Sembra l’altro ieri, ma ormai sono trent’anni che Guillermo del Toro è in circolazione, di strada ne ha fatta parecchia, dal Messico fino a diventare, non solo uno dei registi più amati in circolazione, ma anche uno dei più influenti nel campo del cinema fantastico.
Nel 1993, allora 29enne e con alle spalle la regia di qualche cortometraggio e serie tv, ma soprattutto un’esperienza come tecnico degli effetti speciali nella sua casa di produzione, la Necropia. Per produrre il suo esordio “Cronos” il governo messicano ci ha messo dei soldini, ti bastano Guillermo? Seee figurati! Che scherzi? Come non detto, in un attimo del Toro va fuori budget di mezzo milione, racimolato e tirato fuori di tasca sua e chiedendo ad un amico suo, bravino, di recitare come unico americano del suo film, riducendosi lo stipendio in nome della loro amicizia. In linea di massima dovevano essere proprio amici, anche perché insieme, hanno lavorato parecchio visto che si trattava di Ron Perlman (storia vera).
L’oggetto che dà il titolo al film è un marchingegno, tipo un grosso scarrafone meccanico color oro, creato da un alchimista nel 1530, in grado di dare la vita eterna a chi viene punto dai suoi artigli retrattili, le zampe dello scarrafone. A distanza di anni l’oggetto finisce nel negozio dell’anziano antiquario Jesus (Federico Luppi) che ferito dai pungiglioni comincia a ringiovanire e a ritrovare vigore ed energia, meglio del Viagra? Forse, ma più che altro come in tutte le favole, ogni sortilegio ha il suo prezzo.
Sulle tracce dell’oggetto c’è anche un vecchio miliardario, malato terminale, che incarica del ritrovamento suo nipote, interpretato dal nostro Ron Ron, in una dinamica che vedremo ritornare molto simile in The Strain, per tacere del fatto che il Cronos altro non è che la solita fissazione di del Toro per meccanismi ed ingranaggi, ne troviamo in quantità in tutti i suoi film.
A dirla male, anzi per provare a consigliarlo, si potrebbe dire che “Cronos” è un film di vampiri, sensato ma non completamente corretto, diciamo che nel corso degli anni è un’etichetta che si è diffusa, ma non si fa un gran servizio a “Cronos” nel venderlo alle persone come film di vampiri, si rischia di creare aspettative, per una storia spesso a lenta cottura, che alterna umorismo nerissimo (la lunga sequenza dell’obitorio), momenti drammatici e anche intimi, come il rapporto tra Jesus e la sua nipotina, che si manifesta tutto attraverso gesti, visto che la bambina ha una sola riga di dialogo in tutto il film. “Cronos” segue la trasformazione di Jesus, giocandosi meno sangue di quello che ci si potrebbe aspettare, quello che si vede è protagonista di una scena, ambientata durante una festa di capodanno, nel bagno degli uomini del locale, che per uso degli specchi mi ha sempre ricordato una analoga di Shining.
Allo stesso tempo “Cronos” unisce alla fiaba gotica un approfondimento dei personaggi che sarà una costate in tutto il cinema di del Toro, perché l’elemento fantastico non funziona se lo spettatore non ha qualcuno con cui rapportarsi, ovvero i protagonisti.
“Cronos” riesce a parlare di paura di invecchiare, ma anche di rapporti personali, la nipote di Jesus accetta subito l’elemento sovrannaturale come qualcosa di legato all’amato nonno, senza farsi troppe domande proprio in virtù del loro legame, ma anche del modo che hanno i bambini, privi di sovrastrutture, di guardare al mondo ed anche qui, non credo serva ribadirlo che il punto di vista infantile, anche sull’orrore, è un’altra delle costanti del cinema del regista messicano.
Ad oggi penso sia ancora l’oggetto misterioso della filmografia di un regista amatissimo, che al suo esordio aveva già chiarissima la traiettoria e le ossessioni del suo cinema, se vi sentite in vena (ah-ah) di un film che sembra di vampiri senza esserlo, ma che comunque parla dell’importanza del sangue inteso anche come legami, sapete come festeggiare il compleanno, io invece posso depennare un altro titolo dalla lista dei compleanni illustri del 2023.
Sepolto in precedenza mercoledì 25 ottobre 2023
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