I bianchi hanno una paura fottuta dei fratelli neri. Una fifa diffusa ovunque nel mondo, ma che in un solo Paese diventa palese, ovviamente mi riferisco agli Stati Uniti d’America.
La divisione da bianchi e neri è ancora un argomento spinoso, talmente attuale da riuscire ad attraversare quella grande pozzanghera nota come oceano Atlantico fino ad arrivare qui da noi, cavalcando una delle maggiori esportazioni del Paese a stelle e strisce, ovvero il cinema.
“Black Panther” diciottesimo titolo legato al Marvel Comics Universe, ha ricevuto quasi solo critiche ultra positive, al primo weekend in patria ha spaccato i botteghini, il riflesso è che tanta critica di settore (traduzione: pagata per scrivere di cinema) si è subito allineata all’andazzo “Miglior film Marvel di sempre” che è diventato quasi un Meme su Internet per quante volte è stato ripetuto.
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«Ammirate la vastità del cazzo che me ne frega dei vostri Meme da Internet» |
Ma non è certo un caso isolato il fatto che un film “Nero” spacchi i botteghini in due, i “Fratelli” al cinema ci vanno e gradiscono avere protagonisti di colore per cui poter fare il tifo, in qualche modo è riuscito a riassumere molto bene questo dettaglio il mitico Martin Freeman che qui interpreta l’agente della CIA Everett Ross. Qualche (geniale) giornalista ha pensato bene di chiedere a Bilbo Baggins come si sentisse ad essere l’unico bianco, su un set di attori di colore, la risposta di Martino Uomolibero aumenta la mia stima per lui: «Non credi che sia quello che gli attori di colore pensano tutte le volte?» (storia vera).
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«Hai anche domande intelligenti da farmi oppure sono tutte così?» |
In lizza tra i film nominati per i prossimi Oscar c’è anche quel Get Out che ha riempito le sale di ragazzi e ragazze di colori, tutti impegnati a fare il tipo per il protagonista e se un horror sta accanto a film più canonici per gli standard di quei parrucconi dell’Accademy, state pur certi che è per una sola ragione, perché ad Hollywood l’unico colore che conta sul serio è il verde delle banconote con sopra stampati tanti ex presidenti defunti.
A voler guardare più indietro, i “Fratelli” hanno sempre gradito avere dei loro rappresentanti al cinema, da Shaft, a Super Fly, passando per il più comico Dolemite, la Blaxploitation ha smosso i suoi bei capitali sfronanto tanta iconografia e potete dire quello che volete sui Cinecomics della Marvel, ma non che non sappiano annusare l’aria e capire quali sono i gusti del pubblico, lo ha sempre fatto con i suoi fumetti, quindi al cinema sta soltanto continuando una tradizione consolidata.
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Sembrate Willy il principe di Bel-Air e Jazz quando si salutavano. |
Pantera Nera, scusate, ogni tanto mi scapperà di chiamarlo con il nome con cui ho letto le avventure del personaggio per anni proprio nei fumetti, è stato annunciato come il primo supereroe nero che poi, a ben guardare, Falcon è arrivato prima di lui, ma se per questo anche Luke Cage. Anzi ancora prima prima, c’era stato Blade interpetato da Wesley Snipes (lasciatemi l’icona aperta su di lui che più avanti tornerà di moda), ma a volerla dire proprio tutta tutta anche la “Catwoman” (2004) di Halle Berry che era pure donna, ma si sa come funzionano le campagne pubblicitarie, no? In fondo, la Distinta Concorrenza con Wonder Woman è stata molto più paracula.
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Chi nasconde quella maschera: Tigre (Tiger Man) Pantera (Black Panther) |
Insomma, la paura dei bianchi per i fratelli neri esiste, ma se poi al cinema possiamo tirare tutti su dei bei soldoni, siamo “Quasi amici” passatemi la mezza citazione, anche se il film era francese. Poi, però, bisognerebbe anche giudicare il film per quello che è, non per gli incassi e le furbizie del reparto vendite e qui le cose iniziano ad andare decisamente meno bene.
La Marvel ha fatto un film sul suo eroe nero più cazzuto di sempre, pensato apposta per un pubblico di ragazzi e ragazze che magari in sala ci vanno con il polsino dai colori panafricani rosso, nero e verde, se avete dimestichezza con la cultura afroamericana (o con i film di Spike Lee) lo conoscerete di certo. Questo giusto per sottolineare che questo film è scritto, pensato e diretto per smuovere delle cose che un ragazzo bianco (e più bianchi di me in giro ne trovate pochi) come me magari non sentirà propriamente sue, ecco, quindi ben venga la celebrazione dell’Africa e delle radici, se qualcuno dovesse avere problemi etici e morali nei confronti di un film pieno di neri, beh questo è un problema vostro e la mia voglia di conoscermi tende ad essere limitata, per quanto mi riguarda i problemi di “Black Panther” sono ben altri.
Tipo il fatto che guardando i 134 minuti della pellicola, mi sono anche molto annoiato, perché il film è davvero tanto parlato, troppo parlato, durante la visione sono arrivato a pensare di stare guardando una specie di puntata lunga di uno strano Game of Thrones africano. Sì, perché tra manovre di palazzo, tradimenti ed incoronazioni quello che manca è l’azione, quasi tutta riassunta in una scena di inseguimento in auto ambientata in Corea del Sud e in un finale in cui, bisogna dirlo, la computer grafica di qualità scarsa non aiuta per niente: lo scontro sui binari del treno è di una bruttezza rara.
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«When you play the game of thrones, you win or you die. Can you dig it?» (Trionfo di Cit.) |
L’inizio è molto interessante, in una scena che arriva prima del classico logo rosso della Casa delle Idee, il regista Ryan Coogler dimostra che il giorno in cui distribuivano la timidezza, lui probabilmente era a qualche marcia di protesta, la prima scena è ambientata ad Oakland, città natale del regista in cui era ambientato anche il suo bel film d’esordio “Prossima fermata Fruitvale Station” (Fruitvale Station, 2013), la storia vera Oscar Grant ucciso ingiustamente dalla polizia locale ed interpretato dall’attore feticcio di Coogler, ovvero l’uomo con il nome più bello della storia, ma con una “B” di troppo, vale a dire Michael B. Jordan che era già stato la Torcia Umana nel pessimo “Fantastici 4” e qui fa pace con il mondo dei Cinecomics grazie ad un’ottima prova.
Se la scelta di Oakland è dettata dal cuore, l’anno di ambientazione della scena iniziale, invece, è una presa di posizione, il 1992, lo stesso anno delle rivolte raziali di Los Angeles è un chiaro intento di portare argomenti seri all’interno del genere delle super calzamaglie, quello che ultimamente buona parte del pubblico schifa perché considerato davvero troppo stupidino. Bene, se volete saperlo “Black Panther” non si gioca quasi mai la carta dell’ironia, anzi si prende piuttosto sul serio, tanto che l’unica battuta di tutto il film la pronuncia M’Baku, non fa ridere nemmeno per sbaglio e il personaggio è costretto a ridere da solo (storia vera). Più tragicomico della battuta è il fatto che l’attore Winston Duke che qui interpreta il capo della tribù dei Jabari, nel fumetto è noto come Man-Ape, visto che la tribù venera i grossi gorilla di montagna, ma il nome nel film non viene mai citato, per evitare infelici associazioni razziali che avrebbero fatto ridere solo qualche contadinaccio del Midwest, uno di quelli che nell’armadio conserva ancora il capuccio bianco a punta.
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Metti una tigre nel motore, oppure una pantera sul tetto della macchina. |
Questa intro sottilmente politica è quella che racchiude anche l’unica svolta vera in questo Trono di Spade ambientato in Africa, perché per il resto la trama comincia un minuto dopo la fine di Civil War, con T’Challa (Chadwick Boseman) impegnato ad ereditare il manto della pantera e la corona di re del Wakanda, il misteriosa (e immaginario) stato africano la cui economia e supremazia tecnologica è basata sulla sconfinata miniera di metallo noto come Vibranio, un materiale dalle proprietà infinite che nel film ci vengono illustrate per filo e per segno. I Wakandiani usano il Vibranio per tutto: per alimentare treni e navette spaziali, il costume di Pantera Nera è farcito di questo straordinario metallo che assorbe l’energia cinetica e la restituisce amplificata, i Wakandiani ficcano questo materiale ovunque. In pratica è come l’Eternit nell’Italia degli anni ’60, questo ci garantisce che “Black Panther IX” sarà un legal thriller tutto ambientato in tribunale, con Pantera Nera a difendersi dalla accuse dei parenti dei Wakandiani morti di cancro, difeso in tribunale da Matt Murdock.
Non che in generale “Black Panther” sia un brutto film, anzi, è comunque meglio di quasi qualunque film della Distinta Concorrenza, la trama fila senza nessun buco di sceneggiatura e il cast è composto dal meglio degli attori di colore disponibili: Angela Bassett, il prezzemolino Forest Whitaker, ma anche Lupita Nyong’o e Letitia Wright, nei panni della sorellina che fornisce costume ed armamenti al fratello Panterone, una specie di Q solo molto più giovane e Nerd.
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«Fighi! Batman spicciami casa!» , «Calma fratellino, i costumi puoi solo guardarli qui, tanto nel film parliamo e basta» |
Ci ho messo un po’ a riconoscere anche Danai Gurira, la Michonne dei Camminamorti, qui nei panni della tosta Okoye, a capo delle Dora Milaje, la guardia reale Wakandiana. Non ha aiutato il fatto che qui fosse “pettinata” come Skin degli Skunk Anansie, ecco, non so quanti altri ruoli con spada potrà trovare la nostra Danai in carriera, ma finchè ci riesce e le riescono tutti bene così, brava lei!
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Ragazze, quando la vostra sosia dice “Attacca” non credo intenda in questo senso! |
Funzionano anche i cattivi, Ulysses Klaue di Andy Serkis (per una volta senza sensori Mocap addosso) qui interpreta lo storico cattivaccio dal braccio sonico Klaw e Serkis ci da dentro a giogioneggiare duro, tanto da potersi permettere di canticchiare “What is Love” risultando comunque cattivissimo, poi ho un debole per Serkis è un caratterista di gran livello e qui pare il primo a divertirsi, anche se sono certo che a breve gli toccherà indossare ancora i sensori per la motion capture, quando vedrete il film capirete il perché.
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La gioia di quando non devi recitare con tutti quei cosi appiccicati sulla faccia. |
L’azione, purtroppo, non è moltissima, ma Ryan Coogler affiancata dal regista ed esperto di cultura africana Joe Robert Cole, firmano una sceneggiatura in cui il Waka-Wakanda eh eh (this time for Africa) ha il suo bel ruolo, le location sono fighe, la città dei gorilla di montagna è una bombetta nel look, mentre il Wakanda in sé forse poteva essere un po’ più fantasioso, ma in ogni caso il legame con la cultura africana è tutto lì da vedere.
Ecco, ci sarebbe il grosso problema, quasi tutto mentale mio, che molte scene dedicate alla cultura africana, non facevo altro che ricordami altri film, vi faccio qualche esempio: il protagonista destinato a regnare sul trono di Zamunda del Wakanda, “Il principe cerca moglie” (1988), le celebrazioni organizzare per Re Julien in “Madagascar” (2005), la parlata Wakandiana che sembrava tanto il finto Africano di “Ace Ventura: Missione Africa” (1995) e per certi versi anche la scena dl treno con i finti travestimenti di Una poltrona per due. Oh, sono un cretino cosa ci volete fare? Lo sono da tanti anni, ormai ho esperienza.
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Strellu strellu Panterellu, prestu prestu riturnellu! (quasi-cit.) |
Tutta la parte onirica delle visioni provocate dell’erba magica, non solo ci mostrano la scena con l’albero con sopra tutte le pantere, ma anche l’incontro con lo spirito del padre defunto che fa tanto “Il Re Leone”, mi sta bene che la Marvel sia proprietà della Disney, però non esageriamo, ok? Anche con l’erba magica del Wakanda, un po’ di tabacco dentro mettetelo.
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Ok, abbiamo Bagheera la pantera, quando arriva l’orso Baloo? |
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«Simba T’Challa, lascia che ti dica una cosa che mio padre disse a me. Guarda le stelle» (cit.) |
Ma quello che per me è il vero problema di “Black Panther” è l’assenza di carisma del protagonista, Chadwick Boseman sembra stato scelto per seguire il precetto (tutto bianco) del nero che non fa paura, è un bravo attore niente da dire, ma a livello di carisma è un vuoto pneumatico, tutti attorno a lui risultano più interessanti dell’eroe, persino il cattivo! Michael B. Jordan non solo dà svariate piste a Boseman, ma risulta molto più guerriero Yoruba del nostro T’Challa, vuoi perché dopo Creed si è guadagnato un minimo di credibilità come combattente, ma soprattutto perché sfoggia tre o quattro chili di palle in più del protagonista, quando lo senti parlare dei suoi fratelli, è molto più credibile ed il suo piano di dominio del mondo, è qualcosa degno di una Pantera Nera, non il Re del Wakanda, parlo proprio del movimento nato negli anni ’60!
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Gli manca solo il pugno alzato e il guanto nero, come Tommie Smith e John Carlos. |
Sì, perché la vera forza del personaggio carteceo è una ed una soltanto: T’Challa non va sotto contro nessuno. Non solo ha la fierezza del Re africano, ma mena come un fabbro, ha un costume che sembra quello di Batman senza le scomode trovate retrò (“Gli Incredibili” della Pixar ci hanno insegnato che i mantelli per un super eroe sono solo un impiccio), ma con l’aggiunta dei soldi e la tecnologia che farebbe invidia a Tony Stark. Qui tutto questo, purtroppo, non si vede, nel suo voler rendere omaggio alla cultura africana, Ryan Coogler ha fatto un buon lavoro, ma si è accidentalmente dimenticato di spiegare al mondo perché Pantera Nera è un personaggio degno di portare la blaxploitation nei film di supereroi.
Per assurdo, sotto la maschera di Pantera Nera ci sarebbe voluto davvero il vecchio Wesley Snipes che fin dal 1992 voleva interpetare T’Challa, ma ha dovuto accontentarsi di Blade (storia vera), ci sarebbe stato bisogno di qualcuno capace di menare come si deve, ma anche con una credibilità, la schiena dritta e la testa alta di chi sta interpetando davvero uno fiero di essere nero, voi non avete idea di quanto ad ogni smascheramento, ho sperato di vedere la faccia di Michael Jai White, anzichè quella di Chadwick Boseman, lui sì, sarebbe stato un perfetto T’Challa, invece sfiga, al massimo è riuscito ad essere Spawn… Ora che ci penso pure lui era un supereroe nero!
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Ma tu non sei Michael Jai White!! (Cassidy scappa via urlando) |
Insomma, mi aspettavo qualcosa di più da questo film, però in patria sta andando benissimo, quindi Ryan Coogler ha mandato a segno un altro colpo, superando la prova del blockbuster meglio di uno che mi viene sempre in mente quando mi trovo di fronte Coogler e la sua idea di cinema, ovvero John Singleton. Anche perché questo Panterone in patria sta facendo sfaceli, basta dire che all’ultima gara delle schiacciate della NBA, Victor Oladipo si è esibito (non proprio con gran fantasia bisogna dirlo) nella specialità con addosso la maschera di Black Panther, quindi per quel discorso sulla Blax(panther)ploitation, forse non siamo tanto lontani.