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Batman & Robin (1997): il ritorno del Cavaliere Capezzoluto

Lo sapevo che mi sarei messo nei guai con questa Bat-rubrica e mai più di questa volta, il titolo ispirato alle vecchia serie televisiva degli anni ’60 torna buono, quindi benvenuti al nuovo capitolo di Nanananananana…Batman!

Interludio. Anno 2039, esterno notte. Un ragazzino con il logo di Batman disegnato sulla faccia si aggira per il cimitero monumentale della città. Schiva una tomba, un’altra e punta su quella messa peggio di tutte, sghemba, disadorna, anche abbastanza maleodorante. Si piazza davanti, rumore di zip che si apre e prima di svuotare la vescica afferma: «Questo è per aver messo i capezzoli all’Uomo Pipistrello, bastardo!». Un fulmine in lontananza illumina il nome sulla lapide, quel nome è quello di Joel Schumacher. Fine Interludio.

Perché “Angry Robin” non è mai diventato un meme? Sembra stia imitando i Gumby dei Monty Python.

Incredibilmente Batman Forever porta a casa così tanti soldi, che alla Warner Bros. non hanno dubbi, Joel Schumacher viene confermato come regista, con una sola microscopica postilla, una cosina da niente: “Joe se ti riesce, potresti cercare di rendere il film più “giocattolabile” possibile? Ti spiego, vorremmo invadere il mercato di quanta più Bat-roba come se non servisse del petrolio estratto con fatica e sudore per produrla, quindi tu esagera, mettici più cattivi, più mezzi, ai bambini questa roba piacerà e al nostro conto in banca di sicuro, la mia nuova fidanzata appena maggiorenne ha vizi che costano, quindi dacci dentro Joel!”.

Quante interviste di Schumacher avete letto in cui il nostro chiede scusa per “Batman & Robin”? Sul serio, lo hanno abbandonato tutti, persino Akiva Goldsman ha trovato il modo di dire il suo “Ecco lo dicevo io!” e parliamo dello stesso Goldsman che ha scritto “Io, Robot” (2004), “Io sono leggenda” (2007) e La torre nera, anche noto come “Io ti prendo a calci se ti incontro per strada”. Il povero Joel verrà per sempre ricordato solo per essere l’uomo che ha messo i capezzoli a Batman, forse ho un po’ esagerato – ma nemmeno tanto – ma sono sicuro che la lapide del cimitero più malmessa quando Joel ci lascerà, sarà la sua. Detto questo, cent’anni di salute ragazzo mio, hai le tue colpe, ma non ti meriti tale martirio.

Se vi ricordate di lei, eravate giovani negli anni ’90. Se non la ricordate più è perché è stata bullizzata sul set di questo film, da tutta la produzione (storia vera).

Nelle tante interviste rilasciate dal 1997, Schumacher ha ammesso tutte le sue colpe in ogni modo possibile, per quello che viene universalmente ricordato come uno dei peggiori film mai tratti da fumetto della storia del cinema, ma l’unica colpa di Joel è stato il troppo amore, lui ci credeva davvero alla sua versione dell’Uomo Pipistrello, al suo primo sequel in carriera (non ne ha mai più diretti altri, qualcosa vorrà dire, no?) Joel non sapeva bene che pesci pigliare, quindi si è affidato alle direttive della scuderia Warner e alla struttura di Batman Forever, è andato così bene al botteghino, potremmo mai sbagliare? Lascio a voi la risposta, la mia Wing-Woman come al solito sempre lapidaria è riuscita a commentare il film dicendo: «Ma cos’è sta cosa patetica?» (storia vera).

La leggenda narra che Joel sul set del film con il megafono urlasse a tutti «Ricordatevi che qui stiamo facendo un cartone animato!» e questo spiega gli effetti sonori del film, composti dai PONG! e dagli SDENG! Che di solito si sentono quando il coyote cerca di acchiappare, cos’è quel coso? Uno struzzo? Beh, quello, ci siamo capiti. Ma a ben guardarlo “Batman & Robin” è un film ossessivo nel replicare la struttura del film precedente, vediamolo nel dettaglio.

«Ci avete fatti conciare così, per giocare ad Hockey con un diamante? Ma cosa vi fumate, le piantine sul balcone di Poison Ivy?»

Se Robin in qualche modo è stato digerito dal pubblico, qui viene aggiunta nella trama anche Bat-Girl per i motivi “giocattolabili” di cui sopra e questo spiega anche perché nel film ogni personaggio si muove con il proprio mezzo di locomozione personale, una Bat-Motoretta a scureggetta per i due Bat-ragazzi, mentre una delle più brutte Bat-mobili mai viste al cinema, se quella di Batman Forever con le ruote fisse che non giravano era inguardabile, quella di questo film senza la capotte è ancora peggio, va bene che il Cavaliere Oscuro è costantemente impegnato in una “caccia al ladro”, ma non è Grace Kelly e Gotham non è la Costa Azzurra, cazzarola!

Talmente brutta che quasi rivaluto la Fiat Multipla.

Anche i cattivi, se ci pensate, seguono lo schema di “Forever”: sono una coppia male assortita che collabora per la distruzione del Crociato di Gotham, anzi il personaggio interpretato da Uma Thurman sembra la versione in gonnella dell’Edward Nigma del film precedente. Il suo delirante piano presentato a Bruce Wayne viene bocciato dal miliardario, questo trasforma un occhialuto impacciato, e anche abbastanza schizzato scienziato in un criminale verde vestito, ci va solo bene che Uma qui si prende tantissimo in giro mortificandosi nei panni di Pamela Isley, per brillare di luce propria (e fosforescente) in quelli di Poison Ivy. Nei fumetti di supereroi, le rosse hanno SEMPRE i capelli color “Camion dei pompieri”, pensateci: Mary Jane Watson, Marlo Chandler, Jean Grey, la Vedova Nera, Red Sonja. La Poison Ivy di Uma Thurman è stata la prima a rispettare questo canone al cinema, per la seconda abbiamo dovuto aspettare Ambra Sentito in Aquaman, forse perché il maremoto provocato dal tonfo di “Batman & Robin” ha avuto effetti a lunghissimo termine.

Prima di Greta Thunberg, a farci apprezzare madre natura ci pensava solo Uma.

Anzi, per dirla proprio tutta, qui i super cattivoni sarebbero tre, creato nel 1993 da Chuck Dixon (giù il cappello!) e Graham Nolan, Bane è diventato presto uno dei cattivacci più minacciosi dell’Uomo Pipistrello, l’unico in grado di pareggiare con la sua astuzia – e di spezzargli la schiena – nel film viene ridotto a nerboruto sgherro monosillabico e per di più ribattezzato “Flagello” dal doppiaggio di uno strambo Paese a forma di scarpa. Un po’ come Spider-Man 3 in cui Venom, un cattivo moderno del ragnetto, è stato voluto a tutti i costi dalla produzione, per Bane è andata più o meno allo stesso modo, se non fosse che se aggiungi una trovata pacchiana, ad un film che è già parecchio sopra le righe di suo, difficile che qualcuno te lo farà notare troppo, sarebbe come lamentarsi di aver rovesciato un bicchiere d’acqua sui pantaloni appena stirati durante un deragliamento ferroviario.

Il vero flagello qui, sono le vene varicose.

Per essere il suo diretto rivale, se non proprio il suo opposto, i primi quattro film dell’Uomo Pipistrello hanno seguito l’identico andamento di quelli di Superman: un primo film memorabile, un secondo un po’ meno, ma comunque molto amato, un terzo film tremendo e troppo comico seguito da un quarto capitolo buono nelle intenzioni più che nella realizzazione che si becca le colpe di tutti.

“Batman & Robin” è proprio questo, orgogliosissimo del suo essere un omaggio alla serie televisiva degli anni ’60 e ai fumetti di Batman di Dick Sprang, è un film che non molla un colpo sulle trovate “Camp”, nell’aspetto generale e nell’umorismo scemotto (la Bat-carta di credito, dico solo questo, la Bat-carta di credito, forse peggio del repellente per Squali di Burt Ward), con il piccolo problema che tutto è davvero troppo: troppo colorato, troppo esagerato, troppo distante da Tim Burton e anche troppo facile da criticare, alla sua uscita nel 1997, figuriamoci oggi dopo Nolan, dopo l’esplosione dei film dell’MCU e della Distinta Concorrenza.

«Bat-visa… What Else?» (credo che la crisi economica sia iniziata dopo questa scena)

Per quanto mi riguarda “Batman & Robin” ha almeno dalla sua due super cattivi che compiono un arco narrativo completo, se Poison Ivy è riuscita anche grazie alla prova di Uma, Mr. Freeze è un personaggio che riesce ad essere addirittura malinconico, quasi un eroe tragico, anche perché ispirato ad uno dei migliori episodi della mitica “Batman: The Animated Series”, ovvero “Cuore di ghiaccio” (1×14 – Heart of Ice, scritta da Paul Dini e diretta da Bruce Timm) ed in alcuni momenti quel dramma si vede tutto, come quando Victor crea un piccolo carillon con le sembianze dell’amata moglie.

«Freeze qual è il meglio della vita?», «La granita alla menta, il sorbetto al limone, il variegato all’amarena»

Arnold Schwarzenegger arrivava dal suo peggior film di sempre, così brutto che non ho voglia nemmeno di scrivere il titolo, la sua prova qui è veramente generosa, così riuscita che mai nessuno si è posto il problema che ad interpretare un topo di laboratorio trasformato in un essere di ghiaccio, sia stato chiamato uno che è stato per sette volte Mister Olympia, peccato che tutto si sciolga come neve al sole, quando questo Mr. Freeze si ritrova a parlare solo per “freddure” che non fanno ridere la metà di quella che Arnold improvvisava sul set dei suoi film, ho provato a tenere il conto, ma tra «Arriva l’uomo del ghiaccio!», «Non mi manderai al fresco» e «Cosa ha ucciso i dinosauri? L’era glaciale» dopo ventisette battute a tema freddo e gelo nel giro di pochi minuti, volevo andarmi a prendere una birra. Gelata.

«Questo paragone mi lascia di ghiaccio»

Sul serio, Arnold ha un carisma infinito e si mette al servizio del film, è chiaramente quello che si diverte più di tutti (ed è stato pagato 25 milioni di bigliettoni verdi per farlo, storia vera), di questo disastro salvo la sua prova, anche se deve recitare pelato e dipinto come gli Elio e le storie tese a Sanremo nel 1996, oppure con vestaglione azzurro e “babbucce” a forma di orso polare. Quando conciato così, sei comunque il personaggio con l’arco narrativo più interessante del film, vuol dire che hai vinto. Crom ammira il coraggio, qui ne serviva tanto.

Non tutti gli eroi portano una maschera, qualcuno indossa le babbucce.

Eppure, niente di tutto questo conta, non ci saranno scuse o litri di urina versata su lapidi che potranno mai lavare via l’onta, la più grande delle colpe di cui Joel Schumacher, vittima del suo stesso entusiasmo si è macchiato: capezzoli, bat-capezzoli come se non ci fosse un domani.

L’anatomicamente perfetta lapide, sulla tomba di Joel Schumacher.

Nel suo giovanile – aveva 58 anni quando ha diretto il film, ma vabbè – entusiasmo Joel Schumacher è arrivato a dichiarare che l’ispirazione per le tute anatomicamente di Batman e Robin arrivava dalle statue degli Dei greci, mentre le inquadrature sulle Bat-chiappe durante la vestizione e il Bat-pacco in mostra non voglio nemmeno sapere da cosa siano stati ispirati, davvero Joel, va bene così. Quello che trovo curioso è che i Bat-capezzoli sui maschietti ci sono e anche in bella vista, mentre la Bat-girl di Alicia Silverstone ha due armi di distrazione di massa a punta, che più che altro ricordano i tette-missili di Afrodite A nei cartoni animati di Mazinga.

Perché Joel non fa torti a nessuno, qui si tiene conto di tutti i bat-gusti sessuali.

Lo capite da voi che per un film così, sarebbe più facile trasformare il commento in una sfilza di Bat-tute sulle scelte? No, perché va bene, Gotham City è realizzata con uno stile grandioso e gotico, con le sue statue che sembrano quasi toccare il cielo e che Joel Schumacher inquadra (SEMPRE!) con un’inquadratura svolazzante a girare, ma cosa vogliamo dire di un film dove Poison Ivy va in giro con più polverina magica di Lapo Elkann ed improvvisa uno spogliarello presentandosi vestita da Magilla il gorilla?

Solo a me tutto questo ricorda una scena di Una poltrona per due? (anche oggi, la quota SIMMIE è sistemata).

Trovate più ridicolo il finto accento britannico di Alicia Silverstone, oppure il fatto che per tre quarti del film sparisca con la moto rubata a Robin senza che nessuno si chieda che fine ha fatto, prima di vederla protagonista di una corsa in moto, che se la paragono a quella di Ragazzi Perduti, mi viene voglia di piangere lacrime gelate in CGI come tocca veder fare ad Arnoldone nostro?

Mi fa impazzire anche il fatto che Alfred in questo film stia morendo, ma non lo dia a vedere, forse per britannico pudore (niente sesso malattia degenerativa mortale, siamo Inglesi), oppure che al momento in cui le forze lo abbandonano, affidi tutti i segreti di Batman che stanno comodi dentro 700 Mb di CD alla nipotina dicendole una cosa del tipo: «Questa è una cosa molto segreta, ma tu non vuoi leggerla veeeeeeero?».

No, non è una scena di Captain Marvel, andava proprio così!

No, forse il vero buco nell’acqua è la scelta del sostituto di Val Kilmer che si è sbrigato a firmare per andare a recitare in “Il Santo” (1997) pur di non prendere di nuovo parte a questo carro di carnevale (storia vera). Schumacher si è convinto che George Clooney avrebbe potuto essere un ottimo Batman dopo averlo visto in “Dal tramonto all’alba” (1996), sarà, ma io credo che non ci sia un attore così poco associabile all’Uomo Pipistrello di Clooney… Sul serio, parliamo dello stesso a cui i Coen chiedono sempre di fare la parte del cretino, come può fare Batman uno così? Per i suoi trascorsi da sciupafemmine? Se dentro il costume, con capezzoli e “pacco” argentato, risulta essere uno dei Batman più inguardabili di sempre, quando deve vestire i panni di Bruce Wayne, per Clooney non va tanto meglio anzi, sul serio, ma lo avete visto come va in giro vestito per Villa Wayne? Ha la felpetta che di solito io uso per portar fuori i cani, sarebbe un miliardario quello? Mi rifiuto di credere che mi vesto meglio io per il giro serale con le quadrupedi di Bruce Wayne e dài!

Invece del Batarang, ai nemici lanciava le cialde compostabili.

Con “Batman & Robin” Joel Schumacher si è conquistato il suo epitaffio, sulla sua lapide forse scriveranno: “Qui giace l’uomo che ha messo i capezzoli a Batman. Ma soprattutto ha completato la sua visione, trasformato il Crociato di Gotham da Cavaliere Oscuro a Cavaliere Fluorescente” ed io ribadisco che ci credeva, il buon vecchio Joel ci credeva davvero a questa serie di film, che un po’ come i vecchi 007 potevano essere consequenziali uno all’altro, ma fruibili a sé stanti, un po’ come i vecchi albi a fumetti.

Pensateci: Joel Schumacher ha rispettato lo schema che si era autoimposto in tutto, persino nella colonna sonora, trascinata da due brani famosi, uno rock e l’altro diciamo R&B, se per Forever avevamo gli U2 e Seal, qui il “Dinamico duo” è composto dagli Smashing Pumpkins con “The End Is the Beginning Is the End” e da R. Kelly con “Gotham City”, con tutto che Kelly ha sempre avuto una signora voce, quel pezzo era una roba ridicola, puoi scrivere un pezzo che dice “A city of justice, a city of love, a city of peace, for everyone of us”. Gotham City? La città con più alto tasso di criminalità dell’universo della Distinta Concorrenza? Ridateci indietro Seal che cantava a petto nudo davanti al Bat-segnale, tanto dopo questo film siamo diventati immuni alla sovraesposizione di capezzoli maschili, mannaggia a te Joel!

Sembra quasi CD che si trovano a due euro, nei cestoni all’Autogrill.

Seguendo lo schema 2-2-2 (due cattivi, due canzoni e due lucette al neon) Schumacher avrebbe potuto sfornare altri settantatré film di Batman, lo sanno solo gli Dei del cinema cosa si sarebbe potuto inventare, Il Bat-gatto? Il Bat-cane? D’altra parte qui Bruce Wayne era già vestito per portarlo fuori a fare la pipì.

Più che una corsa eroica, è una fuga da questo film.

Per fortuna, dopo il secondo weekend di programmazione, il passaparola del pubblico ha ammazzato gli incassi del film mettendo così fine ai piani di Schumacher che per il seguito aveva già in mente di giocarsi Jeff Goldblum nei panni dello Spaventapasseri e di Madonna per quelli di Harley Quinn (storia vera). Ma il tonfo al botteghino di “Batman & Robin” è stato così grosso da far dubitare la Warner Bros. di tutto, anche questa è una delle ragioni che hanno fatto naufragare il Superman diretto da Tim Burton con Nicolas Cage, a cui la casa di produzione ha staccato definitivamente la spina.

Per rientrare Joel Schumacher le ha tentate tutte, anche dichiararsi disponibile a cambiare completamente registro e a dirigere un adattamento di Batman – Anno Uno di Frank Miller (storia vera) penso che sia stato allontanato con l’uso degli idranti e dei lacrimogeni. Per un po’ il progetto è finito nella mani di Darren Aronofsky (qui trovate qualche extra gustoso in merito) che poi ha mollato tutto per andare a dirigere “Requiem for a Dream” (2000).

«Si vede il marsupio?» (chi dimentica è complice).

No, la verità è un’altra, Joel Schumacher si è scritto il suo epitaffio con le sue stesse mani, ma con il suo entusiasmo fuori controllo e dei colori degni dei viaggi lisergici, era andato troppo oltre, era tutto finito, aveva violato tutte le norme che regolavano Gotham City, sfottendo i lettori di fumetti, oltraggiando gli spettatori, terrorizzando i produttori, aveva talmente ecceduto da finire nello spettro opposto dei colori, era il momento di far riabbracciare il nero all’Uomo Pipistrello, farlo tornare oscuro, anzi… Daaaaaaaaaaark. Tenete a mente questa parola, perché – purtroppo o per fortuna – terrà banco nei prossimi capitoli della rubrica. Ci vediamo qui tra sette giorni, non mancate!

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