Home » Recensioni » Battle Royale 2 – Requiem (2003): un bagno di sangue

Battle Royale 2 – Requiem (2003): un bagno di sangue

Lo sapevate che di quel gran cult di Battle Royale esisteva un sequel? No? Fortunelli. Ci ha pensato il nostro Quinto Moro ad immolarsi sotto il fuoco nemico di questo disastro.

Se in una pellicola ci sono sparatorie a go-go, esplosioni e schizzi di sangue di norma sono un bambino felice, ma quando cerchi di raccogliere l’eredità di un filmone come Battle Royale che ai morti ammazzati sommava chiavi di lettura e critica sociale feroce, le aspettative vanno ben oltre lo spara che ti passa.

Già il titolo “BR2 – Requiem” era sinistramente profetico, perché il progetto nasceva sotto una cattiva stella. Kenta Fukasaku, sceneggiatore di entrambi i film, a pochi giorni dall’inizio delle riprese s’era ritrovato orfano di papà Kinji, del suo talento e della sua esperienza. Sui titoli di testa la regia è intestata al padre, che tuttavia girà l’unica scena con Takeshi Kitano, morendo a pochi giorni dall’inizio delle riprese. Il film venne ultimato – male – dal figlio Kenta. Resta il rimpianto per non aver potuto vedere la versione del maestro, considerato che a livello di provocazioni si andava ben oltre quanto visto nel primo film, roba troppo esplosiva per un allievo inesperto. Forse troppo per chiunque, visto che era il 2003, all’apice dell’americanissima “esportazione di democrazia” in Afghanistan e Iraq, e BR2 puntava a criticare – per non dire sputare in faccia – al cieco sostegno nei confronti della banda Bush e delle sue imprese.

A.D. 2003: fare dei terroristi i buoni, a occhio e croce un suicidio

Il film parte con un attentato terroristico in pieno stile 11 settembre 2001, con riferimento chiarissimo alle torri gemelle, due grattacieli identici messi al centro della scena mentre tutto salta per aria, in evidenza pure nella locandina del film se ci fate caso. I grattacieli sono stati rasi al suolo dai Wild Seven, una banda di ragazzini ribellatasi alla legge che istituiva il Battle Royale, capeggiati da Nanahara (uno dei sopravvissuti al gioco), con la pretesa di dichiarare guerra agli adulti. Idea sulla carta fighissima e nella pratica un disastro.

BR2 replica le scene iniziali del primo film, dal rapimento e alla spiegazione del gioco, ed è da qui che iniziano i problemi. Il professore matto che recita non sopra le righe, di più, ridimensiona subito le aspettative per qualità recitativa e tensione emotiva. Riki Takeuchi – stesso nome di attore e personaggio com’era stato per Kitano, ma con risultati differenti – è simbolo di tutto quel che non funziona in BR2. Il fatto che sia un impasticcato non giustifica né attenua le vagonate di disagio che sparge ad ogni apparizione. Il suo personaggio è crocevia di tutti i contenuti critici del film, mescolati e pasticciati senza una vera logica.

Chiamate l’esorcista, abbiamo un caso di cane posseduto da un attore. O è il contrario?

Le nuove regole della Battle Royale sono pura idiozia. Lo scopo del gioco ora è dare la caccia agli studenti terroristi asserragliati sulla solita isola, ma farne morire metà prima ancora di toccare terra non ha senso. Accettando un mondo in cui la Battle Royale esiste e viene usata per scopi politici, se le morti avvengono in maniera tanto stupida si rompe il patto di sospensione d’incredulità con lo spettatore.

I collari esplosivi sono diventati un pretesto per fare mattanza senza che si provi la minima empatia per chi muore, un guaio che proseguirà per tutto il film ad eccezione forse di una delle scene studiate e preparate (guarda caso) da Fukasaku padre. L’inesperienza di Kenta alla regia è pesata soprattutto nella gestione dei giovani attori, là dove il padre scavava continuamente alla ricerca di reazioni autentiche, qui troviamo la peggior recitazione fatta di occhi sgranati, enfasi ed accessi d’ira nel peggior stile giappo.

Se in BR1 si percepiva tutto il dramma dei ragazzini mandati a morire, qua la conta dei morti è sterile. Il tentativo di creare momenti epici o drammatici porta alla comicità involontaria. Scena simbolo: l’occhialuto attanagliato dal dubbio tra missione suicida o salvezza confida all’amata i suoi sentimenti nascosti, e quella lo manda a morire. Rifiuti amorosi di un certo livello.

Quando poi il Professore Matto ricompare vestito in tutina da rugby per il gran finale, il film tocca una punta di ridicolo sublime, per poi giocarsi una citazione sterile a Butch Cassidy.

Molto meglio la citazione a “Lo chiamavano Bulldozer”

Per stessa ammissione di Kenta Fukasaku, il film voleva suscitare forti reazioni e far incazzare la gente, peccato che la reazione più diffusa sia stata il biasimo per una pellicola pasticciata. Di sovversivo restano solo le intenzioni e la provocazione anti-americana, mentre il racconto riesce ad essere sia confuso che convenzionale e prevedibile: i ragazzi finiranno per allearsi e gli adulti attaccheranno l’isola. Scontato. Ma a non funzionare è proprio il dualismo giovani vs. adulti, sia perché il concetto di adulti è spostato tutto agli invisibili americani e a chi li serve, sia perché i giovani sono spogliati dal concetto di studenti, dei dubbi e fragilità infantili che dovrebbe animarli. Sono personaggi giovani ma agiscono come una qualsiasi banda di adulti, e il tentativo di rappresentare un gruppo terroristico umanizzandolo, sulla carta coraggiosa, fallisce malamente per quanto è pretenzioso.

Non è una ferita di battaglia, ha solo visto il film.

Anche volendo mettere da parte la critica anti-militaresca, andar contro all’imperialismo e vittimismo americano, a guardarlo come semplice film d’azione è un pastrocchio. Le scene d’azione abbondano ma è difficile godersele, tra sprazzi di montaggio criminale e una shaky-cam che darebbe la nausea a Paul Greengrass. Pur mostrando i muscoli di un budget doppio rispetto al primo film, tra scene di massa con decine di soldati, un arrivo sull’isola stile sbarco in Normandia e guerriglia finale roboante con smitragliate infinite ed esplosioni, BR2 fallisce anche sul fronte del puro intrattenimento. Ci sono frammenti di scene ben realizzati ma si confondono nel marasma generale.

Quando si dice stendiamo un velo pietoso

Se è un disastro, perché vederlo? Il confronto tra i due capitoli è impietoso, ma è interessante tutto ciò che BR2 voleva essere e non è stato, per uno script schiacciato dal peso delle sue ambizioni e di un periodo storico – quello della lotta al terrorismo – che ne ha decretato il rifiuto da parte del pubblico. Dopo aver floppato in patria, è stato ignorato ovunque e per decenni, tanto che per la distribuzione italiana s’è dovuto aspettare vent’anni. Al netto dei difetti, dispiace non averlo potuto vedere all’epoca, nel 2003 avrebbe fatto un certo effetto, ed oggi ne fa un altro ancora. Specialmente con quel finale dove l’Afghanistan è una destinazione di speranza per i bambini, col deserto che rifiorisce in primavera illuminato dagli strass sull’hijab viola di una ragazzina giapponese: l’emblema di quanto il tiro fosse sballato e la mira fuori fuoco, un requiem su ogni idealismo e critica che fa sorridere per non piangere.

Il Generale Cassidy ringrazia il guerrigliero Quinto Moro ferito in battaglia. Se vi va potete trovare i suoi racconti (dove non mancano i morti ammazzati) cliccando QUI.

5 1 voto
Voto Articolo
Iscriviti
Notificami
guest
4 Commenti
Più votati
Recenti Più Vecchi
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Film del Giorno

Mirtillo – Numerus IX (2025): Pampepato Fantasy

Non me ne vogliano i senesi o i ferraresi, ma per quanto mi riguarda, esiste una sola ricetta di Pampepato, quello giusto, quello ternano. Il Pampepato è un dolce della [...]
Vai al Migliore del Giorno
Categorie
Recensioni Film Horror I Classidy Monografie Recensioni di Serie Recensioni di Fumetti Recensioni di Libri
Chi Scrive sulla Bara?
@2025 La Bara Volante

Creato con orrore 💀 da contentI Marketing