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Clerks (1994): come eravamo (scemi)

Si fa sempre un gran parlare dei film a basso budget che sbancano i botteghini, Jason Blum ci ha costruito un impero su questa strategia, ma da questo punto di vista nessuno potrà mai battere “Clerks”, il film d’esordio di Kevin Smith ancora oggi il più indipendente di tutti i film indipendenti.

Kevin Smith è nato a cresciuto in quel microcosmo che è il New Jersey che fisicamente starà anche ad un tiro di schioppo di New York, ma potrebbe essere lontano quanto Marte dalla Grande Mela. Come tutti i ragazzi di provincia che si rispettino, va pazzo per lo sport (nel suo caso l’Hockey) e i fumetti, inoltre, è sempre stato un convinto liberale malgrado la sua fortissima formazione cattolica, che emerge, ad esempio, nei ringraziamenti dei suoi film e siccome do per scontato che anche voi li leggiate tutti fino all’ultimo strambo simbolo che scorre sullo schermo, Kevin Smith di solito li comincia sempre con un ringraziamento a Dio e poi continua con cosette altrettanto importanti, ad esempio nei ringraziamenti di “Clerks” si becca un grazie anche tale Walt, responsabile di aver prestato a Smith una copia di Il ritorno del Cavaliere Oscuro.

Ma se questo capolavoro (nonché film di culto per almeno un paio di generazioni) esiste per davvero, dobbiamo ringraziare proprio i fumetti, perché pur di raggranellare i 27.275 dollari necessari a girarlo, Kevin ha venduto la preziosissima collezione di fumetti e per non farsi mancare proprio niente, ha anche organizzato una mezza truffa alla compagnia di assicurazioni, dichiarando scomparsa la sua macchina (storia vera).

Silent Bob Kevin Smith durante le riprese (la faccia è quella di chi soffre ancora per la sua collezione di fumetti)

Un film letteralmente fatto in casa, “Clerks”, basta dire che la signora che controlla le scadenze del latte è la mamma di Smith, mentre Lisa Spoonhauer che recitava in piccoli spettacoli teatrali nella sua scuola e che qui interpreta Caitlin è stata avvicinanta da Smith con la più classica delle domande: «Vuoi recitare in un film?» (risposta: «Sì, se non è un porno». Storia vera).

“Clerks” incarna alla perfezione l’antico adagio “scrivi di quello che conosci” lo fa così bene che il Quick Stop Groceries, il piccolo negozietto dove lavora il protagonista Dante Hicks (Brian O’Halloran) era lo stesso negozio dove lavorava come commesso anche Kevin Smith, infatti il film è stato girato in ventuno giorni, durate l’orario di chiusura del negozio, dalle 10.30 alle 5.30, con buona pace della sanità mentale di Smith che alla fine di questa maratona suicida di commesso regista, era una specie di straccio affetto da narcolessia (storia vera).

Open all night, come direbbe un altro signore del New Jersey.

Smith si è davvero giocato il tutto per tutto con questo film, consapevole che in caso di disfatta avrebbe pagato debiti per una vita intera, ci ha voluto mettere la faccia a tutti i costi, originariamente, infatti, avrebbe dovuto interpretare il personaggio di Randal (che non a caso ha tutte le battute migliori del film), salvo poi decidere di mettere il ruolo in cassaforte affidandolo alla faccia da schiaffi di Jeff Anderson e ritagliandosi per lui il ruolo (quasi) muto di Silent Bob, considerando la strada fatta da lui e dal suo storico compare Jayla migliore decisione della vita di Smith.

Profeti di vita, maestri di stile e classe, modelli di ispirazione: Jay & Silent Bob!

Persino una delle caratteristiche principali della pellicola (il bianco e nero con cui è stata girata) è stata una scelta obbligata per Smith, dettata dalla semplice mancanza di fondi, il montaggio e la post produzione di una pellicola a colori sarebbero costati una follia per le tasche dell’aspirante regista, eppure è stata una di quelle scelte che ha contribuito non solo a rendere questo film mitico, ma anche del tutto unico nel suo genere. Basta dire che alla Miramax decisero di distribuirlo, quando uno dei dirigenti scoppiò in una crisi incontrollata di risate, leggendo la battuta «In fila?» riferita ai famigerati 37 (storia vera). Considerando il contenuto della mitica battuta e il fatto che i fratelli Weinstein fossero a capo della Miramax è qualcosa che con il senno di poi rientra nella distorta mistica di questa strambissima pellicola.

Quando pensate di aver ricevuto una brutta notizia ripetetevi: 37. Tre-Sette. Vedrete, dopo vi sentirete subito sollevati.

Sì, perché il problema con “Clerks” è sempre più o meno lo stesso, vi sarà capitato di conoscere qualcuno che ve ne ha parlato più o meno in termini del più grande film della storia o giù di lì. Io, ad esempio, quando incontro qualcuno che mi dice di non averlo mai visto, allargo le braccia tipo statua del Cristo Redentore in Brasile (per fare un paragone che a Smith forse piacerebbe) e scuoto il capo. Il problema davanti ad un film così, però, è molto chiaro: qualcuno semplicemente non lo trova all’altezza della sua fama, non ne capisce l’umorismo oppure la profondità che sta dietro le battutacce e i deliri su Guerre Stellari. Altri, invece, fin dalla prima visione, lo guardano, si riconoscono e ne fanno uno dei loro film della vita. Per me è sempre stato così fin dalla prima visione laggiù da qualche parte durante gli anni ’90, infatti sono molto felice di aggiungerlo alla mia collezione di Classidy!

“Clerks” si muove snello e agile tra momenti tutti da ridere di puro culto (sono anni che aspetto un film solista su Olaf, il cantante Metal russo, ogni tanto mi canto anche “Berserker” da solo. Storia vera) e gli abissi di depressione di Dante in cui prima o poi ci siamo ritrovati tutti, venendone fuori nei modi più disparati, anche con le lezioni di vita alla Randal («Il ruolo non determina il comportamento»), inquadrando alla perfezione una o due generazioni che non esito a definire analogiche.

Vi prego fermatemi, altrimenti potrei mettermi a cantarla insieme ad Olaf.

Tutti quelli che sono cresciuti procacciandosi i film in polverose videoteche non potranno non riconoscersi nei personaggi del film, perché il grande merito di Kevin Smith è stato quello di essere così brutalmente onesto nel rappresentare se stesso e il suo mondo, in modo che altri potessero riconoscersi. Parliamo di una generazione che aveva solo tre film di Guerre Stellari (quelli giusti) e che quei tre film li ha visti, rivisti, studiati con una rispetto e un amore quasi religioso, quando farlo NON era affatto la normalità quotidiana e tantomeno qualcosa di popolare, ma comunque qualcosa di sentito, il dibattito sui soldati Imperiali nella Morte Nera, oppure il lungo chiacchierare se sia meglio L’Impero oppure Il ritorno dello Jedi, è qualcosa in cui qualcuno con l’età giusta, si potrà tranquillamente riconoscere.

Quando Guerre Stellari era il metro di paragone per la vita (e non si chiamava ancora Star Wars)

Prima che tutti fossero Nerd (o Geek), Kevin Smith portava in scena una generazione precaria in tutto, nel lavoro, in amore e, a ben guardare, anche nell’umore. Un film perfettamente in linea con la sua colonna sonora da cui spiccano il grunge degli Alice in Chains e il rock alternativo dei Soul Asylum e se per caso vi foste mai chiesti come sarebbe stato “Clerks” se Smith avesse avuto i soldi per la pellicola a colori, guardatevi il video da lui diretto per la canzone “Can’t Even Tell”.

“Clerks” ti trascina di peso in un mondo dove ragazzi normali affrontano problemi quotidiani, che siano di cuore o lavorativi immersi in questo bianco e nero che ad una prima occhiata non ha nulla da spartire con un decennio colorato come gli anni ’90, però ad una seconda analisi, è anche l’unico (non) colore giusto per inquadrare un periodo in cui se non avevi l’approccio sfacciato e menefreghista di Randal, eri di sicuro un depresso cronico come Dante. La ricostruzione delle vita quotidiana di un commesso, poi, è puro neorealismo (e qui il bianco e nero torna di nuovo buono) perché chi abbia mai lavorato ad un videonoleggio, al bancone di un bar, o più in generale a contatto con il pubblico, avrà sicuramente da raccontare tante di quelle storielle assurde come quelle che popolano il film («Questo sarebbe anche un bel lavoro se non fosse per i clienti»). “Clerks” è un perfetto “Come eravamo” per la generazione cresciuta negli anni ’90, anzi per la precisione un “Come eravamo scemi”, visto che quando si tratta di mettere del Guacamole su quelle storielle e far ridere, “Clerks” non prende davvero prigionieri!

«E pensare che io neanche ci dovevo venire sulla Bara Volante oggi»

Il silenzioso incontro erotico in bagno di Caitlin. La partita di Hockey e il funerale più brevi della storia, la conta delle ex fidanzate, potete solo scegliere il vostro momento preferito del film e sappiate che ci è andata anche piuttosto bene, perché l’allora 24enne Kevin Smith, non sapendo come terminare la pellicola, originariamente aveva optato per una conclusione tragica in cui Dante veniva ucciso da un rapinatore, «Una serie di finali duri uno appresso all’altro» per citare le parole del personaggio che, per fortuna, è stato scartato dopo le prime proiezioni preliminari, ma che trovate nei contenuti speciali del DVD del film (storia vera).

«Fidati Dante, hai schivato proprio una bella pallottola, lasciatelo dire»

No, per me “Clerks” è un film che a guadarlo sembra un continuo chiacchiericcio, una di quelle pellicole che rischia di farti cadere nella trappola facile del «Eh, vabbè, ma un film così lo giro anche io nel fine settimana con gli amici!», ma che come tutte le cose veramente complicate da ottenere, sembra facile solo ad una prima occhiata, tanto che potremmo dire, senza risultare acidi, che lo stesso Smith non è mai più arrivato a queste vette.

“Clerks” ha la profondità della leggerezza, è il film di un 24enne per nulla spensierato, abbastanza scemo, ma anche in grado di darti il consiglio giusto quando ne hai bisogno parlandoti con onestà, insomma è la versione cinematografica dell’amico che avreste sempre voluto ai tempi, oppure se avevate la testa abbastanza sulle spalle, di come eravate voi allora, infatti il suo finale è un crescendo perfetto che pare interrompersi di colpo, quando partono i titoli di coda, ogni volta che rivedo il film (e lo faccio piuttosto spesso) resto stupito perché è strano uscire dalla vite dei protagonisti, quando ormai li conosciamo così bene e ci siamo identificati in loro. Basta dire che a casa Cassidy il “passo del bandito” di Randal è un classico in cui il vostro affezionatissimo si esibisce ad ogni piè sospinto (storia vera).

Per casa Cassidy ci si muove solo così (storia vera)

Il film d’esordio di Kevin Smith ha dato vita ad una serie di personaggi che dal 1994 popolano l’universo noto come View Askewniverse, un’idea del tutto fumettistica che poteva venire in mente solo ad uno cresciuto a pane e fumetti (per altro ben PRIMA che lo facesse la Marvel al cinema) e se vi siete agitati come me alla notizia, sappiate che grazie all’incasso di tre milioni di dollari e al successo del film, Kevin Smith non solo è riuscito a ricomprarsi la collezione di fumetti, ma è arrivato a scrivere anche parecchie storie per Marvel e Distinta Concorrenza (storia vera).

Anche se “Clerks” resterà sempre il suo più grande capolavoro, sentito ed estemporaneo come un consiglio di Silent Bob: “Perché da’ retta, il mondo è pieno di belle donne, ma non tutte ti portano le lasagne da casa, più che altro ti fanno le corna e basta”. Inoltre, a volte, è meglio un film sgangherato in bianco e nero che ti ricorda com’eri (scemo) piuttosto che uno bellissimo a colori dove non c’è nulla. No, anzi: a che serve un piatto se non c’è un bel cazzo dentro? Vabbè, ma io che ne so anzi ora me ne vado da questa Bara Volante… Arriva il bandito, un tipo tremendo che sa quel che vuole…

 
«Andiamo Linguasecca, ne ho abbastanza di questa Bara piena di banditi!»
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