Fateci caso, Jaume Collet-Serra è cintura nera di film dal soggetto riassumibile al volo: famiglia adotta bimba inquietante, Liam Neeson telefona al cattivo per vendicarsi, Bionda in bikini alle prese con uno squalo grosso. Poi è arrivato The Rock è tutto si è rotto.
Due film con il palestrato e invece che fare il grande salto, Jaume Collet-Serra ha firmato due lavori dimenticabili, mettendo in chiaro che come sempre il problema è il simpaticissimo Rock, sorridentissimo, però anti-cinema con enormi deltoidi, visto che i suoi film sono formulette.
Per ricominciare Jaume Collet-Serra torna alle origini, trova i finanziamenti da Netflix e sceglie un attore come Taron Egerton, che per età, può correre e saltare come Liam Neeson non ha più bisogno di fare, lui telefona. Qualcuno ha notato la somiglianza con Robert Patrick, ma ve lo dico, è l’aurea da Die Hard 2 che aleggia sul film, un altro soggetto facile da riassumere: un addetto al controllo bagagli minacciato da un terrorista da remoto per far passare una borsa MacGuffin. Insomma, il regista l’ha fatto di nuovo, risultato? Un film pieno di lacune, che vive e muore sulla sospensione dell’incredulità e nel finale, un po’ si sfilaccia, ma beccami gallina se ho staccato gli occhi dallo schermo, se, come succede sempre con le produzioni Netflix, anche solo una volta ho dovuto combattere con la tentazione di mettere la velocità a x1.5, sarà un caso che Netflix offra questa opzione? Lo sanno anche loro che di norma affogano le persone con dialoghi infiniti nelle loro produzioni.
Con tutto questo non voglio dire che “Carry-On” sia perfetto, in alcuni passaggi riesce anche a divertire con un allegro sfottò alla follia da partenze natalizie che coglie tutti, specialmente in un aeroporto. Taron Egerton riesce a portare in scena un personaggio con aspirazioni da poliziotto mancato, finito al controllo bagagli, con a casa il tipo di casini che hanno in tanti, più una figlia in arrivo, un tipo normale in una situazione di cacca, anche se è abbastanza incredibile che al telefono non riconosca la voce del suo persecutore Jason Bateman, forse non avrà visto “Ozark”, c’è su Netflix (cit.)
Scherzi a parte, se il nostro protagonista non seguirà le indicazioni, succederanno cose brutte, quindi Egerton è molto bravo a cavalcare il principio di zio Hitch, fai sempre succedere qualcosa: il nostro aspirante poliziotto non deve alterare la sua routine per non destare sospetti, perennemente collegato – grazie al telefono e alle cuffie nelle orecchie – al minaccioso “Viaggiatore” che come Simon, ordina, deve dribblare colleghi, risolvere problemi e cercare di non ritrovarsi sulla coscienza tanti morti o nel caso peggiore, ancora di più.
Cosa contiene la valigia? Jaume Collet-Serra non è abbastanza abile da tener celato il contenuto fino alla fine, non ne ha nessuna voglia e nemmeno il bisogno di farlo, la sua vera capacità è quella di riuscire a spremere tutte, e intendo proprio tutte le idee, da soggetti o meglio, soggettini che altri nei casi migliori, potrebbero far durare il tempo di un cortometraggio, quindi il ritmo resta piuttosto alto, malgrado qualche inevitabile dialogo troppo lungo perché 120 minuti è ormai il tempo standard, al resto ci pensano le facce giuste.
Logan Marshall-Green ogni volta mi fa pensare che Tom Hardy abbia un fratello smilzo, smilzo invece non è Dean Norris ma ci piace così, visto che si prende il ruolo del capitano Lorenzo di turno. Jason Bateman, alla faccia dell’ansia da Spoiler, viene spiattellato sul paginone di Netflix, si brucia la sua entrata in scena ad effetto, ma si gioco il ruolo di cattivo manipolatore, padre nobile del lavoro da remoto, con una prova di mestiere e carisma.
Problemi? Essenzialmente due: per far quadrare l’assunto in molti momenti la trama deve barare, con soluzioni un po’ tirare per i capelli che scivolano verso il “Tarallucciatore” finale (la capacità di concludere tutto a tarallucci e vino) che è un po’ come se un magazziniere, dopo aver impedito i furti venga chiamato dal direttore dell’azienda per diventare il CEO, però vabbè, è Natale e a questo proposito, la scena più movimentata, una gran caciara in automobile, cerca di distrarci tutti con una trovata bastardella.
Personalmente non ho avuto problemi perché quest’anno ho perso al “Whamageddon” il 4 di dicembre, prestissimo, ucciso come quello simpatico in uno Slasher, per primo, per altro da un tizio che mi è passato accanto con il finestrino aperto (lo ripeto, il 4 dicembre, dannato surriscaldamento globale!) e con il celebre pezzo a tutto volume (storia vera). Se per caso voi siete ancora in gioco, sappiate che è meglio se quella scena la guardate con il muto leggendo i sottotitoli, poi non ditemi che non penso a voi eh?
Per quanto riguarda “Carry-On”, credo che Una notte violenta e silenziosa resterà il titolo contemporaneo che mi terrò buono per quelle volte in cui hai voglia di “Die Hard”, ma ti sei già sparato la maratona di Natale, però va detto che il film di Jaume Collet-Serra ha tutto per salvarvi la serata, non alzate troppo le aspettative, ma resta molto meglio della media del vostro Netflix-film abituale, però ricordatevi di abbassare il volume in quella scena là, consideratevi apprezzati.
Creato con orrore 💀 da contentI Marketing