Mi ero messo in testa di festeggiare il traguardo dei 2000 post pubblicati sulla Bara Volante in qualche modo, problema: l’idea mi è venuta in mente quando avevo già abbondantemente sforato la cifra (storia vera).
Quindi mi sono tenuto quel traguardo nella testa in attesa di un momento buono che è finalmente arrivato, visto che la pagina Instagram della Bara ha raggiunto i 2000 followers. Vorrei potervi ringraziare tutte e tutti uno per uno ma non posso, quindi faccio prima e a voi 2000 maniaci, regalo un post su “2000 Maniacs”, anzi visto che era ora di portare un po’ di Herschell Gordon Lewis su questa Bara, facciamo le cose per bene con uno dei Versus a cui ormai vi ho abituati. Che pazienza avete con questo matto!
I cinefili di tutto il globo si scannano quotidianamente per stabilire cosa sia arte e cosa no nel cinema, dimenticato spesso la regola base, il tuo bellissimo film artistico, se nessuno paga un biglietto per andare a vederlo, tu, artistico regista, te lo puoi guardare a rotazione sul proiettore di casa tua, perché il cinema comunque, deve fare soldi, lo diceva Hitchcock e lo sapeva benissimo Herschell Gordon Lewis, uno che con il suo cinema andava là dove stava il pubblico pagante.
Classe 1926, prima di diventare il “Godfather of Gore” Herschell Gordon Lewis firmava commedie e film ben oltre lo scollacciato, senza curarsi troppo di letture di secondo livello e spesso, nemmeno dei rudimenti della cinematografia. Quando il pubblico ha iniziato a dimostrare interesse per il cinema horror, il nostro si è tirato su le maniche e ne ha diretto uno monumentale, non per messa in scena ma sicuramente per impatto sulla cultura popolare, visto che compie i suoi primi sessant’anni quest’anno, parliamo di…
“Blood Feast” (1963)
Girato in quattro giorni in Florida, con un budget di ventiquattro mila fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, Herschell Gordon Lewis mise su un cast composto da una banda di gatti senza collare che torneranno con una certa frequenza nella sua produzione, a partire dall’ex coniglietta di Playboy Connie Mason, che da sola rappresentava un’attrattiva per il pubblico, anche se qui (e in “Two Thousand Maniacs!”) non ha bisogno di mostrare un centimetro di epidermide, perché tanto ci pensa il suo regista a imbrattare tutto di quella tonalità di rosso sangue posticcio che è la cifra stilistica del suo cinema.
In un periodo, ovvero gli anni ’60, in cui dominava l’horror gotico in bianco e nero, Herschell Gordon Lewis pensò di girare tutto a colori, perché il suo pubblico da Drive-In potesse godere in pieno del rosso del sangue, il tutto facendo arrivare da Tapa-Bay le frattaglie e la lingua di pecora necessaria per girare molte delle scene del film, a partire dalla prima, dove il suo assassino dallo sguardo allucinato pugnala una bella bionda così, pronti via!
I titoli di testa di “Blood Feast” per me sono un capolavoro, lo zen e l’arte di arrangiarsi. Il film ha un tema egizio di fondo e tanti sbudellamenti? Benissimo, Herschell Gordon Lewis fa comparire i suoi titoli di testa (color rosso sangue ovviamente) sopra la foto con il primo piano della sfinge senza naso, se non è un capolavoro di sintesi questa, non so cosa lo sia.
La trama è di una banalità assurda, sono sicuro lo fosse già nel 1963, figuriamoci rivisto a sessant’anni dalla sua uscita: una signora bene con un cappellino da denuncia, deve organizzare un rinfresco per la figlia, quindi chiede al negoziante descritto per tutto il tempo come il classico brav’uomo, ovvero Fuad Ramses, interpretato dallo sguardo da pazzo di Mal Arnold, uno che avrebbe fatto esclamare a Cesare Lombroso: «E poi ditemi se non avevo ragione io!»
Ramses propone alla signora dal brutto cappellino un banchetto in stile egizio, perfetto! La bionda figlia della donna studia egittologia o giù di lì, quindi un bel festino (di sangue) a tema è quello che ci vuole. Peccato che Ramses in omaggio alle sue origini e alla sua dèa personale, stia già da tempo organizzando il rituale del banchetto di sangue del titolo, uccidendo giovani ragazze e asportando loro un organo alla volta, una lingua qui, un cervello là, tutto diretto in favore di macchina da presa da un Herschell Gordon Lewis che si guadagna sul campo il suo soprannome di “Godfather of Gore”.
La trama prosegue tra ingenuità, set improvvisati, recitazione amatoriale e spesso un audio criminale (quello di “2000 Maniacs” è anche peggio della presa diretta dei film nostrani, il che è tutto dire!), basta aggiungere che quando la bionda sente parlare del banchetto di sangue ad una conferenza sugli antichi egizi non fa due più due, non lo fa nemmeno quando chiede a Ramses di vedere il cibo per il rinfresco e quello in tutta risposta le parla di tavoli da cucina da usare al posto degli antichi altari sacrificale, mentre la fa sdraiare con gli occhi chiusi, chiedendole di ripetere l’invocazione alla divinità. Ci credo che poi il poliziotto (interpretato da Thomas Wood), a cui basta fare due più due, qui finisca per atteggiarsi a Sherlock Holmes della situazione, con tanto di inutile spiegone su come ha “risolto il caso” dopo che Ramses finisce maciullato nel retro di un autocompattatore, con tanto di camionista che lo guida che rivolto di spalle alla macchina da presa, “impalla” tutta l’inquadratura. E voi perdete tempo su “Infernet” a parlare di cosa sia artistico e cosa no nel cinema eh? Bravi, tempo speso bene.
“Blood Feast” è la prova che si può entrare nella storia del cinema non per forza dalla porta principale, anzi a volte prendendo a spallate quella sul retro. Il film di Herschell Gordon Lewis finì per colpire il pubblico dritto in mezzo agli occhi, lo stesso regista finì per paragonare il suo film ad una poesia di Walt Whitman: « Per niente bello, ma primo nel suo genere», dannatamente corretto visto che da solo il Padrino del Gore aveva inventato il genere Splatter, facendo letteralmente vomitare bile ai recensori e provocando i conati anche a molta parte del suo pubblico.
Censuratissimo ovunque, “Blood Feast” finì nella lista dei “Video nasty”, qui da noi, in uno strambo Paese a forma di scarpa, per vederlo ufficialmente la prima volta, abbiamo dovuto attendere il DVD nel 2005 eppure il primo capitolo della “Trilogia del sangue” (The Blood Trilogy), composta proprio da “2000 Maniacs” (1964) e completata da “Color Me Blood Red” (1965) è un film che ha fatto fare un salto quantico al cinema horror, quindi in onore del colore preferito del Padrino del Gore, decisamente un Classido!
La messa in scena sarà anche grezza, ma le soluzioni inventata da Herschell Gordon Lewis hanno anticipano di decenni i vari “Saw” e in generale tutto il ”Torture Porn” dei primi anni 2000, con la precisa volontà di intrattenere il pubblico, scucendogli soldi certo, ma mandandolo a casa terrorizzato, divertito, inorridito, insomma consapevole di aver visto qualcosa che nella vita normale (per fortuna) non si vede tutti i giorni, che poi è sempre quello che dovrebbe fare il cinema, in particolare quello Horror, scrigno sicuro dalla quale esorcizzare le paure. Anche se al Padrino del Gore tutto questo interessava il giusto, a lui bastavano gli incassi!
Per la nuda (e sanguinate) cronaca, va detto che nel corso degli anni, oltre a diventare un modello per il genere, “Blood Feast” ha generato una serie di film-fotocopia, un remake solo nominativo uscito del 2016 e addirittura un seguito ufficiale, diretto da un ormai anziano Herschell Gordon Lewis nel 2002 e intitolato “Blood Feast 2”, dovrei averlo anche nella mia collezione in un comodo DVD a forma di bara (storia vera).
2000 Maniacs (1964)
Una volta sconvolto il mondo con il suo primo horror, il nostro ci ha decisamente preso gusto, radunando ancora una volta Thomas Wood e Connie Mason per una storia con budget e ambizioni più alte, pur mantenendo lo spirito del suo cinema, zero chiavi di lettura, tutto shock per il pubblico, tanto che “2000 Maniacs” (o “Two Thousand Maniacs!” come viene reso graficamente qualche volta) venne pesantemente censurato dalla Motion Picture Association, che ne limitò la distribuzione al solo circuito dei Drive-In dove comunque faceva furore costruendosi la sua fama di culto. Basta dire che ancora oggi negli Stati Uniti l’espressione “2000 Maniacs” torna spesso in ambito sportivo, per descrivere palazzetti pieni di tifosi.
La trama è semplicissima: sulle note di una canzone sudista, tutta banjo e invocazioni al Sud che risorgerà, gli abitanti di Pleasant Valley, attraverso cartelli di finte deviazioni stradali, fanno arrivare nella loro cittadina due coppie di sparuti “Yankee” in viaggio di lavoro, Nordisti che sperimentano sulla loro pelle il caldo abbraccio dell’accoglienza del Sud, o se preferite Southern Comfort per dirla alla Walter Hill.
Troppo gentili, troppo sorridenti, troppo calorosi i 2000 abitanti di Pleasant Valley, che per il centenario della loro cittadina hanno pensato bene di organizzare una specie di festa di paese con ogni genere di attrazioni, ma il battesimo del fuoco tocca alla bionda di turno, invitata ad uscire viene prima ferita ad una mano con colpi di coltello, e poi “curata” dal dottore locale, un maniaco in compagnia di altri 1999 come lui, che le stacca un braccio di netto a colpi d’ascia mandando a segno la prima delle tante scene grondanti sangue finto mitiche di “Two Thousand Maniacs!”
Da qui in poi il film e gli abitanti di Pleasant Valley non prendono più prigionieri, si parla tanto in “Two Thousand Maniacs!” e il ritmo non è di sicuro il suo punto di forza, lo sono le torture, un capitombolo giù dalla rupe (cit.) all’interno di un barile chiodato su cui è stata dipinta sopra una bandiera confederata oppure l’uso di corde a cavalli, quattro equini per la precisione.
Nel corso della storia umana, la morte per squartamento da parte di quattro cavalli tirati in quattro direzioni diverse, ha lasciato le sue tracce in molti momenti della storia e luoghi del mondo, al cinema invece ci ha pensato Herschell Gordon Lewis, che non pago poi, si è inventato anche il tiro a segno di Willy il coyote.
Di solito nelle fiere americane chi centra il bersaglio con una palla da Baseball, fa cadere il malcapitato in una vasca d’acqua, qui invece centrare il bersaglio provoca la caduta di un sassone sul poveretto legato sotto, insomma l’effetto Willy il coyote applicato al cinema splatter.
“2000 Maniacs” nel suo essere rozzissimo colpisce nel vivo, per il finale poi, tra sabbie mobili, misteriose resurrezioni e progetti per il prossimo centenario, il film si gioca quasi una svolta sovrannaturale, ma quello che conta è il suo lascito. Rivisto oggi, a poco meno di sessant’anni dalla sua uscita, “2000 Maniacs” fa quasi tenerezza per la sua messa in scena grossolana, eppure a livello di contenuto è un titolo di importanza capitale.
Dove avete già sentito parlare dello scontro tra persone provenienti dalla società civilizzata, che sbattono il naso contro sacche di resistenza dove il progresso non sembra arrivato? In quei film magari qualcuno suonava il banjo e qualche montanaro si toglieva le voglie alle spese dei malcapitati colpevoli solo di rappresentare il progresso che avanza? Bene, Herschell Gordon Lewis ha gettato i semi per il primo grande film da “deviazione sbagliata” della storia del cinema, il padre nobile del filone, ovvero Un tranquillo weekend di paura e ovviamente anche per il più celebre film di questa tipologia, Non aprite quella porta di Tobe Hooper, due capolavori entrambi fortemente debitori dei 2000 maniaci del Padrino del Gore.
Ma nel corso della storia del cinema in tanti hanno reso omaggio al film di Herschell Gordon Lewis, senza sforzarmi troppo mi viene in mente John Waters e il suo “Multiple Maniacs” (1970). Ma in ogni caso sappiate che se i followers sulla pagina dovessero aumentare ancora, esiste anche un remake del film intitolato “2001 Maniacs” con Robert Englund, Lin Shaye e Peter Stormare e addirittura un seguito del remake, quindi cari i miei 2000 maniaci questo doppio post di oggi è il mio omaggio per voi, grazie di cuore. Come avrebbe detto Fuad Ramses.
Oh! Sappiate che il prossimo grande traguardo sarà il post numero 3000 della Bara Volante, non manca poi molto, io ho dei piani in testa, ma se avete suggerimenti per un titolo a tema, la sezione commenti è sempre qui sotto.
Sepolto in precedenza giovedì 27 luglio 2023
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