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Black Dynamite (2009): un’esplosiva dichiarazione d’amore alla Blaxploitation

La costanza va premiata, dopo anni passati a invocarlo più volte, ho deciso di premiare Jena Pistol che si aggiudica il titolo a richiesta dell’edizione di quest’anno di CCYF, ma non vi preoccupate, molti dei titoli che avete suggerito arriveranno comunque sulla Bara, ma oggi lasciamo campo libero a… Black Dynamite!

Ho sempre avuto una grande stima per Michael Jai White, per anni l’artista marziale più in forma in circolazione, uno passato dalla Troma a Tarantino, indiscusso eroe dei film di menare che una volta avremmo definito di cassetta, sopravvissuto ad uno dei più atroci film tratti da fumetto di sempre, tangenzialmente un mio culto totale. Immagino però che chiamarsi “Bianco” non deve essere stato semplicissimo per lui, forse anche per questo nel 2009 il nostro deve aver pensato di mettere in chiaro all’intero pianeta che l’unica parte bianca che aveva, era il cognome.

Questa è una metafora, se non si fosse capito.

Il talento di picchiatore di White non è mai stato in discussione, erano anche chiare le sue ambizioni di fare il salto nella serie A cinematografica, non pensavo che avesse anche abbondanti dosi di senso dell’umorismo e di auto-ironia e ha trovato in Scott Sanders il migliore degli alleati, il risultato? Per certi versi e sicuramente nell’aspetto del personaggio, un omaggio gigante al mitico Steve James e in generale, una parodia che è allo stesso tempo un amorevole omaggio, scomodo i giganti perché bisogna farlo: “Black Dynamite” ha fatto per i film della Blaxploitation quello che Mel Brooks ha fatto per gli Horror, non siamo al cospetto di una semplice e divertentissima parodia, ma è vero gesto d’amore nei confronti di un intero genere, fatto da qualcuno che quel genere lo conosce, e anche molto bene.

Il grande merito di “Grindhouse” (2007) è stato quello di spiegare a tutti quelli disposti ad ascoltare – molto pochi in verità – cosa erano le sale Grindhouse, negli anni immediatamente successivi, in tanti hanno provato a imitare Tarantino e Rodriguez con film nati da finti trailer o malamente ispirati a questa operazione, ad essere cattivi potremmo dire che lo stesso Rodriguez ci ha provato senza riuscirci in pieno (sì, sto pensando al seguito di “Machete”), ecco anche “Black Dynamite” è nato da un trailer, quello montato al volo per trovare fondi quando il copione non era nemmeno completo, lo trovate qui sotto.

La differenza sostanziale? “Black Dynamite” riesce ad essere più “Grindhouse” di “Grindhouse” perché è chiaro che Michael Jai White e Scott Sanders abbiano un manifesto amore per Blaxploitation, sono davvero cresciuti guardando i titoli giusti, non si sono lanciati in questa iniziativa per sfottere quei film o per atteggiarsi o meglio, per atteggiarsi sì, ma con il cuore gonfio di vera passione di tutti i titoli che contano, da quelli socialmente impegnati di Melvin van Peebles, passando per i vari “Slaughter-Uomo mitra” (1972) oppure Black Belt Jones, anche se è palese che la struttura su cui “Black Dynamite” è basato, arriva quasi tutta dal classico dei classici, “Dolemite” (1975) da cui è stato pescato molto, tutta l’atmosfera da film a bassissimo costo, con tanto di montaggio grezzo ed errori come i microfoni che entrano più volte in scena invadendo l’inquadratura, fino ad arrivare a molti degli attori di contorno, spesso comparse legnosissime incapaci di recitare, prese solo per via della faccia giusta, fino ad arrivare alle caratteristiche proprie del protagonista, come ad esempio il suo essere uno stracciamutande impunito che spesso parla in rima.

Super Fly nel senso di super calci volanti!

Tutto questo è fatto dal sarto per Michael Jai White che è grosso come Rudy Ray Moore ma con i muscoli al posto della panza ed è un artista marziale come Jim Kelly, uno che ammalia le donne anche quando deve fare un test delle urine ed è assolutamente all’altezza della sua reputazione, perché può cavarsela alla grande in qualunque situazione, che abbia tre amanti alla volta nel letto o tre (o più) sgherri che cercando di stenderlo, come accade ad esempio nelle varie scene di rissa.

Come un cartone animato “Black Dynamite” ha la sua sigla (arrivare a fine visione senza avere in testa il ritornello… Dynamite! Dynamite! È letteralmente impossibile) non è un caso che Adult Swim abbia dedicato una serie animata al personaggio, sempre doppiato da MJW per due stagioni ovviamente inedite in uno strambo Paese a forma di scarpa, dove i fan della Blaxploitation sono una manciata, forse anche meno, siamo letteralmente quattro gatti.

Erano già pantere nere prima di beh, Pantera Nera.

Sanders è bravissimo a ricreare tutta l’atmosfera dei film di quel periodo, a volte non ha nemmeno bisogno di esagerare, gli basta davvero solo replicare certe situazioni e certe brutte soluzioni di montaggio, i momenti assurdi e sopra le righe, quelle da parodia pura ci sono, ma sono centellinati bene, come ad esempio il ricordo dell’orfanotrofio (voi non mi vedete, ma io sto ridendo mentre ne scrivo, storia vera) oppure la trovata di iniziare il film con un finto sponsor, il liquore al malto Anaconda che a lungo sembra solo una nota di colore, ma poi diventerà un elemento chiave nell’intreccio.

Il momento di trasporto collettivo, l’assurda deduzione di gruppo che porta a svelare i piani del cattivo di turno, una lunga tirata non-sense esilarante, che parte dagli M&Ms, passa per il Dio della guerra, tira dentro il prefisso telefonico di Topeka fino alla grottesca soluzione, quella che ha reso il “Codice Kansas” un meme in rete e che apre le porte a quel finale, dove si esagera a colpi di Nunchaku.

Dal 2009 ogni ragionamento inutilmente articolato ha un nome: codice Kansas!

Tra piccole parti – ovviamente truccato – di Arsenio Hall ed un’altra vagonata di attori di colore diventati idoli nel corso del tempo, “Black Dynamite” è lo spettacolo personale di Michael Jai White, vederlo schiaffeggiare la First lady e poi scusarsi in base al suo codice etico, ti fa pensare che MJW non abbia fatto altro che prepararsi a questo ruolo tutta la vita, perché sono davvero in pochi quelli che avrebbero potuto sfoggiare questi tempi comici e quell’abilità con i Nunchaku, che sono due condizioni base per calarsi nel ruolo.

La posa dell’eroe resa iconica dai disegni di Frank Frazetta, nella sua versione più Black (Dynamite! Dynamite!)

Il vero problema di “Black Dynamite”? Essere un film che predica ai convertiti, solo chi conosce bene la Blaxploitation potrà capire quante parti uguali di amore e cervello ci sono dentro questa operazione che purtroppo, non ha generato dieci seguiti dando a MJW la popolarità che si sarebbe meritato. Resta un titolo di culto su cui White ha provato idealmente a tornare, magari ora che ho “sbloccato” questo titolo portandolo finalmente sulla Bara, potrei decidermi a trattare anche l’altro film, fino ad allora ricordate: Dynamite! Dynamite!

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