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Companion (2025): prendi una ginoide, trattala male

Che grande occasione sprecata questo “Companion”, per due ragioni, una la vedremo nel dettaglio nel corso del post, l’altra me la sono già giocata nel titolo: in un mondo che cerca di correggere il proprio vocabolario fallocentrico, ci sarà mai la parità anche per le creature sintetiche?

Lucius ci ha scritto su un intero saggio per spiegare che Androide deriva dal Greco e vuol dire “A forma di uomo”, quindi se la creatura artificiale in questione non è fatta a forma di uomo – e Sophie Thatcher non lo è affatto – l’espressione corretta dovrebbe essere Ginoide e prima di lamentarvi di eventuali spoiler o del fatto che con questa mia disquisizione, io vi abbia rovinato la visione, sappiate che è già tutto spiattellato dal trailer del film, dalla sua sinossi e persino dalla locandina, quindi non voglio sentire lamentele.

Se a voi sembra “a forma di uomo”, secondo me dovreste fare una visita oculistica.

“Companion” è l’esordio alla regia di un lungometraggio di Drew Hancock, sempre in locandina fa bella mostra di sé lo zampino del produttore Zach Cregger, in un tentativo di trovare un legame, uno qualunque, con il suo Barbarian, anche se la trama del film è presto detta, la più antica dell’umanità: una ragazza incontra un ragazzo.

“Companion” inizia proprio così, Josh (Jack Quaid) al supermercato, invece di infilare l’ananas nel carrello, con una mossa goffa fa rotolare a terra un mucchio di arance e conosce Licia Iris (Sophie Thatcher) per caso, il tutto è narrato dalla voce narrante della ragazza, che ci informa che con il suo ragazzo, i due giorni più belli della sua vita sono stati quando l’ha conosciuto e quando l’ha ucciso. BOOM! Se “Companion” fosse una serie televisiva, questo sarebbe stato un “inizio a freddo” (o “Cold open” per i forzati dell’inglese) micidiale e per certi versi, questo film potrebbe essere una puntata di Black Mirror fuggita dal piccolo schermo, però una di quelle delle ultime stagioni della serie, quelle sgangherate, piene di passaggi poco logici e purtroppo, scritta con il pennarellone a punta grossa.

«Cassidy, anche pennarellone potrebbe essere una metafora fallica»

La vita tra Josh e Iris fila che è una meraviglia, fino al fine settimana da passare in un capanno tra amici, che come sapete, è sempre una premessa perfetta per un Horror. Qui dovrebbe arrivare la prima grossa svolta, quella che è tale solo se siete riusciti a restare totalmente all’oscuro di tutto su questo film, perché Iris è un androide una ginoide (anche se nel film nessuno utilizza questa espressione), una fidanzata comprata da Josh ribattezzata Fuckbot, non credo sia necessaria la traduzione, nemmeno ai forzati dell’inglese a tutti i costi.

Nel futuro spostato un passo a destro rispetto al nostro presente di “Companion”, le automobili a guida autonoma sono la normalità come la possibilità di comprare una donna bionica che è una I.A. di cui il maschietto di turno puà selezionare tutte le caratteristiche: bionda, mora, colore degli occhi o percentuale di intelligenza, il film si impegna a ricordarci che di solito i cattivissimi portatori di cromosoma Y per le loro Fuckbot non vanno mai oltre il 40%.

A basket si dice avere la mano calda, ma qui si esagera!

Qui il potenziale è infinito per la trama, in una mano abbiamo temi caldi sulla bocca di tutti, mentre tv e i giornali ci parlano della corsa agli armamenti delle nazioni ad accaparrarsi la loro Skynet privata, i film e l’arte in generale, cercano di restare in linea con la pancia del pubblico (che però poi, guardate un po’ chi vota alle elezioni, meditate gente, e rabbrividite…), sfornando storie sempre più inclusive in cui i maschietti bianchi etero CIS sono i cattivi e, come in questo caso, le minoranze senza diritti sono rappresentate da bambole sessuali fatte a forma di Sophie Thatcher oppure alla sua controparte, Patrick (Lukas Gage) che altro non è che un incrocio tra Ken di Barbie e il Gigolò Joe di Giuda Legge in un film di Spielberg, però in versione omosessuale.

Dal punto di vista della satira “Companion” fa la figura dell’indaffarato imbranato che prova a risultare intelligenze, i momenti ci sarebbero anche, ma sono così forzati da risultare poco naturali, come ad esempio la scena della cena, dove Jack Quaid si lancia in un monologo su quanto sia difficile la vita per i maschietti bianchi etero, ooookay, peccato che una cosetta del genere può funzionare solo se esageri, alzando il livello del grottesco del racconto, altrimenti risulta soltanto una roba didascalica e cacciata già per la gola alla storia (e al pubblico) con l’imbuto. Ribadisco, abbiamo esempi di satira fatta bene troppo recenti perché film come “Companion” non sembrino già stantii.

«Se questa è la tua idea di satira, non mi hai fatto ridere per niente»

Drew Hancock azzecca i tempi e i temi, ma sbaglia i modi, aveva sulla racchetta (visto che ormai in uno strambo Paese a forma di scarpa sono tutti tennisti, una volta pensavate solo al calcio) il colpo del grande Slam per una versione riveduta, corretta e aggiornata al 2025 di classici come “La fabbrica delle moglie” (1972) scritto da Ira Levin, purtroppo in più di un passaggio, ma potremmo dire anche nel confronto diretto, il film vada sotto spesso rovinosamente contro, non cito nemmeno M3gan, ma qualcosa ancora più nel suo territorio, come ad esempio “Subservience” (2024) con Megan Fox, di cui non ho avuto il tempo di scrivere.

Piuttosto “Companion” preferisce perdersi in una trama inutilmente arzigogolata, che ruota attorno ad un baffuto clichè di personaggio, viscido e pieno di soldi, non mi va di aggiungere troppo, questo film si è giocato la sua carta migliore nelle sinossi, quindi scendere ulteriormente in dettagli vorrebbe dire sostituirsi alla visione, ma è piuttosto chiaro che la direzione si un po’ indecisa, Horror? Fantascienza? Tutta quest’ansia manifesta nel giocarsi I TEMI IMPORTANTI e poi stringi stringi, la storia è un pastrocchietto che però ha tutto per far snocciolare titoloni alla critica cinematografica impegnata, quella che vi affogherà di altre espressioni precotte come “Critica alla mascolinità tossica” e via così, perché questa faccenda dell’essere alla moda con i temi, pardon, I TEMI e di snocciolare messaggi è una macchina che si auto alimenta.

Un classico caso di “Occhi da Panda” tipico degli Horror, sangue ovunque, ma non sugli occhi.

Alcune esplosioni di sangue ci sono, per nostra fortuna il film dura solo 97 minuti (durata perfetta) ma è il classico oggettino che parla ai convertiti, a coloro che hanno già una “pancia” che va in quella direzione, perché di suo “Companion” si affanna così tanto per risultare dalla parte delle donne, da farti venire il sospetto che lo sia solo per moda, fateci caso, ci sono quei film che fanno trapelare il loro sforzo di costruire un METAFORONE, “Companion” è senza ombra di dubbio uno di quei film.

Cosa ho apprezzato? Sicuramente non è un film tecno-fobico, una delle scene più riuscite prevede un’auto a guida autonoma, il classico poliziotto della stradale che ti ferma e Iris, che come Buzz Lightyear dopo il pulsante “Reset” non parla spagnolo ma tedesco, peccato che siano piccoli lampi e poco più.

Ho apprezzato l’intensità di Sophie Thatcher che ci mette tutto, compreso il suo sguardo perfetto per la parte, a suo modo anche Jack Quaid tenta di caricarsi il film sulle spalle, ma visto che ormai è incastrato in un personaggio ricorrente sempre uguale, anche qui, poche sorprese, decisamente meglio Sophie Thatcher, in rampa di lancio (il suo “Heretic” arriverà a stretto giro su queste Bare), si sarebbe meritata un film migliore per brillare.

Dovresti provare a cambiare un po’ ruolo Giacomo.

Ci saremmo meritati anche un utilizzo migliore del vocabolario, “Companion” avrebbe almeno potuto provare a sdoganare l’espressione Ginoide, ma se fai un film dal lato delle (robot)donne e poi le descrivi per tutto il tempo come “a forma di uomo”, sul serio vuoi che poi io creda ai tuoi TEMI IMPORTANTI e ai tuoi METAFORONI? Essù, fate i bravi.

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