Sembra incredibile ma per me è abbastanza complicato scrivere di questo film, o per lo meno è complicato non far trasparire subito l’enorme delusione di un titolo che, complice la bizzarra distribuzione di uno strambo Paese a forma di scarpa, abbiamo aspettato per poter vedere più del necessario.
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La mia condizione nelle ultime settimane (storia vera) |
Per certi versi sembrano tornato i tempi di “Snakes on a Plane” (2006), con la differenza che questa volta la lezione è stata assimilata, il film con Samuel L. Jackson ha cercato consensi (e finanziamenti) in rete prima di esistere per davvero, quando poi è arrivato in sala la gente si era già stancata di un soggetto scemo che è stato virale per un paio di settimane, che per i tempi dei social-così equivale ad un’era geologica, anche se poi a ben guardare è più o meno la durata della carriera di Jeremy Lin nella NBA.
Quei due genietti di Phil Lord e Christopher Miller bisogna dire che sanno davvero fare il loro lavoro, i papà di Lego Movie e di quel gioiellino dello Spider-Man animato non hanno ripetuto l’errore di “Snakes on a Plane”, hanno iniziato a pubblicizzare il film quando lo avevano già per le mani. Poi in uno strambo Paese a forma di scarpa ci abbiamo messo del nostro, ma mi piace pensare che sia stato solo grazie all’intervento provvidenziale di Doppiaggi Italioti se il film non è uscito anche da noi con il titolo originale (impaginato male nella prima locandina) di “Cocaine Bear”, perdere l’occasione per intitolarlo “Cocainorso” sarebbe stato perdere l’unica trovata davvero riuscita del film, perché ammettiamolo, un film che si chiama “COCAINORSO” io lo voglio vedere ieri! Anche se la nostra distribuzione ci ha fatto attendere due mesi extra, così, tanto per gradire.
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Il 19 dicembre del 2022 Doppiaggi Italioti aveva già capito tutto, prima di tutti. |
Purtroppo il soggetto scemo alla base della storia e l’adattamento italiano del titolo restano davvero le uniche carte tra le zampe di questo orsetto con il naso ad aspirapolvere, Lord e Miller inizialmente volevano affidare la regia ai Radio Silence, che ammettiamolo, sarebbero stati una scelta ben migliore visto che sangue ed esagerazione sono la loro cifra stilistica. Ma visto che Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett erano già impegnati con Scream i due produttori si sono messi alla ricerca di qualcun’altra per la regia, trovando Elizabeth Banks rimasta a spasso.
Ora, io ci tengo a sottolinearlo, ho sempre apprezzato molto Elisabetta Banche, una che in carriera ha dovuto mandar giù tutto il maschilismo dei film di Seth Rogen e che ha fatto davvero tutta la gavetta, ma come regista non capisco dove voglia andare a parare. Vi ricordate quando, dopo aver raccolto risate al botteghino con quella robetta di Charlie’s Angels, faceva tutta la femminista sostenendo che ai maschi non piacciono i film d’azione con le donne? (Che madornale cazzata hai detto Lizzy!), bene per promuovere “Cocaine Bear” si è trasformata in Masha e Orso con la disperazione di chi sa che un altro flop al botteghino per lei, avrebbe voluto dire la fine della sua carriera da regista.
Per fortuna Lord e Miller hanno azzeccato i tempi, quindi “Cocaine Bear” negli Stati Uniti è andato piuttosto bene, al netto di un budget di circa trenta milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, ne ha portati a casa poco meno di ottanta aprendo le danze a possibili seguiti, in cui già si vocifera di squali sniffoni o di coccodrilli sotto metanfetamina, insomma la conferma di quello che già sapevamo da tempo: il cinema di serie Z ha vinto.
Soggetti che una volta erano saldamente in mano all’Asylum, oggi vengono prodotti da Hollywood, con fior fiori di soldoni e nomi coinvolti, tanto che uno dei motivi di interesse di “Cocaine Bear” era vedere per l’ultima volta sul grande schermo il compianto Ray Liotta, da “Bravoragazzo” a papà magheggione, spacciatore e implicato con i colombiani.
I pareri più popolari su “Cocainorso” sono a fuoco ma fateci caso, sempre gli stessi, le penne stipendiate parlano di un film che mantiene quello che promette e che non si prende sul serio, ma ci mancherebbe aggiungo io! Quando il tuo soggetto di partenza è la storia di un orso strafatto di coca che ammazza la gente, ci mancherebbe trasformare la storia in altro o peggio, in un serio dramma, anche se qualche “cinefilo influencer” (non farò i nomi) si è prodigato a vendere “Cocainorso” come un vero film e non uno Sharknado qualunque, sbagliando clamorosamente, perché almeno Anthony C. Ferrante spendeva quattro spicci per strizzare fuori dal suo soggetto scemo ogni possibile trovata comica, “Cocainorso” non riesce a fare nemmeno quello.
Il nostro “Coca, fratello orso” è basato su una storia vera avvenuta a metà degli anni ’80, pare che un orso nero americano abbia mangiato 40Kg di cocaina purissima gettata da un aereo di qualche narcotrafficante colombiano in fuga, per morire tra atroci sofferenze poco dopo. Ovviamente questo ha generato una leggenda urbana e un culto intorno all’orso soprannominato Pablo Eskobear su cui è basato il film che inizia proprio così, sulle note di “Jane” dei Jefferson Starship e con una bella frase (fonte Wikipedia, malgrado il film sia ambientato nel 1985) per ricordarci che gli orsi non attaccano, tanto per evitare possibili polemiche con gli ambientalisti anche se ve lo dico, se la fonte migliore che riesci a citare è la celebre enciclopedia in rete, questo già vi dice di quanto sia accurato il film, inoltre nel frattempo, in uno strambo Paese a forma di scarpa, la questione orsi è diventata tristemente reale, quindi la popolarità di questo film continua ad auto promuoversi in rete, anche nei modi più tragici.
Per tutta la prima parte “Cocaine Bear” non fa che presentare personaggi e mettere in mostra il suo orso in CGI ben fatta ma del tutto irrealistica, nemmeno per un momento si corre il rischio di scambiare il nostro Winnie the pusher per un vero ungulato, quindi è impossibile considerarlo davvero una minaccia. Certo, poi la storia si prodiga a mostrarci l’animale fuori come un pinolo, mentre prende a testate alberi, smascella, fiuta l’aria in cerca di coca come uno Yuppie di Wall Street degli anni ’80, oppure mentre aggredisce l’escursionista Kristofer Hivju, il rosso barbuto di Giocotrono.
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«Ma quell’orso sta sniffando? Una volta rubavano solo i cestini», «Forse li rubavano per comprarsi la droga» |
Archiviato immediatamente l’orso come possibile minaccia, il film inizia la sua girandola di personaggi, abbiamo la mamma single in tuta rosa Keri Russell, abbiamo lo sgherro O’Shea Jackson Jr. impegnato a recuperare i panetti di droga scomparsi e il suo compare Alden Ehrenreich, depresso per un lutto e figlio dello spaccino con occhiali a goccia Ray Liotta. In un tentativo di trama “tarantiniana” questi personaggi senza apparenti legami, si ritroveranno tutti alle prese con il fattone peloso di tre quintali, anche se è tutto veramente abbozzato e raccontato a tirar via, un esempio?
Una storia così ha bisogno di un poliziotto, qui lo interpreta il mitico Isiah Whitlock Jr. che è famosissimo per la sua celebre «Shiiiiiiiiit!», bene, Elizabeth Banks qui trova il modo di NON fargliela pronunciare anche se il suo personaggio avrebbe trecento occasioni per farlo. Il massimo della gag del personaggio è la sua fissa per la sua cagnetta Rosette, una trovata che in teoria dovrebbe far ridere, ma che personalmente ho trovato sensata solo quando ad un certo punto è Alden Ehrenreich a prendere in braccio questa cagnetta. Si vede che il suo destino è quello di recitare insieme ad un facente funzione di Chewbacca.
Per dirvi che mi sono divertito, dovrei mentirvi e non è mia abitudine, mi avessero attaccato gli elettrodi al petto, il mio elettrocardiogramma della risata sarebbe stato piatto per tutti i 95 minuti di durata, per fortuna pochi. Quello che di fatto poteva essere un riuscito sketch del Saturday Night Live, viene stiracchiato fino alla durata canonica per un film o meglio, un episodio di un cartone animato di Adult Swim, visto che l’orso è talmente poco credibile, che se fosse stato animato in 2D sarebbe stata la stessa cosa, se non addirittura più credibile come cartone animato, visto che Elizabeth Banks è un pesce fuori d’acqua.
Non è chiaro perché nei primi minuti del film l’orso attacchi restando fuori scena, come una brutta copia di Bruce, in altri momenti invece, il montaggio è talmente brutale che appena una scena sta per diventare interessante, Lizzy Banks stacca per mostrarci altri personaggi in cerca di coca spezzando completamente il ritmo. Per tacere dei momenti in cui sarebbe logico per l’orso attaccare, invece in modo del tutto non sensato, resta fermo a farsi colpire o peggio, fa cose idiote che non fanno assolutamente ridere, tipo addormentarsi sopra Alden Ehrenreich o ballare? Ma dovrebbe far ridere ‘sta roba? Bah! Forse Elisabetta Banche ha passato troppo tempo con Seth Rogen, perché l’umorismo è anche peggio di quello delle commedie a base di THC di Seth Rogen, pensare che una volta i “Cocaine movie” (cit.) avevano beh, tutto un altro tiro.
Ora, badate bene, io sono anche contento che non si siano presi sul serio, con un soggetto così sarebbe stato grottesco, anche se nel finale entra in azione il “Tarallucciatore” (ovvero la capacità di far finire una storia a tarallucci e vino), quindi pericolosamente vicino al prendersi sul serio, insomma il degno brutto finale di questo film di rara inutilità. Però voglio dire, tu puoi avere un soggetto pazzo e sfruttarlo in modo spiritoso, però “Cocaine Bear” è un film pavido, che non sa nemmeno cosa vuole essere, se davvero fosse stato affidato a Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, per lo meno le scene sanguinolente avrebbero avuto un senso, i momenti di tensione sarebbero stati tali, qui Elizabeth Banks ha avuto la botta di culo di ritrovarsi per le mani un soggetto che con i tempi giusti, aveva dettato abbastanza ilarità in rete da tradursi in biglietti staccati nelle sale, ma anche di poter contare sul visto censura, molto permissimo delle commedie.
Quindi si, la scena migliore (ma ci vuole davvero poco) di “Cocainorso” sfrutta l’ironia di fondo di avere un pezzo famoso dei Depeche Mode in sottofondo, per una fuga in ambulanza che è un trionfo di CGI medio/scarsa, dove tutto è posticcio, anche il sangue che non manca per fortuna, ma il risultato è una scena caciarona in grado di colpire solo chi non è abituato a vedere emoglobina nei film, quindi anche da questo punto di vista “Cocainorso” è una delusione.
Ribadisco, nessuno più di me ama un soggetto scemo e folle portato alle estreme conseguenze, ma un B-Movie con i soldi come questo lo trovo irritante è basta, perché mette in chiaro che Hollywood stia raschiando il fondo del barile, sfornando “film istantanei” per correre dietro ai Social-Così come un’Asylum qualunque. Poi sul serio, l’unica battuta decente di “Cocainorso” è quella sugli orsi polari e non è che sia questo capolavoro di ignorante tamarraggine in grado di diventare virale, per lo meno dal 2006 ancora tutti ci ricordiamo di «Enough is enough! I have had it with these motherfucking snakes on this motherfucking plane!», il nostro Winnie the pusher invece è protagonista di un film talmente fiacco da non essere riuscito nemmeno a sfornare qualcosa di equivalente, non che gli mancassero gli spunti.
Insomma, Hollywood che sforna B-Movie con i soldi è come il figlio di papà che si atteggiava a Punk e si faceva accompagnare ai concerti nei centri sociali in Maserati, quindi prepariamoci ad un’invasione di animali sotto effetto di sostanze, ma per allora non farò più l’errore che ho fatto con “Cocainorso” ovvero andare nel solito cinema al solito spettacolo. L’unico modo per guardare un film così è a casa con gli amici, sbevazzando in una stanza piena di fumo, oppure, fare il pieno di orsetti gommosi intinti nella Vodka, forse così potrebbe risultare un film in grado di strappare almeno uno risata.