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Beyond Skyline (2018): E noi all’alieno lo menamo

Ma vi ricordate quanto era bello “Skyline” (2010)? Non ve lo
ricordate? Bravi, perché infatti “Skyline” faceva schifo e se non lo avete mai
visto, consideratevi fortunati. Invece, spero che abbiate visto “The Raid”
(2011), il capolavoro di Gareth Evans, così su due piedi, se dovessi
consigliarvi quale di questi due film vedere non avrei molti dubbi.

Anche perché “The Raid” è l’equivalente cinematografico di Christina Hendricks
ricoperta da una montagna di Nutella. Mentre “Skyline” somiglia più ad una
montagna di crema marrone che somiglia alla Nutella, ma fossi in voi non la
spalmerei sul pane.

Perché vi parlo di due film qualitativamente agli antipodi
e, a ben guardare, anche nella tipologia dei generi (invasione aliena uno,
capolavoro delle arti marziali l’altro)? Perché hanno fatto un seguito di
“Skyline” di cui nessuno sentiva il bisogno, ma dentro ci hanno messo tanto di
quel “The Raid” che il risultato finale è comunque godibile.
I fratelli Strause non sono degli sprovveduti, hanno curato
gli effetti speciali di un milione di film, tra i quali X-Men conflitto finale e Terminator 3 prima di esordire alla regia con il famigerato Aliens vs. Predator 2 che ha tutti i difetti del
cinema di Colin e Greg Strause, ovvero una grande cura per i trucchi visivi al
netto di una storia che fa ridere i polli.

“Cerco uno che si chiama
Grillo!”, “Uscito!”, “Ah ok, torno più tardi”
(la
prova che non c’è vita intelligente nello spazio).

Di “Skyline” (2010) non ricordo molto, se non che era la
storia di un’invasione aliena sulla città di Los Angeles (perché si sa che gli
alieni al cinema atterrano solo negli Stati Uniti), però tutta ambientata in un
appartamento per tenere bassi i costi, con trucchi realizzati alla grande
peccato che i protagonisti del film risultassero così stupidi ed odiosi da fare
venire voglia di tifare per gli alieni invasori. Poi, quando i protagonisti
entravano dentro la nave aliena e il film iniziava a diventare figo, PUF!
Titoli di coda, abbiamo finito i soldi, ciaione!

A salvare “Skyline” è il mestiere dei fratelli Strause,
classico caso di “se sai fare bene una cosa (gli effetti speciali) non è detto
che tu debba per forza fare anche il regista”, ma il loro film è costato poco ed
è andato benino nel mercato dell’home video e come spesso succede ai film
americani con dentro un sacco di effetti speciali che raccolgono risate ai
botteghini occidentali, poi in Oriente incassano un botto! Sì, perché i nostri
amici dall’altra parte del globo vanno giù di testa per roba tipo Warcraft, oppure Pacific Rim, mentre sono completamente indifferenti a roba
tipo Star Wars, ad esempio, e
considerando gli ultimi film, mi pare una dimostrazione di saggezza.

Tutto roba che ai nostri amici orientali piace un sacco.

Ecco perché “Beyond Skyline” è in parte ambientato
nell’isola di Giava e si porta nel suo DNA così tanta Indonesia, quando si
parla di Indonesia in questi strambi anni ’10 si parla fondamentalmente di Iko
Uwais e Yayan “Mad Dog” Ruhian. Degli applausi sarebbero graditi.

“Beyond Skyline” sembra il risultato di un sondaggio verso il pubblico, infatti sono stati aggiunte oppure tolte dalla storia le parti che funzionavano bene e quelle che facevano schifo. La parte dentro l’astronave ha più spazio ed in compenso gli odiosi protagonisti carisma-lesi sono stati dimenticati e sostituiti da gente che lo schermo lo sa tenere, anche recitando
da solo dentro una macchina per 90 minuti,
fate ciao ciao ai cretinoni del primo film, date il benvenuto a Frank Grillo!

“E.T. Telefono… cas”BANG!

Alla regia troviamo Liam O’Donnell assistente degli Strause
(ogni volta che scrivo il loro cognome mi viene in mente Lorraine che dice ci vado con Levi Strauss) che tutto
sommato fa un lavoro ottimo, dà il giusto ritmo al film e come un bravo vigile
urbano dirige il traffico, lasciando il giusto spazio agli effetti speciali e
ai suoi carismatici protagonisti. La storia torna indietro all’invasione
mostrata nel primo film, solo che questa volta il punto di vista è quello del
nostro Frank Grillo, sbirro di Los Angeles con la giacca di pelle e il pick-up
nero che va al distretto a recuperare il figliolo adolescente, finito al
fresco non è dato sapere perché, ma considerando il numero di casini che combina
da qui al resto del film mettendosi nei guai da solo, come minimo avrà fatto
qualcosa tipo pisciare su un’auto della polizia, perché gli scappava e non
sapeva dove farla, una roba così.

Mentre Frank Grillo e il Grillo Junior il suo figliolo
tornano a casa… Boom! Arrivano gli alieni con le loro navi spaziali giganti ed
è qui che “Beyond Skyline” parte senza voltarsi più a guardare nessuno in
faccia. Gli alieni bastardi hanno una specie di gigantesco raggio blu che se lo
guardi, ti imbambola e ti attrae, un misto tra un grosso zampirone e la “Calamita
per figa” (Cit.) di Borat, non so se ho reso l’idea.

Ci deve essere stato il salto generazione d’intelligenza nel
suo caso.

Quel pirla del figlio di Frank Grillo mentre tutti urlano
«Non guardate le luci!» lui le fissa e si ritrova a bordo della nave spaziale
e mosso dall’istinto di autoconservazione del lemming che corre verso la
scogliera, inizia a tocchicciare ogni singola cosa dentro la nave: un genio, no?
Tanto che in tempo due secondi si ritrova incastrato nell’esoscheletro
biomeccanico che gli alieni usano tipo tuta da combattimento. Oppure come
pigiama per stare sul divano, non è chiaro, ma comunque è piuttosto figo.

Bisogna dire che gli effetti speciali non sono niente male,
certo quando i mostroni alieni vengono mostrati (in quanto mostroni) di giorno
e all’aperto, si vede che la CGI non è proprio pesche e crema, in compenso, le
creature aliene, compresa quella con cui si interfaccia Frank Grillo e la
realizzazione dell’interno della nave aliena non è niente male.

“Vieni nello spazio, vedrai che bello, ci divertiremo da matti…” (Quasi-Cit.)

Un tripudio di grosse uova gocciolanti appese al soffitto
(chissà da dove arriva l’idea) di
portelli biomeccanici che risultano tutti metallici e unticci in parti uguali,
insomma il film non ha molti soldi, ma li usa tutti piuttosto bene, riuscendo a
non passare mai per una poveracciata anzi, siccome può sbattersene del visto
censura americano, non manca nemmeno una buona dose di violenza e arti
strappati, tutta roba che a noi cinefili intellettuali piace un sacco.

Bisogna dire che il film ci mette un po’ ad ingranare,
siccome Frank Grillo è un duro, ma in fondo anche un tenerone mentre si lancia
nella ricerca del figlio, cerca di salvare quante più persone possibili, vada
per il vecchio cieco interpretato da Antonio Fargas (l’Huggy Bear del telefilm
degli anni ’70 “Starsky & Hutch”), vada pure per la capotreno bona Audrey (Bojana
Novakovic, oh ma solo io becco autisti di bus incazzati e con la barba di tre
giorni, non è mica giusta questa cosa!), quando poi il nostro Frank si mette a
far partorire donne e salvare neonate s’inizia un po’ a guardare l’orologio.

Sui mezzi pubblici che uso io però capotreno così non ci
sono, voglio fare reclamo!

Ed è qui che “Beyond Skyline” mena il suo colpo più duro: la
nave aliena precipita in Indonesia e qui Frank Grillo fa la conoscenza di Sua,
il capo della resistenza locale contro gli alieni che, vabbè, prima dell’arrivo
degli alieni spacciava droga, ma non formalizziamoci sullo stile di vita di qualcuno,
se quel qualcuno è Iko Uwais.

Sua va in giro con sua sorella Kanya, quindi ricapitolando:
sotto i caschi da moto troviamo Sua che è il nostro Iko e sua sorella che è Pamelyn Chee. Risultato: ad un certo punto ci sono due coppie
#TeamUSA Frank Grillo e Bojana Novakovic insieme a #TeamIndonesia Iko Uwais e Pamelyn
Chee. Quello che li accomuna è il fatto che indossano tutti la canottiera e
sono uno più spavaldo dell’altro, roba che potrebbero scacciare gli invasori
dal pianeta solo con l’arroganza, ma per fortuna nostra preferiscono farlo a
colpi di calci e pugni.

Un indonesiano extraterrestre (poco extra e molto terrestre).

Ma secondo voi se in giro c’è Iko Uwais, può mancare Yayan
Ruhian? Assolutamente no, quindi se Iko interpreta il criminale il cui talento
torna buono in caso di crisi, al mitico “Mad Dog” tocca il ruolo dello sbirro
che gli dà la caccia e che diventerà un alleato contro gli invasori. Ora, io
non so come si dica Distretto 13 – Le brigate della morte in Indonesiano, ma la dinamica mi pare proprio la stessa.

Più che primo contatto, con Mad Dog diventa ultimo contatto!

Anche perché se Frank Grillo buca lo schermo, Iko Uwais gli dà
diverse piste, parla un inglese preciso dall’accento oggettivamente impossibile,
però quando Grillo gli dice che in America c’è stata l’Apocalisse, lui risponde
con cosette del tipo: «Siamo sopravvissuti all’Apocalisse americana, sopravvivremo
anche a questo» e poi picchia come uno che vuole mantenere la parola: Frank,
con tutto il rispetto, levati, ma levati proprio!

Il finale è una rissa reale in cui Grillo mena, Iko
mena meglio, Mad Dog mena tutti (armato di Machete!) una bellissima caciara che
mette in chiaro che qualunque cosa che entra nell’orbita di “The Raid” inizia a
brillare di luce riflessa, persino una porcheria come “Skyline”.

Il comitato di benvenuto sul pianeta Terra.

Per rendere l’idea di che razza di intrattenimento può essere questo
film, vi dico solo che i titoli sui titoli di coda scorre il “Bloopers reel”,
gli errori degli attori sul set, stunt venuti male, battute sbagliate, come se
fosse un film di Jackie Chan dei tempi d’oro, ma quanto sono belli i Bloopers a
fine film? Specialmente se puoi vedere Iko Uwais che serissimo mantiene i pugni
alti in posizione di difesa, finché il regista non urla «Stop!» anche se ha
messo un piede sulla fiamma viva e ha la gamba del pantalone che va a fuoco.

Oppure, vedere Iko e Frank Grillo che si dicono «Let’s keep
in touch», ma magari ragazzi magari! Se vi scappano altri film di puro intrattenimento
come questo, portateli pure, a noi cinefili intellettuali queste robette
piacciono un sacco.
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