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Bad to the bone: The Hitcher

Non sono solo i buoni a fare la storia del cinema, molto
spesso i cattivi sono altrettanto iconici, e questa rubrica è tutta per loro,
quei fantastici bastardi che amiamo odiare, cattivi fino al midollo:
B-b-b-b-b-b-b-bad, bad to the bone!

Nome: John Ryder
Amiamo odiarlo perché: una delle più grandi prove di uno degli eroi di questa Bara, serve davvero altro per ricordare Rutger Hauer?

Aggiungo solo un estratto dal mio commento al film dedicato
proprio a questo pezzo:

Quando persino uno privo di sintesi come me, può riassumervi la trama di un film in poche righe, vuol dire la è davvero ridotta all’osso, penso non si possa essere più stringati della storia di un ragazzo di nome Jim Halsey (C. Thomas Howell), in viaggio sulla route 66, per portare una Cadillac Seville del ’75 dalla sua città natale Chicago giù in California fino a San Diego, per riconsegnarla al suo proprietario. Il viaggio è lungo, per evitare il colpo di sonno che lo ha quasi mandato fuori strada, decide di offrire un passaggio ad un autostoppista fermo a bordo strada sotto una pioggia battente, “Mia madre mi dice sempre di non farlo” dice il ragazzo, che avrà modo di scoprire che il consiglio materno è più che azzeccato, visto che lo sconosciuto che si presenta come John Ryder (un gigantesco Rutger Hauer) si rivela essere uno psicopatico.

“Ciao, mi chiamo John, e sono fuori di testa”.

L’autostoppista assassino era una figura ricorrente nelle poesie di Jim Morrison ed è anche al centro della canzone dei Doors “Riders on the storm” che, a detta dello sceneggiatore Eric Red, è stata l’ispirazione per la storia. Mica male il nostro Enrico il Rosso, uno che ha scritto e diretto un altro thriller automobilistico “Le strade della paura” (1988), ma soprattutto un’altra bomba “on the road” ovvero Il buio si avvicina capolavoro diretto da Kathryn Bigelow nel 1987.

Ora so che canzone avrete in testa per il resto della giornata.

Per la parte di John Ryder, il nostro Eric aveva in mente alcuni nomi uno più grosso dell’altro: David Bowie, Sting, Harry Dean Stanton e Terence Stamp, ognuno avrebbe regalato prove magnifiche, ne sono certo, ma quando Stamp rifiuta la parte, a bordo sale Rutger Hauer e la sua prova è da storia del cinema, no sul serio, un gigante.
Ci sono tanti pronti a dirvi che dopo questo film Rutger Hauer si sia perso tra tanti film di serie B, se non proprio di serie Z, lui è il primo ad ammettere che l’87 è stato un anno di grazia, eppure pochi attori hanno saputo bucare lo schermo, essere carne e sangue come Hauer, l’Olandese si è guadagnato il suo posto nella storia del cinema con il monologo finale di Roy in Blade Runner, così ho sbrigato la pratica di citare quel capolavoro quando si parla di Rutger Hauer e posso concentrarmi alla sua prova in questo film, che è altrettanto magnifica.

“Mi ripeti quella frase divertente che dici sempre sulle porte di Tannhauser?”.

C. Thomas Howell ha candidamente ammesso di avere avuto una paura fottuta di Rutger Hauer per tutto il tempo passato a lavorare su questo film, intimidito dalla sua presenza fuori e dentro il set ed, in effetti, viene da credere che quel tizio inquietante sia psicopatico sul serio, la sua entrata in scena è talmente efficace, che nel resto del film gli basta apparire brevemente per gelare il sangue a Jim (e agli spettatori), aggiungete poi che Rutger Hauer è sempre stato interessato al lato fisico del cinema, al suo movimento. Proprio come per “Blade Runner”, Hauer ha fatto quasi tutti gli stunt di questo film, compreso quello finale, il salto dal camion per il trasporto prigionieri, al cofano dell’auto di Jim, tanto che se guardate bene, è possibile vedere il dente che il buon Ruggero si è scheggiato, sbattendo contro il calcio del fucile a pompa tenuto in mano durante il salto (storia vera!).

Bambini, non provateci a casa, lasciate fare a Rutger.

Vi ricordo lo speciale dedicato a quella leggenda di Rutger in collaborazione con Il Zinefilo!
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