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Come to daddy (2019): A volte è meglio rimanere orfani

Non deve essere per niente facile sfuggire dall’ombra del
personaggio che ti ha reso un attore famoso, Mark Hamill malgrado un lavoro
incredibile come voce del Joker nella serie animata, sarà per sempre Luke Skywalker, mentre Daniel Radcliffe
ha abbracciato scelte lavorative estreme pur di far dimenticare il suo Harry
Potter.


Elijah Wood senza quasi mai cambiare espressione, usando
quei suoi occhioni sgranati da cartone animato giapponese che si ritrova, non è affatto da
meno, sarà anche stato Frodo della Contea, ma ha dimostrato un certo amore per
il cinema horror. Certo roba come “Open Windows” (2014) era abbastanza
dimenticabile, ma Cooties era divertente mentre “Maniac” (2012), é uno di quegli
esempi di remake ben fatti, che non vengono citati mai abbastanza.
Ma in veste di produttore Elia Legna ha messo di tasca sua
dei soldini per finanziare lavori come The Boy, Mandy, e anche il recente (e
bellissimo) Color Out of Space,
insomma Elia é decisamente uno di noi, in questo nuovo “Come to daddy” interpreta
il ruolo di protagonista, per l’esordio alla regia di Ant Timpson, uno che
oltre ad aver lanciato i primi cortometraggi di Taika Waititi, ha anche prodotto Turbo Kid, quindi già per questo bisogna volergli bene.

“Certo che Cassidy ci ha seguiti in tutto questo tempo”, “Guarda quanti link ha messo in un solo paragrafo”

“Come to daddy” è una storia semplice e piuttosto bizzarra, Elijah
Wood con degli inguardabili baffi da Fabio Rovazzi è un giovane produttore
musicale, uno di quelli che tende pericolosamente verso il lato Hipster della
Forza. Dopo aver ricevuto una lettera dal padre che non ha mai conosciuto per
davvero, decide di andare a trovarlo nella sua casa all’altro capo del globo.

Bussando alla sua porta si trova davanti uno che potrebbe
essere il suo esatto opposto nei modi, nell’aspetto invece è fatto a forma di Stephen
McHattie (lo ricorderete in Watchmen
ma anche nell’ottimo “Pontypool” del 2008). Un uomo taciturno, con una gran
passione per la bottiglia che in un attimo passa da burbero a decisamente
strano, per arrivare velocemente a fare prima il bullo e poi il matto col botto. Questo
declino delle buone maniere avrà per caso qualcosa a che fare con gli strambi
rumori, che provengono dalla misteriosa botola al centro del pavimento del
soggiorno di casa dell’uomo? Se ve lo state chiedendo, no, non è la botola di
LOST, state tranquilli.

“L’ho vista a fare a John Locke questa cosa, non finiva tanta bene”

Ant Timpson si prende tuuuuuuuutto il suo tempo, il primo
atto di “Come to daddy” (che poi è la frase con cui McHattie minaccia Elijah
Rovazzi quando dà di matto), potrebbe durare tranquillamente la metà del
minutaggio, ma porta in scena due personaggi solo ad una prima occhiata diversi. Si perché il ragazzo si presenta con fare mesto, ma coglie ogni occasioni per
ostentare i suoi successi lavorativi (e il suo i-Telefono placcato oro), mentre
il padre ritrovato, si rivela essere un bullo della specie peggiore.

Come far passare i 93 minuti di durata? Ant Timpson pensa
bene di giocarsi la svolta, utilizzando il contenuto della botola misteriosa,
il colpo di scena modifica tutto lo scenario, e apre ufficialmente le danze ad
una seconda parte di film molto più movimentata (e ambientata in parte anche in
esterno).
Ant Timpson – che a me sembra palesemente un nome fittizio tipo Ajeje Brazorf – decide di portare la pellicola nel campo del
grottesco, senza mai tirar via la mano quando si tratta di sangue e violenza,
la ricerca del padre di Elijah Rovazzi Wood, diventa un percorso ad ostacoli
dove sarà necessario combattere per portare a casa la pellaccia.

“Cosa avrei fatto di così male per avere un Rovazzi come figlio?”

Basta dire che Elijah, che tutto mi sembra tranne uno
spilungone, dovrà vedersela con un energumeno piuttosto incazzato. Cose che
capitano quando vai a disturbare qualcuno impegnato a fare beh, diciamo quella
grossa, in un combattimento all’ultimo sangue in cui i tempi sono gestiti da
Timpson, semplicemente inquadrando lo srotolamento della carta igienica, giusti
per darvi un’idea di quanto questo film riesca ad andare sopra le righe in fatto di stranezze.

Il romanzo di formazione del protagonista lo vedrà confrontarsi
con una serie di personaggi assurdi, tra cui spicca uno scatenato Michael Smiley. Per certi versi il film sembra un Mandy in tono minore (per citare uno dei
film prodotti da Wood), ma che conferma quanto il genere horror possa essere
creativo, oltre che grondante sangue.

“Senza problemi, senza pensieri un bell’horror per
restare leggeri”

Elijah Wood sempre con lo stesso sguardo da cervo illuminato
dai fari di un camion in corsa, manda a segno un altro film tutto matto, che lo
porta un passo più lontano dalla Contea grazie alla sua passione per l’horror, questo ragazzo è decisamente uno di
noi! Ed ora io spero soltanto che decida di unire le forza con Daniel Radcliffe,
a giudicare dagli sforzi fatti da entrambi per far dimenticare il loro passato
artistico, se mai decidessero di collaborare, verrebbe fuori un film con sangue e follia senza
tirar via la mano!

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