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Castle Freak (1995): gli orrori del castello di Attigliano

Spero che abbiate portato con voi tutto il necessario per il viaggio, perché oggi tocca al nuovo capitolo della rubrica… Above and beyond!

Per essere il film probabilmente più economico mai girato da Stuart Gordon, ci sono davvero parecchi modi per approcciarsi a questo bizzarro film, vorrei iniziare dal suo produttore, Carlo Antonini più noto con il nome di Charles Band, ormai dovreste conoscerlo visto che è stato una presenza fissa in questa rubrica, ma anche un tassello fondamentale della carriera di Gordon, ma considerando che “Castle Freak” è stata la loro ultima collaborazione insieme, mi sembra giusto cominciare da qui.

Come afferma senza grosse possibilità di essere smentito lo stesso Stuardo nel documentario “In search of Darkness” (2019), di fatto Charles Band ha inventato il direct-to-video. Lo abbiamo visto già con Il pozzo e il pendolo, ma tutta la saga di Puppet Master ha avuto come burattinaio Band. Viene sempre istintivo pensare che un produttore sia un grigio burocrate in giacca a cravatta, capace solo di dire di no in cambio dei soldi che mette sul tavolo, Band, invece, è sempre stato piuttosto vulcanico, certo, la quota di poppe e sangue nei suoi film non è mai mancata, in tal senso “Castle Freak” è davvero il titolo in cui la sua influenza è visibile perché piuttosto ben marcata.

Non ho capito, come si intitola questo film? (ha telefonato Carpenter, rivuole il carattere del titolo per i suoi film)

Non ci poteva essere titolo più onesto di “Castle Freak” per questo film, perché di fatto è tutto ambientato in un castello, quello di Attigliano tra Firenze e Roma e girato per gli interni nella solita villa di proprietà dello stesso Band che ha fatto da sfondo a buona parte dei film della Empire Pictures diretti da Stuart Gordon. Inoltre, nella storia ha un ruolo chiave un “Freak”, un emarginato, un mostro, uno scherzo della natura, questa parola ha tante possibili traduzioni tutte molto adatte, perché è il film stesso ad essere uno “Freak”. Da grande appassionato di Frankenstein, Stuart Gordon qui come un vero dottore pazzo ha messo insieme una pellicola fatta con parti di tanti altri film, piena di influenze e riferimenti. Possiamo dire tutto di “Castle Freak”, di sicuro verrà considerato uno dei film minori di un regista già parecchio immeritatamente sconosciuto al grande pubblico, ma sfido chiunque a considerarlo un film innocuo, uno di quelli che vedi e dimentichi dopo pochi minuti, quello proprio no.

La leggenda vuole che il titolo sia stato proposto dall’iperattivo Band, così come i cinquecento mila fogli verdi con sopra facce di altrettanti ex presidenti defunti disponibili nelle casse della Empire Pictures, partendo da qui Gordon ha avuto carta bianca, sulla sceneggiatura e sul suo contenuto… E provate a dire a chi si è rivolto ancora una volta il nostro Stuardo? Bravi, proprio al suo amato H.P. Lovecaft.

I post della Bara Volante non sono ancora disponibili in braille. Ma ci stiamo attrezzando per 50 comode audiocassette.

“Castle Freak” è liberamente (molto liberamente!) ispirato al racconto di Lovecraft “L’estraneo”, uno dei preferiti dello scrittore di Providence, uno di quelli dove, per sua stessa ammissione, l’influenza di Edgar Allan Poe si faceva sentire. Non so se lo abbiate mai letto questo racconto, nel caso vi venisse voglia di recuperare “Castle Freak” non sarebbe male leggerlo, anche perché la storia dura pochissime pagine, ma serve a far capire tutto il lavoro fatto da Gordon che, forse, passerebbe semplicemente in secondo piano davanti ad un film con un castello ed un mostro. Nel racconto di Lovecraft il narratore degli eventi, concludeva la sua storia appoggiando le dita sulla fredda superficie di uno specchio, scoprendo di essere lui stesso l’orribile mostro del racconto, una scena che Gordon (su sceneggiatura del fidato Dennis Paoli) qui riprende identica quasi come se fosse una citazione e un omaggio al racconto, ma invece di essere l’apice della trama, è solo un tassello di un quadro più ampio, in un film dove convivono due anime: le esigenze del produttore che voleva delle tette, un castello, del sangue, un mostro e un altro po’ di tette, ma anche gli elementi inseriti da Gordon, ovvero Lovecraft e dosi abbondanti di cinema gotico, perché malgrado tutto “Castle Freak”, anche se a colori, anche se ambientato in Italia nel 1995, di fatto è un film gotico fatto e finito. Insomma, solo il talento del nostro Stuardo poteva sfornare un B-Movie con tutta questa roba, forse anche agli antipodi, al suo interno.

Dicono che rompere uno specchio porti sfortuna, ma tu ragazzo ne hai già avuta tanta in vita tua.

Visto che “Castle Freak” è un B-Movie strapieno di archetipi narrativi, secondo voi poteva non iniziare, come molti horror, con un trasloco? Ovviamente no, anzi, a ben guardare inizia con una famiglia in crisi (come quella di Dolls) che trasloca dagli Stati Uniti al castello, perché papà è l’ultimo discendente diretto di una decaduta famiglia nobile italiana.

Papà John Reilly è interpretato dal solito Jeffrey Combs (l’avreste mai detto?) mentre mamma Susan è la solita e splendida Barbara Crampton, insomma Gordon anche questa volta si è giocato i suoi attori feticcio. La loro figlia adolescente Rebecca (Jessica Dollarhide) è non vedente dopo un incidente automobilistico causato dal padre in cui ha perso la vita il suo fratellino più piccolo J.J. (secondo me è il nome che non gli ha portato bene) risultato? Una famiglia spaccata. John vorrebbe solo far valutare il castello e il suo contenuto, mentre Susan preferisce dormire in letti separati, sbrigando questa pratica italiana il più presto possibile. Ma come sempre nelle storie gotiche ambientate in vecchi castelli, il passato tornerà a tormentare i protagonisti e, giusto per tenerci sul filo del rasoio, vogliamo non rispettare la tradizione degli inizi a caldo degli Horror di Gordon prodotti da Band? Proprio no!

Jeff e Barbara, il vecchio Stuart ha voluto i suoi pretoriani.

Prima dei titoli di testa Gordon apre il suo film con il “Freak” del titolo, un mostro incatenato nelle segrete e maltrattato a colpi di frusta, per certi versi una figura drammatica, quasi come lo Sloth dei Goonies ancora più grottesco, alimentato a gatti, invece che a pizza. Saranno stati di origine vicentina questi nobili? Vabbè, mentre chiedo scusa a tutti i Vicentini e le Vicentine, andiamo avanti con la trama.

In nome di Cthulhu, qualcuno gli porti una barretta Baby Ruth!

La cornice italiana del film non risulta il solito cliché, anche perché le facce che popolano il film sono davvero note qui da noi, basta dire che il carabiniere Forte che ha il suo bel ruolo nella vicenda, indagando sugli strani eventi del castello, è interpretato da un giovane Luca Zingaretti, quindi io non sto dicendo che il commissario Montalbano sia un’invenzione di Stuart Gordon, lungi da me negare la paternità del personaggio ad Andrea Camilleri, però chi ci dice che prima di diventare commissario non abbia fatto la gavetta dalle parti di Attigliano? Ora che ho gettato la bomba, posso tornare al film.

Montalbano, prima di diventare commissario.

In quanto film gotico, “Castle Freak” procede con il suo ritmo anche un po’ sbadiglioso (bisogna ammetterlo) con un quantitativo di violenza davvero bassa, qualche animaletto viene ucciso fuori scene e fino alla scena dello specchio, il mostro non fa altro che osservare i nuovi inquilini della casa, a partire da Rebecca che non può vederlo, ma somiglia moltissimo alla vecchia contessa che il mostro ancora ricorda, insomma, per essere un film con uno “sgorbio” sulla locandina (italiana) per una buona metà “Castle Freak” risulta piuttosto garbato, ma occhio perché il logorio della vita moderna di Stuart Gordon ha la sua ragione d’essere.

Come abbiamo visto anche nel corso della rubrica, il regista di Chicago è sempre stato molto interessato a raccontare gli orrori sì, ma soprattutto quelli dell’animo umano, non fatevi distrarre dal momento di alleggerimento comico (anche piuttosto bruttino) con Jeffrey Combs che fa l’ubriaco molesto al bar, eros e thanatos nei film di Gordon non mancano mai e spesso si intrecciano, quindi papà John si porta a casa (anzi, nel castello) una prostituta con cui sbrigare i suoi affari, sotto gli occhi del mostro che, per certi versi, osserva e impara.

«Non sono ubriaco, continui a versare o la farò contattare dal mio avvocato il signor Daniels, per gli amici Jack»

Già… Perché provando a ricapitolare: gotico, Lovecraft, una produzione che pretendeva la sua quota di nudo e violenza, ma “Castle Freak” nel suo essere un B-Movie, parla essenzialmente di figli perduti e in qualche modo sostituiti, dopo aver perso J.J. ed essere quasi spezzati come famiglia, il colpo di grazia arriva dal mostro che, di fatto, come un bambino cresciuto tra le privazioni osserva i genitori e li imita, nell’unico modo che conosce, ovvero aggiungendo quella violenza che è tutto quello che ha conosciuto nella sua tormentata vita.

«Gooble Gobble, one of us, we accept, Gooble Gobble» (cit.)

Ed è qui che Gordon non solo accontenta il suo produttore, ma mena il suo colpo più duro: la scena del mostro con la prostituta è una grottesca imitazione di quello che la creatura aveva visto fare poco prima, solo che al posto di baci e carezze ci sono morsi, parti del corpo (anche intime strappate) e brutalità assortita. Insomma, Stuart Gordon in una sola scena trasforma un film gotico quasi garbato, in un film splatter che sembra uscito dalla tradizione degli horror italiani in stile Joe D’Amato, non vorrei scomodare “Antropophagus” (1980), però siamo quasi da quelle parti.

Le donne GNAM! Se le mangia. E non è tanto per dire.

Da qui in poi vale tutto, perché con quella scena così incredibilmente violenta “Castle Freak ci ha presi per le palle (scusate il francesismo) e infatti Gordon non alza più il piede dal pedale, dopo che come spettatori abbiamo capito cosa è in grado di fare il mostro, ogni suo gesto diventa una minaccia. Mentre scopriamo come tutti i film gotici che il passato è destinato a tornare a grattare alla porta, “Castle Freak” diventa un lurido B-Movie che non ci risparmia più niente, nemmeno un mostro che gironzola con il frustanani al vento e dove Barbara Crampton per cercare di attirarlo nella trappola, si sbottona la camicetta mostrando il decolté, insomma, se Charles Band voleva ciccia in cui affondare i denti, Stuart Gordon qui ha cucinato una grigliata mista notevole.

Poteva andare peggio, poteva piovere (cit.)

Il film a causa delle difficoltà economiche della Empire Pictures è uscito solo per il mercato dell’home video, ancora oggi viene ricordato come uno dei film minori di un regista già fin troppo ignorato dal pubblico. Ad una prima occhiata potrebbe essere solo un film con un castello e un mostro, quindi uno di quei titoli che promette quello che mantiene, sicuramente non è un titolo in grado di cambiare la vita agli spettatori oppure la direzione di una carriera, ma come vi dicevo lassù, provate a dimenticarlo dopo averlo visto. Non ho ancora visto il remake (sempre prodotto da Band) uscito nel 2020, ma sarà sicuramente molto complicato andare in luoghi più oscuri di quelli in cui ci ha trascinati Stuart Gordon. A proposito di oscurità: prossima settimana questa rubrica andrà in un posto che è eternamente buio, la profondità dello spazio, non mancate e non dimenticate le chiavi del vostro camion!

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