Home » Recensioni » Climax (2019): Qualcuno ha messo qualcosa nel mio drink

Climax (2019): Qualcuno ha messo qualcosa nel mio drink

Ormai ho visto questo film da qualche tempo, ma per svariate
ragioni continuavo a non aver tempo per scriverne. Per fortuna qualcuno è anche
più lento di me, la distribuzione italiana che con i suoi tempi si è finalmente
decisa a farlo uscire in sala, quindi questo sa tanto di ultima chiamata per il
vostro amichevole Cassidy di quartiere. Ma se Gaspar Noé può iniziare il suo
film in musica io faccio lo stesso!


Ormai avrete letto ogni genere di commento e recensione
seria sul film di Gaspar Noé, quindi mi gioco la mia carta in un altro modo,
facendo il giro, partiamo da quello che non riesco proprio a sopportare qualche
leggo un pezzo che parla di cinema. Oh! Non ne faccio una questione di capacità
oppure di conoscenza della materia, su quello posso solo prendere lezioni da
quasi tutti, intendo proprio quelle espressioni che mi fanno venire voglia di smettere
di leggere subito.
Ad esempio, appena leggo “Un cinema che implode” di solito cambio
lettura, specialmente quando associato a qualche film di Michael Bay giusto per
fare il nome di uno che “esplode” le cose. Un’altra cosetta che proprio non
riesco a digerire è quando qualcuno se ne esce con “Più che cinema d’azione e
un cinema di azioni”, ecco questa è la truffa con cui cercano di farvi credere
che non ci sia differenza tra Margherita Buy e Iko Uwais.
Ma la mia preferita in assoluto, quella che vince il premio
delle mie espressioni del cuore è senza ombra di dubbio: “un cinema di corpi”. Ormai
lo fiuto nell’aria quando quella combinazione di quattro parole sta per
presentarsi allineate a formare il disastro, ecco “Climax” è un film dove i
critici seri, quelli con la pipa e gli occhiali, si saranno esibiti in questa
specialità. Oh non che io le abbia lette proprio tutte le recensioni su questo film, anzi quelle che ho
letto ve le consiglio, e visto che ho iniziato con i Ramones continuo allo
stesso modo: One! Two! Three! Four!

Dopo la mousse di salmone, ora bisogna stare in guardia anche alla sangria di Jerry Garcia.

Da che parte cominciare? Da quando qualcuno sciolse dell’LSD
nel bicchiere del batterista dei Ramones dandogli l’idea per il pezzo? Da
prima? Dal fatto che “Climax” è liberamente ispirato ad un fatto di cronaca
avvenuto in Francia, in cui qualche buontempone ha fatto lo stesso durante una
festa studentesca? Ma poi io dico, chi è che ha tutto questo LSD che avanza da
lanciare nelle bevande altrui? Sarà che da dove vengo io, chi ha della droga la
consuma e basta senza donarla ai quattro venti, ma ho un’idea di umorismo
diverso io, uno che non precede gente che va in acido inconsapevolmente.

Sto facendo troppo casino? Si avete ragione, ma tranquilli
perché tanto Gaspar Noé in “Climax” scombina le carte ancora di più, ad esempio
inizia il film con i titoli di coda, salvo poi tornare indietro e presentare i
protagonisti uno alla volta, in una serie di “video interviste” trasmesse da una vecchia televisione circondata da alcuni libri, tra cui quelli del filosofo Emil Cioran, ma anche da un
paio di VHS di film di Luis Buñuel e Dario Argento, giusto per mettere
in chiaro quali sono i punti cardinali di questa pellicola: l’ultra pessimismo del
rumeno, la satira che puoi tirare fuori da tanti protagonisti in una sola
stanza del messicano e il sangue dell’Italiano. Lo so detta così sembra una
barzelletta, ma vi assicuro che “Climax” non fa ridere per niente, anzi.

I protagonisti sono tutti ballerini francesi, insieme per
tre giorni di prove, chiusi in un collegio in disuso nel bel mezzo della
foresta in pieno inverno, insomma più isolati di così si può essere solo smettendo di pagare le bollette. Il tempo viene impiegato perfezionando la loro coreografia, ed
è proprio così che Gaspar Noé comincia, cinque minuti senza pausa di coreografia
ballerina, sulle note di un pezzo martellante e sincopato che francamente, è un
po’ fuori dal mio campo da gioco musicale per dirvi anche il titolo. Ma la
scena va a segno lo stesso diventando ipnotica per due ragioni: la prima sono i
movimenti di macchina da presa di Noè, la seconda la mora con i capelli a caschetto
e il vestito nero. Che ci volete fare, sono un’amante dell’arte.

Mi state ancora leggendo, oppure state guardando la ragazza con il vestito rosso nero? (Quasi-cit.)

Con un inizio così, capirete anche voi che il rischio di
leggere “un cinema di corpi” nelle recensioni serie è altissimo, ma da qui in
poi la faccenda non migliore, anzi peggiora. Si perché i restanti 90 minuti di
film si dividono in parecchi piani sequenza con cui il regista di “Irréversible”
(2002) e “Enter the Void” (2010) segue i suoi giovani protagonisti, lasciando
che siano loro a raccontarti un po’ della loro vita. Quindi abbiamo la ragazza
madre, l’erotomane che si farebbe qualunque cosa che respira nella stanza e
tutta la compagnia (ballante) tra cui spicca una che la ballerina l’ha fatta davvero, per quindici anni prima di dedicarsi al cinema, ovvero Sofia Boutella. Anche
qui, sulla faccenda dei corpi ci sarebbe da discutere ma cerchiamo di stare
seri ok? Cioè lo dico a me, più che a voi.

La tentazione è quella di etichettare il tutto come l’ennesimo
esercizio di stile di un regista che qui si diverte molto con la sua macchina
da presa ballerina e i piani sequenza infiniti, ma complice l’inizio ipnotico e
la naturalezza della compagnia di ballo, si prosegue anche solo per capire dove
quel matto di Gaspar Noé voglia andare a parare questa volta.

“Cosa ci fa una bella ragazza com…”, “Scusa mi passi la sangria? Meglio di questo approccio”

Si perché presto – beh diciamo abbastanza presto – Sofia
Boutella come Joey Ramone nel pezzo lassù, si rende conto che qualcuno ha messo
qualcosa nei loro drink e la situazione inizia ad andare decisamente a rotoli.
Se nei primi 45 minuti di film Noè ci ha fatto conoscere un po’ i personaggi,
negli altri 45 continuerà a seguirli mentre allegramente vanno all’inferno.

Qualcuno perde il figlio con aumento esponenziale dell’ansia
(sua e nostra), altri verranno presi di mira, qualcuno si accoltella da solo
senza pietà, e mentre qualcuno muore come in un “Darwin Award” provocato dall’LSD,
qualche personaggio esplora la propria sessualità anche con chi da sano non
penserebbe mai, o forse non dovrebbe proprio.
Il massacro si consuma sotto i nostri occhi di spettatori
che tutto sommato abbiamo più o meno la stessa possibilità di fermare la
follia, dei personaggi che nel film ne sono travolti, perché nessuno dei
protagonista ha più la capacità (mentale) di dare il giusto peso alle azioni
che sta compiendo, sono passati da una danza organizzata e bellissima, ad un
mucchio di ballerini che ormai di aggraziato non hanno davvero più niente. Le
sentite anche voi aleggiare nell’aria quelle quattro parole di cui parlavo
prima? Ve lo avevo detto che con questo film il rischio era altissimo.

“Non mi sento tanto bene”, “Hai mangiato la mousse di salmone?”

Ma a colpirmi sono altre parole, tre in particolare, a cui Gaspar
Noé da parecchia enfasi visto che le mostra all’inizio davanti ad un bel
bandierone blu, bianco e rosso: “Un film francese”.

Tre parole che mettono in chiaro gli intenti satirici del
regista, un modo di puntare il dito contro una società in cui fuori, siamo tutti
coordinati e di bell’aspetto, ma basta davvero niente, anche un quadratino di
LSD per tirare fuori la bestia sotto la pelle.
Visto che di ballo moderno non ci capisco nulla, e della
colonna sonora scelta da Noè ancora meno, nel tentativo di aggrapparmi a
qualcosa mentre il regista mi tirava verso il fondo, ho iniziato a pensare a
tutti i film simili a “Climax” (nomen omen) in cui metti insieme dell’umanità
in una sola stanza, agita un po’ e aspetta di vedere il massacro che ne verrà
fuori, non sono certo pochi a ben pensarci, ma se escludiamo cose da un altro mondo a fare da catalizzatore, i titoli a cui ho pensato sono “Deliria” (1987) di
Michele Soavi dove a venire uccisi erano un gruppo di attori chiusi in un
vecchio teatro, ma anche Il demone sotto la pelle di Cronenberg, uno che aveva permesso ai suoi personaggi sullo
schermo di liberarsi di tutte le inibizioni, almeno prima di Noé.

Quando urli in discoteca per farti sentire (di solito quando finisce la musica)

Singolare poi che nell’uso del rosso predominante, della danza e del sangue senza tirar via la mano, “Climax” abbia dentro di sé qualcosa del citato Dario Argento, il tutto a breve distanza dall’altrettanto danzante versione di Luca Guadagnino, ora dovrei chiudere il paragrafo dicendo qualcosa di intelligente citando che so “Scarpette rosse” (1948), ma l’unica cosa che riesco a pensare è che il cinema ha confermato che la danza è praticamente uno sport estremo, se avete bambini e bambine che vorrebbero praticare, dirottateli sul Judo, su quello il cinema non si é ancora espresso davvero.

Insomma, non posso certo dire di essere andato pazzo per
tutti i film del buon Gaspar, ma questo malgrado tutto, rientra nelle mie corde proprio perché
è un horror a tutti gli effetti, anche uno di quelli particolarmente nichilisti
che di solito mi attraggono. Facciamo così papà Noè, la prossima volta mettici
i Ramones e magari io e te potremmo, non dico diventare grandi amici, ma almeno
uscire a bere qualcosa, offri tu. Anzi no guarda, me lo porto da casa perché
con te non si sa mai cosa può finirmi nel bicchiere.
0 0 voti
Voto Articolo
Iscriviti
Notificami
guest
0 Commenti
Più votati
Recenti Più Vecchi
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Film del Giorno

L’uomo che non c’era (2001): il principio di indeterminazione dei fratelli Coen

Capelli. Cadono, crescono, vengono tagliati, imbiancano, continuano a crescere anche dopo la morte ed è solo una delle informazioni che ti restano addosso, come i capelli tagliati, quando arrivi ai [...]
Vai al Migliore del Giorno
Categorie
Recensioni Film Horror I Classidy Monografie Recensioni di Serie Recensioni di Fumetti Recensioni di Libri
Chi Scrive sulla Bara?
@2025 La Bara Volante

Creato con orrore 💀 da contentI Marketing