Se siete degli scrocconi l’avete già visto, per tutti gli altri, sta per uscire un nuovo film del mio secondo Canadese preferito ovvero David Cronenberg, occasione perfetta per riempire l’attesa con qualche titolo a tema.
Ogni virus passa attraverso una fase di incubazione, lo stesso vale anche per il virus del cinema di David Cronenberg, generato dalle sperimentazione di Stereo, passato alla fase successiva della sua evoluzione proprio con “Crimes of the Future”, per certi versi il secondo tempo a colori di “Stereo”, quasi un film gemello come Beverly ed Elliot Mantle, uno diretta conseguenza dell’altro, legati dallo stesso cordone ombelicale rappresentato dalla rumorosissima macchina da presa Bolex, utilizzata per dirigere entrambi i film, ma per forza di cose con l’audio aggiunto in post produzione.
Non ho idea di come sia stato accolto questo secondo esperimento del Dottor Cronenberg, probabilmente alla sua uscita nel 1970 deve essere sembrato il frutto malato di una mente brillante dotata di talento, un po’ come guardare Please speak continuously and describe your experiences as they come to you, guarda caso diretto proprio dal figliolo di Cronenberg, Brandon.
Scritto, prodotto e ovviamente diretto da David Cronenberg, “Crimes of the Future” in 63 minuti ci porta in un futuro post datato, un 1997 dove a seguito di una catastrofe derivata dall’abuso di prodotti cosmetici, l’intera popolazione di donne sessualmente mature è scomparsa. Il protagonista qui è ancora una volta Ronald Mlodzik, che a differenza di Stereo qui interpreta un personaggio con un nome, Adrian Tripod è il direttore della clinica dermatologica House of Skin, alla ricerca del suo mentore, uno dei tanti “mad doctor” cronenberghiani di nome Antoine Rouge, scomparso dopo il dilagare della malattia che porta il suo nome.
Tripod si ritroverà a vagare in un mondo senza donne, dove l’umanità ormai allo sbando è rappresentata da maschietti che non sanno più dove sbattere la testa, cercando di adattarsi alla vita in questo 1997 D.D. (Dopo Donne) senza speranza. Tra i loschi figuri, spunta una società di Import-Export e un misterioso Gruppo Oceanico Podologico, di fatto dei pedofili che tengono in ostaggio una bambina di cinque anni. Vi è venuta la pelle d’oca? Bene, vuol dire che siete umani.
“Crimes of the Future” fa di necessità virtù, i dialoghi aggiunti in post produzione, diventano la voce narrante di Tripod, nome che mi fa pensare ad un cane senza una zampa, quindi perfetto per un personaggio spezzato alla ricerca di un senso. Non è un caso se Tripod le prova tutte per “sentire” qualcosa, che sia pulirsi le lenti degli occhiali con una sleccazzata (quello che ti norma le mamme insegnano ai figli occhialuti di non fare), oppure assaggiando la schifosissima schiuma rossa che esce dalle orecchie dei corpi infettati dal virus Rouge, il nostro Tripod anche nell’aspetto vaga come Nosferatu, vampiro alla ricerca di una vita in questo non tanto coraggioso nuovo mondo.
Il senso di estraniazione dato dalla voce del personaggio, a metà tra il ruolo di narratore e i monologhi interiori, che emerge dal silenzio imposto dalla Bolex è perfetto per raccontare quando ormai l’umanità del film sia alienata, infatti i personaggi incontrati sul suo cammino da Tripod, portano in scena grottesche imitazioni di quello che hanno perso, qualcuno colleziona organi sani in vasetto, altri con pantomime quasi teatrali, sembrano replicare grottesche interpretazioni di un atto impossibile per i portatori di cromosoma Y, ovvero il parto.
Non credo sia nemmeno un caso che in un mondo senza donne, una mitragliatrice abbia un ruolo chiave, già noi maschietti siamo propensi alla distruzione, figuriamoci senza nemmeno più l’altra metà del cielo a frenarci. In tutto questo diventa quasi impossibile valutare “Crimes of the Future” di suo, non è abbastanza arty per passare come la velleità artistica di un aspirante regista, quindi diventa chiaro che abbia davvero qualcosa da dire, per fortuna la poltrona comoda di Padre Tempo ci aiuta nell’interpretazione.
Proprio come Stereo, anche il suo gemello a colori “Crimes of the Future” anticipa tutti i temi e le ossessioni tipiche del cinema di Cronenberg, il virus che muta le persone e il loro comportamento come in Il demone sotto la pelle, uomini che fanno i conti con una sessualità che non prevede più il genere femminile come in M. Butterfly, a ben guardare anche l’uomo, che annulla se stesso completamente un po’ come accade al protagonista del film Spider, in un finale che Cronenberg lascia sospeso ma inequivocabilmente senza speranza, perché andiamo che razza di speranza può esserci per una specie destinata a finire?
Nel tentativo di non arrendersi, i personaggi incontrati da Tripod le provano tutte, portando in scena parodie della nascita (rappresentate da collezioni di organi), oppure lasciandosi ossessionare da atti di creatività, nel tentativo di compensare l’incapacità dell’umanità di creare la vita, quindi qualcuno balla, scollegato completamente dalla realtà, altri invece cercando di non arrendersi all’inevitabile, anche se questo vuol dire abbracciare nuove condizioni, evolversi o de-evolversi, in base ai punti di vista.
Stereo è la genesi del virus, “Crimes of the Future” l’ultima fase del processo di incubazione e in quanto tale, si porta nella pancia già tutto il DNA che verrà sparso nel mondo dal cinema di Cronenberg, tutte le suo ossessioni i suoi temi, sono già qui, dimostrazione che la soffocante continuità tematica del mio secondo Canadese non è iniziata con il suo primo lungometraggio, ma già prima, Il demone sotto la pelle e il successivo Rabid, erano solo il primo focolaio e la definitiva esplosione della pandemia, quella di un cinema mutante capace di trasformare il corpo, per poi evolvere in mutazioni interne, quindi ancora più devastanti per la mente dei personaggi, fino a fare il giro completo portando la peste fino ad Hollywood, la Mecca nel cinema americano.
Non credo sia un caso che il prossimo passo del virus del cinema di David Cronenberg, riprenda il titolo di questo film da 63 minuti con cui tutto è iniziato, ma questa è un’altra storia, ne parleremo non appena il nuovo lavoro del mio secondo canadese preferito sarà in sala, fino a quel momento, vi ricordo la rubrica dedicata.
Sepolto in precedenza domenica 31 luglio 2022
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