Il vantaggio di poter valutare il nuovo film del mio secondo canadese preferito, solo dopo le reazione di Cannes e aver atteso (troppo) per potermelo gustare in sala ha dei vantaggi. No, non sono diventato ottimista tutto d’un colpo, gioco con le carte che mi ritrovo in mano.
In buona sostanza e riassumendo parecchio, più o meno a metà del pubblico che ha visto “Crimes of the Future” (pagando, ai festival o a scrocco) il film non è piaciuto perché sembra un riassunto del cinema di David Croneberg, agli altri invece è piaciuto perché beh, sembra un riassunto del cinema di David Croneberg. Non mi aspettavo nulla di diverso, perché il modo semplice di definire un Autore (con la “A” maiuscola) è quello di dire che fa sempre lo stesso film, il che per Davide Birra è verissimo, ne parlavo l’altro giorno con il resto dei Tre Caballeros, a mio avviso Cronenberg non ha fatto film di Gangster nemmeno quando ne ha diretto uno, perché il tema che sta a cuore al regista è il corpo che si adatta alle flessioni della mente.
Quello che forse i detrattori del film non hanno colto è quanto sia soffocante la continuità tematica di David Cronenberg, ho riempito l’attesa con qualche post sui suoi primi film, ed è chiaro che il virus della filmografia di David Birra ha passato varie fasi, l’incubazione iniziale, l’esplosione della pandemia, la fase più virulenta e Body Horror della sua carriera, finché il virus non è mutato ulteriormente come fanno tutti i virus, portando le mutazioni sotto la pelle, invisibili all’esterno ma ancora più drammatiche per la psiche, fino alle origini, dello studio della mente prima e del cinema poi, infatti avevamo lasciato Cronenberg qui, pronto a portare la peste in seno ad Hollywood.
Infatti proprio da qui il professor David Cronenberg ricomincia, Maps to the Stars terminava con l’omicidio-suicidio di Mia Wasikowska, gesto drammatico necessario a cancellarne un altro (un incesto) e fatto in nome della libertà, che poi era anche il titolo della poesia che il personaggio decantava lasciando questo mondo.
Con la puntualità tipica degli ossessivo-compulsivi, Cronenberg riparte da questo punto, con un altro gesto drammatico, una madre che soffoca nel sonno la sua prole mutante (come Brood), nel tentativo di nascondere l’orrore di un figlio nato diverso, che si nutre di plastica e che per qualcuno, potrebbe essere proprio il primo passo verso l’agognata libertà, Messia della nuova carne.
Non è nemmeno un caso se Croneberg scelga di aprire il suo film con una nave da crociera mezza affondata sullo sfondo, perché il mondo che ci racconta in “Crimes of the Future” è una società post-umana, ad un passo dall’abbracciare definitivamente il transumanesimo visto ancora con orrore. “Crimini del futuro” è il titolo migliore possibile, poco importa che Cronenberg lo avesse già utilizzato nel 1970, anzi meglio, visto che serve a sottolineare la continuità tematica senza esserne un mero rifacimento, il Saul Tenser di Viggo Mortensen (e con questo sono quattro film in coppia con Cronenberg) veste una tunica nera come Adrian Tripod e come Ronald Mlodzik, Mortensen è l’ultimo attore feticcio del regista in ordine di tempo, ma in entrambi i casi i personaggi cercano di trovare un senso, una direzione per vivere ed evolversi, adattandosi ad un coraggioso nuovo mondo.
In “Crimes of the Future” versione 2022, l’umanità ha abolito il dolore fisico, nessuno soffre più, niente più conseguenze per tagli, punture o mignolino del piede sbattuto di notte contro il divano, gli esseri umani hanno eliminato il sintomo, ma la causa resta, la psiche è ancora al comando e non ha smesso di agitarsi. Cronenberg sarà tornato idealmente agli inizi riprendendo il titolo di un suo vecchio lavoro, ma il risultato della sua tesi è sempre lo stesso: può la mente controllare il corpo? La risposta non è cambiata dal 1970, solo che ora il dottor David Cronenberg ha più materiale per illustrare la sua tesi.
Una volta sono andato in fissa con i miei polmoni, sono strambo lo so ma ve lo avevo già raccontato, guarda caso è stato quel momento di ossessione passeggera, riassunto da una frase, quella che per me è la frase più significativa di tutta la filmografia di Cronenberg a cementare per sempre la mia passione per il cinema mutante del canadese. In “Crimes of the Future” tornano tutti i temi e le ossessioni care al regista, quindi non mi ha stupito che l’evocativa frase di Beverly Mantle («È importante la bellezza interiore. Dovrebbero fare dei concorsi di bellezza anche per l’interno dei corpi. Perché non dobbiamo avere un ideale di bellezza per l’intero corpo, sia interno che esterno?») qui non solo ritorna ma sia al centro della trama, perché Saul Tenser (il veterano Viggo) e la sua amante e socia Caprice (quella meraviglia in più di un senso di Léa Seydoux) rendano onore a questo concetto.
Saul e Caprice sono una coppia di Body Artist nel vero senso del termine, visto che il talento di Saul è quello di creare all’interno del suo corpo nuovi organi, dall’utilizzo ancora tutto da definire, che Caprice asporta, operando il compagno in installazioni artistiche ad uso e consumo del pubblico. Siete liberissimi di leggere in tutto questo un enorme METAFORONE sul tema della creazione per un artista, che sia esso Saul Tenser, uno scrittore, un pittore o un regista Maestro del Body Horror.
In questo il film si rifà all’immaginario organico di eXistenZ, non solo perché l’operazione è gestita da una sorta di Pod biomeccanico, ma anche perché i protagonisti sono dei creatori, degli Allegra Geller 2.0 con delle bio-porte sparse sul corpo, infatti armato del suo solito umorismo nerissimo e caricando la storia di una perversa sensualità, Cronenberg scherza su quanto possano essere sexy le chiusure lampo, non aggiungo altro, godetevi le sue trovate anche se probabilmente il film lo avete già visto da tempo.
Eppure questa deriva dell’umanità va tenuta sotto controllo come tutte le novità, una cosa è sfornare organi nuovi dall’uso misterioso, ben altro rischio sarebbe se quei nuovi organi, quella nuova carne, svolgesse il suo compito, traghettando l’umanità verso la prossima fase dell’evoluzione. Per questo esiste il registro nazionale organi, dove tatuare e catalogare ogni nuova presunta milza o fegato generata dalle flessioni della mente. Avete presente i Trapper? Uguale solo che invece dei tatuaggetti in faccia i protagonisti di questo film li hanno sugli organi interni.
Se il concetto di ironia non è il primo che vi viene in mente pensando a Cronenberg, almeno la sua satira quella sì, non a caso i burocrati dell’ufficio hanno nomi buffi come Wippet (Don McKellar) e Timlin interpretata da Kristen Stewart, in una parte piccolina ma satirica («Scusa, non sono bravo nel vecchio sesso»). Il fatto che Cronenberg abbia fatto interpretare alla coppia resa celebre da “Twilight” due parti diverse in film ambientati in un futuro post-umanità, deve avere sicuramente una sua logica, al momento non l’ho colta ma mi pareva doveroso sottolinearlo, magari vi aiuterà a far colpo al bar con gli sconosciuti, nel caso ricordatevi del vostro amichevole Cassidy di quartiere se la serata dovesse svoltare al meglio.
Nel mondo (futuro) di Cronenberg l’arte è il vero traino, infatti anche i burocrati ne sono perversamente attratti, proprio Wippet coinvolge il protagonista nel concorso di bellezza per organi interni pronosticato da Beverly Mantle, ma il succo è proprio questo, l’arte: per Caprice le loro installazioni sono il nuovo sesso, in un mondo che non sente più dolore, l’unico modo per “sentire” l’altro è attraverso un bisturi, oppure un sarcofago per autopsie Sark, infatti proprio qui Léa Seydoux e Viggo Mortensen finiscono avvinghiati, in questo sesso 2.0 che non è altro che la continuazione di quei corpi che sbattevano uno contro l’altro in Crash.
Vi ricordate quando l’ambiguo rapporto tra Turk e JD in Scrubs, veniva messo in musica sulla note della geniale Guy Love (adattata alla grande anche in italiano) in cui JD diceva: «Sei l’unico uomo che è penetrato in me» e Turk ribadiva, «Gli ho solo tolto l’appendicite!» stessa cosa, i personaggi di “Crimes of the Future” si penetrano solo attraverso la chirurgia, con quella frase che ha colpito tutti quelli (bontà loro) stipendiati per scrivere di cinema, visto che è stata riportata da tutte le penne: la chirurgia è il nuovo sesso.
Si potrebbe fare un gioco alcolico con “Crimes of the Future”, si beve ad ogni rimando ad un vecchio titolo di Cronenberg, quindi giù di bicchiere quando spunta un infiltrato (sempre interpretato da Viggo) oppure quando Saul ipotizza di aprire un piccolo museo dei suoi organi, come faceva la Brundlemosca nell’armadietto del bagno, ma in un mondo dove il sintomo del dolore è scomparso, la psiche ancora si agita, quello di Saul e Caprice è un metodo pericoloso (occhiolino-occhiolino) quando può esserlo l’arte stessa, se per il personaggio di Léa Seydoux è il nuovo sesso, con tutta la gelosia che ne consegue, mentre per Saul la sua arte sta diventando altro, direi che sta mutando, con Cronenberg di mezzo mi sembra l’espressione più azzeccata. Tutto questo, con il cast che recita con il giusto livello di (Cronenberghiano) distacco, quello che ti aspetteresti da un’umanità che si è resa immune al dolore.
Quando l’arte diventa politica? Molto spesso, si potrebbero fare numerosi esempi, l’omicidio del bambino iniziale, il piccolo Brecken (Sotiris Sozos) non è solo un momento molto forte per aprire il film, ma è il motore della storia, il padre del bambino mutante è un pazzo? Oppure la sua causa, la sua rivoluzione ha davvero un senso? In un mondo dove la plastica negli oceani è un enorme problema, siamo destinati ad evolvere trasformandoci in mangiatori di plastica?
Per Saul operare il cadavere del ragazzino ucciso non è più solo un’installazione artistica ma un atto politico, ben più potente e significativo di quello dei suoi rivali, che appiccicano orecchie (per altro non funzionanti) su corpi solo per sconvolgere, per creare arte che faccia solo chiacchierare e anche qui, non credo sia un caso se Cronenberg, che è potuto tornare a dirigere solo dopo aver cominciato ad utilizzare degli auricolari per sopperire al suo problema di udito, abbia scelto come “uomo copertina” del suo film, lo sconvolgente e altrettanto inutile Mr. Orecchio, che tanto ha calamitato l’attenzione della stampa in fase di promozione del film. Non so voi, ma ci vedo grande coerenza da parte di Cronenberg anche in questo tipo di scelte matte, perché il regista canadese non è tornato a fare Body Horror per recuperare punti con il pubblico (bislacca teoria di alcuni suoi “fan” in rete, che secondo me del cinema di David Birra hanno capito il giusto), ma in realtà sta portando avanti la sua teoria, il suo virus cinematografico ora è proiettato verso un futuro post-umano.
Come tutte le rivoluzioni, qualcuno proverà a sostenerla usando la propria arte, altri con la lotta armata e ovviamente, qualcuno cercherà di sedarla sul nascere, compito che qui tocca alle due sexy tecniche (Tanaya Beatty e Nadia Litz), ma la direzione ormai è tracciata, nemmeno la bio-sedia che Saul utilizza per cercare di nutristi (che pare cugina delle macchina da scrivere di Il pasto nudo) può rallentare l’andamento della virus della filmografia di Cronenberg e il destino dell’umanità, che sia morte o evoluzione, si tratta sempre di ascendere ad un altro livello, non si sfugge: gloria e vita alla nuova carne.
“Crimes of the Future” è un film molto bello che potrebbe far pensare allo spettatore casuale: «Cronenberg ha dei problemi, gravi». Chiaramente quando si tratta di un ossessivo-compulsivo come lui, un Autore (la “A” maiuscola) come Davide Birra, la continuità tematica è sempre la stessa, soffocante. Si vedono tutti i rimandi ai vecchi film perché Cronenberg non ha nessuna voglia o vergogna di nasconderli in fondo perché dovrebbe? Il professore con quel suo occhio da patologo prestato al cinema (basta un primo piano su un attore a caso per riconoscere il suo stile) sta presentando il nuovo capitolo della sua lunga tesi universitaria sul corpo che si adatta alle flessioni della mente.
Parla di transumanesimo il suo Divorati e con la stessa coerenza e continuità tematica lo fa anche “Crimes of the Future”, che è il nuovo stadio evolutivo, se vogliamo la nuova “variante”, visto che ormai abbiamo familiarizzato con questo termine, del virus del cinema di David Cronenberg, che a quasi ottant’anni e ad un auricolare che coerentemente, sta rendendo uomo-macchina anche il regista, non molla un colpo e continua a spiegare che tutti possono provare ad essere “Cronenberghiani”, ma solo uno lo sarà per davvero.
Per le precedenti fase dell’evoluzione del cinema mutante di David Cronenberg, vi ricordo la rubrica dedicata al mio secondo canadese preferito.
Sepolto in precedenza lunedì 29 agosto 2022
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