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Bussano alla porta (2023): bussano a quest’ora del mattino, chi sarà mai? Andiamo a vedere (era Shyamalan)

Un film di M. Night Shyamalan. Fine del post su “Bussano alla porta”. No sul serio, davvero ho finito, non serve aggiungere altro, potete andare grazie, ci leggiamo domani.
Siete ancora qui? Bene, non siete caduti nella mia finta, anche se davvero si potrebbe risolvere tutto con il primo paragrafo. Dopo il non proprio irresistibile Old, un film tratto da un fumetto che M. Night Shya… Shyam… Michael Knight si è scritto da solo, regalando al mondo la versione di quello che aveva capito lui della storia (poco? Probabile), questa volta al regista di origini indiane capita per le mani il romanzo di Paul G. Tremblay pubblicato nel 2018, intitolato “The cabin at the end of the world”, da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa, “La casa alla fine del mondo” per portare avanti la tradizione degli horror per cui “cabin”, qui da noi diventa casa.Ma dimenticatevi la “casa” di Goddard e Whedon, certo, non sarà né il primo né l’ultimo horror con persone nei guai in una casa solitaria nel bosco, ma il nostro Michael Knight gioca in un campionato diverso, talmente suo per materiale di partenza, che era davvero improbabile che non decidesse di adattarlo per il grande schermo, con una fortuna, a differenza di Old questa volta, non fa tutto da solo ma può contare su due sceneggiatori al suo fianco, Steve Desmond e Michael Sherman che insieme al regista, sono tre teste pensanti che prendono decisioni, in particolare una chiave, ovvero fare una modifica sostanziale rispetto al romanzo di Tremblay. Leggete pure tranquilli, perché non ci sono spoiler, nel caso vi avviserò per tempo sparando razzi segnalatori in aria.

«Guarda in quella direzione come se da lì stesse arrivando l’apocalisse. Che in effetti sta arrivando»
Piccolo passo indietro prima però, doveroso: quanto ha fatto bene l’esperienza con Jason Blum a Shyamalan? The Visit ha riportato il regista ad una dimensione più intima, quella dove devi far valere le idee, pochi attori, una sola location. Quel film lo ha rimesso sulla mappa geografica di Hollywood, dopo essersi sfogato con Split e Glass, completando la sua trilogia sui super eroi iniziata con il bellissimo (e ancora imbattuto per qualità) Unbreakable, il regista di Philadelphia ha strappato un contratto con la Universal che gli permette di avere al suo servizio nomi grossi (intendo anche fisicamente, come Dave Bautista) per continuare a fare storie piccole, con pochi attori e di nuovo, una sola location, il che è ottimo per il suo cinema che tende un po’ a strafare. Anche se bisogna dirlo, i compromessi lavorando con una grande casa di produzione ci sono, Shyamalan è stato bravo a non farli vedere, però ci sono, più avanti nel corso del post ne parleremo.Il difetto di “Knock at the Cabin” è il suo essere uno di quei film per cui, illustrando la sinossi, si finisce per raccontare la prima mezz’ora di film. Prolungandosi un po’ più, aggiungendo due dettagli della trama, si arriva comodi a descrivere metà film, quindi l’ideale sarebbe che voi aveste già visto il film, io cercherò di dirvi il meno possibile, però che bello rivedere un film in sala, attrattivo per il pubblico per via dei nomi coinvolti, che dura 100 minuti, sembrava un’abitudine che stava andando persa ultimamente.

Wen nel boschetto incontra un energumeno gentilissimo di nome Leonard, lo interpreta Dave Bautista con gli occhiali, segno distintivo del fatto che l’ex Wrestler qui reciterà, invece di fare il pirla sullo schermo, infatti il regista lo ha scelto, perché aveva bisogno di un gigante (come nel romanzo) che potesse sembrare minaccioso nell’aspetto ma gentile nei modi, si è convinto dopo averlo visto recitare in Blade Runner 2049, dove non a caso, indossava gli occhiali.

«Indosso gli occhiali, ti puoi fidare»
Wen è fatta a forma di Kristen Cui, orientale, con la cicatrice del labbro leporino (i primissimi piani di Shyamalan aiutano per questo tipo di dettagli) una che lavorerò tantissimo se l’adolescenza non le farà lo sgambetto, su consiglio di Leonard, dopo un’amabile chiacchierata bucolica, torna nel capanno dove sta passando le vacanze, per avvisare i suoi genitori adottivi Eric (Jonathan Groff) ed Andrew (Ben Aldridge) che tra poco riceveranno la visita di Leonard e dei suoi amici, ci sarà una scelta molto difficile da fare, e prima di sentirvi iniziare a sfrangiare i maroni con i piatti cucinati con il “Woke”, erano una coppia gay anche nel romanzo, quindi non rompete le palle, che non ho pazienza con ‘ste menate, anche perché per incisto, la trama fila molto meglio se Wen ha due papà.
«Psss Cass! Fai un fischio quando i fanatici della pentola Woke saranno andati via, così usciamo»
Il film diventa presto un “Home invasion”, dopo quindici minuti Leonard e soci bussano alla porta, armati di parole educate e attrezzi agricoli da usare come armi. I quattro cavalieri dell’apocalisse portano la notizia: qualcuno deve morire in questo specifico capanno, l’apocalisse è imminente, se non sacrificherete qualcuno, avverranno disastri in tutto il mondo fino all’annichilimento totale, non possiamo scegliere noi per voi, non potete suicidarvi, insomma avete pescato la pagliuzza più corta.Se in “E venne il giorno” (2008, prima o poi mi deciderò a rivederlo) l’apocalisse era già avvenuta, qui la storia è una specie di variante sul tema del racconto “Button, Button” del Maestro Richard Matheson, però in un modo molto contemporaneo. Ormai siamo bombardati da notizie di piccoli o giganteschi armageddon dalla televisione, ognuno reagisce a suo modo e per Shyamalan lo chalet affittato per la vacanza in famiglia diventa l’occasione per una tesina sulla paranoia, che elabora tematiche care a Stephen King, come l’orrore rappresentato da elementi di tutti i giorni, o nello specifico, portato da persone comuni, identiche a noi ma che reagiscono alla prospettiva della fine assoluta di tutto, ognuno alla sua maniera. In pratica il metaforone dei nostri ultimi tre anni di vita pandemica e relative interazioni (più o meno) sociali.

Parliamoci chiaro, Michael Knight non è mai stato un narratore sottile, non quando si tratta di dialoghi o di spiattellare i temi chiave lanciandoli addosso al pubblico. Qui è proprio la banda capitanata da Bautista a presentarsi come dei contemporanei cavalieri dell’apocalisse, non sono Morte, Pestilenza, Carestia e Guerra, sono cuochi, madri, Bautista con gli occhiali che fa l’insegnante (come Leguizamo in “E venne il giorno”, un altro discreto tamarro che per Shyamalan è il perfetto professore del liceo!), sono disposti a tutto, anche a sacrificarsi per rimandare l’apocalisse, pur di far prendere la decisione ai protagonisti, ed è qui che la parte migliore del film va in scena.

The Horsemen are drawing nearer / On the leather steeds they ride / They have come to take your life (cit.)
“Bussano alla porta” getta il sospetto, che sia tutto uno scherzo macabro? Perché i “cavalieri” accendono la televisione sempre agli stessi orari? I servizi dei tg che parlano di tsunami e altre catastrofi naturali sembrano drammatiche casualità, almeno fino all’ultimo, un po’ troppo articolato per essere solo una notizia di cronaca nera. Ma sarà vero? Siamo tutti freschi di pandemia, quindi Shyamalan lavora su temi caldi, su nervi scoperti, ci mette dentro più o meno apertamente di tutto, dal sospetto che possa essere una ritorsione di base omofoba, visto che uno dei cavalieri, Redmond (Rupert Grint, il rosso di Harry Potter), ha dei trascorsi poco simpatici con la coppia di protagonisti, ma anche l’idea di fondo che si debba tutti sacrificare qualcosa del nostro stile di vita, per fare un passo verso un pianeta in subbuglio e in rivolta. Ricorda niente?Tutta roba già presente nel libro, che va mano nella mano con le tematiche care a M. Night Shya… Shyam… Michael Knight. Prima di perdersi con bojate come “L’ultimo dominatore dell’aria” (2010) e “After Earth” (2013), anche se in parti anche questi film trattavano la questione, i film del regista di origini indiane parlano spesso della fede, del credere in qualcosa di superiore, insomma “La casa alla fine del mondo” era già materiale per Shy-Guy prima di diventare davvero parte della sua filmografia, però qui bisogna trattare la questione dei compromessi.

Il regista intervistato, non solo ha ribadito ancora una volta il concetto, già largamente esposto per cui Bautista e soci, sono la sua idea di cavalieri dell’apocalisse contemporanei, come secondo lui apparirebbero nella realtà, ma ha anche dichiarato che gli omicidi non mostrati, sono una sua precisa scelta. Logica se vogliamo, visto che i genitori cercano di preservare Wen dalla violenza e il cinema di Shy-Guy è spesso “ad altezza bambino”, visto che lo ha imparato da Spielberg.

Anche quando la bambina viene portata ad altezza Bautista.
Anche se è buffo vedere il regista lanciarsi in vorticosi movimenti di camera, quando gli sarebbe bastato che so, un singolo colpo d’ascia, ma se lavori con una major, qualche compromesso devi farlo, questo è accettabile, l’altro è enorme ma nascosto, a meno che non abbiate letto il libro.Nel romanzo Paul G. Tremblay fa una scelta radicale, sacrifica un personaggio in maniera molto diversa da come accade nel film, anche perché la Universal non avrebbe mai puntato su un film basato su un omicidio che avrebbe etichettato “Bussano alla porta” come “Rated-X”, visto che già così, senza una stilla di sangue, è uscito come “Rated-R” negli Stati Uniti, cioè vietato ai minori.

Quella morte nel libro, rendeva la storia di Tremblay molto simile per tematiche a The Mist (più film che novella di King), un riuscito metaforone sull’andare avanti, malgrado tutto, malgrado le tragedie. Shyamalan arriva alla stessa conclusione (la scena finale, sulle note di “Boogie Shoes” di KC and the Sunshine Band, buon uso di un pezzo allegro per contrasto, che dice tutto, senza usare nemmeno una parola, solo musica), facendo però un percorso diverso, un compromesso con la Universal che c’è, ma non si vede, o meglio, si vede in assenza.

«Aiutami Harry Potter, salvami tu!»
“Bussano alla porta” è un film bello teso, paranoico, piuttosto parlato ma dove si resta coinvolti perché la posta in gioco è alta, perché la trama riesce bene a trascinarti nel gioco facendoti pensare: ed io cosa farei? Dettaglio che spesso viene dimenticato ma che per un horror, è sempre un elemento determinante alla buona riuscita. Eppure tu, nella tua pancia, lo sai che la svolta, il “twist” alla Shyamalan è dietro l’angolo, perché? Perché sì, è uno dei suoi film no? Quindi ci deve essere per forza, ormai è una tradizione, forse siamo in sala proprio per portare avanti la gloriosa tradizione de Il sesto senso. Il nostro Shy-Guy lo sa e si è fatto furbo, perché il suo essere vittima del suo personaggio e delle aspettative del suo pubblico, gli ha fatto infilare una svolta forzatissima anche in Old, facendo crollare il castello di sabbia di quel film. Un errore che il regista ha deciso di non ripetere, o meglio, il fatto che abbia dovuto accettare un compromesso, ha portato alla scelta. Occhio che arriva lo SPOILER! Immaginatemi mentre sparo razzi segnalatori in aria.
«Lo vuoi un piccolo SPOILER?»
La svolta, il “twist-in-end” di “Bussano alla porta” è che in “Bussano alla porta” non c’è nessuna svolta finale. Il libro dopo il sacrificio lasciava il sospetto ma faceva arrivare forte è chiaro il suo messaggio, il film dopo il sacrificio termina togliendo ogni dubbio, ma comunque fa arrivare fortissimo il suo messaggio. Fine della porzione di post con SPOILER!

Il risultato alla fine è buono, se non molto buono, non si esce insoddisfatti dalla sala dopo questo film, forse manca quel qualcosa in più dettato proprio dalle abitudini che Shyamalan si porta dietro al 1999 o giù di lì. Forse dopo, a freddo, viene da sperare che Shy-Guy torni alla libertà offerta dal basso budget di Jason Blum, però è anche chiaro perché il regista abbia dichiarato che non è più interessato a fare seguiti, ma si concentrerà su storie originali e autoconclusive, per fortuna aggiungo, visto che il suo cinema si è ridotto all’essenziale, dopo aver scaricato certe zavorre, sembra tornato a filare al meglio, qui tira fuori un piccolo saggio di bravura, era un pezzo che non vedevamo uno Shyamalan così concentrato e a fuoco, anche sul messaggio che vuole comunicare, anche se bisognerebbe fare una telefonata a quelli del Guinness dei primati, siamo a rischio film con maggior numero di primi piani della storia.Quindi voi come con il regista, mi avete seguito fino alla fine del post, siete voluti venire a vedere il mio bluff ma “Cassidy Twist” il post sul film di oggi era tutto nel primo paragrafo: “Bussano alla porta” un film di M. Night Shyamalan. Uno buono, correte in sala.

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