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Daredevil (2003): …CORNUTO!

Sono cresciuto leggendo l’ormai mitica “Devil & Hulk”, fin da prima della “separazione delle carriere” di quelli che sono i miei due personaggi Marvel del cuore, che insieme hanno esordito sul grande schermo nello stesso anno e insieme festeggiano i primi vent’anni da divi del cinema, dopo il Golia Verde, non poteva mancare il Diavolo di Hell’s Kitchen. No, non Gordon Ramsay.

So che avrei dovuto partire proprio con il Cornetto, ma ho delle attenuanti generiche (si vede che leggo i fumetti dell’avvocato non vedente e super eroe?), nel 2003 andai a vedere questo film la sera, dopo una giornata molto brutta, che poi è sempre quella giusta per vedere un bel film, ma sbagliatissima per vederne uno bruttarello. Secondo voi com’era il film che mi trovai davanti? Era “Daredevil” nella sua versione cinematografistica da 103 minuti, insomma una roba che oltre ai suoi notevoli problemi strutturali, era anche stato malamente passato a colpi di lama, come dopo un attacco ninja della Mano. Bruttissima giornata in quel 2003.

I segni del passaggio del montatore.

Da allora, sento tutti dirmi che la “Director’s cut” da 133 minuti è migliore, quindi eccomi qui, vent’anni dopo come uno dei moschettieri di Dumas, ad affrontare, in sacrificio per voi un altro capitolo della mia non-rubrica, “Quando non erano super”, con lo spirito di chi ha sempre amato il personaggio di “Doppia D”, ci voleva un uomo senza paura per questa impresa, eccomi. Nel frattempo mi sono anche sistemato i miei problemi di miopia che mi hanno sempre fatto sentire il vecchio Devil (come lo chiamavamo allora) molto vicino, anche perché più che sentirlo non potevo fare.

Un film su Devil faceva gola a molti, per anni diversi studios hanno provato a portare il Diavolo di Hell’s Kitchen al cinema, anche Joe Carnahan, ve lo avevo raccontato, il suo Daredevil ambientato negli anni ’70 e ispirato a “Taxi Driver” (1976) è stato bocciato da tutti, peccato, solito problema di ottime idee ma tempi sbagliati per Big Joe. Il momento giusto era il 2002, con la corsa agli armamenti iniziata dopo l’enorme successo dello Spider-Man di Sam Raimi, tutti volevano il proprio super eroe personale, a quel punto Avi Arad rappresentante della prima incarnazione dei Marvel Studios, in collaborazione con 20th Century Fox e Regency Enterprises, si lanciarono nell’impresa, posso dirlo? Secondo me non sapendo quasi una mazza del personaggio, non ho altre spiegazioni.

Mentre gli altri si affidavano a nomi grossi come Bryan SingerAng Lee e il già citato Raimi, la Regency Enterprises – che tirava le fila – cosa fa? Mette sotto contratto un nome di richiamo? No, affida un budget di circa 78 milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti piegati nel portafoglio di Matt Murdock ad uno che fino a quel momento aveva diretto solo una commedia, nemmeno famosa. Si, tocca proprio parlare di quel cornuto di Mark Steven Johnson.

«Raccontami ancora come ti hanno assunto?», «Assurdo, ancora non ci credo!»

Come ha fatto uno dalla filmografia da FACCIAPALMO come la sua a convincere tutti? Dall’alto della sua passione per il mondo dei Biker e i fumetti, deve aver sfoggiato abbastanza sicurezza nei suoi mezzi, quella che gli altri percepiscono tipo: «Mi sembra un idiota però pare convinto di quello che fa». Quindi forti di questa granitica sicurezza, gli hanno affidato “Daredevil” e non paghi dopo, un altro film in bilico tra moto e fumetti, ve lo ricordate “Ghost Rider” (2007)? Prima o poi sbarcherà su questa Bara, ma solo per Maestro Cage, non per altro. Qui ci starebbe una freddura sul perseverare che è diabolico, ma ne snocciolerò già tante a tema diavolo e i suoi derivati, quindi una ve la risparmio.

Il diavolo ci mette le cor… Ok la smetto!

Per quanto mi riguarda la selezione degli attori di questo film è lo sbaglio, figlio del compromesso e di quello che passava non il convento (dove sta la madre di Matt) ma l’anno 2003. Nulla mi toglie dalla testa che Kevin Smith, che qui fa un cameo nella parte di un patologo di nome Jack Kirby (sigh!), dopo aver schivato il proiettile della regia, abbia comunque detto la sua, perché Ben Affleck è suo vecchio amico d’infanzia, quello della “cumpa” che non leggeva fumetti, a differenza di Matt Damon che almeno non avrebbe dovuto tingersi i capelli per la parte, ma si è comunque optato per Ben perché con il suo metro e novanta poteva passare per picchiatore di Hell’s Kitchen, anche se non si spiega come mai un non vedente dovrebbe farsi la tinta ai capelli, rossiccia poi, il leprecauno più alto del mondo. In compenso la fissità tipica della sua reazione qui per una volta è funzionale al ruolo di un cieco, almeno finché una rossa naturale, ovvero BRUCE Dallas Howard ha spiegato al mondo che i non vedenti ti guardano in faccia quando ti parlano in “The Village” (2004), aggiungendo ulteriore ridicolo a “Daredevil”.

«Avvocato? Siamo da questa parte, avvocato? Sarà anche sordo?»

Ho parlato del tributo di sangue richiesto dall’anno 2003, lo abbiamo pagato in termini di Star System, per il ruolo della “fidanzata” del protagonista, perché non prendere beh, la fidanzata del protagonista? Ed ecco quindi che la letale, mortale ed Eisneriana Elektra, da greca diventa una texana mascellona fatta a forma di Jennifer Garner, che arrivava dritta da “Alias” sì, ma non il fumetto di Brian Michael Bendis.

«Dopo il viso posso toccarti anche il seno?», «Lo sapevo che eri un falso invalido, porco!»

Siccome erano i primi passi di quello che sarebbe diventato l’MCU, la spalla di Iron Man Daredevil per contratto deve essere interpretata da Jon Favreau, qui nei panni di “Foggy” Nelson, mentre l’apoteosi si raggiunge con i prossimi due nomi. Ben Urich, il reporter affidabile, serio, dall’altissimo senso di responsabilità che vive il suo tormento, vinco il Pulitzer o mantengo il segreto sull’identità di Devil, a chi lo affidiamo? Ad uno che tra i Soprano e Matrix si è fatto la fama da “infame cinematografico” ovvero Joe Pantoliano, che recita con la coppola al contrario, bevendo bottiglie di Heineken in un modo che sfida la gravità, pur di mostrare bene l’etichetta in favore di macchina da presa.

Meglio berci e fumarci su dopo questo film Joe.

Il temibile boss e re della criminalità di New York, il gigantesco Kingpin invece, a chi lo affidiamo? Ovvio! A colui che sarà eternamente ricordato come il buono buonissimo di “Il miglior verde” (1999) ovvero Michael Clarke Duncan, fisicamente perfetto, gigioneggiante oltre misura in uno dei primi casi di “Blackwashing” prima che la pratica diventasse una delle tante ossessioni di “Infernet”, anche perché Duncan malgrado tutto funziona è risulta minaccioso, lamentarsi del Kingpin di questo film è come piagnucolare perché durante un deragliamento ti si è rovesciata la bottiglietta d’acqua sui pantaloni nuovi.

«Sono stanco capo, molto stanco» (cit.) 

Ad ogni modo non voglio essere crudele con questo film, la sfida era difficile, tra tutti i personaggi della Marvel, Devil è quello con l’origine più fantasiosa, per quanto non legata a Raggi Cosmici o Gamma, già solo per spiegare il suo nome, “Scavezzacollo” che è anche un gioco di parole con il diavolo del suo costume, bisogna passare dal passato di pugile di papà Battlin’ Jack Murdock (David Keith), attraversare l’incidente con i fusti ripieni di scorie radioattive (tutti gli eroi Marvel sono figli dell’era atomica, ricordatevelo) fino ad arrivare al suo addestramento Ninj… Tana per Mark Steven Johnson!

“Daredevil” ha il merito di aver sdoganato anche qui da noi, in uno strambo Paese a forma di scarpa il nome completo del personaggio (dando un senso a quelle due “D” sul suo petto), ma anche di aver saputo essere per lo meno una storia di origini se non altro riuscita, pur essendo esecrabile per tante ragioni, Mark Steven Johnson è riuscito almeno a spiegare il “senso radar” del Cornetto, anche meglio della serie Netflix sul personaggio. Nulla mi toglie dalla testa che proprio quella abbia potuto evitare di tornare su certi passaggi, perché il film del 2003 aveva già fatto il lavoro sporco: la routine da non vedente di Matt Murdock (che piega le banconote nel portafoglio e sceglie i completi in base a targhette scritte in braille), fateci caso, Charlie Cox ha potuto fare a meno di tingersi i capelli di rosso proprio perché attraverso questa scelta ridicola, era già passato Ben Affleck.

«Si era detto Devil non Aquaman!»

Tutta la prima parte di formazione del giovane Matt, funziona, se riuscite a digerire il fatto che il bulletto che lo picchia nel vicolo è il figlio toncolone di Tony Soprano (il direttore del casting stava in fissa dura con la serie HBO), quanto sfigato devi essere per farti bullizzare da quello? La scena di rivincita invece, il pestaggio tra ragazzini nel vicolo, è una delle sequenze peggio dirette e montate che io ricordi, perché “Daredevil” (e il suo regista) dà, ma allo stesso tempo toglie.

Sembra il meme di Carl, invece è la parte del film che ancora funzionicchia.

Lo spirito è quello dei fumetti di Frank Miller, padre putativo del personaggio, serietà congenita, voce narrante e frasi a volte anche taglienti, una in particolare sarà verbosa ma azzecca la filosofia dei Murdock in pieno: «Ci scambiammo una segreta promessa, quella di non mollare mai, di non avere mai paura, di stare dalla parte dei disperati come noi, eravamo due lottatori pronti alla riscossa.» poi però tutta questa smania da vecchio lettore di fumetti in mano ad un regista meno che mediocre porta a scelte di dubbio gusto, la bara piena d’acqua per dormire e non sentire i rumori (davvero?), oppure l’imbarazzante scena del corteggiamento con pestaggio zompettando in pieno giorno sulle giostrine dei bambini. Ottimo per mantenere segreta la tua identità oltre a mettere in chiaro quando sia Ben Affleck che Jennifer Garner fossero legnosi, come trasformare le coreografie di uno specialista come “J. J.” Perry in una scena che sta ad un passo da beh… Spawn.

Costruiti entrambi da Foppapedretti (quanto imbarazzo!)

Apprezzo il fatto che Mark Steven Johnson abbia voluto restare fedele ai fumetti, ma il suo delirio citazionista cosa prevede esattamente? Lo snocciolamento di nomi come Romita, Bendis, Mack per i ruoli di pugili corrotti (e Mack avrebbe potuto anche ricoprire il ruolo, ho avuto modo di parlarci dal vivo e sta in forma, storia vera) oppure Quesada, onorato di dare il suo cognome ad uno stupratore. Questa sarebbe la tua idea di omaggio Marky!?

In questo calderone il regista fa una cosa giusta (si ricorda della regola della Bara delle scene in metro) e un attimo dopo sbraga mettendo un’immotivata citazione a Il Corvo perché sa che è l’unica occasione che avrà nella vita per farlo.

Perché un non vedente dopo aver ucciso un criminale, dovrebbe vandalizzare così la fermata della metro?

In generale l’origine del personaggio, non semplice da raccontare è onorata abbastanza bene, così come il costume, anche se più che il Diavolo rosso è il Diavolo Bordeaux ma si sa che i super eroi sgargianti al cinema, iniziano ad esserlo solo ora, vent’anni dopo, dove la media dei fan del genere mi sembra anche peggiore di quanto fosse Mark Steven Johnson nel 2003, il che è tutto detto. Però benedetto figliolo, come fai a depennare dalla tua storia tutti i trascorsi Ninja sia del titolare che ancora di più di Elektra? Ok l’equilibrio e tutto il resto, ma così manca una fetta enorme della genesi del personaggio, infatti Elektra sembra una pazza greca che improvvisamente afferra i Sai di Raffaello e il suo costumino da cosplayer e va a morire contro Bullseye, anche qui, ovviamente trafitta come nelle tavole di Frank Miller, con la lama che spunta dalla schiena allo stesso modo, perché nulla può fermare il delirio citazionista di un Nerd. Basta dire che le ultime inquadrature del film strizzano l’occhio a “Guardian Devil”, il ciclo di storie del personaggio scritte dal già citato Kevin Smith. Nerd, che razza brutta, ed io posso dirlo, ne faccio parte.

Neeeeeeeeeerd! (cit.

Va detto che dopo vent’anni a sentirmelo ripetere si è vero, la “Director’s cut” migliora di molto la storia, nel senso che fa sparire quelle lacune di trama, vere voragini in cui cadeva più volte la versione da 103 minuti. Qui finalmente è chiaro come fa Ben a capire l’identità di Matt prima dell’incontro con Kevin Smith, oppure perché la polizia piomba da Kingpin nel finale, inoltre se siete dei completisti della carriera da attore di Coolio, la sua sotto trama (per quanto sia un modo per far parlare il Rapper di canne tutto il tempo) almeno ha un senso nello sviluppo. Quei 30 minuti tagliati via di netto erano un insulto all’intelligenza dello spettatore, reintegrati almeno la storia non ha più quelle voragini narrative, purtroppo restano i problemi strutturali, quasi tutti dovuti a Mark Steven Johnson.

I 30 minuti extra? Tutti così, il sogno bagnato dei fan di Coolio.

Vogliamo parlare dell’invadente colonna sonora? Messa su con tutto il meglio (il meglio!?) della musica Rock (Rock!?) che il 2003 poteva offrire, avete presente il cast pastrocchiato? I brani scelti sono l’equivalente, ma in musica. Vi ricordante quando hanno sfrantumato i maroni gli Evanescence? Bene qui sono al centro di tutte le scene sbaciucchione, ma più che altro mi chiedo come abbia fatto a non essere mai stato picchiato a sangue in un bar di motociclisti uno come Mark Steven Johnson, la cui idea di uso nella musica al cinema prevede ideone come: entra in scena Kingpin, il boss nero della criminalità e lui come sottofondo mette un pezzo rap che dice «I’m an outlaw…», vabbè una volta, ci può stare ma due? Entra in scena il sicario Bullseye, irlandese come l’attore che lo interpreta, ovvero le sopracciglia di Colin Farrell impegnate a fare faccette e in sottofondo cosa si sente? “Top o’ the Morning to Ya” degli House of Pain che inizia con le parole “Ya see, I’m Irish, but I’m not a leprechaun”.

«Che c’ho scritto Giocondo in fronte?»

Un po’ si fa perdonare con la tamarrissima Man without fear di Rob Zombie, cugina della sua “War Zone” che si sentiva nel film sul Punitore, però il principio è lo stesso, entra in azione Devil e senti il futuro regista di La casa dei 1000 corpi descriverci i suoi poteri e dirci che non ha paura di niente.

Ma visto che lo abbiamo citato, forse l’unico altro contributo di “Daredevil” all’iconografia del Diavolo Rosso è proprio la cicatrice a forma di mirino sulla fronte di Colin Farrell, adottata dopo il 2003 anche dalla controparte cartacea del personaggio, che qui riesce ad essere nemesi e alleggerimento comico allo stesso tempo. Infatti la “Director’s cut” non ci risparmia nulla del suo viaggio in aereo dall’Irlanda e finché bisogna sacrificare una vecchina chiacchierona per far capire al pubblico della mira infallibile (e letale) del personaggio ci può stare, ma tutta la scena del metal detector, anche no, a meno che non fosse un omaggio strampalato ad Alta Tensione, ma tenderei ad escluderlo.

«Questa che posizione è del Kamasutra?»

“Daredevil” aveva sulle spalle la responsabilità di lanciare un personaggio dal tono e dalla genesi (ma anche dai poteri) non facili da rendere, ci vuole sospensione dell’incredulità e realismo dosati molto bene, ovviamente a Mark Steven Johnson spesso mancano entrambi, infatti il suo film scivola in “Zona Spawn” più volte (Colin Farrell che lancia i pezzi di vetro come shuriken? Oh mammasaura!), gli va riconosciuto il merito di aver esaurito subito le trovate sceme, altri arrivati dopo, evitando i suoi errori ne sono usciti bene, la già citata serie Netflix ma anche la Distinta Concorrenza, che proprio in Batfleck ha trovato uno dei suoi Uomini Pipistrello più amati. Questo non è un attestato di stima nei confronti di Mark Steven Johnson da parte mia, non voglio dire che sia stato un pioniere, non è colui che ha scoperto il fuoco, più che altro è l’uomo di Neanderthal che morendo bruciato dopo essersi dato fuoco al suo perizoma di pelo di Yak, ha spiegato agli uomini più evoluti arrivati dopo di lui, che giocare a passarsi una fiamma accesa sulle balle non è una buona idea, anche se le scintille sono tanto carucce da guadare.

Che fine hanno fatto tutti oggi? Michael Clarke Duncan ci ha lasciati troppo presto purtroppo. Ben ha sostituito Jennifer con un’altra beh, Jennifer ed quasi, forse, non è chiaro, passato da Hell’s Kitchen a Gotham, anche se proprio come Garner forse tornerà nei panni del personaggio per via dei prossimo trascorsi da Multiverso in cui il genere delle super tutine sta andando (alla deriva). Colin Farrell è quasi uscito come un gigante da questo disastro anche se tra lui e Ben non so chi ne abbia bevute di più in questi anni, forse la vera sfida tra Daredevil e Bullseye avrebbe dovuto consumarsi al bancone.

«Fatti sotto Daredevil!»

Jon Favreau ha fatto la gavetta dopo tanto praticantato ora se la comanda alla Disney. Kevin Smith non ha mai diretto un “Cinecomics” malgrado i suoi trascorsi da Padrino dei Nerd e Mark Steven Johnson? Sempre il solito cornuto di una volta, solo che ormai il mondo ha mangiato la foglia e ha un ordine ristrettivo per restare lontano da fumetterie e film tratti da fumetto di almeno 50 metri. Io avrei fatto anche 100.

Il mio omaggio alla doppietta “Devil & Hulk” termina qui, a voler essere precisi, ci sarebbe un altro titolo (quasi) a tema abbinabile, per ricordarvi quanto tempo è passato dal 2003 e come ci siamo (… si sono!) ridotti a sbavare su Ugo Uomogiacomo in tutina gialla su “Infernet”. Se ho il coraggio magari mi ci butto e no, non sto parlando di “Elektra” (2005), quello ve lo riguardate voi, sono l’uomo senza paura, non senza cervello.

Sepolto in precedenza giovedì 28 settembre 2023

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