Quando ho realizzato che “Bliss” era il nuovo film di Joe
Begos, ho capito che nessuno mi aveva disciolto un acido nella birra, tutto
mi è diventato chiaro e ho cominciato a godermi la mattanza.
Joe Begos ha un amore incontenibile per tutto il cinema
giusto, solo che è pazzo e spesso fuori controllo, uno che il cinema lo intende
come qualcosa fatto – letteralmente – tra amici con budget infinitesimali e
secchiate di sangue. Il suo esordio “Almost Human” (2013) era completamente
folle, sembrava quasi un Dimensione Terrore senza l’ironia ma con molta più gente con la barba lunga armata di
motoseghe, definirlo grezzo sarebbe fargli un complimento, ma senza ombra di
dubbio con il cuore dal lato giusto.
(2015), se avete avuto la sfiga di vederlo difficilmente potrete dimenticarne
la bruttezza, riempiva le scene di citazioni a Brood, cercando di rifare Scanners
con qualche amico dove dovrebbe starci Michael Ironside, e per quanto io posso
simpatizzare con uno che vuole così bene al mio secondo Canadese preferito, mi
viene da dire grazie, ma no grazie.
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“Come tuo avvocato ti consiglio di noleggiare una decappottabile” (Cit.) |
Quando pensi che Begos sia arrivato al capolinea, lui torna
alla ribalta con “Bliss”, e qui siamo oltre il concetto di grezzo, diciamo che
se grezzo è uno che si gratta usando la forchetta, “Bliss” è un vichingo che
elenca l’alfabeto. Con i rutti.
attore semi sconosciuto, per la fotografia immaginatevi pure Mandy di Panos Cosmatos però ancora meno
laccato, diciamo che la cosa che gli assomiglia di più – anche considerando il
mestiere dei rispettivi protagonista, è The Devil’s candy, che però aveva nei Metallica il massimo momento di rivolta
musicale. Ecco, “Bliss” è un “The Devil’s candy” che ha dato fuoco ai CD dei
Metallica per passare direttamente ai Doomriders e ai Deth Crux.
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Un vero artista per produrre deve soffrire (oppure drogarsi, fate voi) |
Il cinema di Begos è altamente citazionista, se non proprio
derivativo, per far capire i concetti preferisce urlarli, quindi per mettere in
chiaro che Dezzy la pittrice protagonista (Dora Madison, una sorta di Fiona Dourif più giovane e appena poco più pettinata) è una che si droga e beve come
se non ci fosse un domani, Begos pensa bene di farcire i dialoghi con tutti i «FUCK»
e le declinazioni di «FUCK» possibili e immaginabili. Siamo ad una media di uno
ogni tre parole, ad organizzare un giochino alcolico a tema, dopo venti minuti
di film si potrebbe finire più sbronzi della protagonista.
blocco creativo dell’artista pensa bene di gettarsi sulla droga, quindi va
dallo spacciatore di fiducia, che in una scena volutamente identica a quella tra
John Travolta ed Eric Stoltz in “Pulp Fiction” (1994) le vende la “Diablo” una
roba che stenderebbe la prima linea degli All Black. Infatti la manda in botta,
sdraiata sul pavimento a fissare le pale del ventilatore a soffitto,
esattamente come faceva Martin Sheen in “Apocalypse now” (1979). Vi ho detto
che il cinema di Begos è fortemente citazionista no?
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A questo punto, cotta a puntino Dezzy, tra un «FUCK» e l’altro,
inizia a drogarsi sul serio, per finire a lanciarsi in una cosa a tre con una
bionda e un altro tizio. Al risveglio il mattino dopo, un mal di testa notevole,
niente scritta «Benvenuta nell’AIDS» fatta con il rossetto sullo specchio, ma l’ideale
e tutto sommato quasi equivalente «Benvenuta nel vampirismo».
film di David Cronenberg, qui considerando che la protagonista è una pittrice,
sembra voler fare di nuovo lo stesso però utilizzando Abel Ferrara come modello
di riferimento. Questo film sembra il risultato di una notte di sesso tra “The Driller
Killer” (1979) e “The Addiction” (1995), sembra proprio che Begos abbia visto
il film di vampiri di Ferrara pensando: «Anche io così, anche io! Però di più!»,
anche se poi la storia si concentra sulla via crucis di Dezzy e della sua
ricerca dell’ispirazione (spesso tirata su con il naso, in stile Lapo Elkann)
tra un bagno di sangue e alcuni deliri anche a sfondo erotico.
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Cotta. Bollita. Con il cervello in pappa. Fatta come una pigna. Più fuori di un balcone. |
Il tutto condito da una colonna sonora oscura e metallara
che ti martella per tutto il tempo, e girato in 16mm, una grana grezza che dona
al tutto un’attitudine Punk impossibile da ignorare. La Los Angeles dove il
film è ambientato sembra poter esistere solo al chiuso, in luoghi angusti,
luridi e illuminati da acide luci al neon, un delirio che fa sembrare Climax una pellicola educata, perché
procede per 80 minuti senza fare nessun prigioniero, verso una mattanza finale dove
il sangue viene gettato senza mai tirar via la mano. Eppure proprio come il film
di Gaspar Noé non puoi smettere di guardare, perché vuoi vedere fino a che
punto potrà arrivare questo sacrificio fatto in nome dell’arte.
riesca a farti sentire un po’ allucinato anche a te che sei seduto bello comodo
a guardarlo, tra un delirio di «FUCK» e Dezzy che viene ironicamente paragonata
dal suo spacciatore al protagonista di Ragazzi Perduti, i modelli di riferimento di Joe Begos sono chiarissimi, se solo
potesse contare su uno sceneggiatore un po’ più raffinato nelle metafora di se
stesso, e magari su una manciata di attori non per forza scelti tra i suoi
amici – qui compare anche Jeremy Gardner, altro attore e regista proprio come il
nostro Joe – il ragazzo potrebbe combinare qualcosa di davvero grosso, a patto
di scendere sempre da questo lato del letto, prima di mettersi al lavoro su un
nuovo film.
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Vampiri, più efficienti dell’AVIS a tirarti via il sangue. |
Pare che al momento stia già lavorando a “VFW”, che sembra
rispondere alle caratteristiche (nel cast anche Stephen Lang, William Sadler e Martin
Kove, non proprio la pizza con i fichi), ma in ogni caso “Bliss” è una
grezzissima follia che per qualche strana ragione, ti resta incollato addosso. Come
il dopo sbronza la mattina dopo oserei dire.