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Cane mangia cane (2017): Who let the dogs out? (Cani da rapina)

Ho una grande
passione per i romanzi di Edward Bunker, il suo stile di scrittura è
assolutamente magnifico, la sua storia personale poi è degna dei tanti film a
cui ha preso parte, basterebbe questo a renderlo uno dei miei scrittori
preferiti, se non fosse anche che, per indole, mi sono spesso identificato (anche
molto) con alcuni dei suoi personaggi.

Edward Bunker è
stato uno scrittore, solo che per una buona parte della sua carriera non lo ha
mai saputo, per scoprirlo beh, è dovuto finire in galera. Falsario, rapinatore
di banche, il giovane Bunker campava sulle strade della sua Los Angeles tra
estorsioni e traffico di droga, servizi sociali, ospedale psichiatrico e riformatorio
non bastano, a 17 anni Bunker stabilisce il suo primo record, ovvero quello di
diventare il più giovane recluso del carcere di San Quintino (storia vera)
dove, per altro, fa la conoscenza di un altro “ospite” della struttura un
messicano piccoletto, ma con faccia cazzuta di nome Danny Trejo.
Tra mura e sbarre
Bunker conosce anche gente come Dostoevskij, Hemingway e Cervantes il passo
successivo è la scrittura, seguendo l’antico adagio “scrivi di quello che
conosci” Bunker nel 1973 pubblica il bellissimo “Come una bestia feroce” che,
oltre ad essere uno dei titoli più fighi mai dati ad un romanzo, nel 1978
diventa un bel film con Dustin Hoffman “Vigilato speciale”.


Arte che imita la vita (e finisce in galera).

La svolta arriva
quando un ragazzotto di Knoxville pieno di entusiasmo lo vuole conoscere a
tutti i costi, si chiama Quentin Tarantino, potreste averne sentito parlare.
Tarantino si fomenta così tanto con i racconti di vita (e crimine) di Bunker
che lo vuole a tutti i costi per la parte di Mr. Blue ne “Le Iene” (1992), per
altro, nei contenuti speciali del film, il viaggio per le strade di LA di questi
due vale da solo l’acquisto del DVD, Tarantino guida, Bunker sdraiato sui
sedili posteriori che dice: «Ah sì, su questa strada una volta sono scappato da
due volanti della polizia» (storia vera).

Bunker per anni
continua a fare dentro e fuori dalle patrie galere, ma continua anche a
sfornare libri, non molti, ma bellissimi e intanto Hollywood continua a fare il
filo a questa “canaglia” che scrive testi già pronti per il grande schermo, tipo
“Animal Factory” (1997), una delle più lucide cronache della vita in un carcere
di massima sicurezza che nel 2000 Steve Buscemi (con lui ne “Le Iene”) porta al
cinema con Edward Furlong e Willem Dafoe, ottimo film, ma il finale è più chiaro
nel romanzo.
Le collaborazione
tra Bunker e l’industria del cinema sembra il gioco dei “Sei gradi di
separazione”, viene chiamato come consulente alla sceneggiatura dell’ottimo “A
30 secondi dalla fine” (1985) e sul set ritrova Danny Trejo, in una piccola
parte da pugile all’inizio della sua incredibile carriera.


Ed Bunker contro i baffi a manubrio di Jon Voight, in una scena del film.

Tra gli altri
romanzi di Bunker non ancora portati al cinema, mancavano solo “Little Boy
Blue” (1980) di cui non dirò nulla se non che se un libro è arrivato vicino a
cambiarmi la vita è stato quello e “Cane mangia cane” (1996), avete presente la
storia di criminali che avreste sempre voluto vedere al cinema? Ecco, “Cane
mangia cane” che ora al cinema ci è arrivato veramente.

Nemmeno portato
sul grande schermo dall’ultimo della pista, ma da Paul Schrader, grande autore
che ha diretto il remake de “Il bacio della pantera” (1982) e scritto roba da
ridere per Scorsese, tipo “Taxi Driver” (1976) e “Toro scatenato” (1980).


Perché Willem fa paura anche quando fa “Cheese” per le foto?

“Cane mangia
cane” (romanzo) è una lettura immediata, coinvolgente, praticamente un film
d’azione su carta. Perfettamente in linea con la poetica e il pensiero di
Bunker per cui il carcere può solo trasformarti in un criminale migliore prima
e in un ex criminale senza futuro poi, sì, perché quando sei “Fuori” nel mondo
reale reintegrarsi sarà quasi impossibile. La seconda metà del libro è una
lunga e coinvolgente scena d’azione che ti fa pensare: «Perché nessuno lo ha
mai diretto così?! Uguale!».

I tre ex galeotti
Troy, Mad Dog e Diesel campano di piccoli colpi, di un lavoro normale per loro
non se ne parla, un po’ per la fedina penale sporca un po’ per l’impossibilità
ad adattarsi alla vita fuori. “Pe’ fa` la vita meno amara” (cit.) Troy
organizza l’ultimo colpo, quello che ti sistema per sempre, il rapimento di un
bambino, una cosa facile facile, si prende il bambino prima, i soldi dopo senza
nemmeno torcergli un capello, liscia e pulita. Avete già capito come finisce,
no?
Per questi tre
virgulti Paul Schrader non se la gioca certo facile, lo sconosciuto Christopher
Matthew Cook (intravisto nei Camminamorti)
è Diesel, Willem Dafoe timbra per la seconda volta il cartellino in un film
tratto da Bunker per entrare nei panni di Mad Dog mentre Troy a chi lo
affidiamo? Il preferito del mio cane,
visto il titolo del film sembra la quadratura del cerchio: Nicolas Cage!


“Date un pezzo di pane a questo povero pazzo cane”.

La frase che ho
ripetuto più spesso durante la visione di “Cane mangia cane” era: «Eppure non
mi sembra proprio uguale al libro», penso che la questione sia tutta qui, perché
Paul Schrader prende dal romanzo di Bunker quello che gli interessa, mentre con
il resto fa ciò che vuole lui, però è così sveglio da capire di avere i tre
attori giusti, infatti li utilizza alla grande e al più scatenato dei tre regala
il folle inizio del film.

In una casetta
tutta roba, il fattissimo Mad Dog cerca di guardare la tv, sembra un elfo
maligno sotto acido in una cosa tinteggiata da uno che ha assunto più droga di
lui. Il telefono suona e la telefonata termina nel disastro, le cose vanno
peggio quando rientra l’ex moglie di Mad Dog, che lui chiama affettuosamente
“piccola” anche se è un donnone giunonico che da circa dieci centimetri in
altezza a Willem Dafoe che, però, compensa esagerando tantissimo.
Non voglio dire
che era dai tempi di “Cuore Selvaggio” di David Lynch (il film più
sottovalutato degli anni ’90) che non andava così sopra le righe, mentre lo
vediamo “Smascellare” davanti allo specchio rende davvero onore al nome del suo
personaggio un vero cane pazzo (“Cane pazzo? Odio quel nome!” Cit.).


Una scena del film “Cane mangia Can… No aspettate devo aver sbagliato.

Paul
Schrader era consapevole di aver riunito insieme buona parte del cast di “Cuore Selvaggio”?
Penso proprio di sì. Il Troy di Nicolas Cage sembra davvero un Sailor Ripley
invecchiato che, però, ancora scalcia. Lo dico sempre che il nipote di Francis
Ford Coppola è un’arma letale che pochi registi hanno saputo maneggiare, i
personaggi di Nicola Gabbia cambiano solo la parrucca, per il resto hanno i
suoi tick nervosi e facciali, il suo compulsivo “Indicare” qualunque cosa e i
cambi di umore da impassibile a crisi isterica con occhi strabuzzati, per la
gioia del mio cane.

Idea per un drink game: Si beve quando Nicola indica qualcosa!

Le volte in cui
queste caratteristiche sono giuste per il personaggi che interpreta, viene
fuori un film da vedere perché funziona,
il resto del tempo, un film da vedere sì, ma solo per godersi le facce da pazzo
di Nicola.

Il suo Troy qui è
un filosofo fuori posto che parla di poesia mentre una “Signorina” da 300
dollari a notte vorrebbe solo incassare. Uno che può illustrare un piano in cui
dice «Faremo come i samurai» per poi dare un calcio al secchio del latte
sparando in faccia alla gente solo perché gli salta la mosca al naso, il tutto
mentre il suo personaggio paragona se stesso ad “Una versione allungata di Humphrey
Bogart”. Viene quasi da chiedersi se Cage stia recitando sul serio.
Schrader s’impegna a mostrarci le difficoltà della vita fuori dalla prigione, Mad Dog che
elogia la moquette e Diesel che ha una mezza crisi di paranoia quando una
biondina senza alcuna cattiva intenzione gli attacca bottone.

Due facce di cui vale la pena fidarsi no? (Seee proprio!).

I tre attori sono
davvero bravi, compreso Christopher Matthew Cook che ha meno spazio, ma non si
lascia intimorire dal recitare accanto ai suoi ben più vistosi colleghi,
purtroppo il film ha qualche lungaggine, alcuni dialoghi aggiungono davvero
poco alla risicata trama e anche se il film dura poco più di 90 minuti, più di
una volta si guarda l’orologio.

Paul Schrader si affida spesso all’ironia, una gag ricorrente riguarda il fatto che nessuno
dei tre protagonisti (dentro ormai da parecchio) sappia chi è questa cacchio di
Taylor Swift, quello che mi è sembrato un po’ strano è stata la messa in scena
generale.
Mi è sembrato
quasi che Paul Schrader si sia messo in testa di fare un’operazione retrò in
stile anni ’90 senza, però, maneggiare a pieno lo stile, alcune scene d’azione
sono farcite di trucchetti visivi per dare un’idea di velocità a scene che in
realtà sono state girate pianissimo, si vede che alcune delle auto impegnate
nell’inseguimento procedono poco più che a passo d’uomo, il risultato sembra
uno di quei videoclip che si vedevano negli anni ’90.


Paul Schrader nel film nei panni del “Greco” (anche se non è Greco).

Dalla lettura del
romanzo di Ed Bunker ricordo fortissimo il senso di coinvolgimento e di ansia
per il destino (segnato) dei protagonisti durante la lettura, il finale tra le
pagine era sincopato, qui invece Nicolas Cage perde tempo a sfogliare una
rivista con la solita Taylor Swift in copertina, bah! Davvero non mi ha
convinto.

Per assurdo, le
parti visivamente migliori di “Cane mangia cane” sono quelle più palesemente
esagerate, oltre all’inizio rosa confetto dedicato a Mad Dog è davvero bello il
finale nella nebbia, vi siete mai trovati nella nebbia, quella davvero così
spessa che basta la luce rossa, gialla o verde di un semaforo lontano a
trasformare tutto intorno a te in un muro fumoso fatto di un unico acido colore?
No? Beati voi vuol dire che siete cresciuti in un posto con un bel clima.


“C’è qualcosa in mezzo nella nebbia!” , “Si, il nipote di Francis Ford Coppola!”.

Per l’ultima
scena tra la nebbia Schrader sfrutta lo stesso principio e i colori sparati,
per poi concludere con tanto di malinconica scritta “THE END”, ma che belli
sono i film che finiscono con “THE END”? Una volta era la normalità.

Insomma, “Cane
mangia cane” non mi ha esaltato come il bellissimo romanzo, ma nella sua pancia
ha alcune trovate davvero riuscite e un cast impeccabile, la prova di un autore
che ne elabora al cinema un altro, chissà cosa ne avrebbe pensato Edward Bunker?
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