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Daredevil – Stagione 1 (2015): sono sempre stato dalla parte del Diavolo

Ho aspettato prima di scrivere qualcosa sulla serie Netflix dedicata al Diavolo Rosso, però cercherò di farmi perdonare. Qui sotto trovate un commento completo a tutta la prima stagiona (assolutamente SENZA SPOILER) e a breve arriveranno anche i riassunti di tutti i tredici episodi della stagione. Ho sempre considerato Devil uno dei personaggi Marvel più fighi di sempre, ci voleva Netflix per ridargli giustizia…

Da qualche parte laggiù negli anni ’90, poteva essere il 1994 o più probabilmente il 1995, il vostro (allora giovanissimo) amichevole Cassidy di quartiere si aggira per un’edicola, afflitto da un misto tra carenza e gusto della scoperta. I fumetti li ho sempre letti, ancora prima di imparare a leggere già ne sfogliavo le pagine guardando le figure, ma solo da qualche settimana avevo scoperto i super eroi.

Avevo accompagnato mio padre a comprare le sigarette, assorto davanti all’espositore degli albi a fumetti, il mio vecchio mi chiese se ne volevo uno da leggere, invece del solito albo Bonelli o di Cattivik, mi lasciai tentare dagli X-Men, per via della bella copertina… Si trattava de “Gli Incredibili X-Men n. 54”, copertina di Jim Lee, disegni interni dello stesso Lee e di John Romita Jr. me lo ricordo come se fosse ieri…

Non ho mai fumato una sigaretta in vita mia, ma ancora oggi leggo fumetti, se lo avesse saputo, probabilmente mio padre mi avrebbe comprato una stecca di Marlboro.

Nella mia seconda escursione solitaria in edicola, invece, l’albo prescelto è stato “Devil & Hulk n. 11” con in copertina il gigante verde che ben conoscevo dalla serie tv di Lou Ferrigno. Il dettaglio extra era la gustosa copertina verde metallizzata, una stramberia mai vista, ma che per i fumetti degli anni ’90 era piuttosto normale.

A volte l’amore può avere una copertina verde metallizzata.

Torno a casa e mi divoro l’albo, sulle storie di Hulk non mi dilungo, dico solo che i testi erano di Peter David, ancora oggi uno dei miei scrittori preferiti di sempre. In fondo all’albo trovo una storia di Devil, di cui non ho mai sentito parlare in vita mia.

La trama è stramba forte: questo Devil da quanto capisco è cieco, ma ha dei super sensi, ha un look fichissimo da diavolo ed è alle prese con una strappona in bikini leopardato, una specie di sacerdotessa Voodoo sciroccata con un nome esotico tipo Calypso. Mi pare ci sia anche una versione demoniaca di Devil o qualcosa del genere, boh insomma, Devil rischia la pelle, quasi viene trasformato in uno schiavo-Zombie dalla sacerdotessa, fa una spettacolare entrata spaccando un lucernario di vetro e finisce l’albo rattoppandosi il costume strappato, ridotto ad una curiosa versione smanicata (e con pantaloni corti) della sua divisa ufficiale. Non ho idea di chi sia questo tipo, ma gli voglio già bene.

Un fotogramma proveniente dalla mia nerd-memoria.

Era il Daredevil (in uno strambo Paese a forma di scarpa solo Devil, per venire incontro alla nostra ignoranza con la lingua di Albione) degli anni ’90, quello criticatissimo di C.G. Chichester e Scott McDaniel. Il meglio del personaggio era arrivato prima e sarebbe arrivato (per fortuna) dopo. Tutto documentato dai fatti, ma a me quel pazzoide cieco e con le corna (nemmeno fosse un arbitro sportivo) già piaceva. Per la nuda cronaca, questa storia finisce con la Panini comics che chiude “Devil & Hulk” facendo “divorziare” ufficialmente i due eroi Marvel, che continuano da soli ognuno nelle proprie testate soliste. Io continuo a leggerle entrambe da allora.

Potete immaginare che una serie, per di più Netflix (quindi il meglio su piazza) dedicata al Diavolo rosso era qualcosa di appena appena atteso dal sottoscritto, anche perché Devil è un personaggio che meritava un trattamento migliore di quello che gli è stato riservato nel film del 2003, su cui dirò una singola cosa, ma verso la fine di questo commento (lasciatemi l’icona aperta…).

La cosa che ho sempre amato di Devil sono i suoi paradossi. Matt Murdock ha dei sensi ipersviluppati, ma è anche privo della vista, a differenza di tutti gli altri Super Eroi, invece di avere qualcosa in più (dei poteri) ha qualcosa in meno. Per certi versi somiglia molto a Batman, ma parte ulteriormente svantaggiato dal suo handicap, probabilmente non è un caso se il Detective di Gotham city e il Diavolo di Hell’s Kitchen, hanno avuto lo stesso padre putativo, ovvero: Frank Miller.

Segni di continuità: Costume nero e gran mazzate grondanti sangue.

Matt è cattolico, ma va in giro vestito da diavolo. E’ un avvocato, ma di notte agisce ai margini della legalità, non ha super poteri, ma un allenamento ninja del tutto simile a quello dei suoi nemici. Il suo nome di battaglia è un gioco di parole che scherza sulla parola Devil, ma che potremmo tentare di tradurre come “Scavezzacollo”. Insomma, Daredevil è un paradosso, proprio come risulterebbe paradossale un Super Eroe se mai ne esistesse uno nella realtà. Si fa il tifo per l’Uomo Ragno perché è come un fratello maggiore/minore con cui ci si identifica, è uno che prima di reagire alle sfighe, si piange addosso una mezz’oretta per poi ripartire al contro attacco.

Devil, invece, dalla vita ha preso solo legnate (alcune fortissime) e più viene colpito duro più lui si rialza, è un personaggio il cui valore si conta non per il numero delle volte che va a terra, ma per quante volte si rialza in piedi, come si fa con i pugili. Era inevitabile che avrebbe preso (e dato) un sacco di botte anche nella serie tv a lui dedicata.

C’era poco da stare sereni alla notizia di questa serie tv, perché la Marvel, per bocca del suo mastermind ufficiale, Kevin Feige, aveva dichiarato che i suoi adattamenti cinematografici, o per il piccolo schermo, non sarebbero mai stati con il divieto “R” (a causa anche degli accordi con la Disney), bastava guardare “Agent of S.H.I.E.L.D.” (detto Agents of P.I.R.L.A. con la sua violenza ovattata e le sue trame inventate in corsa) per capire che tirava davvero una brutta aria, poi per fortuna sono arrivati Drew Goddard e Steven S. DeKnight.

«Non sarai mica un fan di Agents of S.H.I.E.L.D., vero?»

Il risultato è quel cambio di rotta negli adattamenti tratti da fumetti di Super Eroi che era già nell’aria, sì, perché la sensazione, anche dopo Avengers – Age of Ultron, è che lo strapotere della Marvel abbia iniziato sinceramente a stracciare i maroni al pubblico. Anche per questo motivo “Daredevil” è un piccolo gioiello, la dimostrazione che è possibile portare in scena i personaggi più maturi (e tosti) di casa Marvel, facendoli convivere in armonia con gli idoli dei più piccoli, i vari Thor, Iron Man e Cap che ormai hanno soppiantato Zorro nella maschere di carnevale.

Forse non è necessariamente uno dei fumetti più belli di Devil che siano mai stati scritti, ma ho sempre pensato che “L’uomo senza paura” (The man without fear) di Frank Miller e John Romita Jr. fosse la perfetta storia della origini di un personaggio. Negli anni ho riletto quel fumetto svariate volte, sono giunto alla conclusione che si tratti della storia perfetta per conoscere Devil, ma anche per far avvicinare qualcuno al mondo dei Super Eroi, o anche solo ai fumetti. Evidentemente Drew Goddard e Steven S. DeKnight pensavano la stessa identica cosa…

“Daredevil” è un noir di ambientazione metropolitana che colpisce per il grosso quantitativo di violenza che lo caratterizza e che funziona proprio per l’approccio “adulto” alla storia. Troviamo personaggi ben caratterizzati, botte, scene d’azione, ferite da cucire, calci volanti, pugni, sangue, violenza, una serie tv che specialmente nei primi cinque (bellissimi) episodi, preferisce mostrare piuttosto che parlare, grazie ad ottimi elissi narrative e ad una spudorata, quanto riuscitissima citazione ad Oldboy, che in mano a persone meno capaci, avrebbe raccolto risate, invece qui scatena l’esaltazione più totale.


Park Chan-wook approva!

Non mancano i riferimenti e le strizzate d’occhio ai fan del fumetto e degli altri film Marvel, ma è chiarissimo che nello stesso universo dove si muovono i Vendicatori, possiamo trovare dei Ninja, persone che si prendono a pugni (sanguinando come le persone reali) e persino una decapitazione grondante sangue, tutto perfettamente in continuity con i film Marvel, ma anche con lo stile realistico a cui Netflix ci ha abituati.

Questa serie tv è un film di 13 ore in cui assistiamo alla nascita del buono (Matt Murdock) e del cattivo (Wilson Fisk) che come i fumetti di Super Eroi (ma anche in “Unbreakable” di M. Night Shyamalan) spesso sono due facce della stessa medaglia, entrambi i “duellanti” sono vestiti di nero e pian piano si conquistano i loro colori di guerra, rosso per uno e bianco per l’altro. Ma staremmo qui a parlare di aria fritta se non fosse per il micidiale lavoro di casting di questa serie.

Charlie Cox in “Boardwalk Empire” interpretava un Irlandese con la faccia da bravo ragazzo, le nocche dure di chi picchia tanto e il talento dello “Strappamutande” professionista, in pratica, una specie di ideale Nonno di Matt Murdock. Ma il “No Brainer” assoluto è Vincent D’Onofrio, una scelta talmente azzeccata da sembrare ovvia una volta annunciata e, mai come questa volta, personaggio e attore sembrano un’accoppiata nata in paradiso, per quei due al mondo che nutrivano dubbi sul talento dell’attore nato a Brooklyn, avete 13 episodi per cambiare idea. Il suo Wilson Fisk è a mani basse il miglior cattivo visto finora in tutte le produzioni Marvel e non stupitevi se per lunghe porzioni di questa serie, vi troverete quasi a patteggiare per lui, perché è proprio nel parallelismo tra l’ascesa di Daredevil e Kingpin (anche se non viene mai chiamato in questo modo) che la serie trova il suo apice.

Folletti Verdi? Intelligenze artificiali doppiate da James Spader? No, il miglior cattivo Marvel è il vecchio Palla di lardo.

Il modo di raccontare poi è superlativo, come detto, soprattutto nei primi cinque episodi (poi è una buona abitudine che va un po’ persa) si preferisce mostrare piuttosto che parlare, basta dire che l’origine della cecità (e dei poteri) di Matt è parcheggiata al primo minuto del primo episodio, per altro sotto forma di flashback, ennesima dimostrazione che le storie di Super eroi, sono pronte ad emanciparsi rispetto al classico schema, in cui le origini occupano tre quarti del minutaggio.

I difetti sono, un certo calo di ritmo negli episodi centrali (troppo verbosi a mio avviso) e una fotografia generale che punta eccessivamente sui toni gialli, visto l’uso brillante che fanno dei colori in “Daredevil” è un po’ un controsenso questo abbondante utilizzo di luci giallastre. Non dico nulla riguardo al costume indossato da Matt, solo perché avrò tempo di parlarne diffusamente nei recap dedicati ai singoli episodi… Sì, perché non ho mica finito qui con questa serie! Proprio no!

Dopo “Daredevil” ci aspettano altre serie Netflix dedicate agli eroi urbani della Marvel (che per altro sono anche i miei preferiti), ci aspettano: Iron Fist, Luke Cage, Jessica Jones e i Difensori… Brutto? Ma è il successo di questa serie e il modo in cui abbia raccolto consensi di critica e pubblico (appassionati di fumetti e detrattori dei cinecomics) che fa ben sperare per il futuro.

Metropolitano, notturno e pieno di lividi… Visto di peggio in vita mia.

Drew Goddard e Steven S. DeKnight hanno dimostrato che è possibile fare storie di super eroi che non siano per forza orientate ad un pubblico infantile (come succede già da decenni nei fumetti), per altro una serie tv che mantiene la natura seriale tipica proprio dei fumetti. In questo formato qualche personaggio non allineato potrebbe trovare la sua dimensione, sarebbe bellissimo vedere finalmente Frank Castle lasciare a terra i cattivi, o perché no, magari assistere alle azioni violente (e alle turbe mentali) di uno come Moon Knight.

Questa serie, al pari di “The man without fear” potrebbe essere il miglior modo per avvicinarsi al personaggio di Devil, ma anche agli adattamenti da fumetto, se non altro, finalmente l’assoluta unicità di un personaggio come Daredevil ha trovato un adattamento qualitativamente degno e, siccome vi ero debitore di un’icona lasciata aperta qualche riga fa (o dal 2003 per essere precisi), c’è una cosa che mi preme moltissimo di dire a Mark Steven Johnson… Mark, metti un po’ il braccio così… ‘Mavaffanculo va!

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