Vi ricordate Harrison Ford in “Witness” (1985)? Vi dico solo
che si è divertito a confronto di dove sta per portarvi questa Bara Volante
oggi, bentornati a… Craven Road!
Il successo commerciale di Le colline hanno gli occhi, non permette ancora a Craven di poter
puntare ai progetti grossi, infatti zio Wessy confermandosi di bocca buona, pur
di assecondare il suo bruciante desiderio di dirigere, accetta anche di lavorare
per la televisione, sai che sacrificio, per uno come lui che non si è fatto
problemi nemmeno a dirigere dei film porno pur di lavorare (storia vera).
la televisione nel 1978 e conferma a tutti la capacità di Craven di poter stare sul ponte di comando di una pellicola, sfornando lavori interessanti anche con
budget modesti, vorrei potervi dire di più del film, ma non sono mai riuscito a
vederlo quindi questo mi costringe a passare subito al film di oggi, che è
stato affidato a zio Wessy anche per via della buona riuscita di “Summer of fear”,
la prova che Craven poteva dirigere soggetti forti, senza per forza scatenare
polemiche come accaduto con i suoi due primi film da regista. Il vantaggio di
farsi una fama da ragazzo terribile, quando non esageri sono tutti pronti a
farti i complimenti.
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Wes Craven, un ragazzo tutto casa e chiesa. |
Barr e dallo stesso Wes Craven mette insieme un budget di due milioni e mezzo
di fogli verdi con sopra le facce di alcuni presidenti spirati, che servono a potersi
permettere anche qualche nome grosso, ad esempio le musiche sono affidate al grande James Horner, mentre per gli attori per
la prima volta Craven potrà dirigere un nome importante, come quello di Ernest Borgnine.
feticcio di Craven, il mitico Michael Berryman, al suo secondo (ma non ultimo) film con il regista di Cleveland,
ma anche un’infilata di esordienti più o meno sconosciuti, tranne una che qui ha
girato alcune scene sotto l’occhio attento del suo insegnate di recitazione
(storia vera), ma che in linea di massima sarebbe diventata piuttosto famosa… Sharon Stone.
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L’occhio lungo di zio Wessy con lei, ci aveva visto lontano. |
Dumbo!): Se non avete mai visto “Deadly Blessing”, non vi siete persi molto,
eppure questo non cambia il fatto che questo film resta un capitolo fondamentale nella
filmografia del regista di Cleveland, insomma il classico “film minore” con
difetti e personalità in parti uguali, parliamo della trama e poi andiamo nel
dettaglio.
novelli sposini che si godono la loro pace di coppia nella loro fattoria ribattezzare
“benedizione” – così ho anche spiegato il gioco di parole del titolo -, poco distante
dalla comunità degli Ittiti, che non sono la popolazione le cui gesta abbiamo
studiato tutti a scuola, ma con loro condividono lo stesso docile carattere. Si
perché gli Ittiti guidati con mano ferma da Isaiah Schmidt (Ernest Borgnine) a
ben guardarli sembrano degli Amish, ma come vengono descritti dal doppiaggio
italiano sbarazzino, fanno sembrare i mormoni dei dilettanti (in originale «make
the Amish look like swingers», degli scambisti).
ed ora quando gironzola sul suo trattore, si attira gli sguardi scuri dei
vicini, che per precetti religiosi rifiutano ogni forma di tecnologia ma sono
ben propensi a far andare la lingua lanciandosi in dicerie di sorta, ad esempio
definire tutti gli “stranieri”, preferibilmente quelli di sesso femminile,
additandole come “Incubus”, un demone che prende le donne di notte.
Sporcaccione!
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“Ma così proprio? Senza nemmeno offrirci un caffè o la colazione almeno!” |
dall’oggetto della discordia, il suo trattore lo investe in un incidente dalle
dinamiche molto sospette. A mettere altro Guacamole su una situazione già tesa,
arrivano Lana Marcus (Sharon Stone) e Vicky Anderson (Susan Buckner), le amiche
di Martha intenzionate a starle accanto dopo il brutto lutto subito.
per Schmidt e la sua comunità, Martha risponde alla sua offerta di comprare la
sua terra (e vederla finalmente sloggiare) sbattendogli la porta in faccia,
mentre Lana e Vicky portano lo scompiglio perché una è Sharon Stone appena
23enne, l’altra invece, altrettanto guardabile, ha anche la passione di fare
jogging tra i boschi in shorts, canottiera e per di più senza reggiseno. Vi
lascio immaginare come possa prenderla bene uno come il democratico Schmidt.
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“Cosa stai guardando ragazzo? Finirai per diventare cieco o andrai all’inferno. O andrai all’inferno cieco!” |
abilmente mette tutti i pezzi sulla scacchiera, e poi trova il modo di farli
muovere aumentando lentamente ma costantemente la tensione tra di loro e nel
pubblico intento a guardare il film. Il risultato finale procede abbastanza a
strappi bisogna ammetterlo, di sicuro il ritmo non è la parte migliore del film
che nel secondo atto, s’impantana, zoppica e sembra girare abbastanza a vuoto, anche
a causa di un cast non sempre brillantissimo di attori di contorno, eppure quello che rende
“Benedizione mortale” un film con delle frecce al suo arco sono alcuni dei nomi
coinvolti, e la capacità di Craven di dare zampate Horror riuscitissime.
mangia la scena, gli basta sgranare gli occhi per entrare subito in modalità “Vecchio
Testamento”, dando forma ad un personaggio monolitico in particolare nella sua
ottuse certezze.
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L’importanza di chiamarsi Ernest (Borgnine) |
Plutone, qui da prova di versatilità mettendo al servizio del personaggio tutto
se stesso, persino la forma del suo cranio così caratteristica lo rende perfetto
per il ruolo da “scemo del villaggio” (passatemi il termine ben poco delicato)
che sarà pure candido, ma resta comunque sinistro perché beh, è pur sempre Michael
Berryman.
personaggio sospetto, in un film che avrà pure un budget basso e molti attori
discutibili, ma riesce a togliere più volte le sicurezze agli spettatori, sfilano
loro da sotto i piedi il tappeto comodo delle certezze. Ad esempio la scena del
granaio, quella in cui Sharon Stone dimostra buone doti da “Scream queen”, costringe
subito il pubblico a rivedere la lista dei sospettati, oltre che a farli saltare
sulla poltrona.
dinamiche classiche di un Horror, da potersi permettere già di giocare con
alcuni di questi stilemi, come farà di più (molto di più) e meglio nella saga
di “Scream”, ma “Benedizione mortale” si guadagna anche un minimo di indulgenza
sui suoi effettivi difetti, grazie alla poltrona comoda del tempo, da cui posso
permettermi di giudicarlo. Si perché è abbastanza chiaro che questo Craven
minore, sia stato il punto di equilibrio tra i primi lavori del regista di
Cleveland, e la piega futura che la sua filmografia avrebbe preso. Non ci avete
capito niente? Nemmeno io tranquilli, ora proverò a mettere in ordine le idee.
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Michael Berryman imita i Gumby, facendo il verso ai Monty Python. |
del budget a disposizione “Benedizione mortale” porta avanti i temi cari a
Craven, che giova ricordarlo, è cresciuto in una comunità Battista senza poter
vedere un solo film fino al College, quindi un minimo di componente biografica
deve aver pesato nella storia.
e spesso sono una versione distorta dei buoni, le ragazze dei quartieri bene e
i pazzoidi venuti dalle zone peggiori di L’ultima casa a sinistra, le due famiglie opposte in tutto ma di fatto identiche nel
voler sopravvivere di Le colline hanno gli occhi, e in questo film, i vicini di casa della comunità degli Ittiti,
a cui va aggiunto un altro gustoso (ma terribile) dettaglio che diventerà un
punto fermo nella filmografia di Craven, l’Incubus. Anzi a questo proposito, vi
consiglio il post di Lucius sull’etimologia
della parola e tutte le sue declinazioni beh, da incubo.
adiacente alla nostra, per darci la caccia quando siamo più deboli, i sogni
sono la perfetta rappresentazione di tutte queste caratteristiche. Con sfoggio
di talento e sale in zucca, Craven qui lascia l’elemento fantastico (e horror) della
storia sempre in sospeso, non è chiaro se il demone Incubus sia reale, oppure
il frutto delle superstizioni degli Ittiti che iniziano a fare presa anche
sulle protagoniste. Qualcuno sta facendo loro dei diabolici scherzi, oppure l’entità
esiste per davvero? Craven fino all’ultima scena (lasciatemi l’icona aperta su
questo punto, più avanti ci torniamo) non ci fornisce mai la “pistola fumante”
per risolvere il mistero, e mentre ci conduce fino al momento in cui la storia
si gioca il suo colpo di scena, fa palestra affilando le lame che lo renderanno
uno dei più grandi Maestri del cinema Horror di sempre.
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Ehm, penso fosse scaduto. |
il turbine di gelosie e contrasti tra i protagonisti, però oltre a
rappresentare le prove generali per Craven con il genere Slasher (di cui
diventerà Maestro), è abbastanza difficile non notare che zio Wessy abbia anticipato
di un paio d’anni idee che avremmo ritrovato anche in “Sleepaway Camp” (1983) e
più in generale, in molti dei suoi futuri film.
dichiarato di aver visto per la prima volta in sogno (storia vera, anche se
Craven aveva la propensione a romanzare gli aneddoti su se stesso e i suoi
film) che qui prevede un serpente infilato di straforo tra le bolle della vasca,
a rovinare il rilassante bagno della protagonista. Craven, laureato in
psicologia e sempre pronto ad infilare battute su Freud nei suoi film, diciamo
che conferma di avere avuto un inconscio che avrebbe fatto la gioia del padre
della psicanalisi, mentre questa scena, avrebbe fatto la gioia degli
appassionati di Horror, perché non è altro che la prova generale di quella
identica, ma ancora più mitica del suo film successivo, “Nightmare – Dal
profondo della notte” (1984), prossimamente su queste Bare… Non vedo l’ora!
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Alfred Hitchcock era specializzato in docce, Wes Craven preferisce la vasca da bagno. |
decidono di andare al cinema (a vedere per altro “Summer of fear” di Wes
Craven, narciso e già propenso alla meta-cinematografia), quando da segnalare é di sicuro la scena diventata il simbolo del film, tanto da finire dritta sparata
sulla locandina. L’incubo notturno con Sharon Stone afferrata e costretta a
vedersela con un ragnetto, a volerla prendere alla leggera, potremmo parlarne
come della versione Horror della scena equivalente di “Ragazzo di campagna”
(1984), ma le due mani che afferrano Sharon Stone bloccandole la testa come durante
una paralisi notturna, e il primo piano sul volto pallidissimo, sono subito in
grado di farti dimenticare il sonnellino e spuntino a otto zampe di Renato
Pozzetto.
tra i mostri della porta accanto raccontati nei primi film di Craven, e i
lavori futuri, dove i mostri arriveranno dall’inconscio, dal profondo della
notte, durante il sonno, quando siamo più esposti e facili da colpire. Un equilibrio
che questo film riesce a mantenere piuttosto bene, fino all’ultima scena, su
cui avevo lasciato un’icona aperta che è il momento di chiudere.
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Con Craven in giro, scordatevi di dormire tranquilli. |
un paio di case di produzione, con relativi cambi di politica da parte di chi
teneva le mani sul timone, ecco perché su pressione dei produttori, Craven si è
trovato costretto ad aggiungere la scena finale del film, che secondo la United
Artists, avrebbe dovuto garantire una grande presa sugli appassionati di
Horror.
potrebbe risultarvi un’aggiunta gradita, oppure un clamoroso scivolone, ma
resta innegabile il fatto che si nota parecchio quanto la scena sia stata
aggiunta in corsa, e non solo perché strappa via con mano decisa il velo di
incertezza sulle origini paranormali dell’Incubus. Visto che sono qui per dire
la mia, mi è sembrato un colpo di scena fin troppo urlato e caciarone, ma a
voler rendere onore alla laurea in psicologia di zio Wessy, questa discesa nell’inconscio
finale, è stata la prova che il professor Craven aveva scoperto un
nuovo campo da gioco dove scatenare le sue arti di maestro del brivido, ed era
pronto a regalarci un lungo… Incubo. Questa “caSSata” in inglese sarebbe suonata molto meglio.
Ma prima, rinnovo l’appuntamento con questa rubrica alla prossima settimana, dove verrà a trovarci una grande icona dell’Horror, magari non quella che vi aspettate però comunque grandissima. Tra sette giorni qui, sempre su Craven Road, intanto non perdetevi il post del Zinefilo, dedicato a questo film!