Lo so cosa state pensando, il film omonimo lo avevamo già
trattato, ma per confermare quanto C’era
una volta a… Hollywood sia un film differente (e forse anche più sentito) nella filmografia di Quentin Tarantino, il regista di Knoxville, come
l’assassino del proverbio è tornato sul luogo del delitto.
Il risultato è un romanzo, che per stessa ammissione di
Tarantino è un omaggio alle vecchie novelization, una pratica un po’ decaduta
ma mai dimenticata di tirare fuori un romanzo dalla sceneggiatura di un film. Un appassionato del cinema vecchia maniera come Tarantino non poteva non
apprezzare questo formato cartaceo, anche se come al suo solito ha rimescolato
un po’ le carte in tavola.
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Avete presente i capitoli rimescolati alla Tarantino? Succede anche nel romanzo. |
“C’era una volta ad Hollywood” uscito qui da noi per la nave
di Teseo, non è proprio una novelization in senso stretto, si colloca a metà tra
l’adattamento e il compendio al film del 2019. Leggere solo il romanzo senza
aver visto il film potrebbe essere un’esperienza stressante, anche perché di
fatto la storia comincia presentando tutti i personaggi ma poi a ben guardare,
non si conclude come il film, anzi potremmo dire che non si conclude proprio,
infatti sarei curioso di conoscere il parere di un lettore casuale, uno che non
ha visto il film prima di lanciarsi nella lettura.
Da parte mia posso dire che “C’era una volta ad Hollywood”
funziona alla perfezione come materiale aggiuntivo al film, interi capitoli riprendono identiche le scene viste al cinema, espandendole e fornendoci
informazioni aggiuntive sui personaggi e sul loro passato, come solo i romanzi
possono fare, ovvero portandoci nella testa dei protagonisti, perché uno dei motivi di
interesse di Tarantino è quello di costruire intorno all’attore Rick Dalton,
alla sua controfigura e autista (nonché amico) Cliff Booth, a Sharon Tate e a
tutti gli altri, un mondo dettagliato, pieno di dischi e di musica, in cui
scopriamo i gusti musicali di tutti i personaggi, ma anche i film che hanno
visto e amato e in qualche caso, con cui sono stati in sala, non per forza solo
a guardare il film, come nel caso di quel marpione di Cliff.
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Un dritto, su carta o al cinema lui è quello che se la gode più di tutti. |
Ecco perché nel romanzo vediamo tornare in auge, un intero
capitolo dedicato a Charles Manson, la famigerata scena con il losco figuro
protagonista, annunciata ma poi tagliata dal montaggio finale, perché troppo
lunga (anche per gli standard di Tarantino) responsabile di ammazzare un po’ il
ritmo del film, che torna tra le pagine del libro, per raccontarci le ambizioni
da musicista mancate di Manson e la sua avversione per i Beach Boys. Una scelta
non casuale visto che il batterista del gruppo, Dennis Wilson ha avuto successo
con la musica e in parte anche al cinema (insomma, il sogno di Manson), visto
che ha recitato in Strada a doppia corsia, guarda caso un film diretto da Monte
Hellman, uno di quelli che ha contribuito enormemente a lanciare la carriera di
Tarantino (storia vera). Scelta casuale? Non credo proprio, non con Quentin di
mezzo.
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Charlie (don’t surf) compariva anche nelle scene tagliate del film, in qualunque edizione anche in blu-ray. |
Ma l’inconscio di un cinefilo è sempre in movimento, ecco
quindi che Tarantino nel romanzo (forse anche più che nel film) fa muovere i
suoi personaggi in un “mondo” dove personaggi immaginari come Rick e Cliff,
s’interfacciano con attrici realmente vissute come Sharon Tate e molti altri
personaggi, che mettono in chiaro la conoscenza enciclopedica di Tarantino ma
anche la cura con cui ha cesellato il mondo in cui vivono queata personaggi così sfaccetatti.
Leggere “C’era una volta ad Hollywood” è un tuffo nella
mecca del cinema di fine anni ’60, dove ogni volta che un film, un regista o un
attore viene citato, se già non lo conosci, viene voglia di cercarlo su Google
per capire se è esistito per davvero oppure se Tarantino se lo è inventato. Il
risultato come lettori è quello di muoversi mano nella mano con i protagonisti,
attraverso un mondo ideale, creato ad arte per sembrare reale, una simulazione
in stile OASIS degli anni ’60 che
Tarantino ricorda, in cui è cresciuto e che di conseguenza ama. Perdonatemi il
paragone con “Ready Player One” (2011), ma è il libro che ho cominciato al
leggere dopo quello di Tarantino e i mondi in cui si muove Parzival, letti
subito dopo la simulazione del 1969 di Tarantino, mi hanno fatto scattare
immediatamente il paragone, fatto anche pochi giorni fa da Nanni Cobretti sul suo profilo sul Faccialibro, quindi forse non è del tutto campato in aria, oppure anche lui ha letto da poco “
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Tarantino racconta la vecchia gag “tirami il dito” a Brad Pitt, che la trova sempre divertente. |
Insomma, se avete odiato il film del 2019, potete
tranquillamente ignorare questa operazione a metà tra la novelization e il
compendio alla pellicola, espressione che posso usare, visto che Tarantino gira
ancora in pellicola, l’ultimo dei Mohicani. Se avete amato il film invece, il
romanzo è un’ottima lettura che aggiungerà qualcosa all’esperienza di viaggio
indietro nel tempo organizzata di Tarantino. Ultima opzione: se invece avete letto solo il
libro vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate, ho bisogno di sapere il parere
della lettrice o del lettore casuale.
Ultima prima di andare: la parte su Bruce Lee? La trovavo insopportabile del film e la mia idea dopo aver letto il libro non è cambiata, capisco perfettamente le motivazioni di Tarantino ma mi dispiace Quentin, sto ancora con il piccolo drago.