Benvenute creaturine della notte, lasciate che lo Zio Cassy vi dia il benvenuto al più strisciante, raccapricciante e spaventosamente fumettistico capitolo della rubrica… Lui è leggenda!
George A. Romero ha già dimostrato con il bellissimo Knightriders di avere una certa predilezione per i progetti tra amici, d’altra parte si lavora meglio quando si è circondati da facce amichevoli e persone di cui ti fidi, no? L’unico differenza tra voi, me e la Leggenda, è che lui ha sempre potuto annoverare tra i suoi amici, anche un ragazzone del Maine che di professione fa lo scrittore di romanzi dell’orrore, potreste averlo sentito nominare, un tale di nome Stephen King.
Zio Stevie e Zio George si conoscevano già da tempo, la comparsata di King in Knightriders era l’inizio della loro collaborazione, perché insieme i due amici stavano già lavorando a “Creepshow” l’omaggio dei due autori ai mitici fumetti della EC Comics, la rivoluzionaria casa editrice che fino agli anni ’50, rigirò il mercato editoriale come un calzino con testate storiche come “The Vault of Horror”, “Weird Science”, “Weird Fantasy” e soprattutto la leggendaria “Tales from the Crypt”, le cui storie, tutte introdotte dal Crypt-Keeper (il custode della cripta) sono arrivate al cinema nel 1972 con il film “Racconti dalla tomba” di Freddie Francis e con una serie HBO degli anni ’90, ma che hanno il merito di aver generato un emulatore italico molto molto famoso: lo zio Tibia!
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Un grande regista e un grande scrittore, che rendono omaggio a dei mitici fumetti. |
Il pupazzo con un macabro senso dell’umorismo che presentava i film in seconda serata nella mitica “Notte Horror” su Italia 1, è stato per tanti un’ottima occasione per recuperare tanti classici del cinema horror, tra questi, metteteci pure il vostro amichevole Cassidy di quartiere, se la Bara Volante esiste, con il suo nome scemo e macabro, lo devo allo zio Tibia, ma soprattutto a zio George A. Romero, perché “Creepshow” ha un altro indiscutibile merito, aver acceso in me l’amore sconsiderato per i film antologici Horror ed essendo ancora oggi uno dei più riusciti rappresentanti di questa categoria, si merita un posto tra i Classidy!
“Creepshow” è un’operazione pop, i critici cinematografici seri, quelli con gli occhiali e la pipa, la definirebbero post moderna, io che sono molto più pane e salame, la considero un omaggio ai fumetti della EC Comics fatto con il cuore in mano. Per la prima volta Romero dirige un film senza mettere mano alla sceneggiatura, completamente affidata a Stephen King che sforna cinque racconti uno meglio dell’altro, qualcuno inedito e qualcuno adattato per il film, tenuti insieme da un prologo ed un epilogo altrettanto bello, su cui Romero si scatena facendo un lavoro meraviglioso. Al netto di un budget di otto milioni di ex presidenti defunti, stampati su carta verde, “Creepshow” ne porta a casa ventuno, diventando l’unico film della carriera di Romero a piazzarsi al primo posto durante il primo fine settimana di programmazione (Storia vera).
Il successo di “Creepshow” rilancia la moda dei film antologici, l’anno dopo sarebbe arrivato il film tratto dalla serie “Ai confini della realtà” (1983) per la versione Carpenteriana dell’operazione, invece, avremmo dovuto attendere Body Bags nel 1993. Ma i meriti del film vanno ben oltre i freddi numeri, quindi mie care creaturine della notte, vediamo tutti i racconti uno per uno!
Prologo
Come i migliori horror, “Creepshow” inizia con una scena davvero spaventosa, un austero padre di famiglia (il grande Tom Atkins) al grido di «Non devi leggere queste porcherie!» sta gettando i fumetti horror di suo figlio nella spazzatura. No, sul serio, riuscite a pensare a qualcosa di più spaventoso di questo? Qualcuno che getta via dei fumetti!? Non fatemici pensare, ho ancora i brividi solo all’idea!
A nulla valgono le recriminazioni del bambino, nemmeno far notare a tutti i giornali con le donne nude che il padre tiene sotto il letto serve a salvare la sua copia di “Creepshow” dalla monnezza. Il bambino, quindi, fa l’unica cosa sensata se qualcuno fa scempio della tua collezione di fumetti: invoca vendetta!
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Per la tradizione dei titoli di testa, abbiamo diviso in vignette anche la Bara Volante! |
In suo soccorso arriverà lo zio Creepy per portarci attraverso i cinque racconti contenuti nel fumetto e con lui dei titoli di testa che più fumettistici di così, davvero non sarebbe possibile. Sapete chi è il bambino del prologo? Ve lo dirò alla fine, lasciatemi l’icona aperta, creaturine della notte, che guardiano della Bara sarei se vi svelassi subito il colpo di scena?
La festa del papà (Father’s Day)
Il primo racconto serve a scaldarsi i muscoli, i Grantham si riuniscono nello sfarzoso maniero di famiglia per ricordare la dipartita del capofamiglia, il famigerato Nathan Grantham passato a miglior vita in circostanze sospette che prevedono sua figlia Bedelia (Viveca Lindfors) ed un utilizzo non convenzionale di un grosso posacenere di vetro, occhio che questo oggettino di scena torna in ognuno degli episodi del film (storia vera) e voi state ancora qui a cercare tutti gli “Eastern Egg” nei film della Marvel? Zio Romero già lo faceva nel 1982!
Bedelia ha passato una vita d’inferno, ogni festa del papà per lei era un incubo di tormentoni urlati, il dannato bastone del padre che sbatte contro i braccioli di legno della sua sedia e le urla «Voglio la mia torta Bedeliaaaaaa!», il tutto condito da insulti gratuiti per la povera figlia. Romero riassume anni di sevizie maltrattando (solo cinematograficamente) anche il pubblico: la fotografia sfoggia colori acidissimi e lo schermo viene diviso in riquadri pensati per ricordare volutamente le vignette dei fumetti della EC Comics.
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Baaaaarbara i morti ti prender… Ah no scusate! Quello l’abbiamo già fatto. |
Una scelta visiva estrema che, però, risulta perfetta come omaggio e fa capire subito al pubblico tutto il tono del film. “Creepshow” è la dimostrazione che Romero pur non essendo mai stato un regista avvezzo a chissà quale virtuosissimo tecnico, sapeva capire subito quello di cui una storia aveva bisogno per essere raccontata e nel 1982 aveva già anticipato molte soluzioni che nei cine comics moderni sono la normalità. Vi ricordate, quando nel 2003, tutti sottolineavano quanto fosse arguta la scelta di Ang Lee di dividere lo schermo in ideali vignette per il suo “Hulk”, ecco la Leggenda era a casa probabilmente pensando: “Tzè, già visto, già fatto”. Solo questo dovrebbe far riflettere sulla grandezza di George A. Romero.
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E John Travola… MUTO! |
Tra i momenti migliori dell’episodio, impossibile non notare una piccola parte interpretata da Ed Harris che si era appena tolto la corona di re Billy, qui sfoggia doti di ballerino e (quasi) tutti i suoi capelli originali. Tecnicamente in “La festa del papà” tiene banco anche uno zombie, ma sarebbe cavillare voler andare a cercare chissà quale chiave di lettura, bisogna dire che gli effetti speciali di Tom Savini sommergono John Amplas (si proprio Martin) sotto una montagna di trucco, per un finale che vi farà passare la voglia di mangiare la torta di compleanno per sempre, figuriamoci di spegnere le candeline! Diciamo che è con il secondo episodio che s’inizia a fare davvero sul serio.
La morte solitaria di Jordy Verrill (The Lonesome Death of Jordy Verrill)
Già presentato come storia breve (dal titolo “Weeds”) nel 1976, la seconda storia scritta da zio Stevie è ispirata in parti uguali a due miti dello scrittore del Maine (e non solo), ovvero il racconto “Il colore venuto dallo spazio” di H.P. Lovecraft e da una canzone di Bob Dylan (The Lonesome Death of Hattie Carroll), ma verrà ricordato per sempre per una sola ed unica ragione: l’esordio come attore di Stephen King!
King qui interpreta il contadinaccio un po’ tardo del titolo che una notte vede precipitare nel suo campo quella che lui definisce prima una meretrice, poi un meteorite, ma che comunque non riesce a trattenersi dal toccare, smansolare e lasciarsi infettare, un’infezione dallo spazio profondo che trasformerà l’uomo nel Grinch in una pianta, in un tripudio di erbaccia che spunta da faccia, dita, lingua e altre zone che preferisco continuare ad ignorare!
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«Quando ho chiesto dell’erba, non intendevo questa» |
Stephen King in quel periodo, voleva fare cinema con tutte le sue forze, come attore possiamo dire che è affetto da “Faccetisimo”, qui in pochi minuti fa più facce e faccette di Johnny Depp in tutta la sua carriera e considerando com’è andata a finire con l’esperienza da regista con Brivido, mi sento di parafrasare un classico di casa Cassidy: limitati a scriverle Stephen!
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La miglior prova di recitazione di zio Stevie dai tempi di Knightriders. |
Malgrado questo l’episodio è memorabile non solo per vedere il nostro scrittore del cuore (mio sicuramente) sul grande schermo, ma anche perché la sua prova esagerata è in tono con questo grande omaggio ai fumetti che è “Creepshow”.
Alta marea (Something to Tide You Over)
Se siete molto giovani, il terzo episodio “Alta marea” vi regalerà un altro spavento clamoroso: Leslie Nielsen che recita stando serio! Lo so, può essere traumatico, ma i film horror mettono a dura prova le coronarie.
Nielsen interpreta un machiavellico marito tradito che per vendicarsi della moglie e del suo amante (un ciuffatissimo Ted Danson), organizza una vendetta che a confronto le trappole di Jigsaw sembrano delle opere di bene fatte da un animo puro di cuore. Prende i due amanti e li sotterra in spiaggia in riva al mare, a chilometri uno dall’altra, lasciando fuori dalla sabbia solo la testa, nemmeno fossero David Bowie in “Furyo” (che per altro è dell’anno successivo, 1983). Con un paio di televisori con tubo catodico e altrettante telecamere ad inquadrarli, l’uomo può godersi l’alta marea pronta ad affogare le sue vittime, comodamente spaparanzato sul divano di casa sua. Ed è proprio quello il momento in cui realizzi la verità suprema: il Tenente Frank Drebin di “Una pallottola spuntata” (1988) è il vero inventore di Skype!
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«Vuoi che ti canto anche una canzone di Venditti?», «No grazie, soffro già abbastanza» |
Vendetta consumata? Episodio finito? No, perché un classico dei racconti dei fumetti della EC Comics era proprio che le storie avevano spesso protagonisti, come dirlo usando un largo giro di parole? Vediamo… Stronzi! Sì, dei gran bastardi che si meritavano la loro brutta fine che avveniva puntualmente per mano di creature orripilanti, ma non tanto quanto le loro vittime. Perché anche in un’operazione Pop come “Creepshow” Romero ci ricorda sempre che i veri mostri, sono sempre gli essere umani con la loro avidità e la loro crudeltà, quindi quando i due amanti tornano sotto forma di zombie zuppi di acqua salata e ricoperti di alghe a farlo fuori, la tradizione dei fumetti della EC Comics è rispettata, ma anche quella dei film di George A. Romero.
La cassa (The Crate)
Basato su un racconto omonimo di King del 1979, “The Crate” è senza ombra di dubbio l’episodio più acido di tutto il film, per la fotografia, per l’assurdo contenuto della cassa del titolo e per una Adrienne Barbeau più acida di tutto, la classica moglie castrante per il povero Hal Holbrook, due scelte di casting perfette.

Lei è la grande Adrienne Barbeau, ma lui non mi sembra Hal Holbrook (quota scimmie garantita anche questa settimana)
I due tornano a recitare nello stesso film dopo The Fog di John Carpenter, una presenza che aleggia su tutta la puntata, ma qui insieme sono una scelta di casting perfetta, perché basta guardarli così in parte nei loro personaggi per capire che forse l’odiosa Wilma («Chiamami Jena Billie») si è innamorata di Henry proprio perché è sempre stato così tenero e a modino, peccato che ora siano anche le stesse ragioni per cui lo odia, Henry è infelice tanto che fantastica di uccidere la donna (la scena del sogno ad occhi aperti ammettiamolo, è uno spasso), ma l’occasione arriva proprio dal ritrovamento di una strana cassa nell’università del suo vecchio amico.
Di questo racconto mi affascina sempre che l’uomo riesce ad attirare la donna nella trappola, con un biglietto lunghissimo lasciato sotto il posacenere stuzzicando la sua curiosità su un possibile scandalo di natura sessuale per il suo amico, ma da Carpenteriano non posso non notare che la misteriosa cassa, proveniente da una spedizione in Antartide è indirizzata ad un tale di nome Carpenter, chissà a quale film si starà strizzando l’occhio? Non lo so proprio.
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«Ve l’ho detto, non fate queste citazioni, Cassidy non aspetta altro!» |
D’altra parte nel 1982 John Carpenter e Adrienne Barbeau facevano ancora coppia fissa e l’omaggio tra Maestri del cinema mi manda in brodo di giuggiole, così come il mostriciattolo, un po’ scimmione un po’ lupo mannaro che si barba la Barbeau, creato dal solito, mitico Tom Savini e soprannominato da Romero, con lo spaventoso nome di… Fluffy (storia vera), brrrrr! Fa paura solo a scriverlo. Scherzi a parte, sapete cosa fa paura sul serio? Il prossimo episodio mie creaturine della notte!
Strisciano su di te (They’re Creeping Up on You!)
E. G. Marshall con una capigliatura che lo fa sembrare quello pettinato bene dei Three stooges, è un megadirettore galattico di una grande azienda e come tale, una schifezza di essere umano che tratta tutti i suoi dipendenti come se fossero spazzatura, anzi peggio, come scarafaggi.
Afflitto, ma una mania ossessivo compulsiva per la pulizia, vive nell’attico di un palazzo asettico come se fosse stato arredato da Kubrick dopo una visita ad un Apple store (in realtà, tutta farina del sacco di Romero, che ha cambiato la villa in mezzo al niente scritta da King in un attico spaziale per mostrare meglio le adorabili creaturine). Il suo massimo passatempo è trattare i sottoposti come rifiuti umani e lamentarsi di problemi che vede solo lui, nella fattispecie gli scarafaggi che secondo l’uomo infestano la casa, ma che nessuno riesce a vedere. In parole povere: è identico a qualunque vecchio capo d’azienda, solo pettinato peggio.
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Non è certo un fan dei Beatles, poco ma sicuro. |
Malgrado spray e precauzioni varie, “Strisciano su di te” diventa la versione horror di una puntata a caso di “Oggy e i maledetti scarafaggi” e se anche non avete ribrezzo per le blatte, tranquillo, dopo aver visto questa puntate vi sentirete, avete presente quella sensazione di zampette sul proprio corpo? Come di sentirsi qualcosa camminare addosso? Ecco quella.
Stando alle parole della Leggenda, gli scarafaggi sono stati la parte più costosa di tutto il film, venivano cinquanta centesimi al pezzo, nel film ne sono stati utilizzati più di duecentocinquantamila, insomma un’esagerazione, specialmente se a fine giornata realizzi di aver speso una barca di colpi per comprare degli scarafaggi, non un gran investimento. Che, però, nel film paga dei grandi dividendi, “They’re Creeping Up on You!” va in crescendo, prova di virilità per tutti i maschietti: Non finire il segmento in piedi su uno sgabello strepitando «Cheschifo!Cheschifo!Cheschifo!», provare per credere.
Epilogo
Il mattino dopo il dramma dei fumetti nella spazzatura si è ormai consumato, a salvare la copia di “Creepshow” dal camion dei rifiuti ci pensano due netturbini (uno dei quali è Tom Savini, che fa pure rima) e notano che dal fumetto è stato tagliato un coupon per rivedere a casa un kit per preparare una bambola Voodoo in casa. Avete già capito come finisce, no? Ma lasciate che vi ribadisca quello che George A. Romero e Stephen King vogliono dirci: non si cazzeggia con i lettori di fumetti e quelli appassionati di Horror, sono i più pericolosi di tutti, chiaro!?
Vi ero debitore di un’icona lasciata aperta, la chiudo subito. Il piccolo lettore di fumetti Billy è interpretato da Joe King, anzi per la precisione Joseph Hillstrom King, secondo genito di zio Stevie che, magari, conoscete con il nome d’arte di Joe Hill, magari avete letto la sua raccolta di racconti horror “Ghosts” (2005), oppure il suo romanzo “La scatola a forma di cuore” (2007), sì perché ora Joe è uno scrittore come papà, ma è qui che ha iniziato e poi ditemi ancora che leggere fumetti fa male, tzè!
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«Non farmi arrabbiare o lo dirò al mio papà, lui ammazza gente scrivendo» |
Insomma, ancora oggi “Creepshow” è un titolo di riferimento che ha generato una breve serie a fumetti omonima e ben due seguiti, a cui potrei anche dedicarmi (voi che dite?) e siccome mi piace scherzare sul fatto che la “A” tra il nome George e il cognome Romero sta per “Amore”, qui di amore ne abbiamo davvero un sacco. La Leggenda mette il suo cinema al servizio del fumetto con una modestia che pochi altri registi della sua caratura hanno sfoggiato in carriera, per dimostrare il suo amore per i fumetti, Romero ha sfornato del grande cinema, se ancora oggi amo gli antologici horror, lo devo quasi esclusivamente a questa pellicola, nel 1982 Romero aveva già dimostrato di essere molto più avanti di tanti registi moderni, niente male per uno che troppi poveri di spirito si ostinano a considerare solo uno che faceva dei film con gli zombie.
Per oggi è tutto mie care creaturine della notte, la rubrica torna nella bara (volante) fino alla prossima settimana, anzi fino al prossimo giorno, in cui degli zombie per cui Romero è famoso, qui sarà strapieno. Ci vediamo tra sette giorni, fino a quel momento, guardate tanti horror e leggete tanti fumetti, risata diabolica mentre mi allontano tra le tenebre… BUAHA AHA AHAHA HA Intanto vi ricordo la locandina originale d’epoca proposta da IPMP!