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Baywatch (2017): Ed ora, un post altamente intellettuale

Se qualcuno viene
a raccontarvi che non guardava Baywatch, la mitica serie tv con i bagnini
armati di cipolotto galleggiante (o quel cavolo che era quel coso rosso che si
legavano a tracolla), molto probabilmente sta mentendo. Anche solo per un episodio,
è impossibile non aver mai visto quella serie tv e considerando che il revival
degli anni ’90 è ufficialmente cominciato con il film sui Power Rangers, poteva mancare quello su Baywatch?

“No dai sul serio, a che serve questo coso? Me lo chiedo dal 1993”.

Ah, “Baywatch”!
Che bei tempi, ero giovane, non avevo un cacchio da fare tutto il giorno e
l’appuntamento con il telefilm pomeridiano di Italia 1 era una garanzia, che
fossero Hercules, Xena o i bagnini rosso vestiti non mi perdevo una puntata.
Anche perché “Baywatch” aveva un fascino tutto particolare, l’idea stessa di
avere pochi secondi per salvare una vita umana da una morte orribile come
quella per annegamento, richiamava a momenti di eroismo puro, i bagnini di
“Baywatch” erano quasi una figura archetipica che prendeva ispirazione dai miti anti… No,
vabbè dai, si guardava per le poppe delle bagnine, su dai non scherziamo!

Ad Ovest di Sam Peckinpah,
“Baywatch” è stata la serie che ha insegnato ad una generazione il valore
dell’uso del rallenty. Anche perché di sicuro non erano le trame la forza della
serie e nemmeno la recitazione, per non parlare del fatto che io non so
nuotare, odio la sabbia che ti si ficca ovunque e ho una passione per la tintarella
paragonabile a quella di un vampiro, quindi, davvero, “Baywatch” si
guardava solo per via delle tre “A” Ortolaniane: A-vventura! A-zione!
A-tette!



Chissà perchè sono andati in onda per dodici anni, non riesco a capirlo…

Erano anni che si
parlava di un film ispirato alla serie tv, motivo per cui tra i produttori di
questa pellicola, compaiono ancora i nomi di Ivan Reitman e quello di Eli Roth
(storia vera), il secondo era piuttosto invasato all’idea di dirigere il
film, poi dopo anni di rimbalzi la pellicola è finita nella mani di Seth Gordon,
quello di “Come ammazzare il capo… e vivere felici” (2011), ma la vera
ragione per cui comunque avevo voglia di vedere questa puttanata annunciata era
il ritorno della coppia più pettoruta di Hollywood, dopo San Andreas, abbiamo di nuovo Dwayne “The Rock” Johnson e Alexandra
Daddario nello stesso film!

Il ritorno della coppia più pettoruta di tutta Hollywood.

Mai nascosto di
avere una gran simpatia per The Rock, uno che alla fine che faccia commedie o film d’azione, mi convince sempre a
guardare un film grazie alla sua presenza, Alexandra Daddario invece nella
prima stagione di True Detective ha ampiamente dimostrato di avere entrambe le
caratteristiche necessaria per affrontare di petto il ruolo della bagnina.

Se avete una
certa familiarità con la serie originale (e l’avete! Non fate i finti tonti!)
qui ritroverete tutti i personaggi e le situazioni classiche che già conoscente,
perché di fatto Seth Gordon non fa altro che dirigere un lungo episodio della
durata di due ore, in il tenente Mitch Buchanan (Dwayne Johnson tutto sorrisi e
maglie aderenti della Under Armour, tanto per cambiare) è una specie di super
eroe balneare, un Hulk in costume da bagno amico di tutti, che guida la sua
squadra in un’indagine su un traffico di droga chiamata “Flaca”, con cui la
bella Victoria Leeds (Priyanka Chopra, così possiamo contare anche sugli
incassi di tutta Bolywood, che da soli gli Indiani fanno quasi due miliardi di
spettatori paganti) cerca di mettere mano su tutta la spiaggia.

Pensare che Seth Gordon aveva pure capito qual’era il “Selling point” del film.

Al suo fianco le
solite Stephanie Holden (Alexandra Paul Ilfenesh Hadera) e CJ Parker (Pamelona
Anderson sempre sia lodata
Kelly Rohrbach), più una selva di motivate
reclute tra le quali la Daddario, un nerd esperto di computer di cui non ricordo il
nome, ma di cui tanto non frega nulla a nessuno e il vanesio Matt Brody (Zac
Efron che ormai ha votato la sua vita ai suoi da palestrato scemo, in pratica delle autobiografie). Strano che
non abbiano inserito anche il personaggio ricorrente della serie Caroline
Holden, meglio così, preferisco conservare il ricordo di Yasmine Bleeth che
atterrava sulla sabbia saltando giù dalla torretta, ricordandomi che ho fatto
bene a non imparare mai a nuotare, basta torniamo al film!

“Che guardi Zac?” , “Le mie ambizioni da attore serio andate alla deriva”.

Matt è un ex
campione olimpico finito in disgrazia perché beve troppo e non sa lavorare in
squadra, alle selezioni si presentano in mille mila, ma nella squadra entrano
questi tre, il nerd perché è motivato, Zac Efron perché è raccomandato e Alexandra
Daddario perché è l’unica che ha tutto per tenere alta la tradizione dei
rallenty!

“Ti riferisci al mio sguardo magnetico, vero Cassidy?”.

Cosa funziona di
questo film? Beh, sostanzialmente una trama talmente minimale da riuscire a
filare dall’inizio alla fine senza vuoti di sceneggiatura, di questi tempi è
già un’impresa notevole. Il percorso del personaggio di Zac Efron è quanto di
più banale e già visto ci sia in circolazione, lui se non altro è autoironico
e questi ruoli cretini gli vengono alla grande, ma a tenere a galla la baracca
è proprio Rock.

I tempi comici
sono allenati come i suoi muscoli e lui è talmente esagerato da risultare
perfetto per le imprese esagerate del bagnino ultra zelante Mitch Buchanan,
quando la trama relega Dwayne Johnson lontano dall’azione per alcuni
(tanti) minuti, il film inizia a sembrare i Cleveland Cavaliers quando Lebron
James si siede in panchina.



Ora sappiamo anche come finirà Giocotrono.

Il problema
principale di “Baywatch” è una certa stanchezza generale, come se bastasse aver rinnovato il casting aggiornando i personaggi all’anno 2017 per portare a casa
il risultato. Un’operazione che non può prendersi sul serio (e per fortuna non
ci prova nemmeno), comprendo che l’umorismo sia necessario per adattare un
branco di A-A-Abbronzatissimi che salva gente in acqua per il grande schermo,
il problema è il come.

Qualche dialogo
simpatico, bisogna dirlo, è presente, ma sono quasi tutti legati a The Rock che
prende per il culo Zac Efron appioppandogli mille soprannomi, tipo “Biber” oppure
“Ken”, ma per il resto tutto l’umorismo del film è dello stampo più grossolano
possibile.


Mai locandina promozionale fu più onesta di così.

Non sono un
grande amante delle commedie in senso classico, mi piacciono i film che fanno
ridere quello sì, ma è chiaro ormai, che la commedia americana dal 2000 in poi,
ha abbracciato un tipo di umorismo che noi in uno strambo Paese a forma di
scarpa (purtroppo) conosciamo fin troppo bene, quello dei cinepanettoni, io è
dal 2000 che mi diverto a etichettare tutte le commedie sceme (di solito con
Robert De Niro nel cast) come “Cine-Muffin”, bene “Baywatch” non si scosta di
un millimetro da questa brutta tendenza.


Perché io posso
anche capire che a qualcuno faccia ridere l’idea del nerd, che vedendo la bella
Kelly Rohrbach in costume abbia un erezione e si butti a terra per
mascherarla, ma se poi per cinque interminabili minuti, basi tutto il tuo film
sulla stessa identica gag, del nerd incastrato dalla parti basse è automatico
che tu, caro amico Seth Gordon scadi automaticamente nel patetico. Non faceva
ridere la prima volta, inutile continuare a ricamarci sopra dai!

Oh ciao! Stai davvero leggendo la didascalia invece di guardare su? Che sorpresa!

Di fatto l’80%
dell’umorismo di Baywatch prevede il tizio dei computer e la bionda Kelly
Rohrbach che si fanno battutine a doppio senso, per poi finire per mettersi
insieme, dando al film una svolta da fantascienza più che comica, avrei dovuto
dire SPOILER, ma tanto il dettaglio è chiaro fin dal minuto uno del film. Trovo interessante
notate che gli Americani, famosi per i loro film, ormai stanno imitando i
nostri cinepanettoni e hanno deciso di prenderci a modello in
tutto e per tutto, tanto che hanno voluto a tutti i costi eleggere un miliardario
sessista con dei capelli orrendi come capo di stato, visto? Facciamo tendenza!

Basta un fotogramma per riassumere tutto il tipo di umorismo del film.

Il problema di “Baywatch”
è che avrebbe davvero potuto essere un film geniale, lo dico sul serio, in un
paio di scene, s’intravede il potenziale, tipo quando Rock fa a cazzotti con
lo sgherro nella stanzetta rosa della bambina, mandando in scena una parodia in
piccolo dei film d’azione, che si conclude con tanto di “Frase maschia” di The
Rock quando lancia in acqua il tipo (“Ora del bagnetto stronzo”). C’era
davvero il potenziale per fare qualcosa di brillante come visto in “21 Jump
Street” (e il suo seguito “22 Jump Street” ancora migliore), peccato che la
svogliatezza generale abbia la meglio su tutto, Seth Gordon non ha certo il
talento di Phil Lord e Chris Miller e si vede. Mamma mia se si vede!

I’ll be there, I’ll be ready. Never your fear, Now don’t you fear…

Inserire un cameo
di David Hasselhoff, e un altro di Pamela Anderson, poi scherzare sul fatto
che la bionda si muova al rallentatore, serve solo a farmi venire voglia di
arrotolare un giornale e poi dartelo sul muso Seth, vedi che quando vuoi l’umorismo
giusto lo puoi usare, invece no, il cine-muffin mi fa lui!

Non proprio come Leonard Nimoy e Zachary Quinto, però una roba del genere.

Ma poi Seth,
porco mondo! Stai girando il film su “Bei-Boch” porcaccia miseria, non puoi
dirigerlo tutto usando i primi piani cacchio! Il piano americano Seth! Oppure la
mezza figura! Se fai solo primi piani tagli fuori le parti migliori del film! Tutte
e due!

Dagherrotipo fornito a titolo di esempio della tesi appena descritta.
“Seth questi non me li guarda più nessuno dalla pubertà, così ci perdiamo tutto il pubblico!”.

Per assurdo “Baywatch”
(il film) risulta più sboccacciato, ma decisamente più casto della serie
originale, dove complici i costumi e l’abbondante uso della chirurgia
plastica
dei rallenty, c’era davvero poco spazio per la fantasia. Niente,
finisce sempre che poi passo per malinconico vedete, eravamo più naif una
volta, ci bastava il taglio giusto dell’inquadratura fatta a rallentatore per
essere felici, bei tempi!

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