanistiche (scena che Demme a mio modesto avviso ha ripreso da From Beyond di Stuart Gordon, proprio perché il cinema di genere Demme lo conosceva bene) che di fatto rendono la camminata una discesa all’inferno, con l’obbiettivo di incontrare il diavolo in persona, raffinato nei modi quando vuole, ed interpretato da Sir Anthony Hopkins senza mai battere le ciglia, per rendere ancora più alieno e sinistro il suo magnetico sguardo.

Il diavolo, tenuto in una teca di vetro.

Il suo Hannibal Lecter sa essere osceno, ma sempre per provocare una reazione, ha la freddezza di un entomologo che guarda gli umani come se fossero insetti posizionati su un vetrino da microscopio, per questo Jonathan Demme sceglie di inquadrarlo molto spesso in primo, se non in primissimo piano, come se lo sguardo di Hopkins stesse scavando dentro agli spettatori, proprio come fa con la povera Clarice, che all’inizio non è mai perfettamente centrata rispetto alle inquadrature e ai primi piani inflessibili di Demme, ma nel corso della storia lo diventerà sempre di più, fateci caso, più il suo livello di coinvolgimento con l’indagine (e con Lecter) aumenta, più Jodie Foster viene inquadrata sempre più da vicino in primissimo piano, e lo sarà fino alla fine del film, anche quando cieca nel buio, affronterà Buffalo Bill armato di visore notturno, in grado di muoversi agilmente nello scantinato di casa, oscuro e mostruoso quanto la mente dell’assassino.

“… Azzo guardi?”

Si potrebbe analizzare ogni sequenza di questo straordinario film, sottolineando il modo in cui tutti gli uomini del film, non facciano altro che fare apprezzamenti su Jodie Foster, che qui recita per la storia del cinema e che personalmente, ho sempre trovato anche molto bella, mi sia concesso un parere extra cinematografico. Un personaggio con un irrisolto paterno che levati, ma levati proprio, che nella mani di un manipolatore come Lecter potrebbe finire spezzata, invece tira fuori una spina dorsale di titanio, diventando il personaggio a cui anche noi spettatori finiamo per aggrapparci in questa discesa all’inferno.

[…]

A proposito di ascensori poi, “Il silenzio degli innocenti” eccelle anche in questa categoria statistica, il cinema ha contribuito spesso a rendere l’ascensore un posto poco confortevole, grazie a molte scene memorabili, ma questo film girato tutto in spazi angusti (anche della mente umana), non poteva non utilizzare un ascensore per una delle sue scene madri, perché di questo si tratta, la fuga di Lecter è una sequenza tiratissima, girata e montata da Demme come si fa in paradiso. Se riuscite a non farvi distrarre dalla tensione, sappiate che uno degli agenti della S.W.A.T. è interpretato dal cantante Chris Isaak, perché Demme, grande appassionato di musica, non ha mai rinunciato ad essa in nessuno dei suoi film.

“Chiunque esca da quell’ascensore, tu cantagli una canzone. Senza pietà”

Per qualunque altro film, quella sarebbe il climax, il gran finale, “Il silenzio degli innocenti” invece è talmente grande, da potersi permettere una scena ancora più ansiogena dopo quella fuga, un’evasione che sottolinea la natura di mostro da film Horror di Hannibal Lecter, non mi riferisco tanto al trucco in stile Facciadicuoio oppure a Charles Napier sbudellato (forse al grido di «Voi non siete i good old boys!»), ma quanto ai piccoli tocchi di cinismo.

“Ma tu non sei uno dei Good Old Boys!?”

“Come? Non ti sembro un bravo ragazzo?”

Dopo l’incredibile duello verbale, quasi l’apice della lunga seduta di psicoterapia tra Hannibal e Clarice, quella dove ci viene spiegato il motivo del titolo e l’origine delle motivazioni della volenterosa agente dell’FBI, sul tavolo vicino ai disegni di Lecter si intravede una rivista intitolata, in un trionfo di umorismo nero, “Bon Appétit”.

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