Oggi tocca al nostro reporter d’assalto Quinto Moro occuparsi
di un film d’inchiesta, in particolare dell’ultima fatica di Todd Haynes. Non perdo altro tempo e vi lascio alla lettura!
di un film d’inchiesta, in particolare dell’ultima fatica di
In
assenza di coscienza
assenza di coscienza
Incoscienza. Ce n’è di tutte le forme e dimensioni
dentro, fuori e tutt’intorno a questo film. L’incoscienza intesa come assenza
di coscienza del pubblico americano che l’ha brutalmente snobbato, nonostante
tratti di uno dei grossi scandali ecologici degli ultimi 60 anni, con un caso
ancora aperto e diventato di dominio pubblico solo una manciata d’anni fa. C’è
poi l’incoscienza di buttare lì un titolo sfigato come Dark Waters. L’avete già
sentito da qualche parte? Forse siete fan dei thriller-pseudo-horror nipponici
che hanno invaso il mercato dopo il successo di Ringu-The Ring, o forse siete
semplicemente fan di Jennifer Connelly.
dentro, fuori e tutt’intorno a questo film. L’incoscienza intesa come assenza
di coscienza del pubblico americano che l’ha brutalmente snobbato, nonostante
tratti di uno dei grossi scandali ecologici degli ultimi 60 anni, con un caso
ancora aperto e diventato di dominio pubblico solo una manciata d’anni fa. C’è
poi l’incoscienza di buttare lì un titolo sfigato come Dark Waters. L’avete già
sentito da qualche parte? Forse siete fan dei thriller-pseudo-horror nipponici
che hanno invaso il mercato dopo il successo di Ringu-The Ring, o forse siete
semplicemente fan di Jennifer Connelly.
C’era un Dark Water cugino sfigato di The Ring, e
infatti ha avuto un ancor più sfigato remake con la Jennifer. Chiusa parentesi
sulla banalità del titolo, facciamo un applauso alla traduzione italiana, che
ci sta tutta: “Cattive acque”, quelle del West Virginia e quelle in cui naviga
Robert Bilott, avvocato che un po’ per caso si ritrova a difendere un
allevatore in una causa contro la DuPont.
infatti ha avuto un ancor più sfigato remake con la Jennifer. Chiusa parentesi
sulla banalità del titolo, facciamo un applauso alla traduzione italiana, che
ci sta tutta: “Cattive acque”, quelle del West Virginia e quelle in cui naviga
Robert Bilott, avvocato che un po’ per caso si ritrova a difendere un
allevatore in una causa contro la DuPont.
E’ la storia di uno stoico allevatore del West
Virginia. Uno che ha dovuto seppellire, o sopprimere, qualcosa come
centonovanta vacche. Cento-novanta. Che ci sarebbe materiale sufficiente per
un’enciclopedia della testardaggine, se questo tizio continua ad allevare
bestiame che gli si deforma e impazzisce sotto gli occhi. La sua terra è al
confine con i terreni di una multinazionale che dà lavoro a mezzo Stato. Finché
un giorno si rompe di dover seppellire mucche morte con malformazioni d’ogni tipo
e si rivolge ad un avvocato, nipote di una vecchia che non conosce neanche
tanto bene. Praticamente una storiella di paese. Solo che l’avvocato è quello
giusto, Robert Bilott, neo-socio di un grande studio. Uno dei pochi che non
rappresenta gli interessi della DuPont.
Virginia. Uno che ha dovuto seppellire, o sopprimere, qualcosa come
centonovanta vacche. Cento-novanta. Che ci sarebbe materiale sufficiente per
un’enciclopedia della testardaggine, se questo tizio continua ad allevare
bestiame che gli si deforma e impazzisce sotto gli occhi. La sua terra è al
confine con i terreni di una multinazionale che dà lavoro a mezzo Stato. Finché
un giorno si rompe di dover seppellire mucche morte con malformazioni d’ogni tipo
e si rivolge ad un avvocato, nipote di una vecchia che non conosce neanche
tanto bene. Praticamente una storiella di paese. Solo che l’avvocato è quello
giusto, Robert Bilott, neo-socio di un grande studio. Uno dei pochi che non
rappresenta gli interessi della DuPont.
E tra le varie forme d’incoscienza, c’è da mettere
la produzione del film, che con un nome grosso da sputtanare non l’ha messo in
cartellone: un titolo anonimo, una locandina anonima e un trailer altrettanto
anonimo. Ma che bevevano alle riunioni di produzione, acqua del rubinetto di
Parkersburg?
la produzione del film, che con un nome grosso da sputtanare non l’ha messo in
cartellone: un titolo anonimo, una locandina anonima e un trailer altrettanto
anonimo. Ma che bevevano alle riunioni di produzione, acqua del rubinetto di
Parkersburg?
I ridenti cittadini della ridente Parkersburg |
Di
denuncia. Da denuncia.
denuncia. Da denuncia.
Mi è sempre piaciuto il “cinema di denuncia”. No,
non sto parlando di Suicide Squad, o L’ascesa di Skywalker, quello è cinema
“da” denuncia. Mi appassionano i temi giudiziari, i grandi processi, quelli
veri, le grandi battaglie contro la corruzione del Sistema che funziona solo
perché qualcuno si prende la briga di combatterlo. Quelle dei piccoli uomini
contro i giganti dell’industria e della finanza sono terreno fertile per quella
voglia di rivalsa dell’uomo comune, tema forte in certo cinema americano, con
l’orgoglio proletario ferito che vuole rifarsi dei torti subiti. Peccato che,
pur nella volontà di ricostruire la storia dello scandalo Teflon/DuPont, manchi
la voglia di alzare la voce. Avrei sopportato anche un po’ di quella retorica
americanoide (in cui il vecchio Clint Eastwood resta un buon maestro), nel
celebrare chi va con la testa sotto l’acqua inquinata, tirando a campare per
anni nel disinteresse e nello sprezzo generale, aspettando che qualche giudice
e giuria gli dia ragione.
non sto parlando di Suicide Squad, o L’ascesa di Skywalker, quello è cinema
“da” denuncia. Mi appassionano i temi giudiziari, i grandi processi, quelli
veri, le grandi battaglie contro la corruzione del Sistema che funziona solo
perché qualcuno si prende la briga di combatterlo. Quelle dei piccoli uomini
contro i giganti dell’industria e della finanza sono terreno fertile per quella
voglia di rivalsa dell’uomo comune, tema forte in certo cinema americano, con
l’orgoglio proletario ferito che vuole rifarsi dei torti subiti. Peccato che,
pur nella volontà di ricostruire la storia dello scandalo Teflon/DuPont, manchi
la voglia di alzare la voce. Avrei sopportato anche un po’ di quella retorica
americanoide (in cui il vecchio Clint Eastwood resta un buon maestro), nel
celebrare chi va con la testa sotto l’acqua inquinata, tirando a campare per
anni nel disinteresse e nello sprezzo generale, aspettando che qualche giudice
e giuria gli dia ragione.
“Gli dobbiamo fare un culo così”, “Potremmo rovinare la loro immagine regalandogli parrucchini come il tuo” |
Beato
il Paese che non ha bisogno di eroi
il Paese che non ha bisogno di eroi
“Cattive acque” rientra in quel filone di cinema
d’impegno civile che mostra il marcio per dare un minimo riconoscimento a chi
l’ha combattuto. Gli ingredienti per un gran film c’erano tutti, un tema caldo
e un cast di primissima scelta. Per Mark Ruffalo una gran prova d’attore per un
personaggio difficile, così imbolsito e compassato. Se avete presente “Insider”
di Michael Mann (chi dice no sarà scaraventato giù dalla Bara ad alta quota),
Mark è sia l’Al Pacino che il Russel Crowe di “Insider”. È il combattente dalla
doppia anima, un bravo ragazzo che non si sa perché sia finito a fare
l’avvocato, capace di ferrea determinazione eppure sempre sull’orlo del
baratro, tutto fuorché eroico e mai sopra le righe. Nel film si incazza
pochissimo, eppure la sua prova è molto fisica, basta guardare come cammina,
come stringe le spalle e sta contratto, rinchiuso in se stesso, tanto da
sembrare persino apatico.
d’impegno civile che mostra il marcio per dare un minimo riconoscimento a chi
l’ha combattuto. Gli ingredienti per un gran film c’erano tutti, un tema caldo
e un cast di primissima scelta. Per Mark Ruffalo una gran prova d’attore per un
personaggio difficile, così imbolsito e compassato. Se avete presente “Insider”
di Michael Mann (chi dice no sarà scaraventato giù dalla Bara ad alta quota),
Mark è sia l’Al Pacino che il Russel Crowe di “Insider”. È il combattente dalla
doppia anima, un bravo ragazzo che non si sa perché sia finito a fare
l’avvocato, capace di ferrea determinazione eppure sempre sull’orlo del
baratro, tutto fuorché eroico e mai sopra le righe. Nel film si incazza
pochissimo, eppure la sua prova è molto fisica, basta guardare come cammina,
come stringe le spalle e sta contratto, rinchiuso in se stesso, tanto da
sembrare persino apatico.
Tra l’altro mi chiedo se Mark non abbia qualcosa di
personale coi DuPont, visto che aveva già dato il suo contributo ad infognarne
il “buon nome” in Foxcatcher. Bello rivedere il solito Tim Robbins, capelli
inguardabili ma carisma da vendere. Anne Hathaway accetta il ruolo della moglie
in secondo piano, ma nella seconda metà tira fuori due discreti monologhi,
ordinari nel contenuto ma resi vibranti dalla sua prova. Bravo anche Bill Camp
– l’allevatore che innesca la vicenda – la cui prova finisce rovinata da un doppiaggio
decisamente grossolano.
personale coi DuPont, visto che aveva già dato il suo contributo ad infognarne
il “buon nome” in Foxcatcher. Bello rivedere il solito Tim Robbins, capelli
inguardabili ma carisma da vendere. Anne Hathaway accetta il ruolo della moglie
in secondo piano, ma nella seconda metà tira fuori due discreti monologhi,
ordinari nel contenuto ma resi vibranti dalla sua prova. Bravo anche Bill Camp
– l’allevatore che innesca la vicenda – la cui prova finisce rovinata da un doppiaggio
decisamente grossolano.
Chi azzoppa il cavallo, o la mucca in questo caso,
è la regia Todd Haynes. Sia chiaro, Todd è uno bravo, vince il premio simpatia
come miglior sosia vivente di Mark Hammil.
è la regia Todd Haynes. Sia chiaro, Todd è uno bravo, vince il premio simpatia
come miglior sosia vivente di Mark Hammil.
“Luke, join the dark |
Haynes ha diretto film interessanti, girati sempre
con il giusto mestiere ma senza grandi exploit. Speravo che questa fosse la
volta buona, ma il rischio che questo film finisca nel dimenticatoio è forte,
fortissimo. Perché un po’ di sale ci vuole quando parli di una roba tanto
grossa. E parlo tanto del sale per dar gusto e vendere meglio il tuo film, ma anche quello da buttare sulle ferite aperte, per dare una bella sveglia al pubblico.
E se quella di chi si è messo contro un colosso mondiale
è la sana incoscienza dettata dall’esasperazione, la DuPont incarna la (in)coscienza
sporca di chi per decenni ha sversato nelle acque e nei campi sostanze
cancerogene, sperimentando sulla vita dei suoi dipendenti gli effetti delle
sostanze chimiche, usandoli né più né meno come cavie da laboratorio. Quale
buon amministratore d’azienda, per stabilire se una sostanza a caso è dannosa,
non offrirebbe ai dipendenti sigarette arricchite da quella sostanza?
è la sana incoscienza dettata dall’esasperazione, la DuPont incarna la (in)coscienza
sporca di chi per decenni ha sversato nelle acque e nei campi sostanze
cancerogene, sperimentando sulla vita dei suoi dipendenti gli effetti delle
sostanze chimiche, usandoli né più né meno come cavie da laboratorio. Quale
buon amministratore d’azienda, per stabilire se una sostanza a caso è dannosa,
non offrirebbe ai dipendenti sigarette arricchite da quella sostanza?
Sponsor ufficiale della Bara |
A partire dagli anni ’50 la DuPont ha avuto una
condotta pari a quella d’un Mengele nel paese dei balocchi di Auschwitz. Sì,
avete letto bene e no, non sono impazzito. Lasciatemi buttare un po’ di sale
sulle ferite, qualcuno deve pur farlo, perché disporre della vita e della morte
degli esseri umani, e usarli come cavie senza mai soffrirne le conseguenze,
questo è un paese dei balocchi per chi è senza scrupoli.
condotta pari a quella d’un Mengele nel paese dei balocchi di Auschwitz. Sì,
avete letto bene e no, non sono impazzito. Lasciatemi buttare un po’ di sale
sulle ferite, qualcuno deve pur farlo, perché disporre della vita e della morte
degli esseri umani, e usarli come cavie senza mai soffrirne le conseguenze,
questo è un paese dei balocchi per chi è senza scrupoli.
I campi di concentramento sono stati il paese dei
balocchi dei macellai nazisti. Certe fabbriche sono state il paese dei balocchi
di altri macellai. E i balocchi ai macellai glieli fornisce chi, sull’altare
del benessere economico per un lavoro che ti ammazza, è pronto perfino a
difendere chi l’avvelena.
balocchi dei macellai nazisti. Certe fabbriche sono state il paese dei balocchi
di altri macellai. E i balocchi ai macellai glieli fornisce chi, sull’altare
del benessere economico per un lavoro che ti ammazza, è pronto perfino a
difendere chi l’avvelena.
Così si portano avanti linee di produzione i cui
rischi per la salute – dei dipendenti, dei cittadini di tutti i loro clienti
sparsi per il mondo, noi compresi – vengono ignorati. Perché continuare ad
impiegare quei materiali è più redditizio che sostituirli. Persino pagare i
danni alle vittime è più redditizio che rinunciare ad una produzione così
ampia.
rischi per la salute – dei dipendenti, dei cittadini di tutti i loro clienti
sparsi per il mondo, noi compresi – vengono ignorati. Perché continuare ad
impiegare quei materiali è più redditizio che sostituirli. Persino pagare i
danni alle vittime è più redditizio che rinunciare ad una produzione così
ampia.
Milena Gabanelli nel ruolo di Horatio Caine |
Report
Avevo già sentito parlare degli argomenti del film
anni fa, anche se alla lontana. Ascolti una puntata di Report, con la Gabanelli
che come te s’è fatta infinocchiare con quelle padelle in finta pietra,
rivestite di un materiale che non è Teflon, ma magari è pure peggio. Poi porgi
l’altra guancia a Superquark che ti butta addosso le paranoie sulle plastiche
di conservazione dei cibi. È lì che ho sentito parlare per la prima volta di
PFAS.
anni fa, anche se alla lontana. Ascolti una puntata di Report, con la Gabanelli
che come te s’è fatta infinocchiare con quelle padelle in finta pietra,
rivestite di un materiale che non è Teflon, ma magari è pure peggio. Poi porgi
l’altra guancia a Superquark che ti butta addosso le paranoie sulle plastiche
di conservazione dei cibi. È lì che ho sentito parlare per la prima volta di
PFAS.
In principio era il Teflon, un idrorepellente nato
per l’industria bellica e portato dalla DuPont nel mercato dei casalinghi,
dalle padelle antiaderenti ai più disparati rivestimenti ed utilizzi. Gli
elementi chimici simili al Teflon sono totalmente sintetici, non vengono
assorbiti né smaltiti dagli organismi viventi, restano in circolo e lì
rimangono. Alcuni ci convivono e neanche se ne accorgono, altri sviluppano
svariati tipi di cancro, malformazioni fetali, sterilità, disfunzioni endocrine
eccetera. Ed anche soggetti all’apparenza sani, una volta “impregnati” da
questi elementi sono esposti a rischi futuri.
per l’industria bellica e portato dalla DuPont nel mercato dei casalinghi,
dalle padelle antiaderenti ai più disparati rivestimenti ed utilizzi. Gli
elementi chimici simili al Teflon sono totalmente sintetici, non vengono
assorbiti né smaltiti dagli organismi viventi, restano in circolo e lì
rimangono. Alcuni ci convivono e neanche se ne accorgono, altri sviluppano
svariati tipi di cancro, malformazioni fetali, sterilità, disfunzioni endocrine
eccetera. Ed anche soggetti all’apparenza sani, una volta “impregnati” da
questi elementi sono esposti a rischi futuri.
PFOA, C8, PTFE, PFAS. C’è da perdersi nelle sigle e
nei tecnicismi, e il film riesce a spiegarlo bene ai profani, anche se il
messaggio più forte è quello che passa più inosservato: che quando parliamo
della plastica e dei danni ambientali, capita che il veleno più pericoloso sia
quello invisibile, che non ti ammazza subito, quello per cui servono migliaia
di test e studi sviluppati nel corso degli anni per giungere a un qualche tipo
di verità. E nel frattempo l’attenzione mediatica si spegne, altri problemi,
altri guai per cui indignarsi, mentre continui a usare le tue padelle
antiaderenti e cibi in confezioni di plastica derivati dagli stessi PFOA.
Perché nella chimica cambi una molecola e cambi il nome.
nei tecnicismi, e il film riesce a spiegarlo bene ai profani, anche se il
messaggio più forte è quello che passa più inosservato: che quando parliamo
della plastica e dei danni ambientali, capita che il veleno più pericoloso sia
quello invisibile, che non ti ammazza subito, quello per cui servono migliaia
di test e studi sviluppati nel corso degli anni per giungere a un qualche tipo
di verità. E nel frattempo l’attenzione mediatica si spegne, altri problemi,
altri guai per cui indignarsi, mentre continui a usare le tue padelle
antiaderenti e cibi in confezioni di plastica derivati dagli stessi PFOA.
Perché nella chimica cambi una molecola e cambi il nome.
La trilogia di Smetto quando voglio l’ha spiegato
con le smart drugs: scopri un
elemento dannoso, lo devi riconoscere, studiare e infine bandire. Chi lo
produce sposta una molecola e crea un derivato (sto semplificando, non sono un
chimico), ed è tutto da rifare. Altri studi per capire se quella roba con una
molecola in più o in meno è meglio o peggio della precedente. E si va avanti
così all’infinito.
con le smart drugs: scopri un
elemento dannoso, lo devi riconoscere, studiare e infine bandire. Chi lo
produce sposta una molecola e crea un derivato (sto semplificando, non sono un
chimico), ed è tutto da rifare. Altri studi per capire se quella roba con una
molecola in più o in meno è meglio o peggio della precedente. E si va avanti
così all’infinito.
“Nella vecchia fattoria–ia–ia-o / quante bestie ha zio Tobia?”, “Non ne ha più, tutte morte”, “C’è la mucca?”, “Mu-mu-muerta” |
As
time goes by
time goes by
Nel suo restare chiuso sul personaggio dell’Avvocato
Bilott, il film perde l’occasione di dare il giusto respiro a una vicenda
enorme, che ha colpito le vite di tantissime persone, e si limita a sfiorarle.
Ma si limita a circoscrivere una battaglia nonostante si tratti di un problema
molto più grande, la cui portata non può essere resa dalle didascalie finali
con lo spauracchio che il PFOA possa aver contaminato il 99% del mondo animale,
umanità inclusa.
Bilott, il film perde l’occasione di dare il giusto respiro a una vicenda
enorme, che ha colpito le vite di tantissime persone, e si limita a sfiorarle.
Ma si limita a circoscrivere una battaglia nonostante si tratti di un problema
molto più grande, la cui portata non può essere resa dalle didascalie finali
con lo spauracchio che il PFOA possa aver contaminato il 99% del mondo animale,
umanità inclusa.
Se siete di quelli che “eh i tempi della giustizia
itaGliana”, questo film non vi farà certo osannare il sistema americano.
Normalmente i “grandi film giudiziari” glorificano il coraggio di un
denunciante, e soprattutto del suo avvocato con climax in un bel processo con
vincitori e vinti. Qui nisba. Anche perché tirar giù una multinazionale non è facile
come in un romanzo di John Grisham (e annesso film di Coppola).
itaGliana”, questo film non vi farà certo osannare il sistema americano.
Normalmente i “grandi film giudiziari” glorificano il coraggio di un
denunciante, e soprattutto del suo avvocato con climax in un bel processo con
vincitori e vinti. Qui nisba. Anche perché tirar giù una multinazionale non è facile
come in un romanzo di John Grisham (e annesso film di Coppola).
Il film narra la storia coi ritmi blandi ed
estenuanti della vita reale, dal 1998 avanza lentamente, anno dopo anno, senza
grandi colpi di scena. Le parti migliori sono brandelli di vittorie e sconfitte
spalmati nell’arco di tre lustri, e anche se questo ritmo spezzato toglie forza
alla narrazione, dà anche un senso ai tempi con cui si consumano le miserie
umane. Specie in questi grandi casi giudiziari.
estenuanti della vita reale, dal 1998 avanza lentamente, anno dopo anno, senza
grandi colpi di scena. Le parti migliori sono brandelli di vittorie e sconfitte
spalmati nell’arco di tre lustri, e anche se questo ritmo spezzato toglie forza
alla narrazione, dà anche un senso ai tempi con cui si consumano le miserie
umane. Specie in questi grandi casi giudiziari.
La spiegazione centrale di Mark Ruffalo ad una Anne
Hathaway moglie eternamente incinta – e fin lì inutile carta da parati – in cui
ripercorre la storia del Teflon e delle porcate fatte dalla DuPont, con un
montaggio che passa da una scena all’altra, è il miglior momento di cinema del
film. Il resto è ordinaria amministrazione. Si muove sulla scia di film tipo La grande scommessa e Il caso Spotlight senza averne la brillantezza, senza
cavalcare “il caso” come vorrebbe il cinema di genere. Lascia il timone agli
attori, punta tutto sui personaggi, senza i toni più forti – anche
sensazionalistici – che avrebbero giovato a sputtanare come si deve chi ha
avvelenato mezzo mondo (e forse pure l’altra metà). Mai che la colonna sonora
si prenda la scena sottolineando un momento drammatico o di rivincita. Mai che
la regia glorifichi una scena con montaggi serrati e primi piani. Mai che la
tensione vada oltre le paranoie e le miserie del buon vecchio Avvocato Bilott.
Hathaway moglie eternamente incinta – e fin lì inutile carta da parati – in cui
ripercorre la storia del Teflon e delle porcate fatte dalla DuPont, con un
montaggio che passa da una scena all’altra, è il miglior momento di cinema del
film. Il resto è ordinaria amministrazione. Si muove sulla scia di film tipo La grande scommessa e Il caso Spotlight senza averne la brillantezza, senza
cavalcare “il caso” come vorrebbe il cinema di genere. Lascia il timone agli
attori, punta tutto sui personaggi, senza i toni più forti – anche
sensazionalistici – che avrebbero giovato a sputtanare come si deve chi ha
avvelenato mezzo mondo (e forse pure l’altra metà). Mai che la colonna sonora
si prenda la scena sottolineando un momento drammatico o di rivincita. Mai che
la regia glorifichi una scena con montaggi serrati e primi piani. Mai che la
tensione vada oltre le paranoie e le miserie del buon vecchio Avvocato Bilott.
A sinistra: le emozioni esteriori di Robert Bilott. A destra: le emozioni interiori di Robert Bilott |
Tracce
di sangue
di sangue
Credo molto nel valore culturale del cinema. Se ho
criticato il tono “basso” del film è perché il tema, e la portata
dell’avvelenamento, era tale da meritare un’attenzione mediatica superiore, ma
anche una realizzazione più ambiziosa. Perché le dinamiche dietro il caso
Teflon/DuPont non sono eventi estemporanei, ma condotte criminali reiterate da
parte di aziende che marciano coperte dalla connivenza e/o l’incompetenza dei
governi, che restano sempre un passo indietro, incapaci di regolamentare
settori di cui alla fine non sanno un bel niente. La faccenda
dell’autoregolamentazione negli USA, è tutta da ridere.
criticato il tono “basso” del film è perché il tema, e la portata
dell’avvelenamento, era tale da meritare un’attenzione mediatica superiore, ma
anche una realizzazione più ambiziosa. Perché le dinamiche dietro il caso
Teflon/DuPont non sono eventi estemporanei, ma condotte criminali reiterate da
parte di aziende che marciano coperte dalla connivenza e/o l’incompetenza dei
governi, che restano sempre un passo indietro, incapaci di regolamentare
settori di cui alla fine non sanno un bel niente. La faccenda
dell’autoregolamentazione negli USA, è tutta da ridere.
La visione è da consigliare a tutti, molto al di là
del valore del film, da cui avrei voluto più rabbia. È un’occasione di alzare
il velo sulle dinamiche degli eco-mostri e di come vanno le cose, coi tempi
lunghi delle indagini mediche e giudiziarie. Un’occasione per guardare anche i
guai di casa nostra presenti e passati, dall’ex Ilva di Taranto alle terre dei
fuochi in Campania, dall’uranio nell’ex poligono di Quirra in Sardegna, alla diossina
su Seveso in Lombardia.
del valore del film, da cui avrei voluto più rabbia. È un’occasione di alzare
il velo sulle dinamiche degli eco-mostri e di come vanno le cose, coi tempi
lunghi delle indagini mediche e giudiziarie. Un’occasione per guardare anche i
guai di casa nostra presenti e passati, dall’ex Ilva di Taranto alle terre dei
fuochi in Campania, dall’uranio nell’ex poligono di Quirra in Sardegna, alla diossina
su Seveso in Lombardia.
E mentre mettiamo ancora in dubbio la necessità di
ridurre l’uso della plastica, mi viene in mente quella barzelletta
dell’ubriacone che fa le analisi del sangue e tutto spaventato dice all’amico:
“oh, mi hanno trovato tracce di sangue nella birra!”
ridurre l’uso della plastica, mi viene in mente quella barzelletta
dell’ubriacone che fa le analisi del sangue e tutto spaventato dice all’amico:
“oh, mi hanno trovato tracce di sangue nella birra!”
“Cattive acque” riesce quantomeno a rinnovare un
po’ di paranoia del vederci trovare tracce di plastica nel sangue.
po’ di paranoia del vederci trovare tracce di plastica nel sangue.
P.S.: un aggiornamento di servizio. La Bara Volante è stata acquistata dalla DuPont. Questo blog si autodistruggerà in 5 – 4 – 3 – 2 – 1… BOOM!