Mercoledì sera, grazie ai ragazzi della Notorious Pictures che ancora ringrazio, ho avuto la possibilità di presenziare all’anteprima italiana di “Bagman”, uscito nelle nostre sale il giorno successivo, quindi eccoci qua, Bagman chiude le sue vittime in un sacco, io chiudo film in un Bara.
“Bagman” è l’ultima fatica del regista Colm McCarthy, che si era fatto notare con l’interessante “La ragazza che sapeva troppo” (2016), il nostro fa squadra con lo sceneggiatore John Hulme ed insieme i due combinato per un film per certi aspetti, potrebbe sembrare quello che ti succede quando punti la sveglia per presentarti primo alla svendita dei diritti sui racconti di Stephen King non ancora adattati per il grande schermo, ma le batteria ti tradiscono, ti svegli di soprassalto, ti lavi i denti vestendoti, getti la macchina in doppia fila e quando arrivi, si sono comunque già spazzolati tutti i soggetti buoni, quindi l’unica soluzione che ti resta è John Hulme, che con l’aria di quello losco fuori dal palazzetto che ti chiede «Serve biglietto?», ti rifila il King pezzotto scritto di suo pugno.
Che poi voglio dire, non ci sarebbe nulla di male nel rifarsi ad uno che ha dato una sonora spallata alla letteratura Horror contemporanea, purtroppo è tutto piuttosto generico, non senza guizzi e trovate, ma generico, anche se il prologo non è affatto male.
Papà e figlio fanno due tiri a Baseball, riuscite a pensare a qualcosa di più americano di questo? Il ragazzo è rimasto traumatizzato da qualcosa che ha visto su alla miniera tanto da rimettere mano al vecchio pupazzo di pezza con cui dormiva da bambino, la sosta in auto e i lampioni che saltano saranno fatali, perché coincidono con l’entrata in scena nel minaccioso Bagman, che paralizza i genitori mentre come mago Merlino quando trasloca, nella sua sacca infila i bambini e se li porta via.
Salto in avanti, facciamo la conoscenza di Patrick McKee, ragazzone e padre di famiglia con camicione di flanella fatto a forma di Sam Claflin, al momento non se la passa benissimo, il suo progetto della taglia alberi verticale con scappellamento a sinistra come se fossi antani (o una cosa del genere…) non trova finanziatori e quindi è costretto a lavorare per il fratello, tutta roba che gli ricorda i traumi passati, essendo lui uno dei pochi (ex) bambini sopravvissuti al terribile Bagman, locale versione dell’uomo nero, il Boogeyman che viene a prenderti se non fai il bravo, anche se su questo punto la giuria è ancora in seduta per deliberare.
Da una parte abbiamo questa atmosfera semi rurale, per fortuna non rappresentata dalla solita fotografia giallastra ormai convenzionale per questo tipo di luoghi al cinema, non voglio scomodare gli Appalacchi e l’uomo deforme di Mignoliana memoria, però ci si sarebbe potuti spendere un po’ di più in termini di originalità, anche magari pescando dal folklore locale, per sfornare qualcosa di più di un mostro che viene a prendere i bambini cattivi, anche perché poi a ben guardare, Bagman non va troppo per il sottile e nel suo sacco, come i gatti di Trapattoni, ci finiscono tutti, senza distinzione tra buoni e cattivi.
Patrick ha una moglie di nome Karina fatta a forma di Antonia Thomas, insieme hanno anche un pargolo in fissa con un piffero che suona ossessivamente tutto il giorno, infatti uno dei momenti più Horror di tutto “Bagman” e l’infinita scena (cinque minuti, percepiti ottanta) in cui Antonia Thomas vaga per il bosco invocando il nome del figlio Jake, che continua con ‘sto piffero FII! FII! FIII! Anche perché ad esclusione del prologo, nei primi trenta minuti (di un film che dura incredibilmente solo novanta minuti, ormai una rarità) non succede poi molto.
Voglio dire, dare un piffero ad un bimbo così piccolo, che lo suonerà ossessivamente giorno e notte non è l’idea più brillante di questo secolo, su questo penso che siamo un po’ tutti d’accordo, ma addirittura essere presi di mira dal Bagman per questo, mi sembra un po’ eccessivo. Ma Patrick ha un conto in sospeso con la sorridente creatura e vuole usare il figlio come esca, forse non vincerà mai il premio padre dell’anno, ecco.
Colm McCarthy e il suo sceneggiatore, fanno propria la lezione Kinghiana, cercando di ambientare il film nel presente e di alimentarlo con i flashback sull’infanzia di Patrick, sul suo primo incontro con la creatura, molto si traduce in attese, scricchiolii, e l’assenza della colonna sonora di Timothy Williams (efficace ma un po’ generica, anche questa), rotta solo dai numerosi “Jump scare”, anche noti come salti paura, che punteggiano il film.
Procedendo nella storia quindi, si notano tutte le aspirazioni e le ispirazioni provenienti dallo scrittore del Maine, il problema è che “Bagman” sembra uno di quegli horror pensati per chi va a vedere film come, che ne so, Nosferatu (che ben si presta al mio esempio) e poi esce dalla sala sbraitando «Non è Horrororororor!», avete presente il soggetto no? Purtroppo uno così lo conoscete tutti.
“Bagman” procede a colpi di spaventelli, musica che sale, piccole apparizioni come quella dallo spioncino del mostro che, impersonato da Will Davis, sfoggia un trucco vecchia scuola abbastanza interessante e si manifesta grazie ai suoi oggetti, la bambola finita dritta sparata nella locandina del film e ovviamente il sacco, che ha una zip che quando viene chiusa, fa un discreto rumore, tipo il 127 giallo smorto di vostro zio Ugo quando si metteva in moto.
Inoltre Bagman si muove a colpi di quelli che, grazie ai video sui social, abbiamo imparato a dover digerire, anche se restano esteticamente inguardabili, i “Jump cut” del montaggio, il suo movimento scattoso lo caratterizza bene come non umano (il fatto che possa piegare chiunque come una Graziella ed infilarlo nella sua borsa da Mary Eta Beta Poppins è l’altra conferma), quindi quello che colpisce alla fine è la svolta finale, meno banale e leggermente più cinica di quello che sarebbe lecito attendersi dal vostro Horror targato PG-13 a grande distribuzione.
Quindi le trovate anche riuscite ci sarebbero, mille volte meglio questo Bagman dei vari Slender Man o Bye Bye Man, molto più stile, molta più resa visiva per lui, ma vuoi un po’ per la piattezza con cui la lezione Kinghiana viene applicata, vuoi per un po’ di pigrizia, quando di buono è presente nella storia si perde e il rischio è che Bagman finisca presto a fare compagnia ai suoi colleghi, al tavolo degli spauracchi horror mancati, quelli che hanno avuto la loro occasione ma, grazie per il suo tempo signor Begman, le faremo sapere. Veramente sarebbe Bagma… Si si certo, l’uscita è da quella parte, e non dimentichi la sua borsa.
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