Quando ho letto che la sesta (conclusiva) stagione di BoJack
Horseman sarebbe stata divisa in due parti, un po’ come già accaduto con altre serie Netflix, la prima cosa che ho
pensato è stata: «vado a prendere l’imbuto per digerire meglio il cliffhanger
che ci cacceranno giù per la gola» (storia vera).
Ok sono pochissime rivelazioni, però lasciatemelo scrivere lo stesso: SPOILER!
Bob-Waksberg è già parte della storia del piccolo schermo, trovo anche giusto
che si concluda con un finale pianificato, che spero sia anche sinonimo di
organizzato e studiato per essere all’altezza di una serie come
questa, davvero unica. Perché saranno anche cartoni animati, ma il misto di
umorismo e malinconia generato da questa serie, capace di lasciare il pubblico
con un muso più lungo di quello di BoJack (…ok questa era pessima) sarà difficilmente
replicabile.
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“Un cavallo entra in una clinica”, “Ma non era un caffè?” |
Mi trovo anche nella difficile condizione di dover scrivere
qualcosa di sensato su una prima parte di stagione finale, composta da solo
otto episodi. Se già di suo “BoJack Horseman” si consuma piuttosto velocemente
per sedimentare a lungo nel fondo della testa dopo la visione, spezzarla in due parti la rende
chiaramente l’inizio di un discorso che si interrompe sul più bello, giusto per citare ancora la
storia dell’imbuto, a cui facevo riferimento lassù all’inizio.
in clinica di riabilitazione per le sue molte dipendenze, in particolare per la
più letale di tutte, quella dall’alcool. Il primo episodio della sesta stagione
(A Horse Walks into a Rehab) parte proprio da qui, come al solito i momenti
divertenti non mancano, ma quelli chiave sono i tanti flashback, che mettono in
chiaro il fatto che per BoJack l’unica vera costante della vita sia stata la
bottiglia. Una regressione nei ricordi degna di una seduta dallo psicologo fino
al primo incontro tra l’uomo (cavallo) chiamato BoJack e il suo più vecchio vizio.
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Una tentazione che Raphael Bob-Waksberg e i suoi animatori
scelgono di rappresentare come un cielo stellato, proprio come quello del
planetario, nella notte in cui morì Sarah Lynn, la grande colpa che
ancora perseguita il protagonista. Una scelta visiva molto potente che mette in
chiaro che il nostro cavallo preferito del piccolo schermo (ciao Furia, è stato
bello finché è durato) sia arrivato alla fine della sua corsa. In uno di quei
viaggi mentali a cui questa serie si presta così bene, mi sono ritrovato a
pensare al luccichio scintillante (ma malinconico) dell’abito da rodeo di Roberto
Ford-Rossa in “Il cavaliere elettrico” (1979).
ovunque, in una bottiglia di Vodka messa lì a tentarlo, ma anche nella sigla
della serie, modificata per questa stagione finale. A cambiare è anche qualcosa
nella struttura degli episodi, con BoJack seduto idealmente sulla panchina della
clinica di riabilitazione, gli altri personaggi si guadagnano più spazio,
confermando quanto sia diventata molto più corale questa serie nominativa, che
porta il nome di un solo personaggio.
Carolyn (Amy Sedaris) e alle sue difficoltà di gestire la sua nuova vita come
mamma e allo stesso tempo la sua carriera, con l’ombra della depressione che
aleggia su di lei, proprio come accade a Mr. Peanutbutter (Paul F. Tompkins)
che grazie ad un Meme su Internet diventa l’improbabile testimonial del
problema della depressione in America.
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Ma come fa a far tutto? Ecco, come? |
Diane Nguyen (Alison Brie) invece si conferma sempre la più
petulante di tutti, la sua trasferta a Chicago potrebbe rappresentare per lei
una nuova vita, e anche un nuovo compagno, ironicamente rappresentato con le
sembianze di un toro, che per altro a Chicago ha anche una certa logica, o per lo meno, quanta ne avrebbe se Diane si
fosse trasferita a Torino.
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“Ma sappi che la squadra di Basket di Torino fa schifo. Sono in fissa con un altro gioco lassù” |
Poi ci sarebbe Todd (Aaron Paul) che è sempre il solito Todd
con tanto di suoneria del cellulare alla Beethoven (“Todd, Todd, Todd, Toooooooooodd”), anche lui si ritrova a riflettere su quanto BoJack abbia influenzato la sua
vita, non per forza in positivo. Proprio questo è quello con cui BoJack
cercherà di fare i conti, anche nell’episodio migliore di questa prima metà di
stagione conclusiva, l’episodio 6×07 (The Face of Depression).
Hollywood (con la “D”), ben rappresentate dalle manie di Hollywoo (senza la “D”),
come ad esempio la difficoltà per una regista donna di trovare trame da
dirigere, che non prevedano eroine in calzamaglia (uhm, tutto questo mi ricorda qualcosa), ed un infinità di
giochi di parole che mescolano cinema e animali in modo bizzarro, il mio preferito resta
il poster di “Shellboy” identico a quello di Hellboy.
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Dopo averlo tanto atteso, ecco l’episodio crossover! |
Il problema di questa stagione spezzata in due, è un po’
quello di uno che a metà di un discorso che potrebb…
fastidioso? Tutte le stagioni di BoJack Horseman, trovavano il loro senso se
analizzate per intero. Al momento è chiaro che il tavolo sia apparecchiato per
una conclusione che potrebbe andare in ogni direzione, ma dopo questi otto
episodi posso solo confermare la costanza nella qualità di questa serie, e la
mia discreta attesa per il finale che arriverà il 31 di gennaio 2020. Se siete tra
quelli che non sopportano il Natale, quest’anno avete un’altra motivazione per
volerlo veder andar via il più velocemente possibile.
trovate i commenti alle altre stagioni della serie qui sotto: