La tradizione dei Versus
della Bara Volante torna molto utile per farsi largo tra i primi titoli
della produzione Depalmiana, oggi avremmo un duello di lusso per il nuovo
capitolo della rubrica… Life of Brian!
Come abbiamo visto, Murder à la Mod pur essendo stato girato dopo “Oggi sposi” (1969) è stato il primo
film di De Palma ad uscire nelle sale, tra questi due titoli il regista del New
Jersey ha trovato il tempo di mandare a segno un’altra commedia intitolata in
originale “Greetings”, da noi adattata strizzando un po’ l’occhio al suo
seguito con il titolo di “Ciao America!”. Un film scritto, diretto e montato
dal nostro Brian, girato interamente nel Greenwich Village con un budget di
circa trentanove mila fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti e
con almeno un volto molto noto, quello di Robert De Niro, allora signor nessuno
di belle speranze, che arrivava da due ruoli non accreditati a cui De Palma ha
offerto il primo ruolo da protagonista. Segnate una tacca sulla cintura di
Brian.
Come abbiamo visto anche la scorsa settimana, De Palma prima
di scoprire il cinema, era fondamentalmente un nerd con la passione per
costruire radio, circuiti, macchine da presa e ogni altro genere di aggeggio
tecnologico, con il pallino degli omicidi celebri, in particolare quello del
presidente Kennedy. Seguendo il principio “scrivi di quello che conosci”, “Ciao
America!” racconta di tre personaggi, tre amici introdotti nella storia da una
cornice fornita addirittura dal presidente Lyndon B. Johnson che compare in
una delle sue apparizioni televisive, impegnato in un discorso alla nazione.
John Rubin (Robert De Niro) è uno dei tanti “guardoni” della
filmografia di De Palma, la sua passione è riprendere le ragazze che si
spogliano dalle finestre di casa sua e quando gli va bene, essere il regista
dei loro spogliarelli. Paul Shaw (Jonathan Warden) per evitare di essere
mandato in Vietnam è disposto a fare di tutto, mentre Lloyd Clay (Gerrit Graham)
è ossessionato dalla sua volontà di svelare il complotto dietro alla morte di
JFK, insomma questi “tre amigos”, sono tre schegge impazzite, messi insieme più
o meno formano un Brian De Palma (quasi) completo, qui impegnato a portare in
scena le sue passioni, applicate ad una commedia dal tono sempre più satirico,
per certi versi anche sempre più cupo con il passare dei minuti.
Il tono da commedia è garantito dai tentativi dei tre amici
di evitare il Vietnam, che sia cercare di attaccare rissa per strada pur di
potersi presentare alla visita di leva con un occhio nero, oppure di fingersi
omosessuali, vale davvero tutto e De Palma (che lui stesso, si era giocato tutte le carte per non essere spedito laggiù a combattere, lo ha salvato una lettera del medico che attestava una sua allergia, storia vera), qui segue questi tre scoppiati per le
strade di New York, riprendendoli anche a velocità accelerata per sottolineare
la farsa, insomma Brian con Jean-Luc Godard nel cuore in azione.
Ad emergere sono anche tutte le altre passioni del regista
di Newark, infatti in una lunga sequenza, Lloyd invece di intrattenersi con una
bella figliola, la utilizza per provare le sue teorie sulle traiettorie dei
proiettili, galvanizzato dall’aver appena visto Blow-Up vorrebbe fare come il protagonista del film di Antonioni,
insomma tutto possiamo criticare a De Palma, ma non di non essere uno che gioca
a carte scoperte, anche perché di fatto il personaggio di De Niro, con la sua
scopofilia è un Pepping Tom a tutti
gli effetti, quindi Brian è riuscito in un solo film ad omaggiare quasi tutti i
suoi registi di riferimento, ma tranquilli, ha continuato a farlo per tutta la
sua carriera come vedremo nel resto di questa rubrica.
![]() |
Lo ammetto, questa inquadratura piena di libri è per Lucius. |
Per quanto afflitto da una messa in scena ancora acerba, la
riflessione su un’intera nazione è piuttosto acuta, perché “Ciao America!” di
fatto parla di giovani alle prese con una guerra (e un Paese) che non
comprendono. Anche se caratterizzato da momenti volutamente satirici, come De
Niro guardone, arruolato come regista di film porno (girati da De Palma con
grande ironia), la storia parla delle contraddizioni di una nazione in
cui i suoi abitanti provano a fare loro l’idea tutta personale di sogno
americano, per un film che diventa sempre più cupo e meno spiritoso con il
passare dei minuti, fino a quel finale satirico, con De Niro soldato in
Vietnam, che invece di sparare ad una locale in una risaia, la fa spogliare in
favore di telecamera, mentre il discorso alla tv del presidente Lyndon B.
Johnson si conclude con le parole: «… Scusate il nostro modo di vedere l’America»,
tanto per ribadire che si tratta proprio di satira.
Il film si becca più di un divieto ai minori nei cinema in
giro per il mondo, ma va più che discretamente ai botteghini americani, tanto
che finalmente “Oggi sposi” viene sbloccato e trova il modo di arrivare in sala
nel 1969, un paragrafo anche su questo lavoro Depalmiano vi va? Tanto è gratis
che vi frega, di ‘sti tempi!
![]() |
A sinistra il prediletto del regista, Bill Finley a destra, il De Niro più giovane mai messo su pellicola. |
“The Wedding Party” ruota attorno alla prima cerimonia di
famiglia, tenuta a Shelter Island, per permettere al futuro sposo di fare la
conoscenza di tutti i parenti. Lo so cosa state pensando, ma no, non è un
horror, bensì un’altra commedia di De Palma che nel ruolo secondario di Cecil
fa recitare proprio quel Robert De Niro a cui avrebbe lanciato la carriera.
Bisogna dire che in “Oggi sposi” i dialoghi filano che è una meraviglia, ma
siamo ancora in zona De Palma che prova a fare il Godard americano, portando in
scena tutte le tecniche viste nel film del regista francese, dalle
accelerazioni ai momenti “splapstick, che donano al suo film un tocco molto
europeo, però detta fuori dai denti: le commedie di De Palma non sono tra le
tipologie di film che preferisco del regista del New Jersey, specialmente
quando sfoggiano ben poca satira come questo “Oggi sposi” che, però, al
botteghino andò piuttosto bene, perché evidentemente gli altri bipedi della mia
specie amano le commedie (o i matrimoni?) molto più del vostro amichevole
Cassidy di quartiere.
Mentre la casa di produzione West End Productions, cercava
De Palma da tutte le parti per affidargli la regia di un seguito del successo “Ciao
America!”, il nostro dove si trovava? A teatro, perché l’amico Bill Finley (e suo attore feticcio dei primi film) gli
aveva consigliato di assistere all’allestimento underground di Dick Schechner
intitolato “Dionisio nel ’69”, una cosetta che prevede le Baccanti di Euripide
e tanta improvvisazione da parte degli attori, o meglio da parte dei corpi
degli attori, perché siamo in piena zona teatro colto della New York di un
certo livello. Chiaro che a De Palma interessi l’argomento visto che il suo
primo cortometraggio “Icarus” (1960) parlava dell’arrivo del Dio Pan a New
York, ma soprattutto perché riprendendo lo spettacolo, De Palma poteva
improvvisare a sua volta con le tecniche di montaggio, infatti “Dionisio nel
’69” è uno dei primi film dove il nostro Brian utilizza una delle soluzioni
visive che diventeranno uno dei suoi marchi di fabbrica, lo “Split screen”, con
cui dividere salomonicamente a metà lo schermo, per mostrare campo e
controcampo in contemporanea di una scena, oppure semplicemente per
moltiplicare il numero dei punti di vista per lo spettatore. In generale, però,
il film ve lo consiglio solo se siete appassionati di montaggio, se volete
vedere TUTTO di De Palma o se il teatro della scena Newyorkese dei primi anni ’70
è il grande amore della vostra vita.
Per tornare a qualcosa di un pochino più per tutti (un po’
eh?), bisogna attendere il secondo film in cartellone su questa Bara oggi,
ovvero “Hi, Mom!” (1970) che non so come mai, da noi esce proprio così, senza
traduzioni nel titolo e forse perché nel frattempo De Niro era diventato
qualcuno così come De Palma, perché il film è una sorta di seguito diretto di “Ciao
America!”, però tutto concentrato sul personaggio di Robert De Niro tornato
dal Vietnam.
Se con “Ciao America!” De Palma non le aveva mandate a dire,
con “Hi, Mom!” non prende proprio prigionieri, utilizzando come protagonista un
De Niro in versione reduce, dedito al suo ruolo di regista-guardone a tempo
pieno, il film è un mischione che mette insieme tracce di thriller politico,
controinformazione, commedia, giocosi rimandi all’industria dell’Hard-Core in
un calderone che fa il punto di tutte le passioni e ossessioni del regista del
New Jersey.
Jon Rubin questa volta passa le sue giornate a spiare i
vicini di casa che vivono nel palazzo di fronte al suo, primo dei tanti omaggi
di De Palma a La finestra sul cortile,
il regista utilizza le finestre come piccoli schermi, spaccati sulla vita dei
vicini di casa, che sono tutti aspiranti rivoluzionari o donnine allergiche
alle tende e al reggiseno. Mentre Rubin cerca di far fruttare la sua scopofilia
(e non ridete! Questo concetto terrà banco ancora a lungo nel corso della
rubrica) per fare soldi, il massimo che ottiene è finire a dirigere porno, che
sono una sorta di picconata di De Palma ad Hollywood, ma più che altro “Hi,
Mom!” spinge ancora di più sulla satira, di quanto non facesse il film
precedente.
Ad esempio, una luuuuuuunghissima sequenza tutta girata in
16mm, porta in scena un film nel film intitolato “Be black, baby”, dove alcuni
bianchi proveniente dai quartieri alti di New York, provano a calarsi nella
vita delle persone di colore decisamente meno facoltose di loro, in un tripudio
di “Black face” e satira senza tirar via la mano, un tono parodistico in stile
cinéma vérité francese, tutto caratterizzato da macchina da presa a mano e
inquadrature pseudo-realiste, forte anche dell’esperienza di “Dionisio nel ’69”.
Se “Hi, Mom!” vi farà ridere, dipende molto da quanto questa
tipologia di trovate e soluzioni possa essere nelle vostre corde, personalmente
la parte satirica che ho trovato più azzeccata è l’esplosivo (in tutti i sensi)
finale, non voglio rivelarvi troppo nel caso vi venga voglia di vedere il film,
sta di fatto che il corto circuito tra la realtà ripresa da Jon Rubin e quella
raccontata dalla televisione americana, trova il suo apice nel monologo finale
di De Niro che non solo giustifica il titolo del film, ma che è il classico “pezzo
di bravura” dell’attore, che De Palma qui prende, impacchetta e consegna
direttamente all’amico e collega Martin Scorsese, forse anche con un bel fiocco
regalo, perché la figura del reduce sociopatico interpretata da De Niro esce
direttamente da “Hi, Mom!” per salire sul taxi di Travis Bickle di “Taxi Driver”
(1976), considerato che tutti i registi della New Hollywood andavano spesso a
cena insieme, tra tutte quelle notevoli teste devono esserci stati parecchi
scambi ad alto livello come questo.
Visto che sono lanciato, volete sapere qualcosa anche
dell’ultimo film della lunga gavetta di Brian De Palma? S’intitola “Conosci il
tuo coniglio” (1972) e se ve lo state chiedendo sì, esiste davvero un film con
un titolo così. Per certi versi il film dimenticato di De Palma, un’altra commedia
spiritosa e leggera con protagonista Tom Smothers, celebre comico in fuga dal piccolo schermo, per alcune sue battute un po’ troppo politiche (che poi vuol dire, troppo di sinistra) sul Vietnam. La storia pare quasi autobiografica per De Palma, il personaggio di Tom Smothers molla un lavoro d’ufficio per inseguire il sogno di diventare un mago danzerino, sostituite il mago con la voglia di De Palma di fare grandi film, come il suo amico Steven e il gioco è fatto.
Impreziosita dalla presenza di Orson Welles, impegnato in
un numero di tip tap prima di ruzzolare giù dal palco dentro un enorme sacco
dorato, giusto per darvi un’idea del tipo di umorismo del film, ma anche dei
nomi non proprio da poco che il nostro Brian si è ritrovato a dirigere in
carriera. Ve lo immaginate Brian poco più che trentenne, costretto a far ripetere la scena a Welles, che si rifiutava di imparare i dialoghi a memoria e riempiva il set di bigliettini come uno studente svogliato a scuola (storia vera).
Il film tecnicamente non è da buttar via, De Palma si
gioca tutto il repertorio, “Split screen”, ma anche un lungo piano sequenza
davvero notevole, peccato che le commedie Depalmiane non abbiano mai avuto l’esplosività
degli altri suoi film, anche se il regista ci ha sempre tenuto molto visto che ne
ha dirette proprio tante, anche se qui il motivo dell’insuccesso del film (e
del successivo oblio) è tutto dovuto a dissidi con la produzione, più che
alla poca esperienza di De Palma che a questo punto della carriera, era giù il
più tecnico di tutti i registi della New Hollywood, ma che non ha mai nascosto che con”Get to know your rabbit” si è limitato un po’ troppo a seguire la storia, senza imprimere davvero il suo stile cosa che, per altro, fece stancare presto Tom Smothers, capace di sparire anche per quattro giorni di fila lasciando le riprese al palo. La produzione ha voluto
alterare completamente il finale del film, la solita Warner Brothers aveva
voluto De Palma dopo il successo di “Oggi sposi” ed insieme a Spielberg lo considerava uno dei suoi ragazzi prodigio, ma poi gli ha legato le mani… Insomma, una storia vecchia quanto Hollywood che, però, è stata solo altro
materiale da romanzo per il regista del New Jersey, che a questo punto era
pronto a spiccare il volo, come? Con un horror!
Ohhh! Finalmente dal prossimo capitolo di questa rubrica,
si torna in piena zona Bara Volante pronti a fare sul serio, perché malgrado i
buoni risultati al botteghino delle sue commedie satiriche, è con il cinema di
genere che De Palma è diventato uno dei Maestri, eppure ci tenevo a questa
panoramica, spero abbastanza approfondita su tutta la prima nutrita porzione
della carriera del buon vecchio Brian, perché qui sono state gettate basi molto
importanti, che terranno banco fino alla fine della rubrica, ve lo ripeto: sarà
una maratona, risparmiate il fiato che vi servirà fin dalla prossima settimane,
tra sette giorni qui, con il prossimo capitolo della rubrica, anche se siete
figli unici.