Possiamo criticare molto ai nostri amici Yankee, a partire dal loro comandante in capo, ma di sicuro quando si tratta di elaborare la loro storia – anche quella recente – sul grande schermo, non si fanno il minimo problema, anzi, sfruttano l’occasione il più possibile. Ecco perché in un attimo lo scandalo sessuale legato all’ex amministratore delegato di Fox News Roger Ailes, è diventato un film.
Per poterlo vedere abbiamo dovuto aspettare un po’ di più, avrebbe dovuto uscire in sala a marzo ma causa pandemia globale è sbarcato dritto su Amazon Prime la scorsa settimana, quindi se volete, sapete dove trovarlo.
Per gli americani, quando il Re viene dichiarato nudo, lo è per davvero, infatti “Bombshell” segue a ruota l’uscita della miniserie televisiva in sette puntate “The Loudest Voice” (qui da noi disponibile su Sky Atlantic), in cui ad interpretare Roger Ailes troviamo Russell Crowe, finalmente libero di poter ingrassare a piacimento.
Ma se “The Loudest Voice” racconta l’ascesa e la caduta di Ailes, con episodi ambientati in un differente anno della vita del personaggio, “Bombshell” ci concentra sull’ultima fase della carriera del cosiddetto “Uomo delle gambe”, perché particolarmente interessato ad assumere giornaliste che in tv fossero, diciamo di bella presenza ecco.
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«Di bella presenza si può dire nel 2020?», «Credo di si, non basterà per fare causa a Cassidy» |
“Bombshell” (titolo che fa riferimento all’avvenenza delle giornaliste di Fox News) è sceneggiato da Charles Randolph (quello di La grande scommessa) e diretto da una mia vecchia conoscenza, Jay Roach l’uomo con la filmografia più matta del circondario. Lo stesso regista dietro a tutti i film di Austin Powers e i vari “Ti presento i miei” (2000) e “Mi presenti i tuoi?” (2004), che dal 2012 si è buttato anima e cuore sui film d’attualità, se non smaccatamente politici, come “Game Change” e “L’ultima parola”.
Insomma un regista che continuo a seguire malgrado continui a lasciarmi perplesso. L’ultima fatica di Jay “Scarafaggio” mescola personaggi interpretati da attori (e soprattutto attrici) e filmati di repertorio dei veri protagonisti della vicenda, quindi anche se Mr. Arancione, l’attuale inquilino della Casa Bianca, in passato al cinema aveva dato indicazioni a Kevin McCallister quando si è perduto a New York, qui non ha recitato per davvero insieme a Charlize Theron, che ammetto, ho fatto una gran fatica a riconoscere in questo film, ma andiamo per gradi, sto già mettendo troppa carne al fuoco.
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No sul serio, a voi questa sembra Charlize? |
“Bombshell” ruota intorno a tre donne che lavorano alla Fox News, partiamo dalla veterana Gretchen Carlson (Nicole Kidman), pilastro del canale declassata a condurre uno spettacolo tutto suo sì, ma pomeridiano («Mi ha messo in seconda base. Io odio giocare in seconda base»), dove ha libertà di parola, forse anche troppa per il suo datore di lavoro.
La seconda è Megyn Kelly (Charlize Theron), conduttrice di punta lanciatissima con il suo “The Kelly File”, impegnata in una battaglia a colpi di “Tweet” con il bullo dai capelli Arancioni. “Sitting bullshit” come lo chiama Eddie Vedder.
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“Niente arancione alla Bara Volante Fox News”, di sicuro la frase migliore del film. |
L’ultima è l’idealista, Kayla Pospisil (Margot Robbie), giovanotta di belle speranze con gli ideali giusti per stare alla Fox, che infatti non passerà inosservata a lungo all’occhio lungo del capo. Ed ora che ci penso, anche lui si merita due paroline, anche solo per il fatto di essere interpretato da uno dei miei preferiti di sempre: John Lithgow.
Vi ricordo che le iscrizioni al Fan Club di Lithgow sono sempre aperte eh? Cioè, sono vicepresidente di un club composto da due persone, quindi mi sembra giusto ricordarlo, anche perché dopo “Bombshell” le iscrizioni avranno un Boom! (ah-ah). La prova di Lithgow nei panni del vecchio, obeso e parecchio laido Roger Ailes è come al solito impeccabile. Truccato in quel modo e con un personaggio del genere per le mani, basta un attimo per scivolare nella macchietta del cattivone con “Maniacal Laugh” (cit.), mentre Lithgow qui, per quanto detestabile, risulta perfetto nella parte di qualcuno convinto di aver agito per davvero nel giusto, il classico esempio di personaggio che negando i fatti, ha creato la sua realtà, in cui crede con tutto sé stesso. Per certi versi il Roger Ailes di John Lithgow, oltre ad essere l’ennesima conferma del fatto che quell’uomo può interpretare qualunque tipo di personaggio, sembra un po’ il lato oscuro del suo Winston Churchill visto in The Crown, sotto il pesante trucco questa volta troviamo qualcuno che ha tutto il potere (di comunicare alle persone), ma ben poca responsabilità nel gestirlo.
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Dovrei scrivere una didascalia simpatica, ma sto esultando per la presenza di John Lithgow. |
Partiamo dai lati negativi di “Bombshell”, 109 minuti che filano via facili facili malgrado i temi in gioco tutt’altro che leggeri, il film riesce ad essere più interessante della fredda cronaca dei fatti, come potremmo leggerla suo giornali oppure sulla pagina di Wikipedia, il che per un film del genere è molto positivo. Quello che mi ha un po’ spiazzato è il tono usato da Jay “Scarrafone” Roach per raccontare la storia.
Un eterno è indeciso equilibrio tra satira (il lato comico della sua filmografia) e denuncia (quello politico), che non sempre funziona al meglio. Questa continua alternanza più che risultare un pregio del film, spesso lo rende uno strano oggetto, non mi spiego altrimenti l’utilizzo di così tanti comici in ruoli minori, a completar il cast attorno alle bravissime protagoniste, con la punta satirica di affidare il ruolo di Rupert Murdoch a Malcolm McDowell, che non ha nemmeno bisogno di esagerare (cosa che di norma il vecchio Mal sa fare benissimo), già l’idea per cui uno degli uomini più influenti del mondo, sia interpretato da uno dei più celebri matti cinematografici, non può essere stata gettata nel mucchio per caso.
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«Eccomi là. Cioè Alex e i miei drughi. In ascensore arrovellandoci il gulliver per sapere cosa fare della serata» |
Per “Scarrafone” Roach, “Bombshell” è un film di puro mestiere, l’applicazione di una formula che per lui sta funzionando e pagando dividenti. Si perché questa seconda fase della carriera del regista ha un filo rosso politico, ma anche stilistico, i suoi film sono tutti basati su grandi prove di mimetismo dei suoi attori, come la Sarah Palin di Julianne Moore in “Game Change”, e il Dalton Trumbo di Bryan “Più grande attore del mondo” Cranston di “L’ultima parola”.
La differenza è che questa volta la posta in gioco è più alta, quindi Roach si affida anima e cuore a tre attrici (e John Lithgow) per portare a casa il risultato. Ci riesce, ma i miei dubbi su di lui come regista restano invariati, per ora Roach sta riuscendo a diventare la voce degli eventi Americani sì, ma quando le acque si sono definitivamente calmate. Lodevole, ma preferisco di norma soggetti meno allineati, che quelle acque preferiscono agitarle, ma questo è un problema (mentale) mio.
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«Ma fa caldo qui dentro o lo sento solo io?» (cit.) |
Le tre protagoniste sono bravissime e si caricano sulle spalle il film, potrebbero tranquillamente essere tre delle migliori attrici in circolazione ad Hollywood al momento (oltre che tre delle mie preferite), quindi fatemi iniziare dalla mia prediletta da più tempo.
Ora, io lo so che ogni volta che scrivo bene di Nicoletta Ragazzino i giornalisti impazziscono, e sono già pronti a pubblicare titoli tipo «Ritorno di fiamma!», ma ci tengo a precisarlo: Nicole ed io siamo rimasti in ottimi rapporti e ci sentiamo per scambiarci gli auguri di Natale, per il resto siamo felicemente accasati ognuno a casina propria. Fatta questa doverosa premessa, la Kidman qui è generosissima in un ruolo complicato anche a livello narrativo, la sua Gretchen Carlson è la prima a denunciare le azioni di Roger Ailes facendo causa, ma poi si trova sola e di conseguenza Nicoletta deve fare un passo indietro nella storia, aspettando che le altre protagoniste si facciano avanti, di fatto lasciando loro il palcoscenico. Una prova da “secondo violino”, ma interpretata da una con lo stile e la classe della grande diva, anzi la sua presenza nel film ha una valenza doppia, quasi un’ideale continuazione della sua Suzanne Stone Maretto del film Da morire.
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«Nicole scusa se disturbo ma Cassidy sta di nuovo scrivendo di te», «Ti ringrazio, chiamo subito l’avvocato» |
Dicevo lassù da qualche parte che ho fatto una gran fatica a riconoscere Charlize Theron, che per assomigliare il più possibile a Megyn Kelly, l’attrice Sudafricana ha utilizzato lo stesso trucco che ha trasformato Gary Oldman in L’ora più buia. Il risultato finale è così efficace da risultare quasi straniante, in certi momento la Theron è talmente uguale al suo personaggio (fate una verifica su Google quando avete un minuto) da fare quasi paura. La sua Kelly poi è quella più scottata dalla diatriba con Trump, quindi anche quella più recalcitrante a prendere una posizione, ma tra tutti i personaggi, Charlize ha quello con l’arco narrativo più complesso.
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Ho ancora delle difficoltà a riconoscere Charlize, però è bravissima lo stesso. |
Ultima ma non meno importante Margot Robbie, a ben guardare la sua Kayla Pospisil incorpora nello stesso personaggi tratti di più donne realmente coinvolte in questa sgorba storia, questo forse spiega perché Margot si ritrovi a recitare un personaggio che all’inizio si definisce una “Millennial influencer di Gesù”, per arrivare poi a cambiare quasi completamente opinione, anche se il suo passaggio da conservatrice a liberale non segue svolte molto logiche. Ad esempio la parentesi “Lesbo” (castissima, non fatevi cadere la mascella a terra) sembra quasi più inserita nel film per dare spazio al personaggio di Kate McKinnon, tanto interessante quanto sprecato nella storia, il classico caso di “Il sistema si può cambiare dall’interno”, quando lo sappiamo tutti che sono solo balle.
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«Scena lesbo? Non avevo firmato per questo» |
Forse il difetto supremo di “Bombshell” è un altro, con il suo manifesto (e aggiungerei sacrosanto), intento di dare due picconate all’attuale inquilino della Casa Bianca, il film si mette in scia al movimento #MeToo, sfruttando per certi versi l’aria che tira ad Hollywood. Non mi stupirebbe per niente scoprire che il prossimo film di Jay Roach, sarà la storia di Harvey Weinstein.
Il problema di “Bombshell” è quello di predicare ai convertiti, per quanto Margot Robbie sia intensissima (e molto brava), nel recitare il dramma di una donna che ha dovuto accettare di scendere a determinati compromessi in nome della sua carriera, è il tipo di dramma che toccherà solo chi è già pronto ad ascoltare. Non mi riferisco a voi lettori di questa sgangherata Bara che siete tutte personcine a modo, penso più che altro a certi miei colleghi di lavoro (uomini ovviamente, ma è quasi inutile aggiungerlo) che pensano robe atroci tipo «Eh ma perché ha denunciato solo adesso?», senza capire che un posto di lavoro, uno qualunque, è un luogo dove certe dinamiche di potere sono quasi impossibili da scalfire. Tangenzialmente sono anche i colleghi che quando il capo dice «Salta», rispondono scodinzolando: «Quanto alto?», ma la chiudo qui, il mio cinismo sta iniziando a galoppare.
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Dopo Harley Quinn avrebbe preferito girare “Batman: Amore folle” |
Ecco perché “Bombshell” è una riuscita, efficace e anche coinvolgente descrizione degli eventi, recitata da un cast in grandissimo spolvero, però per un tema così ci vorrebbe qualcuno di più pungente di Jay Roach. Proprio perché le molestie sessuali sul posto di lavoro sono un tema così importante, avrei preferito qualcuno alla regia più in grado di stuzzicare i nervi scoperti, ma forse questo è un problema (mentale) tutto mio.